The life after Ball

Intro

“Adesso che la scienza è sacra chi ci salverà da noi stessi?” recitava Kevin Grivois (al secolo Ké) in una poesia maledetta in musica.

Strange World forse è un brano ormai disperso nelle nebbie del tempo che all’epoca riscosse un grande successo in Italia.

Questa frase sottende a più concetti.

Dalla caduta di ogni ideale con la punta dell’iceberg consistente nella “morte di Dio” (Nietzsche) al lancio illimitato della tecnica come elemento indispensabile alla scienza per il suo continuo sviluppo.

In tutto questo pare che la nostra decadente società abbia abbandonato qualsiasi idea d’umanesimo.

Per uscire dal Medioevo, sulla nostra penisola grazie al Petrarca e altre illuminate figure, si era passati a mettere al centro l’uomo riscoprendo i classici, oggi, in una società che persegue l’idea centrale artefatta degli affari, l’essere umano è stato scisso e ucciso insieme alla natura (primo elemento centrale della speculazione filosofica) così la persona vale pari a quanto il suo portafogli riesca a coestendersi al proprio braccio in genere.

Prima di analizzare gli aspetti positivi (principalmente) che hanno permesso agli Hornets, prima di rimanere – impensabilmente per gli analisti – in scia playoff, poi di installarsi in quarta piazza a Est oggi ecco…

La copertina

Nota sulla copertina – anche se un mio amico “poeta” dice che le poesie non si spiegano – posso permettermi di farlo dovendo parlare della copertina e non di poesia.

La copertina unisce il tipo di gioco creato da Borrego (un gioca e lascia giocare) fino alla perdita di Ball.

Questo pezzo sarebbe dovuto uscire integralmente prima della partita con San Antonio per un sito online ma essendo non completamente conforme alla linea editoriale questa – a mio avviso – indispensabile parte che era la causa mentre i numeri rappresentavano l’effetto, risulta mancante.

Con i Calabroni secondi (al momento in cui scrivevo) per assist sfornati a partita (27,2) e trentesimo (28,2) per quelli subiti a creare un gioco godibile ma non sempre ottimale la squadra galleggiava nel mucchio selvaggio delle pretendenti a Est.

Avendo sviluppato uno stile poco asettico poiché la vita e lo sport possono essere anche comunicanti come un’osmosi, il perché di questo trait d’union è presto detto…

Il Crazy Hornets indicava – oltre a essere al di sopra delle più rosee aspettative – il tipo di gioco offensivo e difensivo praticato da Borrego, rifacendo il verso graficamente al celebre Crazy Horse, il famoso locale di cabaret parigino, conosciuto soprattutto per gli spogliarelli di avvenenti giovani ragazze.

Questo mi porta ad addentrarmi in un altro simbiotico paragone, quello dell’analisi sugli Hornets, il behind the scenes con al centro la psicologia (fattore troppo sottovalutato in ogni campo umano oggi quando tutto è pervaso di analisi pseudoscientifiche).

Se oggi tutti gli analisti pensano a considerare soltanto i numeri scordandosi l’aspetto fondamentale di qualsiasi sportivo che si rispetti (quello motivazionale), penso che alla stessa maniera a nessun avventore del locale interessino le motivazioni per le quali tutte quelle Donne abbiano deciso di intraprendere quel percorso che sovente è anche ipocritamente malgiudicato portando forme di giudizio irrispettose nei loro confronti mentre bisognerebbe utilizzare un approccio da storico alla ricerca del saper e capire prima di giudicare.

Nella schizofrenica giostra perpetua e gaudente abbiamo dimenticato molte cose ed ecco trasalire l’altra figura che si staglia sul fondale della copertina, quella di Cavallo Pazzo, la mitica leggenda indiana giunta fino a noi che combatté coraggiosamente le forze federali di Washington, nella “Guerra di Nuvola Rossa” fino alla sua morte a 37 anni.

“La sindrome dell’indiano” ben simboleggia la presa di posizione in favore dei deboli sui forti, la sfida al potere che oggi è sempre più impari nell’era dei mastodontici colossi e agglomerati commerciali che decidono tutto avendo spazzato via ogni forma di resistenza.

Psicologia

Con le dovute proporzioni, in NBA, Charlotte è di sicuro attualmente l’outsider che vorrebbe sovvertire lo scontato pronostico anche a giudicare dalle tre vittorie arrivate nella life after Ball.

Inoltre debbo dire che dappertutto mi sarei aspettato di trovare forme di resistenza al pensiero unico meno che nel dorato mondo della NBA.

Già, perché se gli Hornets hanno stupito molti a livello di risultati e di godibilità di gioco, ancora più imprevedibile è la filosofia sposata da Borrego e dal suo staff quando parliamo di lavoro e impegno.

Il Covid-19 ha atomizzato i vecchi concetti scombinando gli schemi assunti sino a oggi come metodologia per migliorare le proprie prestazioni.

Con i giocatori che due volte al giorno (la mattina presto e alla sera) sono obbligati a stravolgere il loro normale iter per sottoporsi ai test rilevatori del virus allo Spectrum Center e una stagione che da condensata diventerà invivibile (37 partite in 67 giorni per i Calabroni, virus permettendo), coach James e il suo staff hanno rielaborato strategie per sopravvivere e pare che né datore di lavoro e GM abbiano da obiettare.

Borrego capisce come tutto ciò si sia aggiunto all’usura fisica e mentale quindi ha deciso di rielaborare le routine.

Gli imenotteri sono passati gradatamente a un ritmo ridotto nel blocco in viaggio di sei partite contro team di Western Conference quando sui quattro giorni di riposo in tre sono stati cancellati gli allenamenti formali (comprese le sessioni di tiro) riservati solo su base volontaria ai giocatori maggiormente fuori dalle rotazioni.

P.J. Washington, Cody Zeller e Devonte Graham sono rimasti fuori per alcune partite nel road tour e i Calabroni sono arrivati consumati fisicamente a livello di rotazioni.

Le visioni dei video per preparare la partita sono state tagliate su suggerimento dello staff.

“Non possiamo visionare video della durata di un’ora. È semplicemente troppo per i ragazzi in questo momento. C’è una fatica mentale, una fatica fisica, non solo per noi, ma per tutte le persone coinvolte in pandemia.”

Insomma, l’entourage degli Hornets ha fatto proprio il motto: “Mens sana in corpore sano”, va da sé che Borrego non cambierà le cose in corsa per scaricare la difesa a zona o inserisca nuove manovre all’offensiva di Charlotte.

“Voglio che questi ragazzi crescano e si sviluppino, ma la finestra per far questo non è la parte restante della stagione.

“Non cercherò di aggiungere altro (al playbook). Faremo ciò che facciamo, essere ciò che siamo. “

Perfezionare l’esistente sarà quindi il credo di Borrego per raggiungere la seconda parte della stagione.

Borrego, che dal punto di vista difensivo sta crescendo, ma ancora delle lacune, ha però instillato nei suoi ragazzi una reazione automatica.

Il gruppo si è compattato ancora di più dopo l’infortunio di Ball e in tutta umiltà e pragmatismo ha cominciato a difendere e San Antonio, Houston e Miami ne hanno fatte le spese.

Il tremendo calendario degli Hornets e l’inesperienza della giovane green line (attualmente quello dei teal & purple era il terzo roster più giovane di tutta la NBA, ecco perché l’inserimento di Wanamaker) potrebbero giocare a sfavore della squadra ma Borrego che sotto questo aspetto si affiderà soprattutto a un verde più scuro e deciso (quello degli ex Celtics Hayward e Rozier) per portare a casa dopo cinque anni una partecipazione a una serie playoff.

Il coach immagina anche di dare una rotazione più profonda al match per non consumare i giocatori chiave giacché diversi elementi della panchina si stanno dimostrando all’altezza.

“Non posso usare otto uomini a notte. Dovrò girare con nove costantemente e alcune notti anche con dieci.”

Per il resto il coach sta cercando di svolgere il suo ruolo in chiave psicologica:

“Sii presente in quelle due ore (alludendo a una partita). Dai il meglio di te. Rimani concentrato. Fai il tuo lavoro”, che sull’ultima frase personalmente direi potremmo tradurre con “divertiti”…

L’instabilità e la poca solidità di Charlotte saranno i lati negativi della squadra ma i Calabroni hanno mostrato di poter trascinare dalla loro parte qualsiasi partita (nove vittorie vittorie su nove negli ultimi arrivi punto a punto) comprese quelle considerate impossibili da rimontare (a Miami, con Golden State e a Sacramento oltre il fotofinish con gli Speroni) grazie alla loro determinazione e al coinvolgimento del gruppo.

“Devo essere consapevole del fatto d’avere una squadra molto giovane che sta per essere messa alla prova” ha detto il coach che chiosa: “Chiedere di più a se stessi, chiedetevi di più l’un l’altro.”

La sfida contro “l’eccedente della tecnica” (Charlotte ottimizzerà al ribasso) è lanciata, gli Hornets al di fuori dalle partite da giocare duramente hanno bisogno di ritrovare l’uomo e freschezza confidando che questa strategia si riveli intelligente e porti frutti (basterà a scalare l’insormontabile montagna dei difficili impegni contro avversari ostici?) insieme all’aspetto motivazionale per scardinare due dei mantra distopici del nostro secolo, quella tecnica che come il prometeico fuoco è sfuggito di mano agli uomini e quello dei numeri che non sono immutabili, non sono stati gettati lì da qualche strano Dio ma possono essere modificati e plasmati in innumerevoli contesti.

Parte tecnica

Insieme a coach Matteo Vezzelli – che ringrazio per la parte tecnica – abbiamo quindi analizzato qualche situazione nelle ultime tre partite che ha portato Charlotte a essere capofila delle pretendenti all’ultimo posto per avere il vantaggio del fattore campo ai Playoff 2021.

La classifica è corta, molte squadre sono più quotate ma i Calabroni vanno sul parquet e giocano…

Difesa

Azione 1:

Qui vediamo subito una difesa contro San Antonio: la difesa varia da 2-3 a 3-2 ma il fattore principale da considerare è che questa non è la solita difesa a zona di Borrego ma una a uomo sebbene i continui cambi portino gli adattamenti. Sullo scambio tra Gay e White con il secondo a ricever palla gli Hornets cambiano marcatura con P.J. sempre sul portatore di palla che penetra su una uomo molto flottata che serve a coprire il pitturato. Lo scarico di White, raddoppiato al ferro, trova Gay in angolo con Monk a coprire due eventuali tiratori. Alla fine il n° 22 degli Spurs è costretto a tirare ai 24 ma il close-out di Malik impedisce una maggior precisione.

Azione 2:

Difesa 2-3 di Charlotte con il flottante Rozier che da un aiuto a Biyombo nel tenere DeRozan, il quale scaricando in angolo trova Gay che in penetrazione viene accompagnato da Monk sul fondo mentre le eventuali linee di passaggio (opzione ignorata dal n° 22) sono chiuse da maglie teal. Alla fine Cody Martin esalta la difesa ponendosi davanti al semicerchio confermando di essere uno dei leader in NBA per quanto riguarda le situazioni di sfondamento subite.

Azione 5:

Ancora Biyombo alto (visto svariate volte in queste partite) a contrastare l’uomo di punta avversario: Wall. L’ex Wizards lo sfida al tiro fallendo la conclusione. Qui possiamo vedere pregi e difetti di questo tipo di difesa con il lungo che potrebbe guidare Wall in una posizione dove dovrebbe arrivare un aiuto oppure semplicemente come accade in questo caso, utilizzare al sua lunghezza per dar fastidio al tiratore. D’altro canto i Rockets guadagnano il rimbalzo con un Rozier stranamente disattento nel tagliafuori mostrando anche la carenza di cm se il lungo è portato sul perimetro.

Attacco

Azione 3:

Charlotte prova a imbastire l’azione con la classica mezza ruota che caratterizza diversi avvii d’azione a difesa avversaria schierata ma la difesa di San Antonio è attenta a non concedere l’hand-off a Hayward che si disinteressa della sfera non avendo vantaggi così P.J. rivolge le sue attenzioni verso Rozier che va a giocare un pick and roll statico sul quale la difesa cambia. Tanto basta a Rozier per prendere un metro di vantaggio con lo step-back e colpire da tre spareggiando la partita e dimostrando di essere il valore aggiunto della squadra.

Azione 4:

Una delle importanti giocate in transizione per gli Hornets che con Graham percorrono il campo: passaggio dalla punta all’indietro per il rimorchio di P.J. che sovrapponendosi al play viene chiuso in raddoppio mentre Graham, portatosi in posizione di ala, va a ricevere il passaggio sul nuovo scambio da Washington colpendo con un open catch n’shoot per tre punti.

Azione 6:

Drag pick and roll con Rozier (palla in mano) e Biyombo che attaccano dinamicamente l’area mentre sul lato Graham va in angolo e Hayward sale a liberargli lo spazio così, mentre la difesa di Miami è in soprannumero per chiudere la penetrazione, Terry scarica il passaggio in uscita al liberissimo Hayward che fa centro indisturbatamente.

Azione 7:

Altra transizione con palla spostata rapidamente sul lato opposto da Rozier a Graham per P.J. Washington che dalla sinistra attacca il centro prendendo in controtempo Duncan Robinson (l’uomo che accennava a inizio azione il raddoppio su Rozier).

L’ala degli Heat oppone una sgangherata resistenza ed è facile a quel punto per P:J. andare ad appoggiare.

The life after Ball

Come avevamo già scritto, LaMelo è diventato cervello e braccio armato di questa squadra.

Dalle sue mani passa la maggior parte delle iniziative dei Calabroni che hanno potuto, seppur con enormi difficoltà, aggiungere atipicamente la soluzione del gioco nel pitturato che – in maniera diretta o per via della capacità di facilitatore del nostro numero 2 – continuano a creare vantaggi per gli esterni ma anche per i nostri limitati lunghi.

La duttilità di LaMelo ha permesso a coach Borrego di snellire, rendere più fluido l’attacco togliendo responsabilità a Hayward e Rozier (il secondo sta vivendo la miglior stagione in carriera tirando con il 41,9% da tre punti), enfatizzando di riflesso i loro punti di forza lasciandoli più integri e meno affaticati nei finali.

I due sono tornati ad assumersi responsabilità maggiori con l’assenza di Ball, Rozier ha chiuso con 11 assist la partita contro Miami e Hayward nella stessa partita ne ha smistati nove con P.J. Washington, passatore secondario da non sottovalutare.

Sebbene le intuizioni di Ball dovute al talento personale e alla visione di gioco abbiano reso più semplice l’attacco, i “nuovi” Calabroni stanno comunque onorando il gioco d’attacco con schemi abbastanza semplici ma efficaci.

Se il recente pezzo “Game Over?” si chiudeva con un punto interrogativo lasciando aperti varchi, spiragli di luce dovuti alla reazione della squadra, sono felice di aver messo quel segno.

Pur consci delle aumentate difficoltà, ogni giocatore si è preso le proprie responsabilità, in primis chi è andato a sostituire proprio Ball che sta ritrovando feeling con il parquet dopo aver abbandonato le paure di inizio stagione.

Graham è riemerso dalla panchina aggiungendo quelle triple richieste da Borrego ma per garantire più difesa, esperienza e una palla maggiormente in cassaforte (vedere Graham nel finale con Miami e i suoi TO) è arrivato Brad Wanamaker, play del quale Golden State si è sbarazzata felicemente per pagare meno denaro in luxury tax visto che l’annata per il titolo ai Warriors pare proibitiva e l’ex “italiano” non sposta così tanto di certo.

La difesa si è compattata.

La soluzione con Biyombo (che scherzando avevamo definito come panettiere per via delle sue mani a pala poco educate ma anche per una certa staticità) sul perimetro è stravagante ma spesso efficace (il congolese si muove molto di più oggi) anche se mostra qualche risvolto negativo tuttavia la squadra si aiuta di più riuscendo a muoversi in maniera più veloce e intelligente su cambi, raddoppi e, intensificata la difesa pare essere più funzionale anche per ripartire con fast break interessanti.

Salvo improbabili sorprese da buyout il gruppo dovrebbe rimanere lo stesso, ovviamente con Wanamaker a puntellare il reparto in attesa del rientro di Ball che potrebbe avvenire prima della fine della stagione.

Se gli Hornets saranno ancora in corsa per un posto al sole il rientro del numero 2 potrebbe essere quell’upgrade necessario per mettere nero su bianco la partecipazione ai playoff.

Al momento non esiste un centro dominante (buono comunque il rientro di Zeller a livello di rimbalzi, anche offensivi) che addensi la consistenza di questo sogno e nei finali viviamo sulle fiammeggianti ali dell’entusiasmo di Rozier & friends riuscendo – incredibilmente – grazie a difesa, tenacia, concentrazione e forma fisica a vincere tutte le partite punto a punto.

Alla vigilia della partita con Phoenix (ore 19:00, anche su Sky per chi l’avesse), Charlotte senza Ball ha vinto a San Antonio e Houston oltre a battere la rivale divisionale Miami in casa.

La recente tradizione ha messo in piedi record negativi ma i numeri sono lì per essere buttati giù.

Non so se questi Hornets ci riusciranno ma l’importante è che continuino a giocare con grinta e a difendere facendo del loro meglio, se così fosse si potrebbero reperire quelle vittorie necessarie a ribaltare ogni pronostico di inizio stagione sulla partecipazione alla post season e a Charlotte, come direbbe un altro amico in gergo dialettale: “Non sarebbe fuffa”…

La classifica dell’Est a oggi.
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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.