Il Punto @ 11

Il Punto Hornets

Facciamo una breve analisi, approfittando dei pochi giorni di stacco tra un game e l’altro dei nostri Hornets per mettere insieme le idee.

Dopo 11 partite la nuova stagione degli Charlotte Hornets è già ricca di alti e bassi.

Nessuno aveva fatto mirabolanti previsioni o promesse metafisiche su ciò che sarebbe stata la stagione 2024/25 dei Calabroni dopo il mercato estivo che non ha visto sconvolgimenti particolari.

Nelle idee del nuovo GM Peterson, la sorpresa un po’ bizzarra è stata quella di imbucarsi ai party privati delle altre franchigie e provare, tra un drink e l’altro, a vendere qualcosa o piazzare qualche servizio avendo in cambio qualche giocatore o scelta di baratto.

E’ così che da Dallas, ad esempio, è arrivato (in uno scambio che ha coinvolto sei franchigie alla fine) lo swingman Josh Green (più scelte del secondo round del 2029 e del 2030 tramite Denver) oltre a Reggie Jackson, il quale, ogni volta che sta per acquistare un biglietto per la Queen City viene preavvisato di lasciar perdere…

Per il resto l’idea di Peterson è stata quella di affidare le chiavi in mano a Ball che sarà coadiuvato dal sophemore emergente Brandon Miller.

Il contorno è composto da qualche rifirma di veterani di casa (vedi Seth Curry che pur di rimanere si è fatto tagliare per poi firmare un contratto al ribasso) o dei mantenimenti come l’altro charlottean Grant Williams per alzare il livello di esperienza nel roster.

Oltre alla comoda rifirma di Miles Bridges (che personalmente non avrei tenuto) completano il quadro le scommesse di salute fatte su determinati giocatori come Mark Williams, per il momento una scommessa persa giacché, nonostante le sue promesse di star meglio si è rifermato prima di inizio stagione non scendendo sul parquet nemmeno una volta.

Dopo la schiena, questa volta pare sia il piede ma forse nemmeno la C.I.A. sa che cos’abbia il centro di Charlotte.

La difesa degli Charlotte Hornets questa stagione è stata altalenante durante le 11 partite disputate finora, questo potrebbe dipendere dalla giovane età del team e da altri fattori, alcuni ancora da individuare.

Chiaro la squadra faccia fatica senza tre dei propri migliori lunghi e debba maggiormente enfatizzare un tipo di gioco per il quale è predisposta ma in maniera eccessiva.

I riferimenti però sono estremi…se contro i Pacers gli Hornets hanno giocato una delle loro migliori partite difensive di questa stagione tenendo i Pacers a soli 83 punti contro probabilmente uno dei migliori attacchi della NBA, contro Philadelphia, priva delle sue star Maxey ed Embiid, gli Hornets non sono stati decisamente bravi (far scadere il cronometro nel supplementare è stata una delle cose peggiori viste a oggi) e peggio ancora hanno fatto ad Orlando tracollando in una partita di coppa dove l’elemento differenza canestri potrebbe fare la differenza.

Tornando ai Pacers, con Charlotte in svantaggio per 51-64 a 6 minuti dalla fine del terzo quarto, la squadra ha rimontato concedendo solo 19 punti ai Pacers nei 18 minuti di gioco finali.

Menzione speciale va al bidirezionale Moussa Diabaté.

Diabaté ha registrato 15 rimbalzi nella partita e ha aggiunto tre blocchi alla sua linea di statistiche. 11 dei suoi 15 rimbalzi sono arrivati in in difesa, impedendo ai Pacers di ottenere punti di seconda opportunità.

L’allenatore Charles Lee era davvero orgoglioso dello sforzo degli Hornets e si è concentrato sulla difesa nella vittoria degli Hornets di venerdì.

“La prima cosa di cui sono stato contento è stato il fatto che abbiamo continuato a giocare in difesa anche se il nostro attacco non era buono come probabilmente avrebbe potuto o dovuto essere. Ho pensato che abbiamo avuto qualche aspetto decente in attacco. Penso che in passato la squadra abbia fatto ricorso al fatto che l’attacco influenzasse il nostro spirito emotivo, e ho pensato che abbiamo semplicemente continuato a giocare e abbiamo continuato a fidarci l’uno dell’altro e a continuare a ottenere stop avversari. A metà partita, credo che avessero 42, 44 punti, ed eravamo ancora lì in gioco. Escono, vanno in inerzia. Gli sport sono giochi di inerzia e slancio, ho pensato che abbiamo catturato un momento in cui abbiamo cambiato le nostre coperture e i ragazzi lo hanno eseguito alla perfezione. Ho pensato che il livello di impegno, il livello di comunicazione fossero appena aumentati, e anche la fisicità. Ho pensato che la fisicità in difesa si fosse effettivamente trasferita anche al nostro attacco, e abbiamo iniziato a schermare meglio e a creare più vantaggi”. –

Tornando alla prima uscita della stagione regolare, la prima uscita a Houston è sembrata confortante con la squadra brava a vincere nel finale una partita in bilico.

Ad oggi resta l’unica vittoria in trasferta su cinque trasferte e da lì sono già cominciati infortuni brevi, lunghi o a tempo indeterminato (vedi Mark Williams che nemmeno è sceso sul parquet in Texas per un infortunio al piede occorsogli due settimane precedenti).

Miller per fortuna, dopo 4 partite è rientrato ma è ancora altalenante per quanto riguarda mandare i propri colpi a bersaglio.

Una mia visione di Brandon Miller commista a quella dello sport e ai valori morali universali che dovrebbe promuovere il basket, oggi un po’ messi in secondo piano se non abbandonati in certe realtà sportive. Brandon Miller materialmente dovrà cercare di andare a bersaglio per gli Hornets, per il resto lo sport dovrebbe aiutare ad essere fonte di unione e non essere utilizzato per distorcere distopicamente da parte di qualcuno per fare i propri interessi commerciali o politici (propaganda) o creare un Olimpo di ricchi nababbi snob completamente distaccati dalla realtà.

 

Ball e Miller dopo la W all’ultimo respiro su Detroit.

Nelle prossime 13 apparizioni programmate dei purple & teal (fino allo stacco tra l’8 dicembre ed il 20) saranno 8 le partite casalinghe contro 5 quelle in trasferta.

Questa sezione di partite offrirà uno spaccato sul futuro andamento della stagione, se confermerà che Charlotte al momento sembra più a proprio agio a giocare in casa dove il parziale momentaneo è di 3-3 ma con già alle spalle due game contro Boston un po’ fuori portata contro l’1-4 in trasferta.

Vediamo in termini numerici alcune tra le cose che funzionano e cosa non funziona a Charlotte oggi:

Sì:

Rimbalzi.

A rimbalzo gli Hornets ci stanno dando dentro nonostante non abbiano mai avuto il loro potenzialmente miglio entro titolare.

Prima che si fermasse Nick Richards aveva fatto un ottimo lavoro ma anche altri giocatori come Salaün o Gibson che hanno un minutaggio limitato stanno facendo il loro.

Era uno degli aspetti che mi preoccupava di più questa estate, invece, è uno dei principali punti di forza che crea occasioni extra e punti da 2nd chance.

Anche senza i due migliori centri e la spalla in ala grande (Bridges) siamo in buone mani visto che Diabaté (ora il vero titolare è lui anche se parte Gibson in quintetto) qualcuno l’ha ribattezzato già “rebounding machine” oltre al suo altro nick meno guerriero ma più divertente di “Baguette Barkley”.

Un’altra valida spiegazione del motivo dei tanti rimbalzi ottenuti da Charlotte è quella fornita prima della partita degli Hornets contro i Pacers, dall’allenatore di Indiana Rick Carlisle che spiegato il successo di Charlotte a rimbalzo offensivo attribuendo il merito alla correlazione tra rimbalzi lunghi e irregolari e il volume di tentativi da tre punti tentati da Charlotte.

No:

Turnover. 16,7 a partita sono davvero troppi e spesso su errori banali. Perdite di palloni passati troppo mollemente, in orizzontale, rimesse o per 24 scaduti non vanno affatto bene per cui, ribadisco, c’è da migliorare l’intelaiatura del gioco anche perché i punti da fastbreak concessi in genere sono sempre ampiamente a favore delle altre squadre.

Siamo alla posizione n° 25 per percentuale da due punti, complici le assenze sotto le plance e la filosofia a lunga gittata di Lee, la posizione sul tiro da tre è migliore ma non basta, bisogna variare il gioco e colpire anche da due punti in maniera più efficace e a darmi ragione c’è la classifica assist nella quale Charlotte è 26 ͣ nonostante qualche buon movimento palla a smarcare il tiratore si veda a volte.

I tiri che subiamo da due punti: Charlotte è 22 ͣ a .56,1%, qui a volte sono stati davvero bravi gli scorer avversari ma altre volte abbiamo mostrato molta minor attenzione di quella che abbiamo sul perimetro dove in percentuale, nonostante tutto, subiamo meno.

Nel dettaglio, proviamo a dare approssimativamente dei voti per il rendimento dei singoli giocatori a questo punto della stagione.

1) LaMelo Ball: 7

29,9 punti, 6,3 assist e 1,4 rubate di media.

La scorsa stagione, Ball ha giocato solo 22 partite e non ha giocato dopo gennaio.

Quest’anno, l’allenatore degli Hornets Charles Lee ha fatto interpretare a Ball il ruolo di Jayson Tatum.

A volte è stato scandalosamente inefficiente ma non tutti i giocatori possono gestire il tipo di volume che LaMelo ha dimostrato di poter gestire all’inizio di questa stagione.

Fondamentalmente pare un uomo solo al comando, gioca 33,5 minuti a game prendendosi 23,4 conclusioni di media a partita…

Tutto viaggia su un doppio binario, dalla fiducia che in lui ha riposto il coach (con il quale fanno sessioni extra game per visionare i video, vedere dove si può migliorare con Lee a mostrargli alcune possibili soluzioni migliorative per i compagni) alle esigenze di trovare altri scorer efficienti visti gli infortunati nel reparto lunghi che privano la squadra di alternative.

L’accentramento del gioco nelle sue mani però, oltre ad averlo portato a ritoccare qualche record (vedi i 16 punti realizzati di recente in un primo quarto a Orlando) a lungo andare potrebbe affaticarlo oltremodo e renderlo più esposto ad eventuali infortuni.

Al momento il 70% del successo della squadra passa attraverso una collaborazione intelligente tra lui e il coach, riuscire a trovare gli automatismi schematici giusti per innescare i tiratori e togliere un po’ di pressione a lui significherebbe migliorare l’efficienza di tutto il team perché al momento commette troppi TO e, altro aspetto da migliorare, deve limitare i falli commessi.

2) Moussa Diabaté: 7

Inaspettatamente da un contratto two-way si sono dischiuse le porte per un minutaggio da titolare.

Quando gli Charlotte Hornets hanno firmato un contratto bilaterale con Diabaté alla fine di luglio, il mondo della NBA non ha battuto ciglio.

Un post dell’ex insider di ESPN Adrian Wojnarowski è stata farcitura persa le chiacchiere generali di un lunedì pomeriggio e poi i giorni sono trascorsi senza clamore o dando importanza a ciò, in fondo era solo un two-way…

In assenza di tre giocatori chiave nel front court, Lee è stato costretto ad appoggiarsi al veterano Taj Gibson, alla matricola alle prime armi Tidjane Salaün e, appunto, a Diabaté, che ha mostrato dei limiti in attacco ma non sta facendo rimpiangere nessuno a livello difensivo nonostante non abbia i kg per essere un centro dominante.

Ha battuto il suo record a rimbalzo contro Indy catturandone 15 e in stoppata può dire la sua.

Finché potrà giocare gli Hornets riusciranno a farsi rispettare maggiormente nel pitturato anche se da solo non basta.

3) Nick Richards: 6,75

Il centro di ricambio Nick Richards, esattamente come Diabaté, non è un centro dominante anche se ha più fisico sembra però più sicuro in attacco e pronto, l’esperienza maturata lo ha probabilmente migliorato anche quando personalmente avevo diversi dubbi su alcuni suoi momenti, indotti probabilmente da ciò che lo circondava.

Non sempre tenta la stoppata, su palloni che gli sorvolano la testa per alley-oop o su alcuni tiri ravvicinati non usa a volte la verticalità ma preferisce aspettare passivamente l’esito della conclusione e predisporsi vicino al cerchio per catturare eventualmente il rimbalzo.

Rimbalzi che con un minutaggio da 27,4 sono caduti copiosamente tra le sue braccia.

Stiamo parlando di 10 a partita, ai quali aggiunge 2,4 stoppate (miglior stoppatore degli Hornets con distacco) e 11 punti a partita (5°), il problema è che anche lui è finito fuori dai giochi.

Una risonanza magnetica ha evidenziato che il nostro centro di riserva ha subito una frattura della cartilagine della prima costola destra sotto la clavicola e questo lo porterà forse a uno stop lungo a tempo indeterminato che al momento a spanne CBS portava fin sotto Natale.

Un peccato ma questo a sua volta ha schiuso le porte a Diabaté, ovviamente la qualità si assottiglia perché come centro parte Gibson che ormai dovrebbe essere più una PF visti anche i kg persi, non è più massiccio come un tempo e oltretutto proprio età e prestazioni fanno sì che il suo minutaggio sia limitato.

4) Brandon Miller: 6,75

15,7 punti (2° miglior marcatore del team), 94,1% ai liberi (sempre 2 ͣ piazza) 3,9 assist (ancora seconda posizione), 1,1 rubate (3° miglior stealer del roster), deve drasticamente migliorare nell’efficienza al tiro poiché il 12° posto con 37,4% è una statistica chiave per il sophemore e per tutti gli Hornets essendo colui che prova (dietro Ball ovviamente) la maggior parte di tiri a partita con 14,1%.

La sua seconda stagione è iniziata in modo difficile quando ha subito uno stiramento al gluteo sinistro nella partita di apertura della stagione di Charlotte il 23 ottobre.

Miller ha dovuto saltare le quattro partite successive.

I 19 punti contro Detroit sono stati battuti dai 29 contro Indiana, poi ha ottenuto 22 punti contro Philadelphia terminando solo a 8 in una brutta serata ad Orlando.

Dopo aver segnato una media di 17,3 punti a partita da esordiente come già scritto, si sta attestando sui 15,7 punti di media, deve continuare ad aver fiducia e selezionare meglio i tiri.

Il ragazzo però ha personalità e dopo aver perso palla su un raddoppio contro Detroit che era costato sorpasso e probabile sconfitta essendo a circa sei secondi dall’ultima sirena, pur non essendo un rimbalzista consistente, si è gettato con scaltrezza e tempismo sull’ultimo rimbalzo e in discesa ha trovato coordinazione e forza per spedire dentro il pallone della vittoria ottenendo il primo game winner della sua carriera.

Riguardo a questo canestro Miller si è ricordato di un’esperienza nel football e ha detto: “A quei tempi giocavo come piccolo wide receiver”, riguardo all’evitare di essere tagliato fuori.

“Conosco un paio di movenze solo per togliermi di dosso qualcuno ma penso che sia proprio quello che l’allenatore (Charles) Lee predica ogni giorno: essere semplicemente un rimbalzista offensivo implacabile. C’era più di una persona laggiù, non solo io. La palla è capitata proprio a me”.

Il tiro vincente ha trasformato Miller da capro espiatorio a eroe.

Con nove secondi da giocare e gli Hornets in vantaggio di un punto, Malik Beasley ha rubato la palla a Miller, portando Ron Holland a un layup che ha spedito i Pistons in vantaggio per 107-106 con sei secondi rimanenti.

Dopo un timeout, Charlotte ha finito per tentare un tiro da tre punti di Grant Williams, ma Miller è riuscito a mettere la palla nel canestro allo scadere del tempo.

“Mi tolgo il cappello di fronte ai veterani e allo staff tecnico per aver mantenuto alta la mia fiducia, senza preoccuparmi dell’ultima giocata”, ha detto Miller.

“Avere la memoria a breve termine per non ricordare l’ultima giocata e andare avanti finché il cronometro non è giunto a zero. Penso che sia quello che l’allenatore Lee ci ha predicato in quel timeout”.

Miller ha segnato 5 tiri su 15 prima del canestro finale.

Ha concluso con 19 punti, sei rimbalzi e quattro assist contro i Pistons.

“È stato un momento fantastico vedere tutto riunirsi in termini di come ha ribaltato la situazione in un momento cruciale”, ha detto Lee, “e trovare la compostezza, l’aplomb, la sicurezza e la resilienza per reagire e continuare a combattere non mi sorprende perché è questo che è Brandon Miller.

Il suo carattere e ciò che è riguardano la vittoria e la costruzione di abitudini vincenti.

E quindi con quel tipo di ragazzo e quel tipo di mentalità e atteggiamento mentale, aiuterà davvero questa organizzazione a continuare a costruire un successo sostenibile”.
Augurandosi ve ne siano altri in futuro, Lee deve trovargli altre (difficili al momento) soluzioni equilibrate (altre minacce intorno all’arco) per poterlo far rendere al meglio creandogli spazio per l’entrata o al tiro sul perimetro perché è uno di quei giocatori che spara a volte in catch n’shoot anche se lo spazio non è adeguato ma nella NBA può starci, si tratta di personalità, a volte esigenza però, riuscire a piazzare – in generale – un tiratore nella miglior maniera possibile, può fare la differenza, se giovane ancor di più.

5) Tre Mann: 6,75

Il “nuovo piccolo Iverson” si è già un pochino sgonfiato ma l’inizio non è stato malvagio.

Chi gli aveva affibbiato questo pretenzioso nomignolo ha indubbiamente esagerato ma sicuramente – come me – ha intravisto in Mann qualche movenza davvero speciale, canestri realizzati laddove non sembrava essercene la possibilità, per spazio e materia circostante.

Terzo scorer del team con 14,8, partendo dalla panchina, non è assolutamente malvagio, l’efficienza al 44,4% e il 7° posto sono già da umani, oltretutto i 190 cm in NBA non sono da titani però, il buon Tre si fa rispettare.

Impiegato come combo guard, i maggiori problemi per gli Hornets con Mann sul parquet sono difensivi.

Troppo spesso finisce in ripiegamento sotto canestro in alcune situazioni e la difesa è poca.

Ha un -46 nel +/- questo però dovuto al fatto di giocare spesso spezzoni ibridati con il resto della bench sul parquet o in situazioni da small ball, dato da prendere comunque con le pinze, 3,3 assist a partita contro 1,9 TO mostrano come Mann in realtà servirebbe più a dare soluzioni diverse alla squadra con le sue penetrazioni in area riuscendo a scombinare maggiormente gli avversari attraverso l’imprevedibilità, invece, è finito per stare davanti a Micic chiudendo lo spazio al serbo che però, dal mio punto di vista, ha altre caratteristiche complementari.

Anche lui momentaneamente out (infortunio recente, non ha giocato solamente a Orlando), si spera possa rientrare perché i suoi punti (fossero uniti ad una maggior copertura) sono risultati fondamentali per vincere alcune partite, vedi i 27 contro Toronto o i 24 a Houston, però, dalla seconda partita contro Boston, Lee gli ha ridotto leggermente il minutaggio, prende meno tiri e i punti a partita si sono dimezzati spesso…

6) Grant Williams: 6,5

L’unico lungo del front court che non si è (ancora e speriamo continui così) infortunato sul quale Lee contava dall’inizio per un minutaggio consistente anche se dalla bench.

Gli infortuni l’hanno portato a giocare 28,1 minuti a partita, quarto minutaggio in squadra e il suo 36,4% da tre punti lo porta ad essere un discreto tiratore da tre punti, il miglior lungo a Charlotte per il momento escluso Taj Gibson che ha un 50,0% ma con un canestro su due tentativi.

Il charlottean ha un temperamento vivace, vedi l’espulsione rimediata per il deragliamento su Tatum al centro del parquet, non necessaria e anche se i suoi numeri non sono eccezionali poiché aiuta il team, nelle steal risulta essere primo con 1,4 (pari con melo ma giocando meno minuti), terzo nelle stoppate con 0,6, non proprio un fattore anche se a volte Lee si è concesso una small ball con Grant come centro e questo l’ha portato maggiormente ad aumentare la sua cifra ma da sottodimensionato in altezza sotto le plance e non rientra nel suo DNA avendo un massimo stagionale in carriera di 0,7.

Ha un offensive win share di 0,2 (quinto) e uno share difensivo di 0,4 (primo con Ball), possiede una buona velocità di piedi con la quale si può avvantaggiare contro giocatori più piccoli e grazie alla massa e ai suoi movimenti riesce a fare la stessa cosa sotto canestro contro giocatori meno pesanti, utilizzando bene il fisico a proprio vantaggio, infatti, da 0 a 3 piedi possiede il 75,0%.

In generale le sue cifre non fanno impazzire e si può sempre migliorare però, se non gli scoppia la testa, rimane un elemento piuttosto solido sul quale alternativamente poggiare.

7) Cody Martin: 6,25

+8 in plus/minus nelle cinque partite disputate, è mancato a inizio stagione ed è rientrato il 4 novembre e a parte le due uscite sgangherate degli Hornets a Minneapolis e a Orlando è sempre sembrato quello di qualche anno fa, più attivo e attento, fa il suo e può essere un fattore in più se tutta la squadra gira.

E’ quarto nel tiro da tre punti con il 40,5% e nelle steal con 0,9 a game sostiene un dato dove gli Hornets fanno fatica, perfetto sesto uomo visto che nella classifica del roster è sesto sia negli assist distribuiti che nei rimbalzi catturati.

Buona l’efficienza generale al tiro essendo in quinta posizione con un 49,4%.

Da lui mi aspetto ancora più difesa nelle prossime partite nelle quali avrà maggiormente ingranato in ritmo e fisicamente sarà salito e perché no, qualche punto di rottura come già fa ora, se poi aumenta il record in carriera ancora, tanto grasso che cola…

8) Miles Bridges: 6

Sufficienza risicata per Miles che si è infortunato recentemente.

Lo scorso anno Bridges era il giocatore indistruttibile degli Hornets per esigenza.

37,4 minuti passati sul parquet a cercare di essere un factòtum per sostituire i numerosi infortuni che hanno costellato la passata stagione.

Questa season, con Ball e Miller a prendere maggiormente in mano le redini della squadra Bridges sembra più essere a supporto come terzo violino, gioca 30,5 minuti (quasi 7 in meno) e alcune cifre si sono abbassate in maniera naturale passando da 21,0 a 14,6 punti mentre a rimbalzo dai 7,3 ai 6,8 non si nota molto la differenza.

Miles continua a partite come ala grande anche se nato come ala piccola fa più fatica a competere a livello fisico.

Il calo dei punti però è dovuto anche ad una minor precisione al tiro, 34,9 contro 26,7 da tre punti ad esempio e comparandolo alla scorsa stagione, continuando così, le sue “scelte” di tiro finali avranno una percentuale nettamente maggiore da tre rispetto al tiro da due punti pur rimanendo inferiori.

Miles ha provato 57 tiri da due contro 45 da tre questa stagione, lo scorso anno erano stati 760 i tentativi da due punti contro 450 conclusioni da oltre l’arco.

Innegabile che il coach cerchi di replicare il sistema Boston e le ripetizioni aiutino ma al momento le cifre di Miles non sono un successo e non aiutano la squadra al tiro.

In genere Bridges potrebbe tirare meglio da tre ma su piazzati con spazio o bisognerebbe trovargli un modo per far brillare il suo drive and kick a inizio partita per favorire i compagni e attrarre di più le difese avversarie su di esse per creargli spazi dovuti a disattenzioni e raddoppi che lo faciliterebbero maggiormente, forse un leggero calo nell’esplosività e nell’atletismo lo sta un po’ penalizzando ma è un giocatore che ha ancora risorse e potrebbe dare alla squadra se la testa (vedi anche le vicende extra cestistiche) gli dicesse bene.

Di certo la sua mancanza pare essersi sentita nelle ultime due sconfitte mentre con Indiana tutto era filato liscio.

Il suo massimo stagionale in una partita è stato quello di 27 punti, realizzati ben due volte, ad Atlanta e contro Detroit prima di infortunarsi (contusione ossea) mentre il minimo è stato un tabellino da 6 punti nella seconda sfida contro Boston.

9) Seth Curry: 6

Aveva un hotel 3 stelle, ora ne ha preso uno da 2, allegoria positiva per mostrare come la sua voglia di rimanere ancorato a giocare per il team che fu di suo padre Dell (per il quale tra l’altro il babbo fa anche il commentatore sportivo tecnico di supporto) e vicino a lui, ha prevalso sul potere dei soldi poiché, immagino un tiratore come lui, potesse prendere un paio di milioncini in più in qualche altra piazza.

Sicuramente un uomo spogliatoio, un ragazzo di casa nato a Charlotte.

Purtroppo però le due stelle in questo inizio stagione corrispondono anche alle cifre ridotte passando dalla tranche da 9,0 punti giocata a Charlotte nel finale della scorsa stagione ai 5,5 attuali ma giocando due minuti e mezzo in meno e passando da un FGA di 7,4 al 4,8 attuale.

12/28 da tre per un 42,9% che aiuterebbe molto Charlotte se al contempo non avesse un’età già un pochino avanzata (34 anni) e quindi riuscisse ad avere più tenuta fisica.

In difesa non è sempre veloce e pronto e fa un po’ fatica, si sapeva.

Massimo stagionale di 15 punti contro Miami, ultimamente il suo minutaggio è calato, forse a causa di qualche leggero problema fisico ed è andato in bianco tre volte (una senza nemmeno provare un tiro) ma se il piano di Lee è quello di giocare molto da fuori, deve trovare un quintetto equilibrato nel quale Curry possa far valere le sue doti senza che la squadra subisca troppo in difesa (ha un -18 complessivo in +/- nelle 10 partite disputate) per questo la sufficienza è risicata.

Taj Gibson: 6

Il super veterano è arrivato a Charlotte un po’ a sorpresa come uomo d’esperienza e spogliatoio.

Forse non immaginava di partire da starter visto il doppio infortunio dei centri davanti a lui anche se negli ultimi anni la sua perdita di peso lo vedrebbe più in un ruolo da ala grande ma sembra essere un Cody Zeller primo modello, magro.

La differenza con l’ex centro white la fa ovviamente l’atletismo che è ridotto ai minimi termini.

Parte da starter e poi lascia il posto a Diabaté o Grant Williams.

12,7 minuti di media, 3,8 punti, 4,2 rimbalzi, 0,5 stoppate.

11) Tidjane Salaün: 6

Il francese era andato bene in preseason dove a volte i ritmi sono più rilassati, se non da siesta messicana, le prestazioni possono essere influenzate anche dalla composizione dei quintetti non sempre al top.

Ovviamente in stagione regolare il rookie sta riscontrando qualche difficoltà in più ma Lee per esigenza lo ha spedito sul parquet, questo lo farà maturare prima e lui sta ripagando principalmente a rimbalzo dove ne cattura 4 a partita in 17,2 minuti di gioco.

Purtroppo nel voto paga le per le percentuali al tiro (25,0%) e anche in stoppata non è efficiente (0,0) ma sono le prime partite in NBA ed è apprezzabile l’energia che ci mette, immagino riuscirà a breve a districarsi meglio e ad essere più efficiente.

12) Josh Green: 5,5

Green è apparso in 57 partite di stagione regolare (33 da titolare) con i Dallas Mavericks nel 2023/24, con una media di 8,2 punti registrando i massimi della sua carriera in rimbalzi (3,2), assist (2,3), palle rubate (0,8) aiutando Dallas a raggiungere le finali NBA.

Nella sua carriera, Green ha totalizzato 6,4 punti (50,3 FG%, 37,5 3P%), 2,7 rimbalzi e 1,5 assist in 223 presenze (62 da titolare) in quattro stagioni.

Originario di Sydney, Australia, il 23enne Green ha vinto una medaglia di bronzo in rappresentanza dell’Australia alle Olimpiadi di Tokyo 2020.

La presentazione di Green in fascia Mavs appariva piuttosto lusinghiera ma purtroppo a Charlotte sembra si stia ritagliando un ruolo decisamente minore.

In Texas probabilmente, con Doncic accanto, funzionava tutto a meraviglia, a Charlotte è passato a giocare da ala piccola ma senza replicare la stagione Mavs: 4,6 punti, 1,1 assist, 1,6 rimbalzi non sono un granché da titolare.

Bene da 3 dove il 43,5% rappresenterebbe, finisse così la stagione, la sua percentuale massima in carriera.

E’ vero che l’aussie fa parte di quella schiera di giocatori da leggere tra le righe, di quei player che fanno notare meno la loro presenza ma sono importanti.

Ad esempio, per me che sono stato abituato a vedere scempi sulle rimesse laterali negli ultimi secondi, se non veri e propri abomini o suicidi, vedere la rimessa di Green con successivo scambio contro Detroit è stata poesia, potrebbe sicuramente fare meglio nei passaggi perché ha capacità ma a volte si perde in qualche TO (0,8, non eccessivo, fisiologico ma sono le modalità a pesare) mentre mi aspettavo di più da lui in difesa (il 117 di Defensive rating, penultima posizione nel roster non è lusinghiero) soprattutto dentro la zona due punti perché potrebbe influenzare maggiormente i match.

Sull’arco, sulla difesa perimetrale lo trovo adeguato e copre di più rispetto al passato nel quale gli Hornets facevano una fatica tremenda a non incassare dalla distanza mentre il livello di energia che porta da Dallas come dote, dal mio punto di vista, sta oscillando come qualche copertura interna.

Rimedia pochi FT (3/5 per un 60,0%) e il 28,6% da due punti è dato da migliorare assolutamente.

13) Nick Smith Jr.: 5

Rompo un tabù dicendo apertamente che è un giocatore che personalmente avrei già ceduto principalmente per la sua inefficienza offensiva.

Sicuramente a suo favore c’è da considerare l’età (20 anni) mentre la scorsa stagione da rookie l’ha visto entrare sul parquet ben 51 volte per una media di 5,9 punti con un 39,1% al tiro.

Forse Lee è stato convinto dai suoi 21 punti nella Summer League nella vittoria 80-66 su Denver o dal suo precedente 43,2% da tre, dato sceso oggi (anche se molto marginale essendo agli inizi) al 20,0% da fuori.

Smith non è riuscito a far valere il fatto di essere considerato un buon scorer, la sua velocità sul primo passo e il suo tiro sono ancora inficiati dalle difficoltà riscontrate nel contesto NBA.

Lo scorso anno tra ORtg e DRtg la battaglia era andata persa nettamente sul 98-124, al momento le cifre sono entrambe in calo ma il differenziale resta importante: 74-116.

Resta marginale nelle rotazioni di Lee.

14) Vasilije Micić: 4,5

Le prime uscite del serbo sono state un mezzo disastro sotto tutti i punti di vista, dal tiro a palloni persi banalmente e anche di riflesso alla difesa.

I fan si sono subito spazientiti e hanno puntato il disto contro di ( lui.

Sicuramente, dopo essere arrivato lo scorso anno da Oklahoma City e aver sostituito Ball al meglio delle proprie possibilità portando comunque un buon contributo, i tifosi si aspettavano di più.

Lee lo vede ormai come ricambio di Mann anche se i due non hanno caratteristiche del tutto simili.

A Charlotte servirebbe una PG di riserva che organizza il gioco ma sembra essere andato fuori-giri, forse a causa del gioco voluto da Lee, forse per un momento non troppo brillante ed è finito in panca fissa sino all’ultima partita quando l’assenza di Mann ha fatto sì rientrasse ad Orlando.

4 i game giocati, 14,5 minuti di media sul parquet, 2,8 punti, 17,4% al tiro (12,5% da tre e 50,0% ai liberi), 1,3 Turnover sono alcuni numeri del disastro.

Sicuramente ha le capacità di riprendersi ma la staffetta tra lui e Mann che esclude la presenza di uno dei due (nel caso attuale quella di Micic) potrebbe scoraggiarlo un po’ e farlo ripiombare in modalità terzo nella Deep Chart a OKC magari deprimendolo un po’ visto che in estate vi erano state delle sirene o forse solo rumor che l’avrebbero visto a Denver accanto a Jokic ma lui stesso aveva espresso il concetto di star bene a Charlotte.

15) DaQuan Jeffries: s.v.

L’unica piccola sorpresa nel roster – in un mercato estivo ancora stagnante – è stato il fatto che la scelta del nuovo GM non solo sia stata quella di non tagliare DaQuan Jeffries (sembrava fosse giunto solo come “merce” di scambio per “pareggiare” e consentire la trade a tre team nella quale Karl-Anthony Towns era l’elemento principale) ma di non metterlo nemmeno tra i two-way.

Jeffries ha un contratto garantito da 2,75 milioni ma è in pianta stabile (per il momento) nella lista infortunati.

16) Jared Rhoden: s.v.

 

Giocatore arrivato agli sgoccioli di tempo per completare il roster all’inizio della regular season, è stato firmato con un contratto two-way.

Invece di utilizzare questo strumento per portare un giocatore che fosse già in prova e ritiro con il team, la società ha deciso di virare e scegliere Jared Rhoden il quale non è stato scelto al draft (proveniente da Seton Hall) nel 2022, ma alla fine si è guadagnato un contratto bidirezionale con i Detroit Pistons a metà della stagione successiva.

Ha giocato le ultime due stagioni con contratti bidirezionali con i Pistons, facendo 31 apparizioni per lo più sporadiche.

Ha giocato in 11 delle ultime 13 partite dei Pistons la scorsa stagione e ha segnato una media di 6 punti a partita realizzando il 40% dei suoi tentativi da 3 punti.

Rhoden si è unito a KJ Simpson e Moussa Diabaté con i contratti Two-way e trascorrerà la maggior parte del tempo a giocare con la franchigia d’appoggio a Greensboro, ovvero, gli Swarm ma occasionalmente verrà richiamato per allenarsi con la squadra e passerà del tempo in panchina.

Difficilmente per lui arriverà un minutaggio consistente o improbabile è che giochi minuti importanti anche se gli infortuni di Charlotte dopo 11 game hanno già concesso qualche minuto di garbage time a diversi giocatori.

17) KJ Simpson: s.v.

Non appena avremo notizie vi ragguaglieremo.

Al momento il ragazzo ha fatto la sua prima apparizione con gli Swarm a Greensboro dove ha contribuito alla rimonta e vittoria dello Sciame contro i Capital City Go-Go realizzando 19 punti.

18) Mark Williams: s.v.

 

Chiedere a Chi l’ha visto?

 

L’obiettivo, per rimanere in corsa per i Play-in nelle prossime 13 sfide è ottenere almeno 6/7 vittorie che potrebbero essere alla portata, infortuni permettendo.

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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.