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Charlotte ha portato a termine l’operazione “completamento roster”.
In un periodo nel quale si scriveva, il mercato langue abbiamo sullo sfondo i rumors intriganti ma non convenientissimi per noi ai quali per ora non do molto credito per una possibile trade con Cleveland che porterebbe Irving più Shumpert oltre ad alcune scelte in cambio di Walker e Zeller (scrivo non convenienti perché se Uncle Drew al momento probabilmente ha qualcosa in più, Kemba è in netta crescita e viene da una stagione super anche se deve migliorare in alcuni momenti ma a lui in North carolina si chiedono miracoli… in più si spenderebbero complessivamente circa 29,5 contro i 24,5 che andrebbero a pesare sul monte ingaggi dei Cavalieri per questo tipo d’operazione).
Lo scambio è affascinante ma non risolverebbe i problemi primari che abbiamo  secondo me nel “reparto” ali. 
In più Kemba è una bandiera di Charlotte ormai, ammesso che in un mercato del genere ancora ne possano esistere.
Persino Iverson fu sul punto d’essere ceduto (per altri problemi) in anni nei quali questo business non era ancora così sviluppato, inoltre negli ultimi anni abbiamo assistito a gente come Wade che ha lasciato il suo storico team o a migrazioni inverse come il figliol prodigo LeBron James tornato in quel di Cleveland dopo la lunga parentesi di Miami con lo stsso Wade e Bosh.
Scrivevamo…i Calabroni erano fermi a un roster a 13 giocatori con 3,3 $ da spendere per non superare il tetto massimo salariale, almeno dopo le ultime partenze dei tre play che fecero le riserve a Walker la passata stagione (Roberts, Sessions, Weber).
 
Per non andar troppo distanti da casa, a Chapel Hill gli Hornets devono aver visto giocare Isaiah Hicks, nato il 24 luglio 1994 a Oxford in North Carolina.
Un’ala grande pescata in casa perché ha frequentato l’Università di North Carolina.
Giocatore atletico, buon rimbalzista che alla conclusione della sua stagione da junior, ha ricevuto il premio come “Sesto Uomo”.
Devo dire che vedendo qualche filmato mi hanno impressionato la coordinazione e la velocità con le quali passa da un tipo di movimento all’altro, ad esempio da uno spin alla schiacciata potrebbe mettere in difficoltà centri non molto agili…
Qualcuno dice che la fiducia e i nervi sono i suoi punti deboli ma lui anche dopo prestazioni scadenti (una partita nella quale finì 3/17 dal campo), disse:
“Non direi che sono molto frustrato perché mi sento come se stessi solo cercando… mi sento come quando si prova e non va bene, continuo a cercare”.
Sicuramente, aldilà delle dichiarazioni, questa è l’unica cosa giusta da fare.
Senza fiducia, la focalizzazione dell’obiettivo e ovviamente una buona tecnica, il canestro può apparire un obiettivo irraggiungibile, soprattutto la prima dote è fondamentale.
Un giocatore che potrebbe avere già le spalle grandi se la testa lo aiuterà.
Quando North Carolina perse con Villanova all’ultimo, il giocatore avversario (Jenkins) colpì da tre punti allo scadere e, anche se non era la marcatura diretta di Hicks, il neo Hornets era il giocatore più vicino che potesse tentare di stopparlo e non vi riuscì…
Gli diedero la colpa, tuttavia lo sport è fatto di continue rinascite, per di più a queste giovani età.
Chiusa una parentesi, c’è sempre la possibilità di lavorare e riscattarsi, per lui potrebbe aprirsi un’interessante finestra NBA, anche se per ora sono “mutevoli” sogni estivi.
Nel video si vedono le sue doti ancor prima di andare a giocare per North Carolina…

 
Per il quindicesimo uomo è arrivato T.J. Williams, nato in Texas, una point guard di 191 cm.
Non un grande difensore dicono ma presumibilmente se Charlotte dovesse decidere di provare anche Monk nel ruolo di PG e tenere Williams, sarebbe più un giocatore da propensione offensiva con un tiro che spazia sino a distanze da tre punti, in grado di crearlo attraverso il palleggio, ovviamente le difficoltà che incontrerà saranno quelle di tutti i novizi, esperienza, comprensione di un gioco leggermente differente e atletismo, giacché al contrario del sopracitato Hicks, T.J. da questo punto di vista non è eccezionale.
Discreto passatore, probabilmente dovrà rifinire il suo gioco se rimarrà nel roster.

 
Siamo arrivati ai 15.
Giochi fatti direte voi… no, almeno… anche se questi dovessero essere i 15 giocatori confermati, da quest’anno la NBA ha inventato una nuova formula che permette di aggregare altri due giocatori da inserire nella rosa.
Per farlo si usa il Two-Way Contract, un tipo di contratto che da la possibilità a due giocatori per squadra di firmare per essa e mentre la franchigia manterrà i diritti sulle prestazioni sportive di questi giocatori, loro (probabilmente, giacché è il primo anno che si usa questo sistema…) andranno a giocare nella lega di sviluppo per essere richiamati in prima squadra all’occorrenza.
L’unica clausola di rilievo è che tali giocatori non potranno essere impiegati per più di 45 giorni a stagione. Sostanzialmente il roster diventa in 15+2 con un paio di riserve…
 
Il primo ad essere selezionato per questo tipo di contratto è stato Mangok Mathiang, ventiquattrenne di colore nato in Sudan con cittadinanza australiana e trasferitosi in America.
Con Louisville quest’ ala grande di 208 cm, l’anno scorso ha messo a segno 7,8 punti di media, buona mano, Pitino (non proprio l’ultimo degli arrivati, New York e Boston nei suoi trascorsi NBA) ha speso buone parole per lui, convincendolo a giocare anche all’interno del pitturato, sebbene il giocatore abbia una buona mano in grado di colpire anche dalla media con precisione.
Ha giocato la Summer League a Orlando per gli Hornets con il numero 11.
Un workout di Mathiang:

 
Ultimo ad essere menzionato è Marcus Paige, altra PG di 185 cm, quasi ventiquattrenne che ha frequentato North Carolina.
Ovviamente non ci si aspetta da lui chissà che cosa, per far sfracelli ci vorrebbe ben altro, tutto sommato potrebbe essere l’ennesima soluzione per il tiro da fuori.
Da notare le icone del tracciamento sul tiro dal campo contro Indiana…
Mancino, “Picklehead” l’anno scorso girava a 12,6 punti di media e 3,7 assist, con il 35,6% da tre è un tiratore nella norma…

Vedremo che succederà…
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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.