Game 55: Charlotte Hornets @ Portland Trail Blazers 88-141

L’ex Jusuf Nurkic ha chiuso la sua serata con 11 punti, inclusa la prima tripla a bersaglio con l’uniforme degli Charlotte Hornets.

Dopo una vittoria a sorpresa a Los Angeles e una sconfitta dignitosa a Denver senza Ball e Mark Williams, i suddetti due (tra i quattro elementi fondamentali per la squadra) rientravano nella disponibilità di coach Lee.

Ci si aspettava una partita decisamente più equilibrata, invece, i Trail Blazers infliggono la peggior sconfitta (in termine di margine punti) della loro storia (pareggiando il -53 dello scorso anno contro Philadelphia in casa) agli Hornets che cadono 88-141 sul parquet minato di Portland.

Le ragioni sono semplici; Portland comincia molto aggressivamente e usa la fisicità per rendere difficili le cose in attacco a Charlotte che sbaglia anche qualche tiro con un po’ di spazio mentre sull’altro fronte a Portland riesce quasi tutto (in difficoltà un pochino solo sulla cosa più semplice apparentemente, i liberi che comunque guadagna copiosamente rispetto a Charlotte che ne batte uno con Moore inizialmente e lo manca anche) compreso il bombardamento da tre che ben presto produce uno scarto, una ferita non più rimarginabile da Charlotte.

Charlotte gioca con troppa sufficienza e una difesa no pari per intensità a quella mostrata dagli avversari che volevano riscattare qualche sconfitta recente e provare a volare ai PO.

Ball (voto 4) è ingabbiato e finirà con una pessima serata da 5 punti (1/10 al tiro) non riuscendo a realizzare nemmeno una tripla (4 le tentate) mentre l’unico Calabrone che ha provato inizialmente a reggere il confronto è stato Miles Bridges che con 8 punti consecutivi riavvicinava Charlotte sul 12-16 a inizio primo quarto ma poi Portland prendeva il sopravvento chiudendo 21-38 il primo quarto e 40-73 all’intervallo.

Partita già chiusa all”intervallo e peggiorata di altri 20 punti di scarto per la squadra di Billups alla fine.

Venti di guerra contro Charlotte visto che i Tracciatori di Sentieri hanno chiuso con 20 triple a bersaglio e 4 giocatori sono andati a segno per almeno 20 punti; Anfernee Simons 25, Toumani Camara, Shaedon Sharpe e Jabari Walker a 20 con il secondo e l’ultimo citati in doppia doppia con 10 e 14 rimbalzi rispettivamente.

Per gli Hornets si salvano in pochi: Bridges (6,5) a parte, Diabaté (6,5) ha fatto una discreta partita con un minutaggio limitato, Nurkic (6) prende una sufficienza stirata mentre Mark Williams (5) sembra continuare a non essere più lui, scarso atletismo e palloni che potrebbe catturare in aria che gli sfuggono dalle mani o non fa suoi mentre la perdita di Miller si fa sentire visto che nel ruolo gioca il giovane NSJ (Nick Smith Jr.) (5) che a parte qualche buona giocata ogni tanto chiude spesso le partite con basse medie al tiro (33,3% nella notte con lo 0% da tre, 0/5)…

Incommentabile Charles Lee (4) che al posto di Baugh che avrebbe potuto provvedere meglio a dare una spinta all’attacco degli Hornets (tanto se i close-out non funzionano) rispetto ad un Elfrid Payton (4) che ha accumulato un -36 al secondo giro di contratto da 10 giorni con gli Hornets anche se è tornato a segnare un canestro.

Serata no per Seth Curry (5), Green (4,5) e Salaün (5) (per il francese lo spazio concesso è anche troppo) mentre Wendell Moore Jr. porta qualche punto in casa Hornets finendo con 8 (4/10) ma per me è da 5,5.

Per Charlotte che non ha più nulla da chiedere a questa stagione se non qualche soddisfazione come quella di vincere sul campo di Portland ad esempio dove non si vince quasi mai, urge ricompattare il gruppo per non sbragare anche a Sacramento nella prossima sfida.

Giornata personalmente nefasta e per Charlotte è stata simbiotica.

Per quanto riguarda i motivi numerici della sconfitta basta osservare la grafica:

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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.