Sting

Charlotte Sting

Il prequel della storia del basket femminile professionistico a Charlotte comincia il 30 ottobre 1996 quando la nuova lega denominata Women’s National Basketball League (WNBA) assegnò a Charlotte una delle sole otto slot franchigia disponibili.

Costruire dal nulla non è probabilmente facile ma a volte risulta essere una soluzione migliore e, infatti, il 22 gennaio 1997, Andrea Stinson della North Carolina State e Vicky Bullett della Maryland furono assegnate alla squadra, diventando le prime giocatrici della squadra.

Un’altra delle cose da fare era decidere l’identità della squadra che a livello di colori si rivelò semplicemente un seguire la linea dettata dalla franchigia fratello, gli Hornets quindi il viola e il foglia di tè, insieme al bianco, prevalsero facilmente, così come il nome – venne annunciato sempre il 12 febbraio (unitamente ai colori) – scelto: Sting (Puntura) riferendosi a quella dei Calabroni, il logo, infatti, consisteva in una “calabrona” – munita di sopracciglia rimmellate.

Il roster continuò a svilupparsi quando le Sting selezionarono Rhonda Mapp e Michi Atkins il 27 febbraio 1997 nell’Elite Draft della WNBA.

Il 26 marzo 1997 le Sting nominarono il loro primo capo allenatore, Marynell Meadors.

Marinell Meadors, la prima head coach.

Le Sting selezionarono poi: Tora Suber, Sharon Manning, Debra Williams e Andrea Congreaves nel Draft WNBA del 1997.

I mesi di pianificazione iniziale terminarono sul campo di Phoenix il 22 giugno 1997 (16.102 fan nella città della fenice) ma né in Arizona né in California la squadra ebbe fortuna perdendo le prime tre partite (tutte in trasferta, appunto) contro le Los Angeles Sparks e le sacramento Monarchs.

Rhonda Mapp contro la cinese Zheng a Los Angeles il 25 giugno 1997.

Le partite si spostarono a Charlotte il 29 giugno 1997 quando le Sting vinsero contro le Cleveland Rockers per poi restituire il favore alle Sparks.

16 agosto 1997, il parquet durante un game delle Sting.

Le Sting conclusero la loro prima storica stagione regolare con un record di 15-13 guadagnando per un soffio un posto ai playoff dove però vennero battute dalle future campionesse delle Houston Comets.

La classifica del primo anno WNBA.

Con una stagione alle spalle, le Charlotte Sting iniziarono la loro seconda stagione selezionando Tracy Reid, Christy Smith, Pollyanna Johns e Sonia Chase nel Draft WNBA del 1998.

E se volete anche una colonna sonora per cambiare musica, beh, c’è anche quella…

Durante la stagione WNBA del 1998, la giocatrice delle Sting Kelly Boucher divenne la prima canadese a giocare nella lega.

Charlotte migliorò il record sino al 18-12 ma ai playoff la storia si sarebbe ripetuta, le Houston Comets si rivelarono troppo forti ancora.

Standing 1998.

Il 1999 scatenava alcuni cambiamenti nella WNBA poiché la American Basketball League (ABL) fallì e un afflusso di giovani talentuose si presentò ai cancelli della lega che entrava nel suo terzo anno.

Il Draft annuale assunse un livello di importanza maggiore e le Sting aggiunsero: Dawn Staley, Stephanie McCarty, Charlotte Smith e Angie Braziel al loro roster.

Charlotte cambiò anche allenatore nominando Dan Hughes come head coach l’11 luglio 1999.

La squadra concluse la stagione con un record di 15-17 ma comunque avanzò al secondo turno dei playoff.

Christy Smith.

Dopo aver battuto in gara secca le Detroit Shock, perse 1-2 la serie contro le New York Liberty che godevano il vantaggio del fattore campo.

A nulla servì vincere la prima casalinga ma durante i primi anni delle Sting, il club era un contendente regolare ai playoff.

Classifica 1999.

Era però già tempo di cambiamenti e T.R. Dunn divenne il nuovo head coach il 28 ottobre 1999.

La stagione 2000 si rivelò deludente per le Sting, poiché per la prima volta vennero escluse dai playoff terminando con un record ampiamente negativo di 8-24.

La classifica del 2000.

Le Sting – per shackerare un po’ l’ambiente – fecero una mossa significativa in preparazione per la stagione 2001, quando cedettero Rhonda Mapp ed E.C. Hill a Los Angeles in cambio di Clarisse Machanguana e Allison Feaster l’11 ottobre 2000 mutando ancora allenatore, nominando Anne Donovan capo allenatrice il 30 marzo 2001.

Le Sting ampliarono il loro roster scegliendo Kelly Miller, Tammy Sutton-Brown, Jennifer Phillips e Reshea Bristol nel Draft WNBA del 2001.

E’ il 19 giugno 2001: Allison Feaster, Dawn Staley, Summer Erb e Charlotte Smith confabulano a Los Angeles ma le Sparks vinceranno 69-73.

La stagione 2001 iniziò lentamente per le Sting, con un terribile record di 1-10 nelle loro prime 11 partite che sembrava far presagire un disastro peggiore dell’annata precedente ma la squadra cominciò a prendere quota e con un comeback da 17-4, chiuse la stagione con un record vincente da 18-14.

Standing 2001.

A quel punto nessuno voleva più incontrare le Sting (testa di serie numero 4) e avevano ragione.

Lanciatissime sconfissero le teste di serie n. 1 e n. 2.

Prima le Rockers 2-1 e poi le New York Liberty nonostante la sconfitta interna, Charlotte andò a vincere le restanti due partite in trasferta per vincere la serie 2-1 ottenendo così anche l’unico “titolo” in bacheca, l’Eastern Conference Champions.

Il roster delle Sting nella semifinale a New York.

In finale le Sting però trovarono le Los Angeles Sparks, le quali fecero sfumare il sogno di un titolo riuscendo a prevalere in due partite contro la squadra del North Carolina.

 

Nel 2002 le Sting terminarono la stagione con un record di 18-14 e avanzarono ai playoff per la quinta volta in sei anni ma la magia stava tramontando insieme alle vicissitudini che coinvolgevano la franchigia gemella degli Hornets in procinto di trasferirsi a New Orleans e le Washington Mystics passarono il primo turno a discapito delle Sting.

La squadra del 2002.

Allison Feaster contro le Houston Comets nel 2002.

13 agosto 2002, dopo la partita vinta contro le Mystics, Anne Donovan (la coach), Hugo, le giocatrici e alcune fan, posano per una fotografia dopo una chiaccherata.

Il 2003 iniziò un anno di totale trasformazione per il franchise degli Sting, Robert L. Johnson fu nominato nuovo proprietario degli Sting il 10 gennaio 2003.

Sotto la sua guida, Ed Tapscott fu nominato Vicepresidente esecutivo e Direttore operativo, Bernie Bickerstaff fu assunto come direttore generale e Trudi Lacey fu promossa a capo allenatrice e direttore generale assistente poiché la partenza per NOLA lasciava la Donovan (e non solo) con troppi “If” aperti…

Il 2 agosto 2003 le Sting battono le Sparks 84-73 in trasferta.
Qui si può notare come la geometria della divisa rispetto gli anni precedenti sia cambiata.

La squadra rimase a Charlotte, orfana degli Hornets, divisa mutò leggermente ma furono mantenuti gli stessi colori che richiamavano i trasferiti Charlotte Hornets.

Le Sting selezionarono Jocelyn Penn e Dana Cherry nel Draft WNBA del 2003 riuscendo a terminare la stagione con un record di 18-16 assicurandosi per l’ultima volta un posto nei playoff WNBA dove però le Connecticut Sun riuscirono a prevalere in due game.

Dawn Staley con una maglia già dai colori mixati nel 2003 posa per il WNBA Media Day il 12 maggio.

La classifica 2003.

Mentre si dirigevano verso la stagione 2004, ecco le prime avvisaglie del disastro, viste oggi, con il senno di poi e vista la storia dei Bobcats e degli Charlotte Hornets 2.0.

Furono cambiati i colori per metterli in sincrono con i Bobcats la nuova franchigia promessa dalla NBA a Charlotte che avrebbe debuttato nel 2004: arancione e blu.

Robert L. Johnson, fondatore della Black Entertainment Television ha acquistato la squadra nel gennaio 2003, poco dopo essere stato annunciato come il principale proprietario di un nuovo franchising di espansione NBA che avrebbe sostituito gli Hornets in partenza.

Il 5 febbraio 2004 la squadra annunciò un accordo che mandò Kelly Miller alle Indiana Fever in cambio della terza scelta assoluta nel Draft del 2004.

Le Sting usarono la terza scelta del draft per selezionare Nicole Powell di Stanford nel Draft WNBA del 2004.

Selezionarono anche Kelly Mazzante di Penn State (la quale rimase fino alla stagione finale prima di finire a Phoenix in un diasporico dispersion Draft), Jenni Benningfield e Jia Perkins della Texas Tech.

La stagione 2004 si è tuttavia rivelata una delle tante alterne per le Sting, le quali hanno trascorso gran parte dell’anno a lottare per il primo posto nella classifica della Eastern Conference andando poi in strisce da alti e bassi.

Quando la WNBA è entrata nella sua pausa di un mese per le Olimpiadi ad agosto, le Sting erano in parità per il secondo posto nella Eastern Conference con un record di 12-13.

La presidentessa WNBA Val Ackerman con Nicole Powell nel 2004.

Le Sting sono tornate forti dalla pausa, vincendo quattro delle loro prime sei partite post olimpiadi per portarsi in parità al primo posto con Connecticut, tuttavia, complice una classifica corta, le Sting persero le ultime tre partite della stagione e finirono al quinto posto nella Eastern Conference con un record di 16-18, perdendo anche la possibilità di un posto nei playoff per la seconda volta nella storia della franchigia.

Standing 2004.

Non assomiglia terribilmente alla Charlotte degli ultimi anni?

Quando si è a un passo dal raggiungere un obiettivo, è assicurato che non ci si arriverà…

Dopo la stagione 2004, le Sting intrapresero una offseason impegnativa poiché acquisirono Helen Darling in un accordo di sign and trade con il Minnesota e firmarono Sheri Sam come free agent, inoltre acquisirono Tangela Smtih dalle Sacramento Monarchs in cambio di Nicole Powell, Erin Buescher e Olympia Scott-Richardson.

Anche Charlotte ebbe un po’ di fortuna, poiché le palline da ping pong rimbalzarono nella lotteria del draft, dando loro la prima scelta assoluta.

Il 16 aprile, usarono quella scelta per selezionare Janel McCarville dall’Università del Minnesota. La stagione 2005 non fu quella che gli Sting avevano sperato, poiché furono molto in difficoltà per gran parte della stagione.

Mentre la stagione volgeva al termine, la squadra, desiderosa di continuare a costruire per il futuro, acquisì una prima scelta al draft del 2006 insieme a Kristen Rasmussen e Adrienne Goodson dalle Houston Comets in cambio di Dawn Staley e una seconda scelta al draft.

Con la squadra sul 3-21, Charlotte scelse di dare una scossa facendo anche al contempo un restauro d’immagine scegliendo l’ex Hornet Muggsy Bogues come head coach a 10 game dalla fine.

Sheri Sam nel 2005.

Figura ben nota nella regione di Charlotte, Bogues guidò gli Sting a un record di 3-7 per concludere la stagione, raddoppiando il totale delle vittorie della squadra sul 6-28.

La penultima classifica delle Sting.

Tyrone “Muggsy” Bogues fu riproposto anche la stagione seguente come capo allenatore mentre la squadra dovette abbandonare il “The Hive” originale (Charlotte Coliseum), l’Alveare fuori città in Hive Drive 100 trasferendosi nella nuova casa dei Bobcats che ancora oggi usano gli Hornets in centro città.

Nel 2006 le Sting ebbero una stagione numericamente un pochino migliore ma partirono male perdendo di un punto a un paio di secondi dalla fine contro la nuova squadra delle Chicago Sky guidate dall’ex coach degli Hornets Dave Cowens.

Kelly Mazzante (a dx) contro Chicago nell’ultima partita (casalinga tra l’altro) della propria storia giocata dalla Sting.

L’11-23 con l’ultima partita giocata in casa e vinta proprio contro le Chicago Sky si chiudeva la storia del basket professionistico a Charlotte che economicamente, a detta degli interessati, non era economicamente sostenibile.

L’ultima classifica.

Il 13 dicembre 2006, la Bobcats Sports and Entertainment ha ceduto la proprietà della squadra alla lega, citando la bassa partecipazione alle partite a Charlotte (nonostante una nuova arena la proprietà sostenne di avere solo 5.783 presenze di media nelle 17 giocate a Charlotte per un tredicesimo posto su 14 team) e la perdita di entrate.

Il capo marketing officier Greg Economou disse che si trattava di economia, non di filosofia, senza comunque un briciolo di poesia aggiungerei personalmente…

Sicuramente il 17-51 degli ultimi due anni, la partenza dell’organizzazione gemella, il disaffezionamento all’ex proprietario Shinn furono tutti fattori che giocarono un ruolo importante.

Un gruppo di investimento a Kansas City era interessato a rilevare le Sting per portarle a Kansas City.

Le Sting avrebbero dovuto giocare nello Sprint Center che avrebbe dovuto aprire nell’autunno del 2007

Kansas City non ha più avuto una squadra NBA da quando i Kings si trasferirono a Sacramento dopo la stagione 1984-85.

Nonostante i colloqui e le deliberazioni tra la lega e gli investitori, i piani alla fine purtroppo fallirono.

Il 3 gennaio 2007, i Bobcats annunciarono che la raccolta fondi da parte di un gruppo che cercava di trasferire la squadra a Kansas City era fallita.

La squadra si sciolse immediatamente e le giocatrici presenti nel roster finirono alle altre squadre della lega tramite un draft di dispersione.

La squadra si sciolse ufficialmente il 3 gennaio 2007 ponendo tristemente fine al decennio del massimo basket femminile a Charlotte e lasciando la lega a 13 squadre e in città un titolo di campionesse di Conference (2001) con partecipazione alle finali.

Il bilancio delle Sting alla fine della loro storia.
Sono state calcolate nel totale anche le partite di playoff, accorpate a quelle di regular season per calcolarne il totale.
Ho preferito dividere le identità anche se le Orlando Miracle si trasferirono a Uncasville divenendo le Connecticut Sun e le Utah Starzz migrarono a San Antonio per mutare in Silver Star (poi abbreviato a Star solamente). probabilmente calcola le OrlandoUtah Starzz come

 

Approfondimento da Charlotte Magazine

 

Dalla pagina di Charlotte Magazine online, sulla stagione 2001, quella dell’approdo in finale, ecco alcuni stralci tradotti e alcuni inserimenti personali, sistemazioni:

 

Il 2001 fu la migliore stagione delle Sting, ma iniziò come un disastro sotto la nuova allenatrice Anne Donovan.

Le Sting persero dieci delle loro prime undici partite nel 2001 prima di riprendersi e finire 18-14 e aggiudicarsi il quarto e ultimo posto nei playoff della Eastern Conference.

Charlotte sconvolse le Cleveland Rockers, testa di serie numero 1, e poi le New York Liberty, per avanzare alla serie di campionato WNBA per la prima (e unica) volta.

Le Sting persero contro le Los Angeles Sparks in una serie di due partite.

Lotta fuori dal campo L’esistenza dello Sting fu minacciata da due parti nel 2002.

A maggio di quell’anno, il proprietario degli Charlotte Hornets, George Shinn e Ray Wooldridge, disprezzati a livello locale, annunciarono che avrebbero trasferito la loro franchigia a New Orleans per la stagione 2002-03.

Non erano interessati a portare con sé le Sting.

Qualche mese dopo, la WNBA ristrutturò il suo modello di business e stipulò un contratto per la prima volta, passando da 16 a 14 franchigie attive.

Le Sting sembravano le candidate ideali per l’eliminazione poiché non avevano più un proprietario o un’infrastruttura NBA locale su cui fare affidamento per le operazioni di front office ma le Sting riuscirono a sfuggire alla mannaia del boia.

La squadra trovò presto uno pseudo-salvatore nel fondatore della Black Entertainment Television Robert L. Johnson, che acquistò una franchigia di espansione NBA per Charlotte per sostituire gli Hornets (i Charlotte Bobcats).

Poco dopo, Johnson decise di acquistare anche le Sting.

Sfortunatamente, l’arrivo di Johnson sulla scena nel 2004 coincise con un forte declino delle fortune delle Sting in campo e al botteghino.

Nel 2005, le Sting terminarono con il peggior record della WNBA: 6-28.

Verso la fine della stagione, il club licenziò la capo allenatrice Trudi Lacey e la sostituì con l’ex beniamino dei tifosi degli Charlotte Hornets, Muggsy Bogues che non riuscì a migliorare abbastanza le sorti del team.

Prima della triste fine però, facciamo un passo indietro, solamente 5 anni prima le Sting si trovavano in semifinale WNBA con uno 0-1 in una serie al meglio delle due vittorie e due partite da giocare in trasferta.

Tra gara 1 e 2 a new York le Sting scelgono un posto silenzioso, niente clacson di taxi, niente sirene, niente ticchettio di tacchi sul marciapiede.

Le Charlotte Sting rischiavano l’eliminazione dai playoff ma lo spogliatoio era pervaso da coesione, calma, sicurezza e una convinzione collettiva che ogni pezzo di cui avevano bisogno fosse tra quelle quattro mura.

Nel profondo del Madison Square Garden, la squadra si è riunita per quello che minacciava di essere l’ultimo discorso prepartita della stagione.

Dopo che New York si era aggiudicata la prima partita delle finali di conference a Charlotte, le Sting hanno dovuto battere le Liberty nella Grande Mela e presentarsi per cercare di replicare, sempre a New York, l’impresa per vincere la serie al meglio delle tre.

L’allenatrice Anne Donovan ha esaminato il piano di gioco e gli accoppiamenti ma è stata Charlotte Smith a chiudere la riunione.

“C’era un tavolo di allenamento al centro dello spogliatoio degli ospiti dove ti sedevi per ricevere le cure” ricorda Smith 19 anni dopo.

“Ho fatto girare la squadra attorno al tavolo come se stessimo marciando attorno alle mura di Gerico. Ho detto loro che le mura sarebbero crollate e che avremmo vinto la serie”.

La Donovan, che le giocatrici avevano scherzosamente soprannominato “Big Sexy”, è mancata purtroppo nel 2018.

Due mesi prima nessuno avrebbe speso un soldo bucato per puntare sulla vittoria della Eastern Conference per una squadra che oscillava tra l’altamente improbabile ed il matematicamente impossibile.

Nonostante un roster sostenuto da grandi nomi come Charlotte Smith, Andrea Stinson, Dawn Staley e Allison Feaster, la squadra WNBA di Charlotte aveva seguito il suo record di 8-24 nel 2000 con un inizio di 1-10 nel 2001.

La base di fan iniziò a perdere la pazienza ma la squadra riuscì a reagire vincendo la 12a partita della stagione regolare, due sere dopo vinsero la 13a e la sera successiva giunse anche la 14a W.

“Una volta che inizi a vincere”, dice ora Staley, “le cose iniziano a collegarsi”.

Il 2001 a Charlotte fu un anno amaro, nessuna delle principali franchigie della città stava nuotando nella gloria, dentro o fuori dal campo.

Gli Hornets della NBA non andavano per nulla male a livello di risultati ma l’anno precedente era morto Bobby Phills in circostanze mai del tutto chiarite sino in fondo e i Calabroni, un tempo beniamini della città, erano caduti in disgrazia dopo che le rivelazioni sulle infedeltà del proprietario della squadra George Shinn erano emerse durante una causa in un processo molto pubblicizzato per un’accusa di violenza sessuale.

Umiliato, Shinn, vedendo il crollo di affluenza allo Charlotte Coliseum dovuto ai fatti personali, avrebbe trasferito la squadra a New Orleans nel 2002.

I Panthers della NFL, che avevano raggiunto la loro finale di campionato di conference dopo la stagione 1996, al loro secondo anno di esistenza, erano a pochi mesi dall’inizio di una stagione che sarebbe finita con un drammatico 1-15, fino ad oggi il peggior record della franchigia.

Peggio ancora, una giuria nel gennaio 2001 aveva condannato un’ex scelta del primo round dei Panthers, il ricevitore Rae Carruth, per una cospirazione per uccidere la sua allora fidanzata, che era incinta di suo figlio.

L’anno prima, il 6 luglio, un altro ex giocatore, Fred Lane, era stato ucciso a colpi di arma da fuoco dalla moglie Deidra nella loro casa a Charlotte.

Deidra Lane, gli sparò e lo uccise mentre entrava in casa.

Le sue chiavi erano ancora nella serratura ed era stato colpito due volte con un fucile da caccia calibro 12, una volta al petto e una seconda volta alla nuca, apparentemente a bruciapelo.

Deidra Lane si dichiarò colpevole di omicidio colposo volontario nel 2003.

I pubblici ministeri alla sua condanna descrissero Deidra Lane come una donna violenta che aveva ucciso il marito per un’assicurazione sulla vita.

Gli avvocati della difesa la definirono una moglie maltrattata che aveva ucciso per legittima difesa. Un giudice la condannò a sette anni e 11 mesi, stabilendo che le sue azioni erano premeditate e deliberate, che aveva agito con malizia e gli aveva sparato una seconda volta dopo che era già stato reso inerme.

La Lane venne poi rilasciata il 3 marzo 2009 dopo un’altra accusa scontando circa sei anni di carcere.

In generale poi, sebbene nessuno potesse saperlo nello spogliatoio dei visitatori al MSG nel pomeriggio di domenica 26 agosto 2001, un altro orrore più profondo avrebbe colpito New York City appena 16 giorni dopo con l’attentato alle Tori Gemelle.

Da questo crepuscolo le Sting con le loro giocatrici più importanti, Smith, Staley, Stinson e Feaster, tutte tranne Staley provenienti dalla regione di Charlotte, si tirarono fuori.

Il quartetto di donne che ha guidato la squadra alle finali del 2001 ha dovuto affermarsi in ambienti maschili.

Tre sono ora allenatrici di basket, due a livello universitario e una di queste due allenava la squadra femminile che rappresentava gli Stati Uniti alle Olimpiadi estive riprogrammate del 2020 a Tokyo.

La quarta (siamo nel 2019) lavorava nell’ufficio principale, non di una squadra WNBA ma dei Boston Celtics della NBA.

Prima di guidare Harvard verso una delle più grandi vittorie a sorpresa nella storia del basket universitario femminile, prima della WNBA, prima che i Celtics la assumessero come vicepresidente dello sviluppo dei giocatori e della crescita organizzativa, Allison Feaster aveva solo bisogno di un posto dove tirare a canestro.

“Abbiamo inchiodato un pezzo di legno e preso un pezzo di filo metallico e fatto un cerchio”, mi racconta Feaster a luglio.

È al telefono da Orlando, Florida, dove i Celtics si stanno preparando per la ripresa della stagione NBA. “È così che abbiamo iniziato a giocare” in un posto oltre il confine meridionale della North Carolina, nella South Carolina.

Le sue future compagne di squadra hanno storie simili.

Charlotte Smith è cresciuta con un canestro improvvisato nel suo cortile a Shelby.

A Philadelphia, Staley tagliò il fondo di una cassa del latte, la fissò al compensato e la inchiodò a un palo elettrico fuori dai complessi residenziali di Raymond Rosen.

All’epoca la WNBA non esisteva e il basket femminile era considerato uno sport di secondo livello, se non di meno, negli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80.

Staley ricorda il campionato NCAA e le Olimpiadi come le uniche partite femminili trasmesse in TV all’epoca.

Alcune ragazze avevano l’abilità e la passione per giocare ma dovevano farsi largo a gomitate con i ragazzi nei parchi e nei campi da gioco.

“Avevo solo il campo all’aperto al centro ricreativo ed è lì che sono cresciuta giocando con tutti gli uomini”, dice Stinson. “È così che ho imparato a giocare a basket, con i miei ragazzi del quartiere”. “Non c’erano sicuramente molte ragazze che giocavano”, dice Charlotte Smith, il cui zio, David Thompson, era un giocatore leggendario alla N.C. State, dove un suo cugino, Dereck Whittenburg, era una stella nella squadra campione nazionale del 1983 dei Wolfpack.

Un altro cugino, Alvin Gentry, un’ex stella della Appalachian State, ha allenato i i New Orleans Pelicans della NBA.

“Ero probabilmente una delle poche ragazze che giocava la maggior parte del tempo, a seconda del campo da gioco”.

Anche i giocatori maschi diventavano eroi per le bambine.

Stinson idolatrava le squadre della North Carolina dei primi anni ’80 con Michael Jordan, Sam Perkins e James Worthy.

Smith è cresciuta guardando i suoi zii e cugini in televisione a casa di sua nonna.

Feaster ha scelto il suo numero di uniforme ad Harvard e con la Sting, 21, perché era il numero di Dominique Wilkins con gli Atlanta Hawks, una squadra che guardava in TV con suo fratello.

Giocare con e contro i ragazzi ha aiutato le quattro donne a sviluppare le abilità che hanno usato per eccellere una volta che hanno iniziato a giocare con e contro altre donne.

Smith, che indossava il numero 23 di Jordan alla UNC Chapel Hill, è famosa soprattutto per un tiro da tre punti che ha battuto la Louisiana Tech per il campionato nazionale del 1994 (“Un tiro che cattura solo la storia”, recitava il titolo del New York Times la mattina dopo).

Staley ha giocato in tre Final Four in Virginia.

Nel 1998, contro la prima testa di serie Stanford, Feaster ha guidato Harvard alla prima vittoria in assoluto per una squadra con la sedicesima testa di serie in un torneo NCAA.

Ma all’inizio e a metà degli anni ’90, negli Stati Uniti non esisteva una lega professionistica di basket femminile.

Se le donne volevano giocare a basket come professioniste dovevano andare all’estero.

Una lega femminile di breve durata, l’American Basketball League, iniziò a muovere i suoi primi passi nel 1996.

L’anno successivo, dopo l’approvazione del Consiglio dei governatori della NBA, la WNBA iniziò a giocare con otto squadre.

Ognuna fu abbinata a una franchigia NBA per sfruttare il marketing e il supporto organizzativo della lega consolidata.

Dopo un breve tira e molla tra le due leghe, l’ABL si sciolse alla fine del 1998 e le sue giocatrici più talentuose firmarono con la WNBA.

“Ciò accadde in un momento in cui a mio padre fu diagnosticato un cancro”, dice Smith. “Quindi mi diede l’opportunità di trascorrere molto tempo con mio padre prima che morisse e gli diede l’opportunità di venire a vedere molte delle mie partite”.

Ulysses Smith morì nel 2006.

Feaster, la più giovane del quartetto, iniziò la sua carriera nella WNBA con le Los Angeles Sparks e fu ceduta alle Sting prima della stagione 2001.

Anche lei sentiva l’attrazione della famiglia: i suoi nonni anziani vivevano ancora nella zona di Charlotte.

Tutte e quattro le ragazze avevano qualche legame con le Caroline: Feaster era di Chester, Smith di Shelby, Stinson di Cornelius e i genitori di Staley erano della Carolina del Sud.

Sentivano un legame con la città e la base dei fan, e anche i fan sentivano un legame con loro.

Erano ragazze della loro città natale e, dice Stinson, “c’era un grande senso di orgoglio”.

Riguardo la seria e imponente allenatrice Donovan che arrossiva ogni volta che le sue giocatrici la chiamavano scherzosamente “Big Sexy”, la squadra del 2001 iniziò a sbocciare dietro le porte chiuse degli allenamenti.

Donovan, come già scritto in precedenza, è morta nel 2018 ma in vita si è guadagnata rapidamente il rispetto della squadra grazie alla sua disponibilità ad ascoltare le giocatrici.

Gli allenamenti erano vivaci anche se il record delle Sting a inizio 2001 stava a 1-10.

“I nostri allenamenti erano pieni di competizione e un po’ di battute”, dice Staley.

“A parte questo, eravamo persone piuttosto tranquille ma in campo si potevano vedere i vari posti in cui eravamo cresciute. So che è venuta fuori la mia essenza di Philly. Si potevano sentire gli accenti dei giocatori del sud, come Charlotte e Allison. In South Carolina chiamano Allison “Charley”. E poi Stint (Stinson).”

All’inizio della serie di sconfitte, Charlotte Smith ha iniziato una tradizione: nello spogliatoio, annunciava quale sarebbe stato il record delle Sting se avessero vinto tutte le partite rimanenti.

Il 24 giugno, dopo che le Sting ebbero un altro stop, contro le Sacramento Monarchs (82-85), la quinta sconfitta consecutiva con un margine di una sola cifra, Smith affermò che le Sting (1-10) avrebbero potuto ancora finire 22-10.

All’epoca, sembrava ridicolo ma poi le Sting iniziarono a vincere.

Il 27 giugno, la squadra annientò le Detroit Shock in casa, 74-50.

Seguirono altre cinque vittorie poi un periodo di 4-4 a luglio.

Le Sting terminarono la stagione con una serie di sette vittorie consecutive.

Il record complessivo di 18-14 fu abbastanza buono per guadagnare il quarto e ultimo posto nei playoff della Eastern Conference, e Charlotte sconvolse la WNBA facendo fuori la testa di serie Cleveland al primo turno.

New York vinse la prima partita delle finali della Eastern Conference a Charlotte.

Poi Smith guidò la squadra nella sua marcia intorno al tavolo di allenamento nello spogliatoio degli ospiti al Madison Square Garden.

La squadra festeggiò negli spogliatoi compresa la seria allenatrice, all’aeroporto di Charlotte Douglas i fan accolsero la squadra con affetto, una squadra che le giocatrici dicono essere stata una famiglia.

“Sì, ti manca giocare ma a me manca la sorellanza che avevamo” disse la Smith…