This is Not America

“Tis is Not America”, così avrebbe cantato probabilmente David Bowie, forse sdraiato su un prato di Charlotte osservando il cielo color blue Carolina non certo sgombro da nuvole cariche e minacciose, pensando di essere in qualche paese più arretrato culturalmente.

 

Un nuovo temporale è infatti pronto a scatenarsi su una delle franchigie già più tormentate dell’intero panorama NBA.

 

Questa volta la minaccia arriva dall’interno: questo mercoledì il governo della Carolina del Nord, presieduto dai Repubblicani (negli ultimi 116 anni solo quattro Repubblicani sono stati eletti in N.C.) con Pat McCrory in testa, ha approvato una legge restrittiva verso i diritti delle persone omosessuali, bisessuali e transessuali (Lgbt) approvandola in appena 24 ore. Non solo hanno abrogaro la decisionme della città di Charlotte di parificare i diritti per tutti, mahanno lavorato per impedire perché in futuro qualunque città possa sganciarsi da quest’imposizione.

 

Il 22 febbraio scorso il governatore di Charlotte decise di emanare un’ordinanza che proibisse ogni forma di discriminazione contro questa categoria di persone, sia negli esercizi commerciali sia pubblici, taxi, ecc., espandendo anche verso di loro una legge già esistente contro le discriminazioni per ragioni etniche e religiose.

 

Sembra incredibile che questo succeda nel 2016 in America, considerata da alcuni non solo terra di opportunità ma patria della civiltà moderna.

 

Dopo le battaglie del secolo scorso fatte dalla gente di colore e non solo per ottenere una sostanziale parità (che ancora oggi latita a volte), oggi il governo della Carolina del Nord attacca i colori della bandiera arcobaleno su una faccenda stupida, cercando per questione di principio di far ristabilire la sua legge.

 

Personalmente, pur non facendo parte delle categorie sopracitate, trovo francamente ridicola e discriminatoria questa presa di posizione che, e qui arriva il problema, per la franchigia risulta deleteria giacché di riflesso rischia ora di perdere l’All-Star Game in programma l’anno prossimo.

 

Già… perché alla NBA questa posizione non è piaciuta e pare stia pensando di spostare in un’altra città il Week-end delle stelle.

 

Cancellare l’All-Star Game significherebbe, oltre al contraccolpo economico per la città, anche tornare in qualche modo a essere relegati mentalmente in un’ipotetica seconda fascia.

 

Oltretutto nell’anno dell’All-Star Game Jordan, con i fari puntati addosso, potrebbe tentare effettivamente di migliorare ancor di più la squadra e fare un’altra stagione su livelli ancora superiori.

Gli Hornets meritano questo riconoscimento e la franchigia si è fatta già sentire con un comunicato che dice di non essere d’accordo con il governo della Carolina del Nord, che pare remare contro più che dare una mano a Jordan.

 

Lo "statement" rilasciato dagli Hornets a riguardo.

Lo “statement” rilasciato dagli Hornets a riguardo.

 

La presa di posizione potrebbe forse non bastare.

 

Vedremo se queste nuvole rapide porteranno pioggia, sperando di rivedere il sole e l’arcobaleno il prossimo anno.

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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.