Lettere da Kemba Walker

Aspettavo le parole di Walker sulla sua scelta ed ecco arrivare una lettera di commiato di quelle che oggi si usano scrivere quando termina una love story.

Per carità, ognuno ha la propria percezione delle cose… personalmente trovo che la lettera sia bellissima anche perché non è abiotica, non è staccata dalla comunità e tira in ballo anche “gente semplice” che non fa parte dell’organizzazione ma è incompleta, mancano le ragioni, le motivazioni di questa sua legittima scelta.

Personalmente vorrei capire se i motivi sono economici e/o legati alle sue ambizioni sportive, anche se leggendo un po’ tra le righe, alla fine della lettera si fa riferimento a un mancato upgrade che va un po’ in contrasto con alcune belle parole spese sulla bontà dell’operato del front office.

Probabilmente non era il momento di parlarne oppure è semplicemente il Kemba Style, quello che non vuole bruciare la casa anche se esce da essa.

A dire il vero oggi, staccata dalla lettera, in un’intervista che non avevo visto, Kemba dice che semplicemente vuole competere (sotteso che a Charlotte non lo si possa fare al meglio), giocare i playoffs e…

Rimane molto garbato ma fondamentalmente è una bocciatura della società per quanto concerne la forza…

Dato che non voglio tediarvi, lascio il link in inglese originale del Theplayers’ Tribune per eventuali anglofoni con la traduzione in italiano sotto mentre nel secondo link la risposta dal sito ufficiale degli Hornets che ringraziano Kemba per l’impegno.

Si menzona il dispiacere di aver perso un giocatore tremendo e infaticabile e gli si fanno gli auguri per il futuro …

https://www.theplayerstribune.com/en-us/articles/kemba-walker-free-agency?fbclid=IwAR2YOn975nnUV5zaEut9ZfI29175gvMUZuzbx_deVYKWOARZehxL4ac6fP8

https://www.nba.com/hornets/charlotte-hornets-statements-regarding-kemba-walker

Walker:

“È stata una decisione molto dura e mi auguro che da entrambe le parti sia presa nella giusta maniera”.

Devo a Charlotte tutto. Tutto.

Non sono il ragazzo più grosso, non sono quello che si fa sentire di più, non sono quello più veloce.

Per tutta la mia vita, mi sono trovato davanti persone che hanno dubitato di me.

Anche nella notte del Draft 2011 non è andata diversamente.

Li sentivo ogni volta mentre sussurravano:

“Sì, al college era bravo ma vi pare uno da lottery?”

Ne senti abbastanza di chiacchiere così e questo ti da fastidio.

Charlotte e l’organizzazione degli Hornets si sono assicurati che tutto questo non mi accadesse mai.
L’hanno fatto dopo avermi scelto con la numero 9 grazie a un colloquio a cuore aperto con il proprietario della franchigia.

Non un proprietario qualunque… Michael Jordan.

Mi ha chiamato, e ovviamente ho riconosciuto subito la sua voce.

Ricordo di aver pensato anche in quell’istante… “Cavolo, è Mike!”

Con molta calma, molta serenità, mi ha semplicemente detto:

“Kemba, crediamo in te. Voglio solo che tu lo sappia. Crediamo in te e ci aspettiamo grandi cose”.

A qualcuno di voi potrebbero suonare come le solite frasi che si dicono per mettere qualcuno a proprio agio.

Ecco, però quelle parole te le dice Mike, Air Jordan, il più grande di sempre e il più grande di sempre non solo ti ha scelto ma ti sta dicendo che si aspetta tu tiri fuori la grandezza dentro di te!

Non esagero se vi dico che quelle parole di MJ mi hanno cambiato la vita.
Ma non è stato solo MJ.

Dal primo giorno, tutta l’organizzazione degli Hornets ha creduto in me.

Tutta la città. Tutto lo Stato della North Carolina.
Credo che per il fatto che gli Hornets sono una delle franchigie più giovani di questa lega, in un certo senso la gente si aspetta che i suoi tifosi siano tipi per i quali il basket è qualcosa di abbastanza estemporaneo.

Chi però ha trascorso del tempo nella Carolina sa perfettamente che non è così.

La cultura cestistica è radicata lì, la comprendono e la rispettano.

Che succede allora quando gente così ti accoglie come se fossi uno di loro?

Ti dimostrano di credere in te, sai che ti saranno sempre accanto, qualunque cosa accada.
Questo ha significato tutto per me.

Voglio ringraziarli per tutto quanto.
Voglio ringraziarli per avermi concesso d’essere parte di questa comunità.
Voglio dire grazie a persone come Elizabeth e Mike Peeler.

Se non li conoscete, sono una coppia di anziani tifosi sfegatati degli Hornets che assistono praticamente a ogni partita della squadra.

Li ho incontrati nella mia stagione da rookie e abbiamo cominciato a parlare… siamo diventati buoni amici, così abbiamo preso a parlare in occasione d’ogni partita.

Abbiamo persino cominciato una tradizione che voleva che fossi loro ospite a cena una volta all’anno.

Ah, i brownies della signora Elizabeth… quelli mi mancheranno di sicuro!

Un ringraziamento enorme va anche ai miei quattro pupilli: Jaliyah, Miles, Caleb e Devyn. Sono i miei eroi, sono tutto per me.

Non cambierà nulla con la mia partenza, continuerò ad essere il loro mentore e resteremo sempre in contatto.

Ma voglio comunque ringraziarli perché hanno rappresentato una parte importante della mia vita e sono una delle ragioni per cui sento di appartenere a questa comunità.

Dalle nostre visite a Dave&Buster’s, alle volte in cui siamo andati a comprare articoli per la scuola, a quando abbiamo scambiato quattro chiacchiere sulla vita… stare con loro, mi strappava sempre un sorriso.

E se da una parte vi assicuro che non ho intenzione di metterli in imbarazzo parlandovi delle loro pagelle, vi assicuro dall’altra che sono molto orgoglioso dei risultati che hanno raggiunto.

Ringrazio i miei compagni di squadra che sono dei fratelli per me.

A Biz (Bismack Biyombo), con cui ho iniziato il mio viaggio nella NBA… è stato un piacere crescere con te.

A Marv (Marvin Williams), a cui ho sempre guardato come un esempio, grazie per le chiacchierate fino a notte fonda.

A MKG… la tua famiglia è diventata la mia famiglia.

A JLamb, da ragazzi siamo diventati uomini. Lo sai quanto siamo “rock”!

A Cody (Zeller), grazie per avermi sempre creato spazi senza mai lamentarti per non aver ricevuto la palla. Sei un grande!

A Frank (Kaminsky), grazie per tutte le risate.

A Nic (Batum), grazie per essere sempre stato semplicemente te stesso.

A Billy (Willy Hernangomez), grazie per aver portato la tua attitudine positiva con te ogni singolo giorno della settimana.

A Bake (Bacon), Devonte’ (Graham), Miles (Bridges) e Malik (Monk), grazie per avermi consentito di essere il vostro fratello maggiore.

E a TP (Tony Parker), la leggenda… grazie per avermi permesso di guardare questo gioco sotto una luce completamente diversa.
Grazie ai miei ex compagni che mi hanno indicato la strada:

Big Al (Al Jefferson), Gerald Henderson, Sagana Diop, D.J. Augustin, Ben Gordon, Derrick Brown, Chris Douglas Roberts, Troy Daniels, Reggie Williams, Corey Higgins, Matt Carroll, Brendan Haywood, Jason Maxiell, Jannero Pargo, Ramon Sessions, Courtney Lee, Gary Neal, Corey Maggette, Jeff Adrien, Tyrus Thomas, Boris Diaw… la lista continua…

Grazie ancora a Mike, il goat… in tutti i sensi.

Infine, mi rivolgo all’intera organizzazione degli Hornets, dal primo all’ultimo.

Mi dispiace non essere riusciti ad arrivare insieme al livello successivo, a fare qualcosa in più di quello che abbiamo fatto ma anche se non abbiamo raggiunto alcuni dei traguardi che avremmo voluto tagliare, questo non mi rende meno orgoglioso di ciò che sono e di quello che abbiamo costruito insieme.

Questo posto è speciale e se quest’estate era probabilmente il momento giusto perché io partissi per passare a una nuova fase della mia carriera, con la mia partenza non voglio minimamente sminuire i meriti degli Hornets come fan base e come franchigia.

Se qualcuno mi chiedesse un consiglio in questa lega gli direi di firmare qui, senza esitazioni.

Direi a chiunque quanto questo posto, non solo è colmo di straordinaria gente di basket, ma in generale di gente straordinaria e che le cose stanno andando nella giusta direzione.
Direi che con questo gruppo di giovani per gli Hornets non ci sono limiti sui risultati che la squadra può raggiungere.

Ora, alla città di Boston e ai fans dei Celtics, ovunque si trovino:

Come ho detto, sono un tipo tranquillo, di poche parole.

Perciò la farò breve, voglio solo salutarvi e raccontarvi qualcosa di me, qualcosa su ciò che dovrete aspettarvi da me.
Sono un leader, ma a modo mio.

Non mi vedrete mai urlare contro qualcuno e cacciarlo fuori dal campo né mi mostrerò mai troppo negativo.

Non fa parte del mio modo di essere ma sarò sempre orgoglioso quando riuscirò a rendere migliori i miei compagni, sono un tipo da leadership da portare con l’esempio.

Mi piace essere chiaro su questo.

Voglio sempre migliorarmi.

Ho appena concluso la mia prima stagione da ALL-NBA, ma non sarò appagato da questo.

Per me è solo fonte di ulteriore motivazione.

Ogni anno, il mio obiettivo è semplice: migliorare, e andare ancora più avanti.
Mi assumo le mie responsabilità di professionista con grande serietà ma allo stesso tempo cerco di non dimenticare prima di tutto perché sono qui.

Amo questo gioco quindi daremo l’anima in campo e vi assicuro che ci divertiremo e che vi divertirete a guardarci.

Un’ultima cosa su di me.

Sono un vincente.

Lo sono sempre stato.

Sono fatto così, è ciò per cui lotto ogni volta che scendo in campo.

E quando penso al mio futuro con questa squadra, a come giocherò per i Celtics… beh, sento che il matrimonio Kemba-Celtics sarà meraviglioso.

Voglio vincere qui, tremendamente, voglio dimostrare di essere un certo tipo di giocatore qui.

Voglio innalzare il mio gioco al livello della tradizione vincente dei Celtics, voglio che questa squadra stia ai piani alti della lega.

Ebbene, questo è tutto.
Grazie per aver impiegato parte del vostro tempo a leggere i miei pensieri.
Charlotte, sarete la mia gente per sempre.

Siete la mia famiglia e vi amo.
Boston… ci vediamo a settembre.

Sono pronto, sono davvero pronto.
Diamoci dentro!”

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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.