Il Simbolo

Perché il Calabrone come simbolo

 

Il simbolo di una squadra è visivamente il primo impatto di un team che si autorappresenta graficamente.

A prescindere da rivalità geografiche è capace di suscitare attorno a se talvolta simpatie e antipatie e in genere si lega alla città di provenienza per qualche retaggio storico.

Charlotte non sfugge alla regola, anche se il simbolo non fu scelto direttamente dalla dirigenza ma in un concorso al pubblico.

La prima idea fu di chiamare la squadra “Spirit”, ma i votanti preferirono tornare ad avere un nickname Hornets (Calabroni) in città, infatti, dal 1901 al 1972 gli Hornets ebbero un team di baseball in città con la stessa denominazione e un team di football americano della World Football League che giocò in città nel 1974/75.

 

I vecchi Hornets del baseball…

 

Il loro logo, in rossoblù.

 

Il primo logo personalmente non mi piacque molto, anzi, lo trovai piuttosto bruttino. Ricordo che lessi sul Guerin Sportivo la nascita di questa nuova franchigia e ai tempi non masticando per nulla l’inglese (studiando francese) scambiai per uno strano ragno la silouhette nera in mezzo alle lettere C, H.

Il primo logo ufficiale degli Charlotte Hornets.

 

Dopo il primo anno, Shinn cambiò logo, dal 1989 al 2002 arrivò Hugo, in uno stile anni ’80/’90, per me, il miglior logo della NBA.

Saltando la parentesi in Louisiana, dal 2014 il logo invece è questo. Più moderno, ricorda in qualche dettaglio il Fleur de Bees utilizzato a New Orleans.

Il fatto storico invece risale a una ventina d’anni prima del 1800 con i coloni americani impegnati nella guerra d’Indipendenza contro gli inglesi. Durante la campagna nel sud del paese, il generale avversario Charles Cornwallis cadde in alcune “imboscate” tese dagli “indigeni”, o meglio, i coloni indipendentisti locali, i quali, combattendo in posizioni predeterminate, occuparono strategicamente le vie della cittadina, sino a costringere gli anglo/loyalisti alla ritirata definitiva, mentre il loro comandante definì la zona come un nido di calabroni ribelli, rinunciando alla presa della città.

Lo stesso Cornwallis, al servizio dell’Impero britannico lo ritroveremo più tardi come ambasciatore in Prussia, comandante capo e governatore generale in India, poi in Irlanda…

 

Il generale di Sua Maestà, Charles Cornwallis.

 

Questa è la storia del nome, ricordata anche dalla bandiera della città che reca dei nidi di calabrone nel disegno centrale.

 

Su un fondale “scottish” nel tondo centrale sono ben evidenziati i due nidi di calabrone ai lati.

 

L’animale

 

Foto presa da:
La Società delle Vespe, Stefano Turillazzi (Alberto Perdisa editore).

 

Ma… cos’è un calabrone? Proviamo a definire cos’è…  Tra i vari tipi di calabroni posso immaginare che il generale Cornwallis, essendo europeo, si riferisse in particolare alla Vespa Crabro (il calabrone europeo, il più comune, importato successivamente nella zona orientale degli Stati Uniti, dove arrivò circa nel 1840 nella zona newyorkese), la quale è un insetto appartenente all’ordine dei vespidi/imenotteri/aculeati…

Di per sé questa descrizione non dice niente a chi non si è mai interessato a questi insetti e spesso li confonde con api, ditteri o altri insetti volanti dai colori aposematici gialloneri…  I colori aposematici sono colori con i quali gli insetti si difendono utilizzando colori ben visibili rosso, arancio, azzurro), “spezzati” con il nero…

Calabroni e le vespe in tal modo, vogliono ricordare preventivamente a possibili eventuali predatori (in genere uccelli), la loro pericolosità, d’altro canto anche il simbolo delle radiazioni ionizzanti è stato colorato di giallonero per farlo apparire meglio all’eventuale malcapitato.

Proprio da questa colorazione giallonera prendono spunto alcuni coleotteri o ditteri che spacciandosi per calabroni o vespe, cercano d’ingannare possibili predatori scoraggiandone l’attacco.

 

Calabrone ed imitatori d’altre specie.
La Società delle Vespe, Stefano Turillazzi (Alberto Perdisa Editore).

 

 

 

Altri tipi di calabroni sono:

la           Vespa crabro crabro Linnaeus, 1758

Vespa crabro vexator Harris, 1776

Vespa crabro germana Christ, 1791

Vespa crabro crabroniformis Smith, 1852

Vespa crabro oberthuri du Buysson, 1902

Vespa crabro flavofasciata Cameron, 1903

Foto di: Hiroki Kataoka, Giappone.

Vespa crabro altaica Pérez, 1910

Vespa crabro caspica Pérez, 1910

Vespa crabro chinensis Birula, 1925

 

La nascita

Nella famiglia delle vespe, quindi anche nei calabroni, viene deposto dalla regina un uovo con una forma allungata (poche vespe invece depongono uova per avere larve che poi si acciambelleranno all’interno della celletta) sul fondo della celletta attaccato grazie a una secrezione appiccicosa che tiene ancorata la futura forma di vita al fondo dell’esagono, almeno finché il corpo ingrandendosi, non si “blocchi” automaticamente sulle pareti laterali.

La larva ha cinque stadi, fino ad arrivare allo stadio di pupa.

 

 

L’individuo in questa fase non si nutre ma inizia radicalmente a mutare in un insetto adulto. La larva per iniziare la sua trasformazione in pupa inizia a filare un bozzolo con le ghiandole labiali chiudendo l’ingresso della celletta. Questo coperchio prende il nome di opercolo.

Dato che i movimenti della pupa sono quasi inesistenti, a fare da guardia al nido ci pensano gli adulti, i quali veglieranno sulla pupa, la quale nel frattempo dismette dall’interno il vecchio vestito di larva e inizia a espandere dall’interno un’altra struttura elastica (la muta) che grazie ai movimenti muscolari e respiratori viene irrigidita (questo processo si chiama tannizzazione) fino a formare l’esoscheletro dell’insetto adulto, il quale una volta rotto l’opercolo inizia la sua fase di vita adulta prendendo il nome d’imagine.

 

 

Le parti del corpo:

 

Il capo

Il capo ovviamente corrisponde alla testa nell’essere umano ma il nostro piccolo alieno ha parecchie differenze strutturali rispetto all’essere umano. Innanzitutto gli occhi sono a forma di C e composti da un gran numero di lenti esagonali, in più, sulla parte superiore del capo ci sono tre piccoli ocelli a triangolo. La funzione di questi è ancora sconosciuta… se facessimo riferimento alle api (che non sono però parenti di vespe e calabroni) diremmo che sono dei fotorecettori che danno all’insetto informazioni sull’intensità luminosa. Le api hanno la capacità di vedere dall’arancio all’ultravioletto ma sono cieche al rosso, sulle vespe non sono stati fatti ancora molti studi, quindi difficile dire se i calabroni vedano nello stesso modo, tuttavia le vespe stenogastrinae pare siano cieche al rosso, fornendo ulteriori indizi su una visione simile a quella delle api… Le antenne sono organi molto sensibili in grado di rilevare la velocità con la quale l’insetto stesso vola. In un segmento antennale, detto pedicello, è presente un organo chiamato “organo di Johnston” ,  il quale pare funzioni grazie alla resistenza dell’aria che, piegando le antenne durante il volo, stimoli dei sensilli. Le femmine possiedono 12 segmenti antennali mentre i maschi ne hanno uno in più e sono leggermente arricciate. Le mascelle sono molto robuste perché devono provvedere alla raccolta di materiale per il nido, spezzettare carne o altri insetti (come le mosche) che forniscono cibo per le larve. Mascelle e labbro inferiore hanno altre appendici articolate che servono per nutrirsi o nutrire le larve sono abbastanza primitive ma funzionali, la ligula (la lingua), più corta e meno “bella” esteticamente rispetto a quella delle api, permette di suggere nettare dai fiori non troppo profondi.

 

Nell’immagine sottostante, il capo d’un calabrone e la denominazione delle varie parti anatomiche. La Società delle Vespe, Stefano Turillazzi (Alberto Perdisa Editore).

 

Il calabrone europeo.

 

Il torace

Il torace è il motore dell’insetto. La massa di muscoli che si dipana comprende i muscoli del volo, i quali si attaccano in punti nei quali il tegumento esterno s’insinua interamente. Il torace sostiene anche le zampe, lunghe e segmentate sulle quali si possono notare delle protuberanze con varie forme, le quali servono all’insetto per pulire ali, antenne, zampe ecc..  Alla fine della zampa, attaccata al tarso si trovano due unghie e una struttura adesiva detta arolio, la quale permette alle vespe di aggrapparsi anche su strutture lisce.

Le “mani” dei calabroni viste ai “raggi X”…

Uscendo dal contesto descrittivo dell’insetto, come non ricordare che probabilmente uno dei più antichi desideri dell’uomo sarebbe quello di volare. Icaro ci provò (per scappare dal labirinto di Minotauro), ma per aver superato il suo limite (il padre Dedalo aveva consigliato il figlio di non volare troppo in alto), cadde in mare dopo essersi avvicinato troppo al Sole. Le ali di cera non ressero il calore e si fusero.

Nel basket tutti vogliono volare, almeno per qualche secondo e “Air” Jordan fu un’icona (lo è ancora con il marchio) del “volo”…

Anche i Calabroni e in genere le vespe devono buona parte del loro successo evolutivo alle ali, le quali hanno permesso a questi insetti di distribuirsi in gran parte del globo. Le ali sono quattro, membranose e le ali anteriori nel Calabrone sono più grandi e aiutano l’insetto a portare eventualmente una preda pari alla metà del proprio peso corporeo anche per lunghi tragitti. Anche qui vi è una piccola differenza tra maschi e femmine. La prima presenta sei segmenti visibili, mentre il maschio sette. Le quattro ali, due per parte ovviamente, possono essere agganciate mediante una fila d’uncini detti amuli.

 

Il calabrone a nudo…

 

L’addome

L’addome contiene l’apparato digerente, escretore, riproduttore e “stranamente” per noi umani, il cuore. L’emolinfa (il sangue) di questo insetto circola in ampie lacune, cavità generale del corpo, il cuore spinge il sangue nell’aorta fino ad arrivare al cervello. Nell’addome si trovano anche il maggior numero di sbocchi respiratori dell’insetto, gli spiracoli (due paia di essi si trovano anche sul torace).

L’apparato respiratorio è piuttosto complesso… questi tubi sull’esterno (trachee) si ramificano verso l’interno fino a divenire sottilissime (tracheole) e ad arrivare sin dentro le cellule.  L’aria così si dirama direttamente a tutti gli organi. Nel torace possono portare ossigeno vicino alle fibre muscolari o sin dentro i mitocondri. L’addome è una piccola armatura in placche. Gli scleriti sembrano sovrapporsi tra loro come l’armatura di un samurai. Le femmine possiedono ovviamente ovopositore e pungiglione, il quale è in comunicazione con una ghiandola velenifera.

 

Nell’addome si trovano varie parti, il cuore, ma anche il veleno e il pungiglione.

 

Distribuzione

In Europa arriva sino in Scozia e a poco più di metà Germania (dove è specie protetta, qualcuno parla di rischio estinzione), mentre in oriente si trova il calabrone giapponese (può raggiungere i 5,5 cm), la Vespa Mandarinia, insetto molto più aggressivo del nostro calabrone.

 

L’espansione dei Calabroni verso Ovest in America.

 

La distribuzione dei calabroni sulla Terra.

 

La vita

In genere, alle nostre latitudini, la nuova regina, dopo aver trascorso l’inverno in un ibernacolo nel terreno o nel legno marcio facendo rallentare al minimo il proprio metabolismo avendo prodotto anche del glicerolo come antigelo, inizia a fare voli di perlustrazione per cibarsi e costruire un nuovo nido.

 

Una regina ibernatasi nel legno.

 

Solitamente preferirebbe tronchi cavi (negli Stati Uniti viene considerata specie forestale perché generalmente vive nei boschi e meno in città), ma vista la penuria di alberi di questo genere, può usare anche costruzioni umane come stalle, capannoni, sottotetti in generale, intercapedini, camini e altri luoghi inaccessibili o quasi, compresi i cassoni delle tapparelle a rullo nel caso vi fosse uno spazio d’entrata abbastanza grande da consentirne il passaggio… Qui comincia la fondazione di un nuovo nido all’inizio di maggio attaccando un peduncolo per poi iniziare a svilupparlo. Il “nest” è composto da favi sovrapposti, l’involucro esterno è abbastanza friabile ma composto da diversi strati a protezione.

 

All’interno i favi sono separati da peduncoli che lasciano lo spazio per il passaggio degli adulti. In genere i calabroni staccano pezzi di legno marcio per lavorarli con le mandibole formando una sorta di pasta di legno che modelleranno, plasmandola per costruire le cellette, ma anche per la copertura esterna a protezione del nido. La regina alleva la prima nidiata di operaie (in genere in circa tre settimane si può registrare la nascita delle prime figlie, tutte femmine…) che cominciano a sfarfallare in giugno, poi si dedica a deporre le uova rimanendo più sul nido per la riproduzione, riducendo così il rischio per la colonia, mentre gli altri lavori, quali recuperare cibo, nutrire le larve e costruire nuovi favi sono presi in carico dalle giovani operaie.

Gli Hornets possono volare per lavorare e predare anche di notte, avendo la possibilità di vedere anche con una bassa intensità luminosa, alle quali l’occhio umano non arriva, tuttavia sono attratti e disorientati dalle luci, un po’ come altre vespe, le falene e le cimici, non è rarissimo quindi vadano a sbattere su fonti luminose. In genere spegnendo la luce, avendo altre fonti luminose esterne, usciranno.

 

Un attimo… sono in ritardo per la festa…

 

Predano molti insetti differenti (in genere nel raggio di 1,5 km dal nido) che poi smembrano con le potenti mandibole per ricavare la muscolatura di volo proteica dal torace che non consumano, ma trasportano al nido per alimentare le larve che vengono nutrite dagli adulti con questa miscela d’insetti catturati e rigurgitati. Le larve, a loro volta, in caso di tempo meteorologico avverso possono alimentare i lavoratori con una soluzione zuccherina.
Questo scambio è chiamato trofallassi.

 

Le larve affamate, possono anche emettere dei rumori per richiamare l’attenzione dell’adulto.

I calabroni predano soprattutto mosche, poi lepidotteri come le falene, i grilli, altre vespe, talvolta ragni e a volte api ma il danno che i calabroni fanno agli alveari europei è molto modesto.

La Mandarinia e altre vespe tropicali come la Vespa Velutina, accidentalmente introdotta in Francia e confusa con il nostro calabrone (per la colorazione scura), sono molto più dannose per gli alveari, anche perché le api europee non hanno ancora perfezionato meccanismi difensivi in grado di difendersi da questi predatori alieni, originari del sud-est asiatico. Mentre le api orientali in genere si uniscono attaccandosi alle vespe locali per “cuocerle” innalzando la temperatura, le api nostrane sono ancora indifese. Il calabrone, anzi, al vertice della catena degli artropodi, risulta un insetto utile liberandoci da mosche (che preda per dare alle larve sostanze nutritive presenti nel torace di questi ditteri), da lepidotteri o altri insetti dannosi per le piante o addirittura, pur predando le api, talvolta ne elimina alcuni tipi di parassiti.

 

La Vespa Mandarinia, detta anche calabrone giapponese. Come si può notare, è differente nel disegno e nella colorazione rispetto al nostro calabrone, inoltre è anche più grande e più aggressiva in taluni casi.

 

La “famigerata” Vespa Velutina, predatrice d’api.

 

Parlando di cibo… la regina (più grande rispetto alle operaie) ha bisogno di più proteine ​​rispetto ai lavoratori per sviluppare le ovaie per la produzione di uova mentre le lavoratrici hanno bisogno principalmente di carboidrati. La colonia aumenta velocemente in grandezza e in numero d’individui, così tra agosto e settembre la colonia arriva al massimo dell’espansione e se non dovesse bastare ad accogliere la colonia in espansione, la Regina potrebbe decidere di rifondare un nuovo nido in un sito più ampio.

Tra agosto e settembre la colonia arriva al massimo dell’espansione. Mentre viene costruito il nuovo nido, alcune operaie rimangono nel vecchio sito per accudire le larve, fino a che la regina non sarà trascutata e decedendo, lentamente, il ciclo sarà terminato e il nido completamente abbandonato. I maschi compaiono a settembre come le nuove giovani regine, sebbene si possano trovare nei nidi ancora le operaie che vivranno fino a inizio novembre con il nido ormai in decadimento da un mesetto… Le regine sono allevate in cellette più grandi e possono arrivare a 3,5 cm contro i 2,5 di un’operaia. In questo periodo avvengono gli accoppiamenti e anche i maschi poco dopo muoiono. Le future regine incamerano proteine e carboidrati per l’inverno, a fine ottobre, inizio novembre, infatti, si chiude il ciclo con le nuove “Queen” che entrano in ibernazione.

 

Fobia

Quando ho deciso di scrivere questo breve pezzo, oltre che descrivere brevemente la storia del logo, l’ho fatto anche per far conoscere meglio questo insetto  e oggettivamente togliergli questa patina di cacciatore d’uomini, tralasciando i fobici estremi e gli ignoranti cronici.

Considerato da molti come una sciagura, forse perché nell’inferno di Dante alcuni dannati sono inseguiti e punti da dei calabroni o forse perché in tempi più contadini, i calabroni, nutrendosi di alcuni tipi di frutta, “sottraevano” un “tot” all’agricoltore o lo pungevano se il contadino raccogliendo la frutta, posava accidentalmente una mano su di esso, intento a nutrirsi. Anche il fatto che siano più grandi degli altri tipi di vespe ed emettano ronzio in volo non aiuta la loro buona fama, tuttavia i calabroni predano altri insetti e non traggono vantaggio dal pungere l’uomo.

La paura che ha l’umano per questi insetti è quindi abbastanza ingiustificata, salvo che il nido non implichi una strettissima convivenza casalinga o il soggetto non abbia problemi di shock anafilattico (problema che si potrebbe comunque presentare anche con alcuni ragni e altri insetti), rischio comunque basso poiché sostanzialmente i calabroni sono abbastanza pacifici, non sono in competizione con l’uomo e sostanzialmente l’ignorano…

Personalmente (raramente) mi è capitato anche di ritrovarmi addosso un calabrone infreddolito (sarà stato il pelo nella giacchetta ad attirarlo) o avvicinarmi a un calabrone un po’ spaesato per nutrirlo e farlo tornare in forze senza avere problemi nonostante non siano cani o gatti, più facili da comprendere.

Personalmente mi viene anche da “sorridere” se penso alle leggende secondo le quali sette punture di calabrone possono uccidere un cavallo… in realtà il veleno del calabrone è meno tossico di quello delle api, le quali producendo miele, si debbono difendere da mammiferi tra cui i plantigradi.

Certamente i calabroni possono pungere più volte rispetto a un’ape e la loro puntura è più dolorosa (la vespa mandarinia grazie alla composizione del suo veleno riesce anche a sciogliere i tessuti umani), giacché nel veleno iniettato c’è un 5% di acetilcolina, tuttavia non rilasciano ulteriore veleno poiché il pungiglione non si stacca dall’addome, mentre un’ape pungendo va quasi certamente incontro alla morte giacché possedendo un pungiglione seghettato, rimane ancorato all’epidermide dell’aggressore o malcapitato, mentre, volando via, come una specie d’ancora che si distacca dalla nave, strappa l’intestino con l’unico vantaggio di pompare più veleno contro l’antagonista.

Se poi paragonassimo quante persone sono uccise nel nostro paese l’anno accidentalmente da un calabrone mettendole a confronto con quelle uccise dall’uomo stesso, potrei “vincere” a mani basse…

Ovviamente possono esserci situazioni nelle quali gli individui dei calabroni, sentendosi in pericolo, possono pungere, magari inavvertitamente toccati su un frutto su qualche pianta ma soprattutto se vi trovate veramente vicini al loro nido magari compiendo gesti bruschi… In presenza di calabroni, o meglio… vicini al loro nido, sarebbe bene non fare gesti bruschi, evitando così di dare l’impressione di volerli eliminare, allarmando le sentinelle, le quali potrebbero dare l’allarme.

Evitare anche di lasciare bevande zuccherine aperte per evitare di attrarre l’insetto sarebbe buona norma se non si vuole averli intorno.

Mentre in Italia nei supermercati si vendono bomboloni di gas giganteschi da utilizzare contro calabroni e vespe, i quali potrebbero far decollare anche uno Shuttle, in Germania gli “hornisse” sono protetti dal primo gennaio 1987. È illegale ucciderli o distruggerne i nidi. In alcune circostanze chiamando le autorità preposte, i nidi possono essere rimossi dai vigili del fuoco o da una società specializzata. Tuttavia, la rimozione di un nido presente in un luogo critico non può avvenire senza il permesso dell’autorità paesaggistica.
Sempre in Germania, nel caso d’infrazione alla regola, per chi fosse trovato a commettere questo reato, la multa può arrivare sino a 50.000 Euro.

Insomma, se non siete colti da fobia, grandi e grossi e non amate troppo i calabroni, inutile fare tanto rumore per nulla, non sono venuti per pungervi…

Il calabrone (1) in alto a sinistra color giallonero e brunastro e altre vespe. Si possono notare le differenze di colorazione e dei disegni sul retro dell’addome.

 

I disegni di varie specie di vespe che ne identificano la famiglia.

 

Insetti simili

Qui, troverete altre immagini e descrizioni su insetti simili, presi da un vecchio libro (prestatomi da un amico) del quale non ricordo il nome, essendo passati più di 20 anni…

 

Apidi. Tra questi l’ape comune, quella domestica e il bombo, erroneamente confuso troppo spesso con il calabrone.

 

 

Probabilmente nelle foreste tropicali vi sono ancora altri tipi di vespe da scoprire. Qui, una vespa della sabbia…

 

Una vespa Yellowjacket.

 

Pepsis Wasp. Oltre ad avere una colorazione quasi identica a quella del nostro calabrone (inteso il logo di Charlotte), questa vespa, chiamata anche Vespa Tarantola, è un coraggioso e micidiale predatore che paralizza con il proprio pungiglione e cattura tarantole.

 

Podalonia Hirsuta. Un altro insetto che ha colorazione simile a quella del logo di Charlotte.