Intro
Adolf Hitler non è davvero morto.
Sì, ok, forse dovrei parlarvi del Martin Luther King day ma un’altra volta, oggi avevo in mente questa tematica che per certi versi si rifà al problema.
Che Hitler non sia morto… questa è l’idea di base di Charles Bukowski che trae spunto dalle leggende metropolitane che vorrebbero ancora in vita il Führer “incarnatosi” sotto mentite spoglie in qualche personaggio dalla vaga somiglianza nelle più disparate aree del mondo, soprattutto nelle Americhe dove trovarono riparo alcune figure naziste sfuggite al giudizio di americani e sovietici dopo il conflitto.
Il piccolo racconto è piuttosto ovattato, lascia una linea di tensione al lettore, la violenza è gravemente sottile e non ostentata.
La trama narra la storia di due agenti della Casa Bianca che assoldati da un ormai ottuagenario Adolf Hitler portano il presidente degli States davanti a lui in una casa di campagna.
Lì avverrà, per mano di due sapienti dottori un’inversione della morfologia tra i due, un cambio di connotati tra due fisionomie vagamente somiglianti con una tecnologia all’avanguardia che permetterà anche all’ex dittatore di assimilare la voce del presidente degli States e sostituirsi a lui per completare il suo diabolico piano mentre l’ormai ex presidente sarà lasciato in vita con la voce del Sig. Tilson (nome di Hitler sotto copertura) e portato in un ospedale psichiatrico poiché ritenuto pazzo per le sue dichiarazioni sul fatto di essere il presidente degli Stati Uniti D’America.
Una storia di maschere molto moderna che nasconde altri significati ma personalmente amo notare come l’aspetto riesca a prendere il posto della personalità anche senza memoria (sarebbe stato bello se il racconto fosse proseguito) e di come oggi nella società dell’immagine questa sia una garanzia più affidabile di sconfessati comportamenti.
Per tornare agli Hornets, verrebbe da chiedersi allora qual è il vero volto, qual è la vera forza di Charlotte dopo averla vista battere Milwaukee e Philadelphia per poi cadere con Orlando?
I Calabroni, tormentati e apolidi (nel senso che gli Hornets hanno giocato in tre Stati americani: North Carolina, Louisiana e Oklahoma) tornano al loro road tour ma solamente per le tappe delle varie sfide: New York e Boston, due big city a Est forse non promettono di svelarlo del tutto ma potrebbero dare indizi sul futuro di questa stagione per una squadra che pare essere più attenta quando la sfida si fa più ardua così, anche se gli arancio-blu e i vedi sono in ritardo in classifica, non dovrebbe mancare la concentrazione.
Dire di conoscere esattamente le persone che abbiamo intorno probabilmente sarebbe utopico ma noi conosceremo almeno il risultato dopo questa incerta partita.
Andamento della partita
New York schierava: Fournier, Burks, RJ Barrett, Randle e Robinson.
Gli Hornets partivano bene a New York con una quick drive di Bridges rifinita da un arcobaleno oltre Robinson e un’infilata di Rozier che provocava il goaltending di Robinson in ritardo per l’aiuto con palla stoppata dopo il tocco al vetro.
Miles dalla diagonale destra realizzava il 7-0 a 9:45 con una tripla sicura mentre New York segnava il suo primo punto ai liberi a 9:29 con Robinson.
A 9:17 e Hayward ricambiava la cortesia splittando i liberi quindi toccava a RJ Barrett con la tripla frontale dimezzare lo svantaggio.
Di tripla andava ancora Bridges che da una posizione molto simile alla precedente infilava l’11-4.
Due bombe di seguito per mano di Randle riportavano in carreggiata New York e la runner dunk di Robinson segnava il sorpasso: 11-12.
Rozier dalla sinistra centrava con l’arco il bersaglio per il 14-12 quindi gli Hornets allungavano dopo un ½ di Plumlee in lunetta con un bound pass di Bridges a trovare nell’angolo destro Hayward per un altro preciso dardo dalla distanza ma non era finita perché il jumper di Rozier da due punti e il two and one di Bridges in corsa a contatto con Quickley valevano il 12-0 di parziale per il 23-12 a 5:04.
Quickley da tre vedeva la palla colpire il primo ferro ed entrare ma un passaggio schiacciato di Rozier tra due pilastri della difesa newyorchese filtrava sotto per Miles che metteva dentro sorprendendo tutti.
Fournier segnava il 25-18, un divario ad elastico di 7 punti mantenuto a 1:06 da due liberi di Randle mentre Bridges era capace di segnare da fuori portando sul 32-22 il risultato.
Il primo quarto si chiudeva sul 34-23 grazie ad altri due punti di uno scatenato Bridges.

Nel secondo quarto però emergeva all’inizio New York anche grazie a 5 punti di Toppin rapidi che a 9:54 portavano la partita in time-out sul 34-30 con Borrego costretto a chiamare il time-out.
Diciotto secondi più tardi RJ Barrett falliva l’occasione di portare a -2 i Knicks mancando due liberi mentre 11 secondi ancora dopo (9:25) l’entrata di Ish valeva il two and one per fallo di Quickley.
Toppin realizzava l’alley-oop del 37-32, Gibson splittava i suoi liberi riconducendo a -4 la squadra di Thibodeau.
Quando lo stesso Gibson toccava un pallone a Plumlee in avanzata lo stesso era recuperato da Hayward in corsa fuori area, altra avanzata con fallo del difensore e floater beffardo per i fan della Grande Mela che a 8:06 si salvavano almeno dall’addizionale mancato da Gordon.
Charlotte continuava a premere sul ritmo e la tripla di Hayward che si schiantava sul ferro era preda di un precipitevole Bridges bravo a trovare plasticità, coordinazione, tempismo e potenza per ribadire la sfera a canestro a suo modo.
Toppin cileccava altri due FT per i newyorchesi e a 6:23 l’entrata di Miles dava i suoi frutti portando sul 43-33 il match.
Blocco illegale di Robinson che sgambettava Martin, palla guadagnata da Charlotte che si allungava con un passaggio baseball per Plumlee in transizione solitaria con dunk del 47-34.
Jumper da due di Randle in solitaria, risposta di Hayward dall’angolo destro, time-out a 4:00 di NYK sul 50-36.
Rozier metteva dentro 4 punti poi toccava a Plumlee (imbeccato da un passaggio in salto volante di Bridges) prodursi in un selvaggio reverse con and one (fallito due volte) e nel finale tornava protagonista Terry con una tripla rim/glass prima di vedere Barrett batterlo per via del fisico ma il nostro numero 3 tornava alla ribalta con un’altra saetta nel finale con ottimo tempo di ricezione a :01.2.
62-44, +18, ottimo primo tempo di Charlotte.
Nella ripresa Randle infilava da tre ancora ma dopo un’entrata a ricciolo il floater sparato dalla cartucciera di Gordon era perfetto, Robinson rispondeva con un rimbalzo e una schiacciata violenta mentre Rozier sull’altro fronte a sinistra pescava martin che in splendida solitudine tirava fuori dal cilindro una tripla solo cotone per il 67-49.
Fournier replicava dall’angolo sinistro ma Martin in taglio riceveva in area andando a contatto con RJ Barrett riuscendo ad avere la meglio di fisico per l’appoggio.
Gordon dalla baseline sinistra passava oltre difensore e ferro per un reverse chiuso a uovo per impedire la stoppata quindi la tripla di Burks faceva girare il mega-schermo sul 71-56.
P.J. Ritrovava un passaggio indirizzato a lui ma toccato dalla difesa dei bianchi riuscendo a deviarlo al volo da sotto in maniera vincente e quando a 6:13 dalla diagonale sinistra Rozier catapultava il tre punti del 76-56, Charlotte sembrava avere ormai le redini dell’incontro definitivamente in mano.
Nonostante una correzione volante fuori equilibrio sotto il nostro canestro di Randle (78-61) Hayward bombardava a a 3:22 mentre alla dunk di Robinson rispondeva Miles in entrata con un canestro fortunoso probabilmente non proprio valido con un’alzata per sé stesso senza che la palla pare avesse toccato il vetro mentre probabilmente la terna considerava il tocco del difensore Knicks.
A 1:06 Miles realizzava da tre mentre gli ultimi 4 punti di quarto erano segnati da New York per l’86-67.
Partenza dell’ultimo quarto pressoché inutile, gli Hornets mantenevano il vantaggio e quando a 2:16 dalla fine Martin spazzava via con un balzo felino il tentativo di Toppin era finita, infatti, nemmeno l’entrata blanda della panchina di Charlotte (lasciava zero tracce sulla partita) permetteva a NYK di rientrare ma solo di accorciare sul 97-87 finale.
Analisi
La differenza tra le due squadre in questa partita l’ha fatta il ritmo, incarnato da Miles Bridges esploso in attacco già dal primo quarto con le sue giocate dai tempi giusti.
Charlotte è riuscita a imporre al MSG il proprio ritmo veloce in attacco giocando di squadra mentre in difesa si è dimostrata solida anche grazie all’inserimento di Martin in quintetto che ha sostituito provvidenzialmente LaMelo Ball (influenzato ma teoricamente disponibile) per l’occasione.
New York è parsa lenta e spaesata, ha mancato tiri liberi e occasioni piuttosto semplici molto ravvicinate, inoltre si è sentita probabilmente frustrata da una terna che ha dato ragione a Charlotte molto spesso e onestamente a parte pochissime volte nelle quali NYK è stata realmente penalizzata, le decisioni sono state prese in maniera corretta.
Partita mai in discussione dal finire del primo tempo, nonostante il 49-65 a rimbalzo i Knicks pagano l’11/21 ai liberi e il 7-15 nei TO, come detto nel matchup key, gli arancio-blu, un po’ confusi, in cerca di una propria identità, anche nelle rotazioni troppo particolari (Ok, mancavano Rose e Walker) hanno patito la pressione di Charlotte sfociata solamente in un 7-4 nei fast break ma molto più letale per fermare Randle e soci.
L’attesa coppia Randle e RJ Barrett si è fermata a 18 punti a testa, 12 punti per Quickley, 11 per Toppin, 10 quelli di Robinson.
Il parziale di 90-58 per i titolari degli Hornets su quelli dei Knicks si è rivelato decisivo nonostante l’apporto della panchina di Charlotte in termini di punti (7) e di tenuta difensiva non sia stato esaltante, alla fine il 41,9% dal campo di Charlotte è stato leggermente superiore al 40,0% dei padroni di casa.
Cody Martin: 7,5
9 pt. (3/11), 7 rimbalzi, 4 assist, 1 stoppata. Non parte proprio benissimo. Un diesel, si scalda in difesa volando lateralmente sui close-out a dare fastidio ai tiratori avversari, si fa sgambettare da Robinson riprendendo palla per Charlotte e oltre a un paio di triple piazzate dal lato – anche se la percentuale al tiro non è alta (non benissimo ai liberi) – infila anche un colpo da sotto facendo la voce grossa con il fisico sul più possente RJ Barrett. Mister 3 polmoni corre per 45:33 dando fastidio a tutti e ne ha ancora nel finale per decollare su Toppin a 2.16 dalla fine spazzando il suo tentativo. Una partita messa sul ritmo e lui lo fa in difesa.
Terry Rozier: 7,5
22 pt. (8/18), 6 rimbalzi, 7 assist, 1 rubata. Terry produce a tutto campo dalla difesa all’attacco. Fastidioso come difensore per gli avversari, in attacco sa trovare anche i compagni giusti (vedi bound filtrante spettacolare per Miles o passaggio apertura sulla sinistra per lo smarcato Martin) e segnare in proprio ritrovando una discreta media anche con il 4/11 da oltre l’arco. Uno dei cardini di questa W.
Gordon Hayward: 6,5
16 pt. (6/16), 2 rimbalzi, 4 assist , 2 rubate. Avrei giurato avesse chiuso con percentuale migliore al tiro ma bastano gli swish giusti. Il 3/8 da fuori con buona mano aiuta Charlotte così come i 4 assist. Supporting cast d’autore come quando in corsa recupera la sfera toccata da Gibson a Plumlee, entra in area e spinto lateralmente sulla schiena rilascia un floater ipnotico con possibile and one (mancato)…
Miles Bridges: 9
38 pt. (14/20), 12 rimbalzi, 5 assist, 1 rubata, 1 stoppata, +26 in +/-. Doppia doppia partendo con l’esplosione di punti nel primo quarto quando le due triple sganciate di seguito gli entrano. Prosegue con degli avvicinamenti chiusi in maniera talmente leggiadra, perfetta e spettacolare da sembrare finti anche perché Robinson, Randle e soci non gliela rendono facile. Teardrop, hook, appoggi, reverse layup e anche un canestro fortunoso probabilmente da annullare con una specie di auto-passaggio sono nel suo carnet d’imprevedibilità che mostra a ventaglio nella serata. Thibodeau probabilmente al grido di: “Lo fermi chi può” non trova le contromisure anche se nel secondo tempo si acquieta un po’ lasciando ai compagni mano prima di mostrare un altro paio di gemme già descritte. 22 punti nel primo quarto, 38, career high alla fine.
Mason Plumlee: 6,5
5 pt. (2/2), 2 rimbalzi, 3 assist, 1 rubata, 4 PF. Non so se vi ricordate qualche cartone animato giapponese dove gli eroi sono 5 tipo il Supercar Gattiger o altri, de facto lui è quello più scarso tra i titolari ma qualche pezza per far sì che New York non domini da sotto ce la mette, a volte con il fallo ricorrendo all’esperienza. Avesse un po’ di esplosività e forza in più… Bella la steal in uscita, peccato non sia riuscito a controllare la transizione. Gli va meglio quando lo lanciano dall’altra parte del campo e lui infila la schiacciata. 1/3 ai liberi che sarebbe ¼ per gentile concessione della terna fatto ribattere ma ancora niente…
Ish Smith: 5,5
3 pt. (1/6), 1 rubata in 13:47. Primo elemento della panchina del quale parliamo stasera. Segna un two and one con fallo di Quickley. Per il resto un po’ indisciplinato in attacco, non mette più un tiro.
P.J. Washington: 5,5
2 pt. (1/7), 6 rimbalzi. Anche per lui il tiro in serata è opzionale segnando solo un non tiro con una deviazione volante dopo essersi visto toccare una palla indirizzata a lui, rollante a canestro. Un po’ spaesato in difesa e fatica all’inizio a tenere il primo passo (vedi anche come lascia passare Toppin a inizio secondo quarto) nonostante la fascetta della potenza turchese indossata in serata per far compagnia a McDaniels. Almeno qualche rimbalzo lo cattura ma ci si aspetta di più da lui a meno che non sia realmente in uscita…
Jalen McDaniels: 5,5
2 pt. (1/6), 4 rimbalzi. Qualche rimbalzo e un bel pull-up prendendo il tempo al difensore ma anche la sua difesa non mi è parsa eccelsa.
Nick Richards: s.v.
0 pt. (0/0) in 2:15. Entra su un larghissimo vantaggio per salutare il pubblico newyorchese. Utilità zero, meglio forse con un microfono in mano a cantare qualche canzone del connazionale Marley visto l’andazzo del garbage time.
Coach James Borrego: 7
Partita mai in salita, impostata sul ritmo grazie alla serendipità Martin. Provvidenziale Bridges, bene i titolari, urge dare una sveglia alla panchina nelle prossime partite quando servirà realmente di più. A volte il gioco si è sviluppato ordinatamente, a volte di corsa con un po’ di confusione ma alla fine il risultato è stato buono.