Il Punto @ 24

Intro

Se avessi in mente di descrivere enfaticamente gli attuali Hornets con una canzone, opterei per un pezzo da metafora piuttosto conosciuto degli 883:”La dura legge del goal”.

“Fai un gran bel gioco però… se non hai difesa gli altri segnano e poi vincono” e “Che spettacolo quando giochiamo noi, non molliamo mai loro stanno chiusi ma, cosa importa chi vincerà perché in fondo lo squadrone siamo noi”.

Con 114,9 punti a partita realizzati e 115,4 subiti Charlotte si trova agli estremi delle classifiche, in positivo (prima posizione nei punti realizzati in media) e negativo (ultimo posto nei punti subiti di media), per questo Borrego ha posto l’accento sul cercare di correggere la difesa senza mai riuscirci.

A parte un paio, dal mio punto di vista, imperdonabili sconfitte a Houston e Chicago (per l’atteggiamento, compensate da partite precedenti come l’esordio con Indiana e le vittorie su Golden State e Washington), gli Hornets – dopo 24 partite di regular season – si trovano inaspettatamente con un record leggermente positivo in classifica (13-11) nonostante abbiano giocato solamente 9 partite casalinghe contro 15 trasferte.

Se esistesse una media inglese sarebbe buona, soprattutto perché i buoni risultati ottenuti recentemente allo Spectrum Center hanno infervorato il pubblico locale che vede il palazzetto riempirsi per un’ascesa nella classifica di presenze.

Il noise di Charlotte da antiche emozioni sta aiutando al squadra a creare un feeling invisibile che trascina i spesso Calabroni alla vittoria tra le mura amiche.

Purtroppo dopo la partita di Milwaukee la squadra è slittata dal sesto al nono posto vista la classifica ancora cortissima.

A proposito di Milwaukee – dato che tutte le testate giornalistiche hanno solamente incensato la grande prestazione di Antetokounmpo dimenticandosi un po’ di situazioni finali nella quale Charlotte è stata svantaggiata, vediamo qualche episodio nel finale:

Partiamo con Antetokounmpo tenuto da Ball fallosamente per il braccio, gli arbitri non fischiano poi Giannis si libera con il braccio un po’ troppo largo del play degli Hornets (altro fallo non chiamato), l’azione prosegue con il greco che va a sfondare su Rozier nettamente fermo prima del contatto. Giannis e Budenholzer chiamano il challenge e vergognosamente arriva l’inversione del fallo con due FT per la star avversaria (1/2).

Hill in entrata commette passi, fischio corretto ma manca il tecnico perché il giocatore dei Bucks sbatte la palla violentemente per terra, gesto di stizza costato caro agli Hornets almeno tre volte nelle ultime partite.

Opinabile?

Forse ma uniformare il regolamento non sarebbe male.

Nella terza azione Hayward cerca di liberarsi di Allen che tocca più volte Gordon, alla fine è reaching ma viene fischiato anche l’uso del gomito di Hayward e un tecnico contro dopo aver rivisto molto zelantemente l’azione sotto pressione dell’ambiente Bucks.

Fischio che può essere giudicato corretto; 2 liberi per Hayward (non avrebbero voluto nemmeno i due FT dalla panchina di Milwaukee) e uno per Middleton, tutti a segno.

Nella quarta azione P.J. sulla sinistra palleggia ma Antetokounmpo aprendo il compasso calcia la palla con il taglio del piede e Bridges a tre secondi dalla sirena deve recuperar palla e tirare da tre quarti campo.

Palla che si infrange sul tabellone e TO mentre il cronometro avrebbe dovuto esser resettato ai 14 e data al palla agli Hornets per l’evidente fallo anche se involontario.

Altro caso simile a quello di Hayward, Antetokounmpo girandosi trova Bridges usando il gomito sul collo.

Per gli arbitri è solo fallo, tecnico “condonato” al greco vista la similitudine dell’episodio precedente.

Un meme di Fabrizio Getuli sui fan Hornets. Praticamente anch’io oggi dopo la sconfitta “leggerissimanente indotta dalla terna” a Milwaukee.

Passiamo ora ad analizzare il gioco di Charlotte.

Parte tecnico/tattica

Pregi e difetti del team – specialmente per chi legge abitualmente i recap dei match – sono abbastanza noti per cui, per non glissarli del tutti, li elencherò brevemente qui sotto grazie anche a qualche esempio video curato nei suoi aspetti descrittivi in video da (coach) Matteo Vezzelli.

Per prima cosa c’è da dire che la strategia di Charlotte si basa essenzialmente su una difesa mobile – anche per coprir le magagne sotto canestro dove si hanno a difficoltà a difendere il ferro – che tende a pressare sulla palla, rubar palloni e ripartire sviluppando rapidissime transizioni.

Qui sotto notiamo come Plumlee e compagni abbiano problemi a coprire il pitturato contro Mobley e Allen per non parlare del record di punti fatti realizzare all’ex Wood (33) ma anche a Vucevic (season high con 30 punti e un 6/6 d oltre l’arco)…

Qui possiamo notare come i tre lunghi di Cleveland provino ad attaccare il pitturato: Markkanen passa una palla in post alto a Mobley il quale effettua un buon giro dorsale con Plumlee bravo a mandarlo sulla linea di fondo (ipotetico difensore aggiunto) e mentre Sexton aveva già effettuato un primo taglio (seguito da Ball), sul lato debole taglia anche Allen sulla linea di fondo.

Servito in orizzontale dal compagno trova strada libera percorrendo la linea di fondo lasciata libera da Bridges, maldestro nel raddoppiare Sexton in area e a non accorgersi del taglio trovandosi di spalle rispetto al centro avversario.

Ball incarna questo spirito con i suoi rimbalzi, aperture veloci anche con lunghi passaggi, insomma, si cerca di giocare per punti facili avendo una squadra mediamente giovane che può correre.

Qui vediamo Rozier essere pescato immediatamente da Ball.

Il play degli Hornets spinge la transizione con un long pass: il tre contro due costringe i difensori Wizards a rapide scelte in ripiegamento e Charlotte è brava ad approfittarne con lo stesso Terry favorito dall’aver spazio davanti a se.

Una tripla che Rozier – con spazio – può mettere frequentemente.

Dopo la partita a Houston, Rozier ha descritto l’identità alla squadra”:

“Corri e spara. Ecco chi siamo. Abbiamo molti giocatori che possono tirare. Abbiamo molti giocatori che possono segnare. Questo è proprio quello che siamo.”

Effettivamente la velocità e il ritmo che soprattutto gli Hornets imprimono alle loro partite è tornato a salire e Charlotte è terza nel pace…

Quando la difesa avversaria è schierata notiamo qualche problema in più rispetto la precedente R.S.: blocchi del lungo, pick and roll, hand-off con ruota e iniziative personali sfruttando le capacità degli uomini migliori del roster sono scelte molto gettonate.

Gli Hornets però segnano molti più punti quest’anno e a contribuire a far la differenza rispetto lo scorso anno c’è il fatto di avere giocatori come Ball e Bridges in rapida ascesa capaci di minacciare seriamente il ferro e diventare un problema concreto per le difese avversarie.

Sul lato destro notiamo Plumlee andare a portare un blocco alto per Ball che passando Holiday riesce a prendere quel vantaggio per virare verso la linea di fondo e puntare a canestro interessando Harrell.

A quel punto LaMelo è bravo a far pervenire la palla a Plumlee che rollando verso canestro con spazio grazie al raddoppio portato sul n° 2 degli Hornets sulla linea di fondo, un po’ sgraziatamente riesce a segnare sfruttando il vantaggio ottenuto in termini di spazio.

Questo si riverbera positivamente sul gioco di squadra che, quando messo in pratica in stile Pop (Borrego ha fatto un po’ di gavetta nella città texana), porta a prendere buoni tiri come in questo caso anche grazie a buone spaziature (qui con audio e frecce):

Partendo da un classico pick and roll centrale (giocata classica in NBA ma non solo) Ball si catapulta verso canestro battendo il suo difensore ma viene triplicato dalla difesa di Atlanta mentre rolla anche Plumlee, il quale potrebbe ricevere il passaggio avendo i tempi giusti d’inserimento e lo spazio, tuttavia Ball opta per un’alzata sul lato debole vedendo velocissimamente Miles scevro dal suo difensore (anche qui la linea di fondo non viene chiusa come nell’episodio visto a parti invertite con Cleveland) che non segue il taglio, a quel punto per un giocatore atletico come il numero zero degli Hornets è facile produrre una giocata spettacolare anche grazie alla velocità e alla precisione del passaggio del nostro playmaker.

Alcuni giocatori – come Rozier e Hayward – sono in grado di variare questa costante anche con buoni tiri dal mid range, importanti perché gli avversari non si concentrino tutti sul perimetro e sotto canestro.

Il gioco di Borrego volutamente moderno si basa ancora molto sul tiro da tre punti e per questo l’andamento di molti match può essere influenzato (sia positivamente che negativamente) dalle percentuali di tiro in serata che a loro volta sono comunque influenzate dal tipo di scelta difensiva e dalle caratteristiche del team avversario.

Dopo l’ottima prestazione contro Minnesota, l’eccessivo tiro da tre è stato la causa della sconfitta a Houston.

Dopo Minnesota (la statistica è stata presa lì) anche la difesa perimetrale sembrava esser tornata a funzionare ma nelle ultime sfide ha smesso di farlo.

Charlotte ha mancato ciascuno dei suoi sette tentativi dalla lunga distanza nei tempi supplementari.
“Pensavo che avessimo optato per un sacco di 3s”, ha detto Miles Bridges. “Avremmo potuto arrivare al cerchio di più e subire fallo, ottenere tiri migliori ma faremo un lavoro migliore su questo. Guarderemo le clip. Andremo meglio.”

Difensivamente il flottare tra giocatori per occupare le linee di passaggio può essere un’arma a doppio taglio a seconda della lettura del portatore di palla.

Charlotte continua a cambiare difensivamente sui blocchi avversari spessissimo per cui la lettura dei due o tre (raramente si tratta di stagger) giocatori impegnati deve essere accompagnata da buone rotazioni degli elementi apparentemente non interessati nei casi in cui l’attacco riesca a prendere un vantaggio.

Qui vediamo una buona copertura di Rozier che tende a chiudere verso l’area e a schermare l’attaccante:

Qui notiamo un cambio difensivo iniziale tra Martin e Bridges con il secondo a portarsi su Westbrook in palleggio (in questo caso non arreca danni anche per il buon tempismo difensivo).

Il veterano dei Lakers attacca l’area cercando ancora una volta il passaggio sulla linea di fondo ma Rozier con un colpo di reni riesce a intervenire sul prevedibile passaggio dell’ex Wizards.

Possiamo notare come la difesa di Charlotte tenda ad occupare l’area con un quattro contro due (l’altra faccia della medaglia è ovviamente l’uno contro tre sugli esterni con il solo McDaniels al di fuori dal pitturato).

Non sempre le cose vanno bene però quando la palla è ribaltata fuori:

La small ball proposta da Borrego di sovente però non mi piace molto, può essere usata brevemente per recuperare qualche punto ma a lungo andare non paga anche se l’impiego di McDaniels come ala grande e raramente centro qualche frutto lo da ma è il discreto impiego di Bridges come C sul lato difensivo a lasciarmi perplesso perché nonostante l’atletismo, il numero zero rimane un 198 cm, sottodimensionato nella NBA in quel ruolo.

Se dal punto di vista tattico il coach dal mio punto di vista, anche per mancanza dei pezzi adeguati, ha qualche lacuna, dal punto di vista del rapporto con i ragazzi si sta ben comportando.

Borrego ha sottolineato l’importanza di ascoltare, empatizzare in situazioni difficili.

Tutti vogliono giocare – o giocare di più – e le conversazioni sono necessarie per rompere la logica riguardante le formazioni e le rotazioni.

“È una cosa normale con i tuoi ragazzi, è solo comunicare con loro”, ha detto Borrego.

“Non sono sempre d’accordo con te o come quello che dici ma la cosa più importante in questa lega è che devi comunicare ed essere onesto con loro. Si tratta solo di gestire le persone. Tu lo chiami coaching, ma è solo gestire le persone, gli individui. Ed è quello che cerchiamo di fare. Cerco di fare del mio meglio per comunicare prima della partita, dopo la partita e se ci sono dubbi cerchiamo di risolverli. Ora abbiamo un certo numero di giocatori che possono “stare sul parquet” e un paio di rookie che vorrebbero giocare e non posso accontentarli. È solo la realtà in questo momento e va bene così. È il punto in cui ci troviamo in questo processo e ci faremo strada attraverso di esso. È una lunga stagione ma questo è un buon problema da avere. Questo dimostra la nostra profondità.”
Un aspetto concreto nelle vittorie degli Hornets è stata la panchina: se giocatori come Kelly Oubre Jr. e Cody Martin che generalmente rendono bene rispettivamente in attacco e difesa, si esaltano, è dura per tutti.

Il numero 12 degli Hornets ha trovato a Memphis e in casa contro i Timberwolves due super serate.

Cody Martin è stato importante in diverse partite come contro Golden State a Charlotte.

Oltre a P.J. Washington che è una rotazione fissa costante, ci sono però altri giocatori in panchina che hanno sorti diverse e a parte gli inesperti Bouknight e Jones attualmente fuori dalle rotazioni, Nick Richards, Jalen McDaniels e Ish Smith stanno avendo minuti più sporadici in base alle esigenze strategiche e contingenti (infortuni, falli, ecc.) di Borrego.

Ish Smith è un po’ a sorpresa (vista la mentalità del coach) fuori dalle rotazioni attualmente.

“Non posso metterlo in gioco”, ha detto Borrego.

“Potrei, ma come dire… è un’equazione matematica. Non puoi far giocare tutti questi ragazzi, tuttavia loro saranno pronti quando gli sarà data loro un’opportunità. Questo è il mio lavoro come capo allenatore, per farli crescere attivamente.”

Richards, pur meritando qualcosina in più della sufficienza si trova in questa categoria.

Ha beneficiato dell’assenza di P.J. Washington e di quella successiva di Plumlee ma è un giocatore che può entrare o rimanere ancorato alla panchina per tutto il match.

“Penso che sia la cosa più difficile da fare nella NBA è essere in quella situazione nella quale non giochi una partita e poi l’allenatore ti mette sul parquet nella partita successiva, quindi do credito a tutti i ragazzi che l’hanno fatto. I nostri ragazzi della panchina, sono stati pronti tutto l’anno e stasera (parlando dopo la partita con Minnesota) sono stati enormi. Ovviamente, Kelly, ma anche Nick, Jalen, Ish e pure Cody Martin è stato grande per noi tutto l’anno. Non credo che la gente capisca quanto sia difficile farlo. Mentalmente, fisicamente, devi essere lì, stare pronto. Potresti non entrare. Forse sì, forse no. Quindi, stanno facendo un ottimo lavoro. Date loro molto credito”.

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The Future

(A cura di Paolo Motta)

Come detto purtroppo gli Hornets questo anno hanno un calendario inizialmente tremendo sotto il punto di vista delle trasferte e delle difficoltà che continuerà ancora anche nel glaciale mese dicembrino.

Con Paolo Motta vediamo dove potrebbero trovarsi gli Hornets un po’ dopo il giro di boa analizzando il calendario in maniera larga ma i pronostici della settimana potranno subire variazioni in base alla situazione delle squadre a livello di infermeria, nuovi inserimenti (dal 15 dicembre riaprirà il mercato).

“Secondo il sito Tankathon.com, gli Hornets, da qui alla fine del campionato (58 partite) avranno il 24° calendario NBA per difficoltà (calcolando il valore medio degli avversari, lo loro posizione momentanea in classifica e il numero di partite da giocare in casa/trasferta).

Nel dettaglio la squadra di coach Borrego dovrà giocare con (avversari più impegnativi):

  • 2 volte contro Phoenix
  • 2 volte contro Brooklyn
  • 2 volte contro Utah
  • 2 volte contro Chicago
  • 3 volte contro Milwaukee
  • 3 volte contro Miami

E (avversari più abbordabili):

  • 2 volte contro Orlando
  • 3 volte contro Detroit
  • 1 volta contro Houston
  • 2 volte contro New Orleans
  • 2 volte contro OKC
  • 2 volte contro San Antonio

Da qui (24 partite giocate, l’ultima persa contro i Bucks e record di 13-11) al prossimo “punto” (44esima partita, 20 da giocare), gli Hornets affronteranno:

  • 1 volta Phoenix
  • 1 volta Utah
  • 2 volte Milwaukee
  • 1 volta San Antonio
  • 1 volta Houston
  • 1 volta Detroit
  • 1 volta Orlando

Di queste 20 partite, 9 saranno tra le mura amiche, mentre le restanti 11 in trasferta (compresa una serie di 6 trasferte di fila ad Ovest tra il 14/12 e il 24/12).

Inoltre, gli Hornets, dovranno affrontare 3 volte Philadelphia (2 volte in casa) con Embiid praticamente immarcabile per i nostri.

Considerando questi dati, il mio pronostico per le prossime 20 gare sarà di:

  • 10 vittorie
  • 10 sconfitte
  • 23-21 il record”
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Statistiche di squadra

Partiamo analizzando tramite la tabella grafica cosa funziona e non funziona negli Hornets oltre ad attacco e difesa già citati.

Sottoprodotti dell’attacco sono i tre punti che in percentuale fruttano agli Hornets molto, prima squadra della lega in % per distacco con il 38,3%, terzi negli assist mentre dalle palle rubate (quinti) nascono i fast break dei quali scrivevamo nella parte tattica.

Nonostante la difesa sia scarsa la sorpresa è trovarsi in nona posizione nelle stoppate.

Sottoprodotti in negativo della difesa come vediamo sono i rimbalzi difensivi e i totali mentre in quelli offensivi i Calabroni risultano essere clamorosamente al sesto posto.

Negativi anche i fattori 2PT% degli avversari (29° posto) con poca protezione del ferro e gli assist delle squadre avversarie con gli Hornets incapaci di fermare poi il lungo di turno o il giocatore star che riceve un passaggio semplice oppure a collassare su rotazioni inficiate da cambi sistematici e da una difesa che non in tutti gli elementi offre una buona muraglia di primo livello.

Il pubblico – a livello di presenze – per ora è in ventiquattresima posizione ma solo per via del calcolo cumulativo poiché gli Hornets hanno giocato meno partite in casa di tante avversarie.

Le zone calde dal campo. Da dove gli Hornets tirano meglio o peggio espresse in percentuali.

Statistiche singoli

Per commentare i singoli dati ci soffermeremo nella classifica dei singoli.

La grafica del sito ufficiale.
Una grafica più completa da Basketball Reference.

Parallelismi

Cercando di riprodurre una Depth Chart dividendo per ruolo e gerarchie in un confronto tra giocatori dello stesso team (ovviamente influenzato spesso in negativo dall’inferiore minutaggio per chi subentra dalla panca), qualche numero a confronto.

Manca JT Thor che eventualmente comparirà nella prossima uscita se avrà numeri da mostrare.

Classifica singoli

Per la prima volta, per mitigare un po’ la “pesantezza” dell’analisi abbiamo deciso di inserire qualche meme di Fabrizio Getulli sotto alcuni giocatori sperando vi faccia sorridere.

15) Vernon Carey Jr.: s.v.

Un solo minuto con gli Hornets (0/1) e un rimbalzo a Brooklyn.

Girato a Greensboro per maturare ancora, l’ex Duke ha perso il ballottaggio con Richards e ci si chiede quale possa essere il suo futuro a Charlotte, squadra imbottita di lunghi tradizionali (Plumlee, Richards e in parte Jones che comunque ha un po’ di tiro da fuori) che tuttavia non vengono impiegati preferendo impiegare vedette più veloci che solchino il parquet con leggerezza e imprevedibilità.

Il tutto “sacrificando” un giocatore scarso (per i livelli NBA) come Iwundu che tuttavia avrebbe fatto più comodo alla causa essendo un giocatore che sa difendere, abilità nella quale Charlotte latita molto.

In G-League nelle prime sei partite degli Swarm, nonostante siano arrivate altrettante sconfitte per l’associata dei Calabroni (lui è sceso in campo sole due volte dividendosi tra Charlotte e Greensboro), Carey Jr. ha segnato 16 punti di media e catturato 9,4 rimbalzi a partita mentre contro i Texas Legends ha guidato Greensboro alla prima vittoria stagionale con 27 punti e 14 rimbalzi.

14) JT Thor: s.v.

Partiamo con il primo oggetto misterioso di una schiera di giocatori ai margini delle rotazioni.

Il martello di Thor sta cadendo a Greensboro.

In 31,8 minuti l’ala dei teal & purple sta apportando alla causa degli Swarm (nonostante l’1-7 in classifica) 14,6 punti, 1,6 assist, 1,5 stoppate e 6,9 rimbalzi di media.

Sarà un’annata di sviluppo però per lui con poche possibilità di giocare minuti importanti a Charlotte perché Borrego si sta affidando a nucleo molto stretto di giocatori e davanti a sé ha diversi lunghi a meno che non capitino diversi infortuni ma speriamo tutti di no anche se una chance a un giocatore di 207 cm che può colpire in svariate modalità, vista la non eccezionalità dei nostri lunghi, la si potrebbe anche dare…

13) Mason Plumlee: 5,95

Il problema degli Hornets post Dwight Howard permane tutt’oggi.

Mason Plumlee, accolto tiepidamente (sempre meglio che freddamente) in estate come l’uomo che avrebbe potuto migliorare la situazione di protezione del ferro degli Hornets non è esattamente sul parquet quello che si sperava.

Una protezione del ferro scarsa e insufficiente a rimbalzo contro giocatori più massicci e determinati nonostante i 211 cm, sgraziato in attacco dove riesce a mettere qualche punto di rottura senza sbagliare troppi tiri da sotto, non facendo tuttavia la differenza rispetto a Zeller però, al tiro libero è anche peggio di quello incerto visto con Biyombo, infatti, con un 18/52 fa registrare un imbarazzante e pesante 34,6%.

Si salva in alcune serate dove magari la controparte non è atomica attraverso una protezione del ferro migliore, nello smistamento assist in attacco e a dei buoni blocchi fatti con giusta angolazione e fermi sui quali di tanto in tanto rolla per esaltarsi sull’opzione Ball alley-oop.

Con la partenza dei due veterani Plumlee è l’unico lungo d’esperienza degli Hornets e la sua assenza, a partire da Minnesota, si è fatta sentire dalla partita successiva a Houston e a Chicago per non parlare di Milwaukee benché non sia un fenomeno e la sua media prestazioni attuale sia scarsa, garantisce comunque più equilibrio alla squadra oltre a kg e cm ed esperienza, tre fattori sui quali gli altri centri in rotazione non possono contare.

Il primo meme di Fabrizio. In estate i fan degli Hornets apprendono l’arrivo di Plumlee in maniera differente…

12) Kai Jones: 6,00

Il centro degli Hornets più atletico a disposizione paga molto probabilmente una preseason che l’ha mostrato ancora molto acerbo nonostante i preponderanti mezzi atletici a disposizione.

Si sperava potesse giocare, incidere da subito e illuminare gli occhi dei fa con giocate atletiche fuori dall’ordinario come aveva fatto intravedere con qualche lampo visto in Summer League.

I 5 minuti giocati in 5 partite, tutti in garbage time prima dello spazio concessogli contro Minnesota (si era già in largo vantaggio), conditi da tre TO senza prendersi nemmeno un tiro lo lasciano nel limbo tra i titolari e una possibilità di crescita a Greensboro anche se per ora Kai segue da bordo parquet le sorti dei Calabroni.

I suoi primi due punti sono arrivati proprio contro i Timberwolves nel finale.

Difficile in questo momento Borrego lo faccia giocare se nemmeno con P.J. Washington prima e Plumlee poi out ha deciso di schierarlo seriamente.

A Greensboro in tre partite ha collezionato 9,0 punti e 2,0 stoppate di media a partita.

11) James Bouknight: 6,00

L’avevamo immaginato tutti o quasi come un possibile giocatore da rotazione, sostituto di Rozier, poi è arrivato – last minute – Oubre Jr. a occupare sia gli spazi di Rozier sia di Hayward quando si riposano e per James, che avrebbe dovuto portare punti con una certa fluidità dalla panchina, non si è trovato più spazio reale tanto da girarlo a Greensboro a maturare un po’.

E’ vero che gli Hornets con il loro modo di giocare hanno trovato comunque maniera di realizzare molti punti mentre il difetto attuale è la difesa, cosa che Bouknight non ha ancora, ma diversi black-out offensivi avrebbero forse potuto essere risolti da James con qualche penetrazione da hand-off o pick and roll.

Borrego sta facendo sudare molto la guardia tiratrice che è scesa in campo solo 7 volte per garbage time non influendo assolutamente sui risultati trovando i primi due punti con Minnesota ma ai liberi.

A Greensboro, nonostante il terrificante 0-6 iniziale (tutto casalingo), Bouknight risultava essere il terzo miglior marcatore di G-League con 29 punti a partita e il miglior rimbalzista della squadra con 7,7 a partita (3 le gare disputate) ma latita ancora nel tiro da tre punti con il 29,6%.

Fabrizio ci ricorda che James ha segnato due liberi ma non ancora dal campo.

Per Bouknight ottima partenza in prestagione.

10) Nick Richards: 6,03

Il semisconosciuto player nato il 29 novembre 1997 (ha ottenuto la sua prima partenza da starter proprio in quella data nella sfortunata uscita a Chicago) ha un fratello chiamato Sharique e attribuisce a sua madre (Marion Tenn) l’influenza più grande nella sua vita.

Arrivato dai Pelicans nel Draft dello scorso anno, sembra che il sophemore stia cominciando lentamente a ingranare un po’, non solo perché durante l’assenza di P.J. Washington per infortunio ha fatto vedere (nonostante qualche poster preso) che la sua presenza sul parquet è meritata e non solo coreografica (le due stoppate a Charlotte nell’ultimo quarto contro Washington su Avdija e Dinwiddie sono da incorniciare) ma anche perché, sebbene Borrego prediliga momenti nei quali un vero e proprio lungo di ruolo a protezione del ferro non c’è, Nick è riuscito in alcuni frangenti a dare più solidità in difesa (non che ci voglia molto rispetto ai suoi alter ego) e a garantire anche qualche punto di rottura da sotto tra schiacciate e alley-oop riuscendo a far intravedere qualche miglioramento offensivo seppur aiutato da Ball.

Il giocatore che porta la bandiera giamaicana e Bob Marley tatuato sul bicipite destro sta dividendo il suo minutaggio tra il ruolo di ala grande e centro.

Con il rientro di P.J. Washington il giocatore conosciuto per la sua difesa probabilmente regredirà nel ruolo e nel minutaggio così come le prestazioni ma se i risultati dei compagni che lo sostituiscono non saranno quelli sperati, chissà che il caraibico – a inizio stagione ha vinto il ballottaggio con Carey Jr. – salti fuori ancora dal mazzo di carte di Borrego benché il coach pare sia piuttosto conservatore nelle gerarchie.

9) Ish Smith: 6,16

La partenza piuttosto sorprendente di Ish Smith come fattore offensivo si è squagliata in fretta.

Determinante nella big win a Brooklyn non è quasi più riuscito a riproporre buone prestazioni risultando l’anello debole della catena difensiva nel comparto di riserva.

Nonostante il suo pacchetto assist sia buono per un giocatore abituato a cercare di andar da solo al ferro o a sparare pull-up da due a media e lunga gittata, la sua presenza sul parquet non è stata propedeutica a una difesa veloce ed efficace.

Nella serie di 5 sconfitte consecutive è sceso sul parquet nelle prime 4 sfide accusando un plus minus negativo di -16 con Cleveland, -18 a San Francisco, -11 a Sacramento e -7 contro i Clippers finendo per saltare qualche partita o giocarne gli spicci.

Si è rivisto con un minutaggio in doppia cifra contro Indiana ma nel momento nel quale il team ha faticato a contenere il rientro della squadra di Carlisle finendo con un -10 in plus/minus.

La leggerezza e la mancanza di cm del charlottean devono essere compensate con altri giocatori che lo proteggano se Borrego vuole utilizzarlo con più frequenza ma attualmente il coach non pensa di poterselo permettere per un discorso di equilibri.

8) Jalen McDaniels: 6,18

Anche se il minutaggio non è eccelso per l’ala di 206 cm degli Hornets, Borrego lo sta comunque impegnando spesso in momenti reali della partita quando conta.

Un po’ perché Jalen, nonostante sia altalenante, può essere in grado di concretizzare l’azione degli Hornets sugli scarichi quando si trova fuori dalla linea dei tre punti (i 4 su 5 messi nella prima uscita a Orlando sono il suo record di tre punti infilati in una partita in carriera).

Ha una buona percentuale dalla lunga distanza (45,5%, 4° nel team) e anche da due punti (61,1%, 3° in squadra) mentre in difesa è attivo e con la sua apertura alare riesce a creare più ragnatela sulle linee di passaggio per infastidire l’attacco avversario e nonostante i rimbalzi non siano tantissimi, in prospettiva su un minutaggio superiore non sta facendo male nonostante il fisico filiforme e più esile rispetto alla media dei calibri NBA.

Il fluttuare tra le due posizioni d’ala ha ricoperto brevemente anche il ruolo di centro e brevissimamente il ruolo di SG lo aiuta a essere più libero e imprevedibile.

Deve migliorare ai liberi (64,0%) e nell’atteggiamento come quando a Washington è sembrato decisamente poco convinto di sé.

Anche se è ancora altalenante ha mostrato qualche sprazzo del giocatore atletico e dinamico sembrato essere due anni fa.

Dopo la brutta parentesi dello scorso anno sta provando a riprendersi anche se la difesa nell’uno contro uno non è esattamente il suo forte e saltuariamente deve ricorrere a falli ingenui o troppo plateali (1,7 a partita non sono comunque molti) mostrando la sua inesperienza.

7) P.J. Washington: 6,20

Personalmente, nonostante la sua buona media al tiro da fuori (47,9%), la maniera nella quale viene fatto giocare la ritengo nociva per la squadra perché P.J., dopo lo strepitoso esordio da rookie costellato da triple che ci aiutarono a battere i Bulls di un punto, ha mostrato di non essere un tiratore da tre punti efficientissimo quando la palla scotta (era partito bene anche contro Chicago poi si è spento) e di soffrire in difesa kg e cm avversari quando viene schierato da centro.

Il suo passaggio da PF a C sembra ormai deciso; dopo la prima annata giocata con l’88% come ala grande e il 54% dello scorso anno, attualmente P.J. sta giocando solo il 6% nel suo ruolo originario. Il rischio è che P.J. diventi un altro Kaminsky nell’attacco di Borrego benché mi pare stia trovando più mano correggendo qualche difetto al tiro ma snaturi in parte possibilità del suo gioco che per fisico e natura potrebbe essere fatto di qualche puntata in più in direzione canestro avendo aumentato la percentuale dei tiri presi da oltre l’arco al 47,9% ma spesso manca il bersaglio (immagino sia un problema psicologico) quando conta vedi lo 0/5 da fuori dopo il 2/2 iniziale a Milwaukee…

In difesa l’abbiamo visto diverse volte arginare bene in uno contro uno (iconica quella a inizio stagione nell’ultima azione contro Sabonis sull’ultimo possesso in una partita che aveva salvato lui con due FT precedenti a pochi secondi dalla fine) ma quando si trova davanti un attaccante che uscito da un blocco lo punta, rimane troppo timido concedendogli spazio, cosa che fa anche occasionalmente in altre situazioni.

Non reattivissimo in difesa, in queste circostanze rappresenta un minus per Charlotte, la quale, dopo averlo perso il 3 novembre per un gomito (sinistro) iperesteso, lo ha ritrovato come titolare lanciandolo contro Minnesota e Houston causa infortunio di Plumlee.

Se contro Minnesota è andato bene non dando punti di riferimenti in attacco e riuscendo qualche volta con la verticalità a contenere Towns, la rapidità di Wood l’ha messo in crisi tanto che l’ex Swarm e Hornets ha chiuso con il suo record in carriera di punti (33) catturando anche molti rimbalzi, altro problema per P.J. che non ha troppa “cattiveria” a rimbalzo e coordinazione veloce con partenza da fermo.

Tutto sommato sta andando meglio del previsto e l’augurio (vista la fissazione di Borrego per la rotazione che lo vede come secondo centro di riserva preferito a Richards) è che questo tipo di gioco paghi in attacco.

Dare uno schiaffo in più, quello che stende non è il gioco che s’addice alle mie coronarie ma con P.J. sul parquet, in assenza di significativi miglioramenti difensivi caratteriali e atletici, sarà così e la sua discreta difesa finale su Antetokounmpo è onesta ma con troppa distanza inizialmente dal greco, mostra come fatichi a difendere sotto canestro benché a volte cerchi di opporre resistenza.

Big number: 2° con il 47,9% da tre, 3° nelle stoppate (una a partita a pari merito con Plumlee e Bridges), 5° con il 48,9% nel FG% e nei rimbalzi (4,7) e 6° marcatore della squadra con 10,3 punti di media a partita.

6) Kelly Oubre Jr.: 6,35

Erano rimasti pochi buoni giocatori sul mercato e con l’accasamento dalla prima ora di Plumlee e diversi altri centri in casa (sono stati anche lasciati liberi Zeller e Biyombo) era difficile pensare di poter portare a casa un altro centro se non Turner (probabilmente al prezzo di Hayward e un giovane lungo) quindi Kupchak, un po’ a sorpresa, è riuscito a portare a casa il lunatico Oubre Jr..

Sicuramente un giocatore dalle buone doti atletiche e che dimostra buona mano quando è in serata. Il suo problema è che è scostante, oltretutto il sistema di gioco offensivo di Charlotte talvolta esalta le sue caratteristiche, a volte lo emargina.

Parte largo sul perimetro, spesso si fa trovare negli angoli per tentare di piazzare il suo tiro da tre ma il rischio è quello di accontentarsi troppo anche perché molti dei suoi errori arrivano quando l’uomo è troppo vicino e il suo tiro è influenzato da un non perfetto allineamento dei piedi con il resto del corpo:

Piccoli movimenti di sistemazione e un tiro particolare esteticamente bello da vedere ma che richiede precisione millimetrica rendono il suo tiro da fuori ancora un po’ incerto ma rispetto alle altre annate a Charlotte è decisamente sopra la media nel tiro dall’arco.

Tira più da fuori che da dentro la linea dei due punti, dovrebbe puntare più spesso con convinzione il canestro, lì ha fatto vedere buone schiacciate o alzate nonostante il difensore gli si parasse davanti.

Il suo problema principale sembra essere però la voglia: se si sente stimolato o parte bene in serata riesce a far bene, altrimenti tende a deprimersi e a disperdersi, avulso dal gioco.

Nonostante la concorrenza nel doppio ruolo di swingman (lui è arrivato come cambio di Hayward e poi di Rozier ma deve affrontare indirettamente la “concorrenza” di Martin con il quale spesso condivide il parquet), il biondo riccioluto degli Hornets sta ottenendo minuti importanti, principalmente oltre la metà come SF, poi in SG con qualche puntata in PF, segno che Borrego ha fiducia in lui e nel suo polivalente talento offensivo per sbloccare momenti d’impasse sul fronte attacco.

Con una media in doppia cifra dal punto di vista realizzativo possiamo ritenerci soddisfatti, meno dal punto di vista caratteriale dove l’essere lunatico non porta benefici a Charlotte in alcune serate (vedi diversi tecnici presi per gestualità e mimica).

Con più costanza migliorerebbe anche le prestazioni difensive un po’ ondivaghe costellate da buoni momenti ad altri non fantastici (deve migliorarsi sulle chiusure difensive quando l’attaccante in corsa lo punta).

Big number: Primo nella percentuale dei tiri presi da oltre l’arco (56,3%) e ottimo nella percentuale presa nei tiri da due da lontano con il 71,4%, secondo nella percentuale dei tiri realizzati da vicino (3/10 piedi) e nei falli commessi sul tiro (28) e nelle stoppate prese (20), quarto nelle jam con 13, quarto nelle percentuale dei realizzati dall’angolo con il 36,4% passa a quinto realizzatore in media con 15,3 pt. a partita lo è anche nei minuti sul parquet (27,3) e nel +/- PER 100 Poss. (On Court) con un +2,2, sesto nel 2PT% con il 54,5%, settimo a rimbalzo con 3,9 rebound in media e nella percentuale da tre punti (37,6%).

5) Cody Martin: 6,56

Pur partendo dalla panchina Cody Martin sta avendo un minutaggio importante quest’anno con Borrego.

Questo perché l’allenatore degli Hornets, per coprire le magagne sotto canestro, tende a voler avere sul parquet una difesa aggressiva e veloce che possa tendere trappole e imboscate agli avversari oltre alla normale prassi attendista del difensore, ovvero; rendere difficile il gioco di passaggi avversario, rimanere attaccato all’attaccante per le penetrazioni verso canestro (sa prendere posizione per subir sfondamento) e andare in close-out in aiuto ai compagni o su un bisogno rotativo della difesa.

Tutte cose che Martin sta facendo molto bene, è il leader difensivo della squadra anche se ha solo 196 cm e 92 kg a disposizione ma la sua rapidità è letale come sanno bene Avdija e Bamba che si sono visti stoppare i rispettivi tentativi da tre.

In poche parole la determinazione di Martin cambia il ritmo delle partite in difesa (vedi Golden State e Orlando 2 per dirne un paio) ed è in grado di portare il flusso in attacco grazie al gioco in transizione voluto da Borrego.

Il giocatore perfetto pur senza avere una tecnica eccelsa anche se migliorato molto nell’accuratezza delle conclusioni anche dalla grande distanza dove la sua precisione aiuta gli Hornets a soffrire meno quando diventa difficile praticare un gioco interno.

Ogni tanto è lui stesso a prendersi licenza di incursore in area chiudendo con prepotenti schiacciate o abili appoggi come sa bene Mo Wagner al quale è stata recapitata una schiacciata in testa per la gioia di Collins che ha commentato (riferendosi al giocatore di Orlando): “You have been Martinezeed” che in italiano mi piace pensare essere qualcosa (per assonanza) del tipo: “Sei stato martirizzato”.

Anche se ogni tanto pasticcia, rimane un giocatore che, se continuasse a trovare continuità (non sempre ne ha), avrà sicuramente un minutaggio importante in questa squadra perché è uno dei pochissimi che riesce a mettere reale pressione sul portatore di palla.

Al momento è anche migliorato nel tiro da tre punti e credo che non guasti…

Big number: Cody Martin è primo in squadra nel Win shares per 48 minutes con una media NBA di 100, lui è a .133, primo per falli offensivi disegnati con 12 (molto bravo a subir sfondamento), nei TO (solo 0,4 palloni persi di media) e assist to TO ratio con 5,4, secondo nella % da tre punti dall’angolo con il 54,5% e nelle rubate insieme a Rozier (1,3), quarto nel plus/minus dei possessi (On Court) con un +2,4% (5 soli i giocatori in attivo sopra lo 0) e nel rimbalzo offensivo (1,3 di media), solo sesto nelle dunk ma con ben 11 e settimo nei minuti giocati con 24,6.

Fabrizio ritira il suo vecchio meme quando Cody latitava un po’ agli esordi.

4) Gordon Hayward: 6,60

Il coach in campo degli Hornets non si discosta molto dai numeri della scorsa stagione continuando a giocare minuti importanti nonostante l’arrivo di Oubre Jr..

L’augurio è che rimanga in perfetta forma fisica poiché è il terzo scorer degli Hornets e il quarto in media rimanendo nelle élite del team.

Anche se è stato un po’ scostante in qualche prestazione, Gordon ha contribuito a far girare la macchina Hornets con le sue realizzazioni.

Tra i primi posti anche per percentuali al tiro libero con l’11/11 realizzato a Memphis, è sceso nella media assist e se in molti casi (vedi la leggera discesa nella media punti) i suoi numeri inferiori sono dovuti alla condivisione degli spazi con gli emergenti, nella fattispecie dell’aiuto ai compagni sembra più spesso a ingegnarsi da solo puntando verso canestro facendo affidamento sulle sue movenze con spin e fade-away o entrate con cambio direzione e velocità, ecc..

Per una squadra giovane Hayward rappresenta sempre un punto di riferimento sia a livello d’esperienza da distribuire sotto forma di insegnamento che sul parquet per cercare di uscire talvolta da situazioni critiche affidandosi alle sue movenze offensive.

Dopo i playoff sfumati al fotofinish lo scorso anno, Gordon dimostra comunque di voler andare ai playoff con serate dove riesce a mettere in campo una discreta grinta e difesa pur non essendo più un ventenne in perfette condizioni di salute.

Se qualcuno pensava che Oubre Jr. potesse soffiargli il posto oggi si sbaglia, Hayward rimane più affidabile e un po’ più utile in difesa.

Big number: In squadra primo nella percentuale di tiro da tre dagli angoli con 56,5%, è secondo nei minuti giocati (33,8, forse troppi per lui), negli and one con 9, nei falli disegnati in attacco con 40, terzo negli assist con 3,5 di media (erano 4,1 lo scorso anno però), nella percentuale dei tiri presi dal mid range tra i 10 e i 16 piedi (davanti solo i risibili Smith e Bouknight), quarto nella media punti realizzati (17,3, 48° in NBA), nelle stoppate (0,6), nei rimbalzi (4,9 di media), ai liberi con un 84,9%, quarto con 5 offensive foul drawn e nella realizzazione da sotto canestro con il 69,4% e quinto con 14,7 nella percentuale assist serviti ai compagni quando è in campo.

3) Terry Rozier: 6,63

L’inizio della regular season a rilento per Rozier potrebbe essere un bene per la squadra.

I problemi fisici alla caviglia che l’hanno tenuto fuori per qualche tempo paiono essere risolti e lui che di questi Hornets è la guardia tiratrice, ha iniziato a sparare senza preoccuparsi troppo delle percentuali continuando ad avere fiducia in sé stesso come dice lui.

Garantisce una difesa in formato Martin (essendo small) al quale rende 11 cm (Terry è 185 cm) con steal (le 6 a Orlando alla seconda uscita sono il suo career-high) che nascono grazie alla rapidità di movimento di corpo e mani, la buona lettura sulle linee di passaggio e in copertura ma proprio i cm non sempre lo aiutano sui close-out, un “handicap” fisico irrisolvibile che hanno tutti i “piccoli” in NBA per questo per essere efficace deve essere aggressivo sulla palla e sul suo portatore eventualmente.

In attacco sta ritrovandosi alternando conclusioni di ogni genere, dai suoi ormai conosciuti catch n’shoot da fuori o prendendosi tiri da oltre l’arco in palleggio per andare in ritmo (la tripla uno contro uno a Washington su Caldwell-Pope che ha deciso la partita ne è un esempio) a soluzioni più alternative come la palla lanciata a rimbalzare un metro più avanti con uno spin particolare, il recupero della sfera, il palleggio dietro la schiena con Holiday in corsa passatogli avanti come un toro che ha mancato il bersaglio e lo step-back da due, l’entrata a Houston con finta di passaggio dietro la schiena sul terzo tempo e appoggio facile o il circus shot reverse in caduta a Chicago subendo fallo.

Sicuramente non ha paura andando ad attaccare anche il ferro o arrestandosi per dei fade-away e pull-up da due punti (decisivo ai fini del risultato quello nel finale contro Golden State) Terry era arrivato a Charlotte per capitanare un giovane gruppo, ruolo al quale in parte si è sostituito il vecchio compagno Celtics Hayward che, insieme alle nuove leve quali Ball con il quale si intende bene (vedere la drive di LaMelo con assist rovesciato per Terry che piazzava l’open 3 a Houston) gli ha dato nel frattempo la possibilità di essere riconosciuto anche per l’attacco, non solo per la difesa. Ovviamente non può segnare sempre ma gli Hornets hanno bisogno che prenda le giuste decisioni in partita essendo uno degli uomini che prende più tiri, il suo FG% può essere decisivo ai fini di una partita.

A Chicago ha segnato 6 sui 7 tentativi da fuori, sbagliando meno del solito.

31 punti che non sono bastati ma almeno su Rozier sembra si possa essere tornati a contare con prestazioni in ascesa anche se a Milwaukee è tornato a dare qualche segno d’inceppamento e pare esserci spesso una strana correlazione tra lui e Miles nell’intersecarsi sfoderando positivamente buone prestazioni da parte di entrambi nella stessa serata, forse per un discorso palloni giocabili.

Big number: Nel team Rozier è secondo negli assist con 3,6, negli assist to TO ratio (2,6), nelle steal con1,9, terzo nella media punti con 17,7, ai liberi con l’87,0% e nel PER con 16.79.

32° nella NBA in steal (1,3 a partita).

2) LaMelo Ball: 6,79

Genio e sregolatezza si dice che spesso viaggino insieme.

In parte LaMelo incarna questa sensazione.

Fare la cosa giusta per la squadra e concedersi allo spettacolo non sempre vanno di pari passo ma quando si riesce a farli convivere allora lo spettacolo diventa fantasmagorico, il problema è non montarsi la testa.

Ball procura brividi a Borrego che si sente meglio quando le scommesse di Ball vanno a buon fine ma l’allenatore degli Hornets, consapevole dell’istinto del ragazzo, cerca di mediare tra talento ed esagerazione cercando di non farlo disperdere in eccessi, soprattutto nei momenti chiave della partita quando il suo decision making può fare la differenza.

Effettivamente, rispetto agli esordi NBA è più centrato ma ogni tanto si permette qualche giocata “storta” o per i fotografi (finita male la reverse dunk con bound pass per sé stesso tutto in solitaria) ma a parte queste quisquilie dovute alla giovane età e a un po’ di DNA paterno (la scritta “Rare” su un avambraccio replicata sotto la suola delle scarpe si commenta da sola) direi che il sophemore è cresciuto molto ancora dal punto di vista cestistico riuscendo ad andare due volte in tripla doppia e sfiorandola ad Atlanta (tolta dopo i riconteggi per un rimbalzo).

Sicuramente è sul pezzo dal punto di vista realizzativo (12 volte sopra i 20 punti con un record di 36 in carriera nell’ultima partita a Milwaukee), sui rimbalzi (record in carriera contro New York con 17) e negli assist (record in carriera ottenuto a Charlotte contro Washington con 14) dove sta diventando più efficace.

Ball sta prendendo per mano la squadra in tutti gli aspetti e anche se è ancora acerbo è andato sette volte in doppia cifra nello smazzamento assist, tuttavia è in difesa che ha i maggiori problemi nonostante sia settimo in tutta la NBA per palle rubate con 1.9 a partita, curiosamente esattamente davanti al fratello Lonzo, nono (1,8) con il quale ha duellato 3 volte in NBA (dopo aver vinto partita e duello nella prima sfida ha perso entrambe le volte).

Tendenzialmente l’accettare il cambio sistematico e flottare è un’arma a doppio taglio e lo si è visto bene a Houston dove, nonostante l’impegno (a volte lo si accusa di non avere proprio tutta questa voglia di difendere), il fatto di guardare troppo la palla e rimanere troppo staccato dal proprio uomo sul lato debole ha portato Mathews sovente a realizzare triple dalla sua mattonella in angolo, in generale però LaMelo ha delle buone cifre in share difensivo.

“Ho ha osservato le sue steal prima del Draft”, ha detto James Borrego.

“Si trovava diverse volte sulle linee di passaggio. Quello era il suo istinto quindi non mi ha sorpreso.”

Borrego è invece sorpreso dei rimbalzi che riesce a catturare contro gente più alta e fisicata di lui. Non ha ancora trovato un modo sicuro di chiudere al ferro, le sue incursioni possono terminare in qualsiasi maniera, con giochi di prestigio, subendo una stoppata o venendo toccato o abbattuto (lì sta al buon cuore degli arbitri).

Forse perché, nonostante l’altezza superiore ai 200 cm, il fisico ectomorfo fa sì che possa essere spostato e per questo motivo ne risente se toccato anche leggermente.

Altre armi a disposizione sono il floater dal medio o qualche volta dal lungo raggio con l’alternativa del passaggio in entrata con alzata per l’alley-oop di un rollante (Plumlee a volte) o di un giocatore in back-door (vedi Miles diverse volte).

Azioni molto simili e rapide difficili da distinguere per la difesa come difficile è difendere sul deep jumper da tre di LaMelo che ha trovato un paio di mattonelle preferite.

Molto bene anche sulle drive con scarico dove trova con lungo-linea o passaggi rovesciati i compagni.

Come per Rozier, il discorso è lo stesso: deve trovare la maniera di essere ancora più efficace perché ci sono serate dove sbaglia troppi tiri e se capita nei momenti decisivi è un guaio, per questo Borrego qualche volta lo ha tirato fuori dal parquet in momenti crunch non vedendolo sul pezzo.

Facendo un bilancio il suo inizio di stagione è sicuramente positivo e attendendo di vedere futuri sviluppi speriamo che piovano altre triple doppie fortunate, d’altro canto come ha detto lui alla nostra bordocampista Ashley Shahammadi che gli chiedeva quale fosse il suo segreto, lui ha risposto: “Bere acqua” forse ricordando una famosa scena del primo Space Jam nella quale MJ fingeva di avere un liquido per aumentare il talento infondendo così fiducia nei cartonati compagni di squadra.

Il suo miglioramento dovrebbe passare anche per l’analisi che fa con il coach.

Per ridurre alcuni degli errori che lo hanno afflitto all’inizio della stagione – come i falli e le palle perse – e mostrargli dove sta eccellendo, Borrego incontra individualmente Ball almeno due volte a settimana se gli Hornets non sono in trasferta.

Lavorare con Ball a stretto contatto settimanalmente è tra i tanti compiti sulla lista di Borrego.

I due fanno sessione di visioni di clip per circa 20 minuti nei quali Borrego esamina alcuni dei dettagli più fini con Ball.

“Si tratta davvero di prendere decisioni”, ha detto Borrego.

“È davvero così. Cosa vedi qui? Quali sono le tue letture qui? Cosa ne pensi di questo gioco offensivo, difensivo? Sei nella posizione giusta, non sei nella posizione giusta. Gli mostro i lati positivi, gli mostro le aree di crescita. Mi piace mostrargli tanto i lati positivi come quanto le aree dove deve crescere. È importante per un ragazzo giovane.”

Su di lui, il mese scorso P.J. Washington ha detto: “LaMelo, è solo un grande giocatore. Può dominare il passaggio, può dominare il rimbalzo, può dominare. Non molti ragazzi in questo campionato possono farlo nella posizione di playmaker quindi essere così giovane ed essere già in grado di realizzare quello che sta facendo è semplicemente fantastico. Il suo futuro è radioso e andrà solo dove vuole andare.”

Big number: LaMelo è primo nella squadra per punti segnati con 20,0 di media, rimbalzi (7,7), assist (8,3), rubate (1,9 e primo in NBA con 46) ma anche in negativo nei TO (3,3 con 50 “bad pass”) e falli commessi (3,1), secondo nel team (dopo Bouknight che ah battuto però solamente due liberi) per percentuale dalla lunetta con il 90,0%, terzo negli assist to TO ratio con 2,5.

Prende il 43,0% dei tiri da oltre l’arco ma solo il 14,5 dall’angolo infilandone il 38,5% mentre la percentuale totale da 3 punti è del 39,1%.

E’ stato stoppato 20 volte ma ha collezionato 8 and one e ha due triple doppie in stagione.

1) Miles Bridges: 6,85

Inizio scoppiettante per l’ala degli Hornets che con una serie di prestazioni importanti ha contribuito al 3-0 in avvio di Charlotte continuando comunque spesso ad andare in doppia cifra (22 partite su 24) con un picco massimo di 35 pt. ad Atlanta.

Nonostante a rimbalzo, negli assist e nelle rubate abbia aumentato le sue medie anche grazie a un minutaggio superiore rispetto al passato e abbia affinato la maniera di trovare in entrata il canestro con un tocco più raffinato e soft in appoggio, le sue medie al tiro sono in discesa sia da due, da tre che ai liberi.

Nei primi due casi i fattori sono un’aumentata importanza nel gioco di squadra come finalizzatore che lo costringe a volte a prendersi tiri non idonei e l’uso più massiccio del tiro da tre (non un gran tiratore ancora dall’angolo ma ha un buon 84,6% sul tira da fuori assistito) e in questo caso qualche volta è lui stesso a prendersi tiri sconsigliabili da marcato in step-back e situazioni simili.

Un altro fattore che ne pregiudica leggermente la precisione è l’energia che porta sul parquet.

Come per Cody Martin, la sua spiccata attività e generosità (lo si nota molto bene quando magari balzando in aiuto vicino ai nostri tabelloni riesce a rifilare stoppate molto atletiche) può affaticarlo e appannarlo leggermente, d’altro canto con 36,2 minuti di media sul parquet è l’Hornet con più minuti giocati in media ma la spinta offerta anche in entrata dove ha perfezionato i crossover è elemento che può scardinare le difese avversarie arrivando al ferro, prendendo tiri liberi (ne sta collezionando molti di più degli anni passati) ma anche in caso di passaggio (i 9 assist contro Portland sono il suo record in carriera).

Nonostante abbia ancora qualche lacuna tattica difensiva in posizionamento e venga fatto giocare saltuariamente come centro (mezza follia), rimane un temibile incursore aereo sul fronte offensivo quando Ball o il passatore di turno gli offrono la palla per l’alley-oop è quasi sempre uno spettacolo per gli occhi dei tifosi e per il commentatore Collins che annaffia il tutto con urla esaltanti.

19,9 punti di media però sono tanti per un giocatore che lo scorso anno – già di brackout – viaggiava a 12,7…

Il possibile rinnovo di contratto concordato saltato a inizio anno non sta influenzando Miles che, come molti giocatori in scadenza, sta probabilmente giocando in overdrive schiacciando l’acceleratore per spuntare un contratto migliore il prossimo anno, a Charlotte o da qualche altra parte.

Fabrizio G. ci ricorda che è in scadenza…

Per adesso inutile preoccuparsi, si vedrà a tempo debito, l’importante è che Bridges continui a essere un elemento importante nell’economia della squadra.

Big number: Bridges è primo tra i Calabroni in minuti giocati (36,2), nelle schiacciate con 31 (388 i tentativi totali), nelle stoppate (una a partita unitamente a Plumlee e P.J. Washington), negli and one (11), nei falli subiti (disegnati) con 44, nelle palle perse (non considerando i passaggi) e nel plus/minus net basato su 100 possessi con +11,8, secondo in punti con 19,9, nei rimbalzi con 7,5 e nel player eff. rating con 17,2 quando la media standardizzata è sui 15.

I voti nelle singole partite fino a oggi.

Il riepilogo delle medie nella classifica singoli.
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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.