One on one con Erik, il teal & purple.

In genere durante la regular season tra recap, punti della situazione, classifiche (e mettiamoci anche qualche impegno personale) c’è poco tempo per scrivere di altro, ma quando mi riesce, sono felice di mostrare altri punti di vista della situazione, se poi realizzati, scritti da gente competente come nel caso e fan degli Hornets, ancora meglio.
 
Oggi ho il piacere di “lasciare la parola” a una persona competente in materia di basket:
Al secolo Erik (non il rosso, il famoso condottiero normanno, ma il “nostro” teal and purple) Chialina, ventun anni di Udine, lavoro e studio più gli hobby di portare avanti un sito di una squadra di basket locale e per non farsi mancare niente utilizza bene del tempo facendo l’allenatore di un team maschile seguendone un altro femminile.
Mi fa piacere lasciare spazio (nella mia strana ottica di un blog pluritario) a una persona competente “anche se giovane” e che forma il substrato vivo del basket insieme a tanti altri appassionati.
Un questionario one on one esteso ai lettori sulla Charlotte del basket NBA e non solo.
 
1D) Intanto, per conoscerla un po’… cosa l’ha spinta a seguire questo sport?
Che emozioni da seguire la NBA e che soddisfazioni da seguire un gruppo di giocatrici?
 
1R) Sono un ragazzo di 21 anni che ha sempre ricercato il lato pratico delle cose.
Lo sport, soprattutto a livello giovanile, spinge l’allenatore a non avere l’assillo del risultato ad ogni costo secondo me, per questo ho voluto fare il corso allenatore e dedicare la mia “vita sportiva” ai più giovani.
Alleno una squadra maschile Under 16, le donne le seguo perché ho la mia “figlioccia”, la figlia del mio padrino, quindi per simpatia.
Il basket mi piace perché vedo gesti atletici molto spettacolari che impegnano tutto il corpo, dai piedi ai polpastrelli.
Sul seguire le donne e un gruppo di maschile… ci vuole un notevole sacrificio psicologico perché basta un piccolo imprevisto e gli equilibri si possono spezzare.
L’importante è sapere ascoltare tutti ma trovare una propria soluzione; comunque più sono giovani i ragazzi/e con cui lavorare, più mi piace perché so dove trovare i punti deboli e forti del cestista che ho di fronte e trovare le giuste correzioni d’apportare.
 
2D) In una NBA che si riduce sempre di più a prendersi vantaggi, le squadre dell’Est in generale sembrano “storicamente” propendere più per il gioco corale che quello fronzoli e lazzi di diverse squadre a Ovest.
In questo Clifford ha fatto di necessità virtù, unendo alla difesa degli attacchi con pick and roll non sempre elementari, in più Batum come playmaker può inventare, anche un Hawes è un fine passatore quando è impiegato.
Le piace il gioco di Clifford?
 
2R) Personalmente a me piace il gioco imbastito da Clifford, il basato sulla difesa mi piace parecchio perché è dalle fasi di non possesso che si vince una partita; la difesa da l’energia giusta per attaccare nel modo corretto con le dovute spaziature trovando dei canestri facili, in molti casi in transizione per le numerose palle recuperate.
Quindi la difesa è la base principale per portare un buon attacco.
 
3D) Le do la possibilità di fare sia l’allenatore sia il GM di Charlotte.
Da allenatore che situazioni cambierebbe eventualmente? Partendo dallo starting five, alle rotazioni, allo sfruttamento massimo (l’ottimizzazione) delle caratteristiche di alcuni giocatori magari inespresse, alla costruzione del gioco e agli equilibri tattici in campo…
Da GM, che cosa porterebbe a casa (senza esagerare), quale sarebbe il tassello mancante per far girare il motore a pieno regime?
 
3R) Sulle situazioni tattiche imbastite da Clifford io non cambierei nulla anche perché il gruppo è valido e sta facendo una buona stagione, se dovessi dare un voto, per il momento sarebbe un 7.
Sulla faccenda l’unico correttivo che adotterei sarebbe scambiare M. Williams per un 4 di spessore, che abbia fisicità ma che sappia anche aprire il campo, giocatore ideale, per me, Paul Milsap degli Atlanta Hawks.
 
4D) Giocatore top e flop degli Hornets fino a questo momento?
 
4R) Vado controcorrente, per adesso il giocatore FLOP non lo do a nessuno, mentre il TOP lo do al gruppo anche perché ha saputo coinvolgere un giocatore arrivato quest’estate, esperto nella lega, ma nello stesso disponibile a mettersi ancora in gioco, il nostro italianissimo Marco Belinelli, quindi bene tutti nessun escluso.
L’obiettivo per questi Hornets è arrivare ai playoff e magari superare il 1° turno, ma tutto dipenderà come ci si arriverà ad aprile, con la maggior parte del gruppo in salute come oggi, l’obiettivo è ampiamente alla portata della franchigia.
 
5D) Con Lei vorrei soffermarmi soprattutto sull’aspetto tecnico di Charlotte:
In primis partirei dai singoli… Frank Kaminsky era atteso quest’anno, ragazzo più maturo per età rispetto ad altri giocatori scelti allo stesso Draft, dopo l’anno da rookie ha avuto parecchi problemi sin qui da sophemore.
Si gioca molto utilizzando il tiro da tre punti (anche i lunghi oggi devono saper tirare da fuori), Frank ha mostrato poca dimestichezza in questo fondamentale, la sua percentuale da oltre l’arco è scesa dal 33,7% dello scorso anno al 27,9% quest’anno, mentre il tiro dal campo è sceso dal 41,0% al 37,4%…
Personalmente mi sembra già parta poco convinto e un po’ “moscio” a livello dalle caviglie che non supportano il tiro. Rotazione, inclinazione della mano e delle dita, fiducia possono incidere.
E… a proposito di tiro… un altro che ha sempre avuto problemi nella conclusione a canestro in jumper è MKG, il quale dalla lunetta sembra migliorato sin da dopo la cura di Mark Price.
Dal 69,0% dello scorso anno al 75,3 al momento (mai tirato così bene a gioco fermo).
Ancora oggi i giocatori di Charlotte, in generale, sembrano essere seguiti bene, basti pensare a Walker, il quale da tre spesso dal palleggio sfugge all’avversario e con l’arresto e tiro (spesso protetto da un blocco alto del lungo) sta diventando una sentenza.
Le sue percentuali sono salite del 3,8% (dal 37,1 della scorsa stagione al 40,9 attuale) aumentando la pericolosità di Charlotte. Inoltre dal 42,7% è passato al 45,7% dal campo…
 
5R) Sull’aspetto tecnico: MKG ha un tiro costruito dopo anni di lavoro grazie al lavoro dei validissimi assistenti allenatori degli Hornets, mentre Frank ha un discreto tiro ma sbaglia parecchio in questo periodo.
 
6D) Augurandomi che i nostri Calabroni ci portino più lontano dello scorso anno Le chiedo che ne pensa?
Quali possibilità abbiamo quest’anno?
 
6R) L’ obiettivo per questi Hornets è arrivare ai playoff e magari superare il 1° turno, ma tutto dipenderà come ci si arriverà ad aprile.
Con la maggior parte del gruppo in salute, per come stanno le cose adesso, l’obiettivo è ampiamente alla portata della franchigia.
 
7D) Per chi iniziasse adesso a giocare a basket o volesse rivedere qualcosa nel suo tiro, cosa consiglierebbe di fare da coach e quali sono gli errori da evitare durante la meccanica di tiro?
(Qui Coach Chialina è stato molto esaustivo e ne è uscito un bel “tutorial”)…
 
7R) Gli errori più frequenti sono:
 
1. I piedi (tiro in sospensione). Spesso il tiratore non è correttamente orientato verso il canestro, il suo corpo e, soprattutto, i piedi non sono rivolti a canestro ma divergono dalla linea pallone-canestro. Quasi sempre questo errore è commesso già al momento della ricezione del pallone e richiede un inevitabile e necessario adeguamento perché il giocatore sia rivolto a canestro nella classica posizione di tripla minaccia. La correzione comporta una perdita di tempo che può rivelarsi fatale e la mancata correzione è anche peggiore perché porta all’inevitabile errore o alla rettifica in corso d’opera, vale a dire durante l’esecuzione del tiro.
 
2. I piedi (tiro libero). Ammessa e concessa l’assunzione della loro corretta posizione in sede di preparazione del tiro libero, è durante l’esecuzione che si riscontra l’errore più frequente. Nella fase di spinta delle gambe e in quella della loro distensione finale i piedi svolgono un ruolo rilevante contribuendo in modo decisivo all’esito del tiro. Numerosi tiratori non finiscono il tiro sulla punta dei piedi ma rimangono ancorati al terreno con la pianta, se non addirittura con i talloni. Ciò non consente di trasmettere la spinta necessaria degli arti inferiori, incide sulla fluidità e comporta movimenti correttivi scorretti da parte del braccio e della mano di tiro.
 
3. Le ginocchia. La rigidità delle ginocchia (e, di riflesso, delle gambe) e il loro insufficiente piegamento non consentono di caricare correttamente il tiro. Anziché scattare come una molla improvvisamente liberata, le ginocchia, da normalmente flesse nella posizione di partenza, devono piegarsi ed estendersi con un movimento fluido e continuo e in sincronismo con quello complessivo. La scorrettezza o l’incompletezza di questo movimento – caricamento durante il piegamento e restituzione della spinta nella fase che precede e completa il rilascio del pallone – oltre che non agevolare e non incrementare l’elevazione penalizza in modo consistente la sequenza meccanica del tiro, la cosiddetta “routine”, e incide sulla sua precisione e sul risultato finale.
 
4. La posizione della mano sul pallone. E’ sorprendente – ma, purtroppo, vero – riscontrare quanti giocatori facciano un uso improprio della mano che esegue il tiro già al momento della sua preparazione. Accolgono amorevolmente il pallone nel palmo e lo avvolgono con l’intera mano appoggiata sulla sua superficie. Ci sono così tutte le premesse per l’esecuzione di un tiro sbagliato e quando questo errore, già di per sé molto grave, si combina con uno o più altri – soprattutto con quelli indicati ai punti 5,6,7,8,9 – solo la dea bendata può benevolmente far sì che il pallone attraversi la retina. Nella fase di caricamento, il pallone finisce sopra la spalla e riceve una spinta verso l’alto e non verso l’alto-avanti e la spalla interviene scorrettamente causando un movimento più simile a quello dei lanciatori di peso.
 
5. Il gomito. Il tiro in sospensione (ma anche il libero) non necessita della protezione del gomito che spesso e volentieri è allargato in fuori. Così facendo non è perpendicolare al di sotto del pallone che viene di conseguenza portato fuori linea con il canestro e non può che mancare l’obiettivo. Quando ciò si combina con la mancata formazione di un angolo di una “L” fra avambraccio e bicipite, quando il gomito non punta verso canestro o quando il braccio non è completamente disteso, la percentuale di errore è elevatissima.
6. La distensione del braccio. Un elemento così importante come il braccio è frequentemente maltrattato da un uso errato e raramente gli viene prestata la dovuta attenzione. Soprattutto non viene curata la sua completa estensione che prepara la frustata del polso. Troppi tiri sono eseguiti con il braccio piegato con un angolo più o meno ampio, cosicché la spinta risulta incompleta e incide significativamente sul buon esito del tiro. Un secondo errore, altrettanto influente (anche se così non appare), consiste nel riportare immediatamente indietro (o verso l’alto) il braccio non appena il pallone è rilasciato dalla mano. L’effetto negativo di questo gesto è l’impercettibile ma decisivo per il mancato completamento del tiro che imprime al pallone una parabola imprecisa.
 
7. Il polso. Colpisce non poco osservare quanti sono i giocatori che eseguono sia il tiro libero che quello in sospensione senza piegare il polso. Un polso bloccato, non “spezzato”, nega il gesto che più di ogni altro è caratteristico del tiro e che è noto come “frustata”. La sua mancanza non consente di imprimere, con le dita, il movimento rotatorio all’indietro al pallone e, quindi, di dargli la giusta parabola, né va sottovalutata l’incidenza esercitata dai movimenti che lo portano fuori asse quali quelli che imprimono alla mano le rotazioni verso l’interno e verso l’esterno (con i più che intuitivi risultati).
 
8. La mano e la chiusura del tiro. Quando il pallone appoggia completamente sulla mano, dita e palmo, non soltanto quando viene ricevuto dal tiratore (possibile la presa scorretta dovuta a un cattivo passaggio) ma anche nel corso dell’intera sequenza di tiro le possibilità di errore sono più che concrete. Il più evidente è quello già citato al punto 4 e deriva dalla spinta verso l’alto impressa al pallone. Ma c’è un altro clamoroso errore che viene commesso durante la fase di chiusura del tiro e consiste nella gamma di movimenti eseguiti dalla mano al momento del rilascio del pallone. E’ tutt’altro che raro vedere la mano ruotata lateralmente verso l’esterno o verso l’interno facendo perno sul polso o chiusa a pugno. E’ evidente che simili gesti imprimono al pallone direzioni e rotazioni che lo portano a toccare l’anello e a uscire dopo aver ruotato alcune volte sulla sua circonferenza.
 
9. Le dita. L’impatto esercitato sull’esito del tiro da un errato uso delle dita è assai forte e anche se tutti i movimenti precedenti sono eseguiti in modo appropriato, l’errore è in agguato. Posizionate correttamente sul pallone, le dita lo controllano totalmente e ogni loro intervento inadeguato influenza il risultato. Troppo chiuse o troppo allargate, troppo rigide o troppo rilassate non permettono un buon controllo e, soprattutto, portano spesso anulare, pollice e mignolo a essere le ultime dita a staccarsi dal pallone. Così facendo, il giocatore gli imprime una rotazione laterale che interferisce con quella rotatoria all’indietro e che causa l’uscita del pallone dal canestro. Inoltre, la parabola risulta troppo tesa o troppo arcuata e il pallone non “vede” l’anello nella sua forma circolare ma ellittica o comunque distorta.
 
10. Il punto di mira. A prima vista può essere difficile individuare un errore fatale per il buon esito del tiro: la mancanza di un punto di mira e, per estensione, abbassare (o distogliere) gli occhi e perdere così il contatto visivo con il canestro. Avere un riferimento visivo preciso e univoco – quello che gli americani chiamano “target” – è determinante. Molto spesso si vedono tiri eseguiti con tecnica impeccabile mancare il bersaglio e ciò è dovuto alla mancanza di un preciso obiettivo oppure alla sua variabilità, vale a dire al cambiamento del punto di mira di volta in volta. Non è infrequente vedere eccellenti giocatori in possesso di una tecnica da manuale interrompere il contatto visivo con la parte del canestro prescelta e scoccare un tiro inevitabilmente destinato a uscire.
 
Un caloroso saluto a tutti i lettori del blog ResurreziHornets e ai membri del gruppo FB CHARLOTTE HORNETS ITALIA e a risentirci a presto.
 
ERIK CHIALINA
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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.