Crunch Hornets

Gli Charlotte Hornets stanno diventando “grandi”?

Difficile dirlo tra momenti di esaltazione e scoramenti regolari (dalla partita con i Timberwolves non si alternano strisce da due W o L poiché giungono sistematicamente una vittoria e una sconfitta) siamo sul 3-3 nelle ultime 6 partite disputate e la classifica è una porta girevole di un hotel: si esce e si entra in zona playoff con disarmante facilità anche quando non si gioca con 11 squadre potenzialmente in lizza per 5 posizioni per un salto nel paradiso post stagionale.

Ci vorrà ancora un po’ – forse – sia per il discorso emancipazione che per il salto di qualità che potrebbe portare a risultati decisamente migliori nonostante la stagione sia sopra le previsioni degli analisti.

A inizio annata sapevamo di avere alcuni buoni giocatori nel roster ma non si sapeva quanto avrebbero potuto rendere a confronto con le altre squadre in questa particolare annata.

“Qualcuno” – per citare parzialmente Gaber – l’avevamo visto lo scorso anno lievitare (Graham e Rozier), qualcuno era un’incognita semplicemente perché rookie (Ball), qualcuno era un talento inespresso (Bridges e Monk), qualcuno si sta riprendendo dopo anni di appannamento (Zeller).

Di certo Hayward, arrivato come Messia nella terra del basket a insegnar il gioco ai suoi compagni in virtù della sua maggiore esperienza in NBA, pur continuando a essere indispensabile, ha visto la crescita vertiginosa dei suoi compagni di squadra.

Nella notte appena passata Hayward è stato discreto: si è fatto veder poco entrando in gioco quando la squadra ne ha avuto bisogno.

Non è stata una super partita dell’ex Celtics anche se i 5 assist e il 3/3 da oltre l’arco sono sicuramente dati incoraggianti.

Questi Hornets, senza aggiunta di pezzi che garantiscano una certa tenuta e solidità sono ancora fragili a tratti frustranti da vedere poiché passata la prima linea difensiva (i rumor sono sempre quelli su Collins, Cousins e Drummond tralasciando Griffin), spesso non abbiamo soluzioni adeguate per frenare il gioco di passaggi avversario o la prepotenza di certe masse lanciate a canestro, tuttavia la flessibilità e la fluidità offensiva rende simbiotico il gioco dei Calabroni con il loro animale guida.

Un gioco rapido, veloce e pungente che sta entusiasmando (anche qualche fan di nuova data) a partire da LaMelo Ball che incarna queste caratteristiche mettendo faccia e impronta sul gioco della squadra.

Ball pare aver trovato subito l’aura del predestinato dopo la prima uscita paurosa a Cleveland con 0/5 dal campo.

La sua propensione a migliorare la squadra grazie alle sue doti di fine passatore erano conosciute anche prima dell’approdo in NBA ma la sua personalità e le sue doti realizzative – anche in momenti chiave – stanno emergendo in queste settimane nelle quali manca Devonte’ Graham, uno ce ultimamente, nonostante qualche difficoltà iniziale e al tiro è stato devastante nei minuti finali.

Un altro giocatore che sta facendo grande Charlotte è Terry Rozier, buon comprimario a Boston, star per i Calabroni con i quali è giunto a due livelli superiori a ciò che aveva potuto mostrare dalla panchina con i verdi.

Ha vinto quasi da solo le partite contro Minnesota e Golden State in casa riprovandoci alla Chase Arena (8 punti consecutivi) ma troppo tardivamente e non in crunch time.

Rozier, nella prima sfida contro i Warriors ha realizza 20 dei 33 punti di Charlotte con un 7/9 dal campo compreso un 4/4 da 3 punti.

“Ne ho messa una, ne ho messe due e poi è stato come (“sparare nell’oceano”)”, ha detto Rozier sabato sera aggiungendo che i suoi compagni di squadra hanno fatto un ottimo lavoro per accompagnarlo a essere stato decisivo in quel tratto di gara.

L’allenatore degli Hornets – James Borrego – parla spesso della volontà di Rozier, anch’essa in mostra nella prima contro i californiani.

“La sua volontà durante le partite e il quarto periodo ci tiene in vita. Ci dà un’enorme quantità di fiducia e (contro GSW in casa), ha semplicemente voluto un’altra vittoria” ha detto coach Borrego.

In 30 minuti di tempo di clutch time Rozier ha segnato 33 punti con il 53% dal campo e il 54% da 3 punti…

Gli Hornets hanno superato gli avversari di 42 punti in questa stagione con Rozier on the floor nei decisivi minuti finali.

Malik Monk, dopo esser stato accantonato a inizio stagione è un giocatore da striscia: può variare le sue serate, dalla mediocrità si può accendere fino incredibili prestazioni come quelle ottenute contro Miami e Phoenix mentre a San Francisco ha segnato ancora un minimo di 25 punti partendo dalla panchina alla seconda uscita consecutiva, impresa riuscita solo a Dell Curry agli Hornets.

Nelle ultime tre uscite ha realizzato 20 punti o più…

Una specie di torcia umana capace di cambiare il volto della partita in pochi minuti…

Quando Monk si accende forse esagera?

Malik Monk è tra i migliori tiratori da 3 punti della stagione NBA vivendo di gran lunga la sua migliore stagione come tiratore da 3 punti, realizzando il 47,3% dei suoi tentativi.

Il suo miglior risultato in quattro stagioni NBA è stato del 34,2% come rookie…

Trovato spazio in rotazione (anche per l’assenza di Graham vista la sovrabbondanza di guardie), sta giocando 20 o più minuti nelle ultime 13 partite con i 39:51 giocati anche grazie all’OT a Miami e i 36 punti di massima messi a referto.

E’ sceso dal 54,2% della scorsa stagione al 42,5% a livello di percentuale da due punti di questa stagione ma se gli si chiede se le difese avversarie cercano di contenerlo in maniera differente in questa stagione lui dice: “Varia. Alcune squadre mi escludono dalla linea dei 3 punti e alcune squadre scelgono con i loro giocatori dietro il blocco. Vogliono che mi innamori della linea dei 3 punti piuttosto che farmi andare in penetrazione. Fanno un buon lavoro nell’accendermi.”

Grazie a questi giocatori gli Hornets sono attualmente la migliore squadra NBA che negli ultimi minuti a contatto in questa stagione riesce a mettere il miglior differenziale tra le squadre e con un ampio margine.

La NBA definisce il crunch time come quel tempo tempo in cui si ha un margine inferiore o pari a cinque punti negli gli ultimi cinque minuti di una partita.

La scorsa stagione i ragazzi di Borrego sono arrivati ​​quinti tra trenta squadre in questa particolare statistica.

Potremmo dire che gli Hornets, con un roster inferiore, hanno imparato a soffrire mentre con l’aggiunta bilanciata di un rookie talentuoso e un veterano hanno cominciato a divertirsi in quel tempo che fa palpitare il cuore dei tifosi.

Gli Hornets hanno giocato 43 minuti a tempo di frizione in questa stagione e hanno cancellato gli avversari in quel periodo: superandoli di 51,4 punti ogni 100 possessi.

Gli Hornets in crunch time in questa stagione.

La seconda migliore squadra nel tempo “decisivo” sono i Philadelphia 76ers con poco più di 35 punti ogni 100 possessi…

Se andassimo a vedere, inoltre, da gara 20 a gara 32 (le prime 19 partite le avevo già recensite in toto e le trovate nel pezzo denominato “Il Punto” uscito dopo gara 19) possiamo notare come la quasi metà delle volte Charlotte sia andata a contatto nei minuti finali.

Sei volte con altrettante vittorie: Indiana, Milwaukee, @ Miami, Minnesota, Golden State e @ Phoenix…

Per quattro volte siamo entrati in vantaggio, due in svantaggio ma il risultato è stato il medesimo grazie ai nostri giocatori offensivi ma anche difensivi (basti ricordare lo sfondamento subito da Zeller a Miami) che paiono essere incredibilmente performanti in quei minuti tendendo a disperdersi nei meandri temporanei delle lunghe partite.

Qui possiamo notare nel dettaglio i punti realizzati in totale nel crunch time da ogni nostro singolo giocatore nelle ultime sei partite prese in questione:

Dopo la L con Golden State la prossima settimana italiana si aprirà con il secondo gruppo di trasferte: Sacramento, Portland e Minneapolis, sulla carta tre partite abbordabili o giocabili (a Portland è sempre dura) che faranno il paio con le prime tre casalinghe dopo la pausa per l’All-Star Game: Detroit, Toronto e ancora Sacramento.

Gli Hornets per diventare grandi dovranno maturare sotto l’aspetto difensivo cercando di non ridursi all’ultimo nel fare i compiti e ricavare il massimo da queste partite prima di cinque nuove trasferte a Ovest…

Questo articolo è stato pubblicato in Inside The Hornets da igor . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.