Charlotte scendeva sul parquet per la prima volta in questa stagione.
L’occasione era la classica amichevole prestagionale che sarebbe servita a dare indicazioni sullo stato di salute della squadra, sul suo gioco e sui singoli oltre che a sperimentare varie soluzioni durante la partita.
Andava da sé che il match fosse tipico di queste partite e il risultato non così importante.
Vediamo cosa abbiamo notato in serata:
Punti positivi
Primo quarto con gioco veloce e coinvolgente non affidato solamente all’estro dei singoli con Charlotte a mostrare di essere una squadra travolgente se si infiamma.
Differenti soluzioni tentate da Borrego coinvolgendo molti giocatori.
Buona incidenza di Gordon Hayward.
Bridges più positivo di quanto previsto
Xavier Sneed e le sue due triple ma non solo: sforzo sulla chiusura difensiva anche se lontano, buon giro palla per i compagni… con un posto ancora free nel roster chissà che non sia lui l’ultimo a occuparlo anche se potrebbero trasformare il contratto two-way a uno tra Darling e Riller ma lui ha meritato di più stanotte.
Punti negativi
Troppi turnover (22) contro i 17 dei Raptors.
39,5% al tiro, percentuale troppo bassa.
Difesa troppo approssimativa con diversi tiri pesanti lasciati ai lunghi (close out approssimativi e cm lasciati) che hanno “strappato” il match.
LaMelo Ball è alla prima uscita e nonostante i numerosi rimbalzi (10) e un passaggio in corsa dietro la schiena da far venir giù i fantasmi dello Spectrum Center, vuoto a causa pandemia, ha commesso troppi TO e si è preso troppi tiri forzandoli (0/5) terminando con 0 punti.
La squadra è uscita di scena in fretta ma soprattutto a causa delle sperimentazioni e di un’alchimia di gioco che ancora deve maturare. Ci vuole un po’ di pazienza.
Brutto inizio di P.J. Washington (new look con le treccine) che è andato migliorando un po’.
Richards è parso lontano dalla condizione e/o comunque molto meno bravo di quel difensore tanto decantato.
Il risultato della prima uscita e un finale senza emozioni. Si aspettava di meglio ma per ora va bene così, l’alchimia deve crescere ed è normale.
Risolvere più problemi possibili che si palesano adesso è sempre meglio che scoprirli in stagione.
Premessa
La formazione iniziale utilizzata da Borrego questa notte (Graham, Rozier, Hayward, P.J. Washington e Cody Zeller) potrebbe essere il quintetto che il coach ha intenzione di schierare a inizio stagione.
Gli starting five.
Quattro giocatori (tre 10 day exibit. contract) sono rimasti fuori dalla partita.
L’unico con un contratto garantito a non aver giocato è stato Malik Monk, rientrante dopo aver avuto il Covid 19.
1° quarto
Charlotte passa in vantaggio grazie a un gioco che vede la difesa di Toronto collassare in post, raddoppio, palla fuori e tripla siderale di Graham dalla diagonale destra.
Toronto però cambia passo, complici un paio di errori grossolani di P.J. che ingenuamente, dopo aver perso palla si fa disegnare il fallo addosso da parte di VanVleet in transizione per il 3-6.
Charlotte sembrerebbe faticare ma due FT di Zeller e una tripla di Rozier, dopo aver mandato al bar il difensore grazie a una finta (con successiva ricollocazione laterale) portano sopra gli Hornets (8-6) che non si fermano più.
Il parziale è di 22-0 grazie a buone giocate (Hayward in entrata e addirittura un pull-up di Bridges dalla media in uno contro uno) e a Toronto che da fuori continua il tiro al piccione.
25-6… a rompere il monologo dei Calabroni è il solito VanVleet che in entrata mette dentro a 3:37.
Charlotte manda in campo lentamente e integralmente le seconde linee (LaMelo era già entrato e aveva fallito un appoggio al vetro in bello stile) che producono una tripla di Cody Martin dall’angolo destro grazie al pass del sopravvissuto Hayward (28-11) ma la difesa comincia a farsi friabile e i Raptors son un paio di triple, l’ultima di Anunoby per il 31-19, rimontano.
Charlotte aggrava la sua posizione perdendo qualche pallone (normale visto il rodaggio) in più del consentito si va a chiudere la prima frazione sul 32-23.
2° quarto
L’inerzia rimane a favore dei canadesi che vengono affrontati da un quintetto quasi in versione small ball: Graham, Rozier, Hayward, Bridges, P.J. Washington.
Hayward vince una palla a due con Boucher e a 8:12 uno spin con appoggio in retina di Bridges nel nuovo e splendido pitturato consente agli Hornets di giungere sul 42-33 ma è un fuoco di paglia.
La difesa di Charlotte si fa inconsistente, tripla di Davis II dalla destra (Miles bloccato dallo schermo di Baynes), prima tripla di Siakam con un po’ di spazio (3-44) e seconda che portava avanti gli ospiti (44-45).
Charlotte subiva un’altra bomba (Baynes) e perdendo palla incassava pure la dunk di Anunoby (48-55).
Il -7 era conservato dagli ospiti poiché l’ultimo bucket era sempre appannaggio dei canadesi con VanVleet lanciato all’appoggio in area.
51-58 in una partita piuttosto veloce e dai parziali enormi.
A fine primo tempo…
3° quarto
Nonostante una palla rubata da Rozier con azione chiusa in fing and roll, Toronto dilagava: in breve, prima di metà quarto lo svantaggio di 7 punti si tramutava in un -18, quando Thomas dall’angolo dx, su una transizione, metteva dentro la tripla del 62-80.
Lo 0-12 di parziale era rotto da una transizione nella quale Ball mostrava le doti per le quali veniva considerato la scelta più futuribile: passaggio in corsa dietro la schiena per P.J. Washington che in corsa andava a metter dentro ottenendo un two and one.
Charlotte riduceva ulteriormente lo scarto a 1:19 con l’hockey system attaccando costantemente il canestro e scaricando su Miles Bridges in angolo che infilava la tripla del 74-83.
Il quarto si chiudeva sul -11 (76-87).
A fine terzo quarto.
4° quarto
Borrego si privava di un ultimo quarto vero mandando sul parquet Richards (piuttosto deludente in serata) e Riller, entrava poco più tardi anche Darling.
I rincalzi degli Hornets però dovevano ancora ambientarsi così i Raptors scappavano giungendo a 8:03 sul 77-101 con il solito inaspettato tiro da fuori del lungo, questa volta a opera di Boucher.
Dentro anche Sneed e Vernon Carey Jr. con il primo a segnare una tripla ma ormai il destino della partita era segnato.
I Raptors arrivavano agevolmente alla fine gestendo il vantaggio con la loro panchina profonda nonostante un’altra tripla di Sneed e di McDaniels che a tre secondi e un decimo fissava il risultato sul 100-111.
Per i canadesi 16 i punti di Matt Thomas, 13 di Terence Davis e 11 per Anunoby.
Vedremo nella seconda partita se Charlotte avrà preso le misure ai canadesi e saprà aumentare un po’ la sua connessione.
Sono passati sei anni dalla mia prima presentazione degli Charlotte Hornets 2.0, eppure qualcosa di più profondo, dentro quel panorama, nonostante molti volti siano cambiati, non è mutato.
Se vi capita di porvi domande esistenziali, indagando dentro voi stessi, per trovare risposte che non avrete mai, vi accorgerete di essere bloccati in un limbo, in una sconfinata terra di mezzo, infinitamente più grande di voi con un panorama di fondo incerto e immutabile.
Quando intorno poi non si offrono garanzie, certezze, la percezione della condizione peggiora e la sensazione si amplifica.
Essere un tifoso degli Hornets oggi significa anche sentirsi in questa maniera, l’immutabilità di una franchigia che non ha più appeal e che fatica ad attrarre stelle di media grandezza è un problema più grande di essa, si tratta di un problema strutturale della NBA e dei suoi equilibri.
A parte la pandemia…
Graham (visto da me), con la nuova divisa “secondaria” cerca di dribblare anche il virus come ultimo ostacolo per andare a canestro.
rimanendo sul tema, le strategie degli Hornets, nonostante il cambio di GM, sono influenzate da questa situazione.
La squadra non può contare su un nucleo composto da un paio di star, detassazioni estreme o un piccolo Eden vista mare come quello che i giocatori ricreano in Florida a Miami nei vari locali glam della città.
A questo punto Charlotte ha due alternative: progettare sui giovani dandogli tempo e spazio per crescere, situazione che contempla anni di sconfitte per arrivare a ottenere (si spera) prime scelte, oppure pagare di più giocatori che cercano una nuova casa.
Kupchak, come un cane da tartufi alla ricerca del profumo del grosso pezzo pregiato, ha fiutato in avvio di mercato Russell Westbrook ma ci sarebbe stato da piazzare prima il contratto di Batum da 27,1 milioni per liberare spazio per la firma dell’ex Rockets e le cifre purtroppo, aggirandosi intorno ai 40 milioni risultavano anche essere troppo alte per un giocatore che avrebbe anche potuto (per via del suo gioco) bloccare lo sviluppo di crescita del team.
Poi dal Draft è giunto LaMelo Ball (serendipità?) e nel ruolo di guardia (PG/SG) ci siamo ulteriormente coperti.
L’occasione per aggiungere sullo scacchiere un pezzo importante è arrivata da Boston, quando, Gordon Hayward, pur lautamente stipendiato, ha fatto sapere di voler uscire dal proprio contratto con i Celtics.
Hayward era già stato seguito da MJ ai tempi di Utah ma l’offerta massima era stata pareggiata dai Jazz che hanno avuto la meglio essendo l’ala all’epoca un restricted free agent.
I Pacers e altre squadre, secondo indiscrezioni, avrebbero offerto sui 100 milioni per assicurarsi le prestazioni della SF che tuttavia ha preferito accettare i 120 milioni per 4 anni offerti da Charlotte.
Del giocatore e dei giocatori parleremo più avanti nel pezzo, di sicuro le aggiunte di LaMelo Ball e di Gordon Hayward hanno aggiunto interesse per la squadra fino a oggi meno mediatica della NBA.
L’inserimento del secondo potrebbe essere quell’olio, quel grasso che fa scivolare bene gli ingranaggi, i meccanismi della squadra.
I benefici apportati da Gordon potrebbero essere sottostimati dalla maggior parte degli analisti.
D’altro canto Bleacher Report ha dato un grado F, il peggiore tra tutte le squadre in NBA alla franchigia targata MJ perché avremmo “ipotecato il nostro futuro” nell’operazione Hayward che ci costerà 39 milioni circa all’anno in media.
Diciamo subito che il contratto di Hayward è leggermente a salire, questo permetterà nei primi anni di ammortizzare un po’ quei 9,03 milioni dovuti a Batum dopo che l’entourage Hornets ha propeso per il taglio del francese.
Un dead cap pesante (9,1% sul monte ingaggi ipotetico) che si rifletterà sulle casse di Charlotte per ben 3 anni.
Con Batum che lascia mestamente la Buzz City, nel roster, tra i giocatori di vecchia data rimane solo Cody Zeller (escludendo Biyombo en rentrant).
C’è però qualcosa di nuovo: Charlotte, nonostante abbia scelto una soluzione intermedia tra giovani e cercare di portare a casa il miglior giocatore catturabile possibile per le possibilità di MJ, ci sta provando.
Qualcosa si muove, vedremo se la strada imboccata sarà quella giusta o no solo tra un paio d’anni ma…
C: Cody Zeller, Vernon Carey Jr., Bismack Biyombo, Nick Richards.
Andiamo dunque a vedere gli arrivi e le partenze e come sarà composto il roster del training camp e i relativi numeri nella grafica del sito ufficiale degli Charlotte Hornets per la stagione 2020/21.
Mercato
Acquisizioni:
LaMelo Ball (3^ scelta al Draft 2020),
Gordon Hayward (Boston Celtics),
Vernon Carey Jr. (32^ scelta al Draft),
Nick Richards (42^ scelta Draft via Pelicans),
Xavier Sneed (10 day),
Javin DeLaurier (10 day),
Keandre Cook (10 day),
Khalil Whitney (10 day),
Grant Riller (56^ scelta al Draft, Two-way),
Nate Darling (Two-way).
Cessioni:
Willy Hernangomez (New Orleans Pelicans),
Dwayne Bacon (Orlando Magic),
Ray Spalding (tagliato),
Nicolas Batum (tagliato).
In relazione ai movimenti effettuati sul mercato dalla società il roster si compone attualmente di 20 elementi, alcuni con un contratto da 10 giorni di esibizione.
Freccia puntata verso il cielo
Sul perché la società abbia deciso di optare per questi movimenti è facile dirsi.
In relazione ai tagli di Hernangomez e Bacon: il primo era un buon rimbalzista ma non garantiva l’intimidazione e la protezione al ferro richiesta, il secondo era finito completamente fuori dalle rotazioni, persosi in attacco dopo la perdita della titolarità a favore di Graham a inizio scorsa stagione.
Il taglio di Batum, quando mancava un anno alla scadenza del suo contratto (il francese aveva esercitato la player option a suo favore per il rinnovo a 27,1 milioni) è stata una mossa azzardata per liberare quello spazio che avrebbe consentito a Charlotte di firmare Hayward a 120 milioni per quattro anni.
Kupchak sperava di riuscire a trovare una squadra interessata a ricostruire che avrebbe assorbito il costo del transalpino ma con molte squadre al limite del cap e le poche rimaste a chiedere “troppo” purtroppo si è finiti per partorire un’operazione piuttosto costosa che per Bleacher Report è stata disastrosa ma che in realtà solo il parquet potrà confermare o smentire.
Di certo la somma media per i prossimi tre anni -spesa per l’operazione Hayward/Batum – si aggirerà intorno ai 39 milioni, non pochi per un salary cap che ne conta in più soltanto un’altra settantina.
Dobbiamo comunque distinguere il piano economico da quello tecnico: discernere i due aspetti è fondamentale per valutare l’operazione nella sua complessità poiché se la prima ci ha portato un dead cap di 9 milioni l’anno, la seconda potrebbe rivelarsi un affare a patto che Hayward, ben retribuito, non cada in un altro infortunio serio, il che getterebbe più di un’ombra sul piano B di Charlotte anche in termini di strategie future per scambi eventuali ma qui stiamo andando troppo oltre in discorsi visionari da think tank.
Crescere è l’obiettivo e per farlo Kupchak si è affidato alla concezione di acquisire i giocatori di maggior talento senza “incastrarli” in un ruolo fisso, selezionando per potenzialità e occasioni.
In concreto, nel primo caso il nome è quello di LaMelo Ball, il secondo è rappresentato da Gordon Hayward.
L’arrivo del primo allungherà le rotazioni nel settore guardie dando più qualità alla panchina (aspetto fondamentale che molti trascurano), il secondo farà da chioccia ai più giovani, collante per tutta la squadra ed essendo uno scorer efficace, aggiungerà quei “punti mancanti” nella scorsa stagione facilitando Charlotte a finalizzare la manovra.
Hayward ha 30 anni con un’età media del roster (che innalza) intorno ai 24 anni (il colore di fondo nel grafico sottostante indica la fascia d’età), quindi ho provato a stilare le mie “personali” (non essendo ancora iniziata la stagione) rotazioni nella
Deep Chart
C’è da sottolineare che Borrego ha detto sì, chiaramente di voler sviluppare i (giovani) giocatori ma che nessuno avrà il posto garantito per qualsiasi motivo, i ragazzi dovranno meritarsi il minutaggio che gli verrà concesso.
Partiamo dalla posizione di point guard o playmaker: seguendo la logica che Charlotte è una squadra senza pressione sulle spalle e basandomi su un paio di indizi recenti (l’esordio lo scorso anno da rookie di P.J. Washington come titolare e l’ultima apparizione di Batum nella sua Parigi come mossa mediatica), azzarderei che il play titolare, anche per l’hype che si porta addosso, dovrebbe essere LaMelo Ball (magari verrò subito smentito).
Il suo vice dovrebbe essere un non troppo momentaneamente soddisfatto Terry Rozier (altro indizio, aveva fatto uscire su un social una fotografia di sé stesso con le valige in mano).
Grant Riller sarà un’opzione possibile e limitata dal contratto che vedremo solo in caso d’infortunio di qualche guardia.
Più probabile che Borrego, alla bisogna, faccia spendere dei minuti da PG a Monk e soprattutto a Graham.
C’è da dire che qui i ruoli sono piuttosto interscambiabili, non esiste una linea netta di demarcazione per i giocatori menzionati anche se Monk non è il play che vorrei.
Il play per antonomasia dovrebbe essere LaMelo Ball che ha dimostrato in questi anni sprazzi di fantasia e talento in questa nobile arte, il che aiuterebbe gli Hornets ad aumentare la quantità di assist risolvendo situazioni stagnanti.
Certamente da un rookie ci si potrà aspettare anche la giocata esagerata che porterà alla palla persa ma questo farà parte del processo di crescita.
Bisognerà vedere che feeling si instaurerà con i compagni e se LaMelo, nel breve tempo a disposizione in questa preseason assimilerà gli schemi richiesti da Borrego oppure tenderà a essere più anarchico in modalità “genio e sregolatezza”.
Un ulteriore vantaggio nell’avere LaMelo sul parquet sarà il fatto che Graham, miglior scorer degli Hornets lo scorso anno con 18,2 punti di media, potrà agire da secondo ghost play.
La scorsa regular season il buon Devonte’ terminò con 7,5 assist di media a partita mostrando una buona visione di gioco.
Più controversa è la posizione difensiva del nostro backcourt ipoteticamente titolare: se da un lato i cm di LaMelo garantiscono una miglior protezione sul perimetro (la coppia Rozier/Graham era sottodimensionata), dall’altro lato pesano le incognite su quella che potrebbe essere la fase difensiva di Ball in NBA.
Non essendo un super difensore, come Graham, Charlotte potrebbe registrare ancora qualche problema in diverse situazioni.
Nel ruolo di SG, come già detto, dovrebbe partire Graham e sul cubo, pronto a sostituirlo, Monk.
Qui saranno importanti le rotazioni di Borrego: slittare di qualche minuto i cambi non rendendoli simmetrici potrebbe aprire le porte a dei minuti LaMelo-Rozier, coppia interessante ed equilibrata su ambo i fronti (attacco/difesa).
La mia terza opzione è Caleb Martin che, da swingman, partito come ala piccola, nel finale della scorsa stagione si è differenziato dal fratello gemello (sul parquet se non fosse per il numero sarebbero indistinguibili) mostrando una propensione più offensiva (6,2 pt. in 17,6 minuti) e un buon tiro che gli addetti ai lavori già conoscevano.
Potrebbe essere lui ad avere qualche minuto in casi particolari.
Nel ruolo di ala piccola giostrerà Gordon Hayward, il pezzo pregiato del mercato degli Hornets.
Gordon è il più “vecchio” del gruppo, pur avendo soltanto 30 anni.
Toccherà a lui avere la leadership dello spogliatoio per trascinare la squadra, migliorare i giovani e risolvere situazioni di gioco offensive sul parquet.
Il talento c’è, la capacità di andare a canestro con varie soluzioni anche (uno degli Hornets che può creare anche da solo dal palleggio creandosi spazio per concludere), le percentuali sono buone (l’anno scorso mise 350 tiri sui 700 effettuati per un ottimo 50,0%).
Lo scorso anno gli Hornets arrivarono ultimi in punti realizzati di media (102,9), ventinovesimi in Off Rtg (106,3) e ultimi nel Pace (95,8) nonostante una squadra giovane che tuttavia a difesa schierata a volte si bloccava trascinandosi ai 24 secondi se un Rozier o un Graham non andavano a inventarsi qualcosa.
Facile capire perché Kupchak non abbia pensato due volte a Gordon per risolvere questi problemi.
Le preoccupazioni sono legate a un possibile infortunio, avendo l’ex Celtics subito un grave infortunio alla caviglia in passato e aver avuto altri infortuni.
Per Charlotte, non avere le sue prestazioni potrebbe risultare un problema irrisolvibile.
Dietro di lui agirà Miles Bridges, che, inversamente a Gordon, dei problemi a chiudere al ferro li aveva.
La potenza non è tutto e la difesa comunque era rivedibile, chissà che avere un “maestro” nel ruolo come Hayward, riesca a migliorare le sue attuali, forse limitate, capacità tecniche.
Cody Martin potrebbe switchare come il fratello e avere qualche minuto a disposizione soprattutto come specialista difensivo.
Sneed e Whitney saranno due giocatori che potrebbero prendere posto a Greensboro se non verranno tagliati definitivamente.
Come ala grande P.J. Washington non dovrebbe aver problemi a mantenere il posto da titolare e dal mio punto di vista dovrebbe essere seguito da McDaniels nelle rotazioni.
Personalmente darei un po’ di spazio anche al secondo ragazzo che lo scorso anno ha cominciato a far vedere buone cose e avrebbe bisogno di un certo numero di minuti sul parquet per sviluppare il proprio gioco.
All’occorrenza ho inserito Nick Richards, un centro che potrebbe switchare anche come ala grande se ci fosse bisogno di più difesa in quel frangente.
DeLaurier, capitano di Duke, forse è il giocatore con meno talento, il rischio taglio c’è ma potrebbe aggiungersi come terzo elemento se Charlotte decidesse, in controtendenza, di puntare sul ruolo e non sul talento.
I ruoli saranno piuttosto interscambiabili, ciò che non è stato scambiabile in questa breve finestra di mercato è stato invece Cody Zeller che partirà da titolare nella posizione più lacunosa dello starting five nonostante l’apprezzamento espresso in questi giorni da Borrego per quello che sarà ancora il suo centro titolare.
Dietro di lui potrebbe già vedersi dalle prime battute Vernon Carey Jr. (scelta personale sulla gerarchia immaginando un po’ il discorso fatto per P.J. e Ball) con Biyombo a far da mentore ai giovani.
Biz ha voluto rimanere per vedere come andrà a finire il progetto, lo stipendio si è adeguato alla reale forza del giocatore che avrà anche un giocatore a tratti simile a lui: il giamaicano Nick Richards, da svezzare.
Essendo un team giovane, a fare da contraltare alla problematica non indifferente legata all’esperienza, vi sarà l’entusiasmo tipico giovanile unito alla tenacia che lo scorso anno ha contraddistinto la squadra spingendola a diversi finali punto a punto contro squadre più quotate.
Se Borrego e i ragazzi saranno capaci di ritrovare quel feeling e quello spirito di squadra, aiutandosi l’un l’altro, l’aspetto psicologico potrebbe compensare talvolta le lacune su alcune malizie del gioco.
Il gioco
Il gioco degli Charlotte Hornets è influenzato da Borrego e dalle contingenze.
L’idea del giovane coach, scuola Spurs, nonostante in NBA si verticalizzi molto basandosi sulle individualità dettate dalle capacità atletiche, è quella di arrivare a canestro muovendo palla creando situazioni dove Charlotte, squadra giovane e agile, possa prendere vantaggio in termini di tempo per attaccare il ferro o di spazio per liberare un tiratore servito piedi a terra (lo scorso anno Rozier e Graham beneficiarono di questo gioco anche se i due seppero crearsi “troppe volte” – per via delle necessità contingenti – diverse situazioni non in catch n’shoot).
Per far ciò, il GM Kupchak ha attinto dal mercato pescando un giovane imprevedibile capace di smistare assist non convenzionali talvolta e un giocatore polifunzionale come Hayward in grado di realizzare anche da solo in ogni tipo di situazione, anche in uno contro uno marcato stretto, il che dovrebbe aiutare la squadra a prendere meno brutti tiri al limite dei 24 secondi.
Che la situazione offensiva si sviluppi da qualsiasi tipo di pick and roll o si opti per altri schemi, l’idea della scorsa annata è stata quella di utilizzare molto il tiro da fuori.
Un rischio che, nella NBA moderna, con i tanti tiratori migliorati e specialisti, paga più spesso di un tempo.
Avere cinque uomini sul parquet in grado di allargare gli spazi colpendo da fuori non è l’intento primario solamente di Charlotte ma di quasi tutte le squadre NBA.
Video
Vediamo una delle tante situazioni nella quale Borrego ha utilizzato un gioco con i cinque fuori cercando di sfruttare la dinamicità dell’intera squadra:
Qui, sulla partenza dell’azione, vediamo Zeller arrivare a rimorchio e ricevere in punta da Graham.
Il secondo accenna un taglio (si fermerà, bloccato in posizione di ala) fornendo un velo a Rozier che dietro di lui va a tagliare in maniera più decisa verso la linea di fondo per cercare di andare a occupare l’angolo opposto.
Il tutto avviene mentre Zeller, ignorando il taglio di Rozier, ribalta il lato su Miles, il quale, salendo a ricevere (velato da P.J.) crea una situazione di drag pick and roll in movimento con la difesa non ancora ben organizzata.
Bridges cerca di entrare nel cuore dell’area a ricciolo ma bloccato, scarica immediatamente sul lato debole ritrovando un Graham, che, oscillando in quello spazio, dimenticato per un attimo da uno Young preoccupato dalla penetrazione di Bridges, spara in catch n’shoot da tre punti.
Qui, invece, andiamo a vedere una posizione di partenza con la triangolo sul lato forte con un pinch post di Biyombo, tuttavia Graham attacca sull’esterno destro passando il blocco di Biz.
La difesa di Cam Reddish per oltrepassare il blocco del nostro centro è lentissima e mentre il contrapposto del congolese permane a centro area bloccando il nostro C, il difensore più vicino a Caleb Martin, Hunter, attratto dalla rollata di Biyombo, perde il contatto visivo con il “suo” uomo.
Il passaggio flash di Devonte’ libera in attacco la nostra guardia, la quale si avvantaggia grazie a uno spazio enorme per poter colpire.
Borrego è stato anche abile a trovare nuove soluzioni per le rimesse in gioco nei momenti decisivi della partita.
Spesso con Clifford le rimesse erano eccessivamente e incredibilmente problematiche, talvolta rimesse a favore si sono rivelate letali.
Qui vediamo il 5 novembre dello scorso anno:
Sulla rimessa di Martin, con palla ancora out vediamo partire dai due prolungamenti dei gomiti e incrociare Bridges e Rozier per andare a occupare gli angoli opposti dopo esser scattati verso canestro.
I difensori “seguono” liberando Biyombo pronto a salire per la ricezione.
La partenza da lontano in corsa con finta e incrocio di Graham permette al nostro piccolo di liberarsi e ricevere il consegnato (hand-off).
L’opzione è triplice, o il passaggio negli angoli (con Bridges a destra più difficile da servire e come seconda opzione per via di un tiro meno efficace) o puntare a canestro mentre Martin, scattando sulla sinistra crea un nugolo di tre giocatori in verticale.
Devonte’ usa la terza opzione fiondandosi a canestro ma sull’opposizione di un Sampson troppo aggressivo, Devonte’ disegna il contatto trovando i tiri liberi che decideranno la partita.
Analisi dell’azione a cura di Erik Chialina
Purtroppo i giocatori degli Hornets lo scorso anno non sono stati molto efficaci dalle parti dell’anello, mani o prestanza fisica dei lunghi sono venute un po’ a mancare e alcuni elementi tra gli esterni hanno palesato limiti nell’attaccare il ferro, compreso Graham che deve migliorare sotto questo aspetto per salire ancora di livello.
Uno dei ragazzi dal quale Borrego si aspetta i miglioramenti di cui parlavano sopra sarà sicuramente P.J. Washington che ha mostrato movimenti interessanti in post up per arrivare al ferro lo scorso anno.
Un semigancio interessante, buon movimento di piedi anche sullo spin, giocatore che in avvicinamento a canestro sa usare il fioretto ma talvolta – se trova spazio, non esita ad andare dentro con convinzione.
Se migliorasse un po’ l’efficacia del suo gioco da singolo le difese avversarie dovrebbero scegliere se concedergli l’uno contro uno o “rispettarlo” ponendogli doppia attenzione e lasciare uno spazio sul perimetro per un tiratore di Charlotte.
La stessa cosa non potremo aspettarcela da Zeller che rimane un lottatore ma con capacità tecniche offensive più limitate in uno contro uno o in situazione non dinamica.
Potremmo migliorare anche in transizione grazie ai due nuovi elementi che dovrebbero migliorare la spinta e l’efficacia in queste circostanze.
La panchina sarà sicuramente un elemento interessante da osservare poiché la qualità è aumentata.
Gli inserimenti di Ball e Hayward hanno spinto sul cubo del cambio Rozier e Bridges ai quali si aggiungono un Monk scostante ma talvolta letale, McDaniels e Carey Jr..
Un secondo quintetto bilanciato che potrebbe ben amalgamarsi anche nello sporadico caso dovessero trovarsi tutti insieme contemporaneamente sul parquet.
Ciò che preoccupa è la difesa.
Kupchak ha cercato di coprire la posizione più indifesa aggiungendo un paio di centri giovani che sappiano difendere, questo potrebbe non bastare, sia per il fatto che bisognerà testare le loro capacità in velocità e tenuta difensiva.
Zeller da fermo non è un ostacolo insormontabile da superare ma in attacco, in genere, garantisce buone angolazioni ai blocchi, ottime rollate e saltuariamente inserimenti a fanali spenti esplosivi.
Discreto senso della posizione, è un onesto lavoratore ma nulla più e talvolta contro altri big nel suo ruolo non regge il confronto.
Qualche volta potrebbe prendere il suo posto, in caso di small ball (soluzione che Borrego cerca da adattare in situazioni di svantaggio o di differenze in cm/peso con altri team) ma la situazione non mi entusiasma.
I Singoli
Andiamo a recuperare i giudizi sui vari giocatori a fine della scorsa annata aggiornandoli e inserendo le nuove leve per visionare più da vicino i giocatori nel roster:
PG
LaMelo Ball
Quando il suono arriva prima dell’immagine dovreste pensare a LaMelo Ball.
La sponsorizzazione del padre ha trasformato questo giocatore in un fenomeno mediatico con il quale Charlotte dovrà fare i conti.
Senza voler sminuire il lavoro di Borrego, trovo difficile che il coach riesca a lasciarlo fuori dal quintetto iniziale, solo per l’hype che porta con sé.
Ovviamente la PG che ha giocato in Australia l’ultimo anno dovrà mostrare di essere quel giocatore che LaVar Ball, suo padre, declama.
Secondo LaVar, il figlio vincerà il “ROTY”, il premio per il miglior rookie.
LaVar è andato anche oltre mentre Borrego è già rimasto “folgorato” in allenamento ma che cosa può aggiungere di concreto sul parquet un ragazzo selezionato come piano C (Wiseman sarebbe stato il prescelto ed Edwards la seconda opzione poiché gli Hornets sono carenti nella difesa al ferro e hanno bisogno di aumentare il punteggio) da Charlotte al Draft?
Se queste non sono proprio le principali ed evidenti caratteristiche di Ball, la risposta è altrettanto chiara.
Gli Hornets aggiungono un ottimo uomo assist, teoricamente superiore al resto del roster, che, in un sistema di gioco come quello di Borrego, leggermente più complesso della media NBA (si tende molto a semplificare verticalizzando il più possibile prendendo un blocco, ecc.), potrebbe esaltarsi trovando spazi per esprimere il suo potenziale.
Il funambolico numero 2 avrà il suo bel da fare nel confrontarsi con i pari ruolo migliori al mondo poiché sulla tenuta difensiva ho alcuni dubbi.
Lo vedremo comunque presto in azione sperando cerchi di impegnarsi al massimo anche sul lato meno divertente del campo, che sia un LaMelo in versione cicala o formica è ancora tutto da vedere.
Terry Rozier è arrivato a Charlotte lo scorso anno con l’inevitabile etichetta addosso di sostituto dell’insostituibile Kemba Walker.
Lui sapeva che lo stavano pensando tutti a Charlotte quindi ha detto:
“Non sono Kemba”.
Scary Terry faceva panchina ai Celtics ma negli Hornets è salito di livello offensivo dovendosi prendere troppe volte grandi responsabilità quando la palla scottava.
Troppo solo, ha finito per sbagliare tiri in alcuni finali che avrebbero potuto darci la vittoria, altre volte è riuscito a portarla a casa ma la cosa che ha fatto più impressione è stato il modo nel quale ha aumentato la sua media punti.
Ad Atlanta, in 2 OT, ha raggiunto il massimo in carriera con un 8/13 da 3 punti che ha contribuito a portarlo a 40 punti con alcuni canestri rimarcabili come quello in corsa con step-back laterale in allontanamento dal difensore e tiro da 45° da destra che ha fluttuato implacabilmente sino ad accarezzare la retina.
James Borrego, prima della partita aveva detto che Rozier è diventato un tiratore d’élite della NBA. Gli Hornets lo hanno messo sotto contratto per tre anni con cifre a scendere che si aggirano sui 19 milioni all’anno.
Sembrava una follia ma Scary si è dato da fare e il suo spirito guerriero lo ha portato al di sopra delle aspettative di quei fan scettici.
“Terry è stato fantastico”, ha detto Borrego.
“Ha superato le mie aspettative.”
Rozier avrebbe dovuto giocare da playmaker ma la veloce ascesa di Graham ha fatto si che Terry, pur conservando le proprie caratteristiche diventasse un po’ più guardia tiratrice con diverse caratteristiche dei due sovrapponibili in una fusione che ha portato i “Buzz Brothers” a essere una minaccia nel tiro da fuori l’arco ma non solo, anche con la palla in mano per capacità di distribuire assist, cosa che Terry, anche se in forma minore del compagno, continua a fare come una specie di creatore quasi secondario.
“Ovviamente, non sono soddisfatto per il semplice fatto che posso dare un po’ di più”, ha detto Rozier.
“Questa è la cosa buona di me: cercherò sempre di fare meglio”.
Il problema è che la scelta di LaMelo Ball potrebbe scalzare Terry dalla posizione titolare e la sua foto su un noto social che lo ritraeva con le valige in mano ha fatto il giro del mondo e dato da pensare, poiché, avendo appena acquisito un posto da titolare ed avendo giocato una buona annata, perderlo, non sarebbe probabilmente un evento gradito da parte dell’ex Celtics.
Il suo costo e i rumor che lo vedevano al centro di possibili scambi si sono dissipati.
Terry potrebbe partire come secondo playmaker (lasciamo aperta anche una piccola ipotesi che possa partire titolare) per lasciare il ruolo di SG a Graham e Monk.
Il suo tiro da tre punti è stato spesso un’arma importante, partire dalla panchina gli consentirebbe, avendo un buon minutaggio, di essere ancora più letale probabilmente e di subire un minor dispendio energetico che dal mio punto di vista l’aveva penalizzato in fase difensiva lo scorso anno.
La parte più controversa è questa… mi aspettavo di più da lui in fase difensiva ma avendo dovuto fare i conti con il bisogno offensivo della squadra è ampiamente giustificato, piuttosto, la mancanza di cm per difender sul perimetro insieme a Graham, preoccupa, ecco perché LaMelo insieme a “Gamberone” Graham potrebbero essere la soluzione ideale, favorendo anche un Rozier pronto sul cubo del cambio, più fresco e pronto a usare più aggressività in difesa per passare sui blocchi laddove lo scorso anno ebbe qualche problematica.
E’ nato a Orlando ed è fan dei Magic, è alto 191 cm e pesa 86 kg.
Grant è stato scelto al tramonto del Draft, alla posizione numero 56.
La barbuta comboguard ha aiutato negli ultimi anni i Charleston Cougars e con una media di 21,9 punti, 5,3 rimbalzi e 3,9 assist nella sua ultima stagione sotto la guida dell’allenatore Earl Grant è emerso fornendo diverse prestazioni offensive impressionanti contro le difese che cercavano di contenerlo. Ottimo primo passo, marcatore istintivo con un gioco midrange avanzato e un buonissimo rilascio di tiro, Riller ha portato un pesante fardello offensivo per i Cougars.
Ha svariato su tutto il fronte d’attacco e si è applicato in difesa su giocatori di diversi ruoli. Spingendo la palla in modo aggressivo in transizione e mostrando un po ‘di visione e talento come passatore, ha aiutato la squadra a sviluppare un buon gioco offensivo.
I dubbi sorgono in difesa dove non si è mostrato costante anche se alcune buone giocate atletiche lo hanno messo in luce, sa anticipare o intercettare, subire cariche ma non sempre si è mostrato affidabile mentre va in salto a caccia di palloni vaganti per far partire la transizione e questo fatto gli ha consentito di aver un maggior impatto rispetto alla maggioranza delle guardie a rimbalzo. Detentore del record del College of Charleston nella sua era NCAA Division I per punti in una singola partita (43). Secondo miglior marcatore nella storia della scuola (2.474 punti), dietro ad Andrew Goudelock (2.571). Ha registrato un record di 36 punti contro James Madison, realizzando 6 su 7 da tre punti (30 gennaio). Le sue migliori armi sono: la versatilità di una comboguard con un impressionante arsenale offensivo, sa gestire la palla bene e crearsi il tiro, esplosività con un primo passo rapido, aggressivo, attacca il canestro e può andare in lunetta. “Ha sempre avuto la naturale capacità di segnare ma la sua capacità di leggere la partita, la sua regia, la sua capacità di scegliere i suoi punti sono salite di livello”. – Ex assistente allenatore di Charleston Quinton Ferrell.
Se riuscisse a non essere come Troy Daniels, inconsistente in difesa, potrebbe anche ritagliarsi un discreto ruolo come tiratore…
SG
Devonte’ Graham
Graham è il figlio di un’evoluzione che non l’aveva previsto.
L’ex semisconosciuto play avrebbe dovuto al massimo partire dalla panchina ma i processi interni avvenuti a Charlotte l’hanno portato in rampa di lancio.
Andando oltre le aspettative, mettendo su un buon tiro da fuori e smistando precisi palloni si è preso il posto da titolare eclissando un Bacon oggi è finito a Orlando.
Quello che gli viene imputato spesso è che deve un po’ migliorare in penetrazione, probabilmente Borrego chiederà anche questo ma ha mostrato alcuni lampi con giocate acrobatiche in sottomano.
Chiedergli di ripeterle sempre è impossibile, non è facile per un ragazzo con i suoi cm e il suo peso andare a sfidare sotto le plance gli avversari ma se vuole essere uno scorer completo e confonder gli avversari variando più il gioco deve lavorare anche sotto questo aspetto.
“Tae”, oltre che a far piovere bombe da distanze siderali è anche un buon passatore da drive and kick ma se la palla scotta, oltre a Rozier, lo scorso anno si è visto anche lui.
A New York con uno schema simile aveva messo una tripla all’ultimo istante per farci vincer una partita al cardiopalma, qui lo vediamo partire da lontano e guadagnarsi il fallo che ci farà battere i Pacers.
Malik è risultato positivo al Covid 19 poco prima della preseason ma dovrebbe essere recuperabile per l’esordio del 23 dicembre.
Il numero 1 degli Hornets stava migliorando sul finire della scorsa stagione – pur rimanendo altalenante – ma essendo stato sospeso per via del controllo antidoping risultato positivo era scomparso dai radar per la conseguente sospensione.
Da lui ci si attende un proseguo dei miglioramenti offensivi in termini di realizzazione e una miglior visione sul passaggio che ha mostrato in alcune occasioni.
Aveva capito come sfruttare meglio la sua aumentata fisicità fiondandosi a canestro dove ha un repertorio di appoggi vasto, elastico con punte di bravura anche temporeggiando in aria o in controtempo, qualità che non molti giocatori hanno.
Deve crescere sul tiro dalla lunga dove è ancora troppo inaffidabile e in difesa dove a volte si fa prendere d’infilata troppo facilmente.
Charlotte ha deciso di tenerlo nonostante il suo nome sia stato fatto da vari siti su rumor per eventuali scambi non andati in porto (vedi New York).
Gli scout dicono dalle origini, che dei due gemelli sia quello con più talento.
Eppure il fratello si era inserito da subito e meglio.
Quello messo in disparte per la prima squadra pur avendo punti nelle mani e discreta difesa si è messo in luce nel finale di stagione.
I tagli che fa sono buoni, in penetrazione deve migliorarsi.
“Sto trovando il modo di dirigere l’attacco trovando canestri qua e là. Non sono statistiche rilevanti perché abbiamo già ragazzi (in squadra) che lo fanno”, ha detto Martin.
Nelle sue ultime due partite, Martin ha realizzato i punteggi più alto della sua carriera con 19 pt. a Miami e 23 punti ad Atlanta.
Atletismo (sottovalutato dai più) e velocità ci sono come la voglia di far bene su ambo i lati del campo.
Ha messo in mostra un buon tiro da fuori con uno strano scatto delle gambe ma la cosa funziona e la dimensione perimetrale se dovesse essere confermata con buone percentuali lo porterebbe a mettere un po’ in difficoltà Borrego che potrebbe ritenerlo più utile di Bridges.
All’occorrenza non ha paura di buttarsi dentro e l’impegno difensivo c’è, stesso sangue del fratello ma a volte è eccessivo.
Sa prender lo sfondamento ma la sua gioventù lo porta a eccessi come il fallo su Hunter che ha portato ai liberi che hanno deciso a nostro sfavore la partita con Atlanta.
Al momento sembrerebbe esser perfetto dalla panchina per mettere in difficoltà a uomo o con zone varie gli avversari, sia da portatore di pressing sulla palla che lontano dalla stessa ma anche per lui il minutaggio si ridurrà.
196 cm per 91 kg, la shooting guard canadese è nata il 30 agosto 1998.
Un bel tiratore da fuori, indubbiamente, il che avrà ingolosito gli Hornets e un Borrego alla ricerca di un gioco che abbia sfoghi sul perimetro per colpire in pieno stile NBA moderna.
Un’altra caratteristica che avrebbe potuto attirare l’attenzione di Charlotte su di lui è che sa giocare bene i pick and roll, opzione spesso utilizzata per prendere vantaggi dai possibili sviluppi dell’azione.
Con 21 punti, 3,9 rimbalzi e 2,8 assist di media a partita, il prodotto di Delaware ha deciso di rendersi eleggibile per il Draft ma anche se è andato undrafted, le sue abilità gli hanno consentito di rientrare dalla porta di servizio.
Certamente, per la particolarità del contratto, se non sarà convertito, Nate, giocherà per la maggior parte del tempo con i Greensboro Swarm, la squadra affiliata a Charlotte nella lega di sviluppo NBA.
L’ex guardia di Missouri State, Keandre Cook (196 cm per 84 kg) ha twittato di aver firmato con i Charlotte Hornets.
Il suo sarà un Exhibit 10 day contract. Una delle parti più attraenti del gioco di Cook per gli scout NBA era la sua lunghezza per una guardia e la sua capacità di abbattere i 3 punti. Cook, alto 195 cm, dice di essere bravo a colpire con i suoi open, mentre il suo allenatore ha elogiato la sua capacità di prendere e tirare. Ha visto un miglioramento nel suo tiro esterno mentre tirava dal 37,2% nel suo anno da junior a un ottimo 42,3% nell’ultimo anno mentre aumentava anche i tiri presi da fuori. La migliore prestazione di Cook dall’esterno dell’arco è arrivata durante la seconda partita della stagione 2019-20 quando è andato 6/7 da fuori contro l’Alabama State. Ha concluso la partita con 31 punti, massimo in carriera mentre la sua media è di 13,9 pt.
SF
Gordon Hayward
Per molti fan è già un rapporto di amore e odio quello non ancora cominciato con il sosia di Adam Levine.
Probabilmente nessuno avrebbe avuto da obiettare se il suo prezzo finale per i quattro anni fosse stato sui 100 milioni, cifra che a quanto pare Indiana e altre squadre sarebbero state pronte a garantirgli assumendosi il rischio infortuno grazie a un roster più coperto del nostro.
I punti cardine a sfavore di Hayward sono 4; 1) la possibilità che si infortuni avendo già avuto un grave infortunio in precedenza (caviglia) più altri, anche recenti, 2) L’alto costo del suo ingaggio, 3) Il fatto che in caso di infortunio la squadra sarebbe costretta a privarsi di un investimento “sostanzioso”, 4) Il taglio di Batum per far spazio ad Hayward nel salary cap, il quale costerà a Charlotte sui 9 milioni l’anno per 3 anni di dead cap.
A parte il punto 3 che comunque rimane un’opzione che ipoteticamente potrebbe interessare qualsiasi giocatore anche se molti pensano che Hayward corra maggior rischi di infortunio, sono tutti fattori non cestistici.
I punti a favore sono molteplici: E’ un buon realizzatore, ha buone medie, può segnare in diversi modi differenti anche senza bisogno di aiuto, il che sbloccherebbe alcuni attacchi stagnanti di Charlotte, può essere un passatore secondario e gestire la palla, non è un difensore spettacolare ma abbastanza solido su tutto il fronte, nei pick and roll e il fatto di essere uno dei ragazzi al centro del progetto (vedi la telefonata personale di MJ), potrebbe stimolarlo a rendere di più.
In ultimo, pur avendo soltanto 30 anni, porterebbe in dote la sua esperienza maturata in 10 anni nella lega più difficile del pianeta e per una squadra giovane questo fattore potrebbe rivelarsi decisivo per tener testa in alcune partite.
Indubbiamente il suo percorso di crescita e apprendimento non è completato.
Qualche exploit, qualche giocata di potenza alla Harold Miner, rare perle che illuminano gli occhi che non bastano a chiuderli sui suoi difetti: tiro da tre per la NBA con percentuali troppo basse, attacco al ferro ancora lento, posizioni difensive rivedibili, ecc..
Quest’anno sarà retrocesso in panca per l’arrivo di Hayward.
Non è detto che sia un male per gli Hornets poiché i suoi minuti potrebbero essere giocati di fronte a giocatori meno validi e mettere così in risalto le qualità positive di Miles che ha dovuto subito confrontarsi con i titolari avversari.
Avrà tempo per crescere con calma.
Le mie incertezze sul suo potenziale permangono ma per la nostra panchina potrebbe essere un upgrade se integrato con altri giocatori dalle caratteristiche opposte.
L’arrivo di Hayward e Ball nel settore esterni potrebbero penalizzare il piano di crescita di Cody Martin.
Mi dispiacerebbe abbastanza perché all’occasione si è rivelato un combattente, molto utile sul piano difensivo.
Sveglio, agile, scattante e veloce, porta il suo vissuto difficile fuori dal parquet tramutando in carica agonistica la rabbia e le paure di quando il KKK incendiò il prato della sua famiglia o tentarono d’investir lui e suo fratello.
Jenny Bennett diceva ai suoi figli che una volta che inizi qualcosa, devi finire.
Siamo sicuri che Cody Martin proverà a meritarsi il suo spazio nonostante l’aumentata competitività del roster.
Coprirsi le spalle con suo fratello nella vita reale è stata la lezione iniziale per credere nel lavoro di squadra. Cody non ha un fisico super massiccio ma sa come mettere pressione a un attaccante e l’anno scorso fu prezioso per compensare i difetti di una difesa mediamente troppo attendista.
Discreta visione di gioco e buona propensione a innescare i compagni.
In difesa deve ancora inserirsi meglio a livello tattico ma la fiducia dimostrata da Borrego quando è mancato l’highlander Rozier, inserendolo in quintetto, potrebbe dargli altre occasioni, in fondo il ragazzo è resiliente.
Il 23 novembre Charlotte ha raggiunto un accordo con l’ex ala di Kansas State, Xavier Sneed (fonte: Chris Haynes di Yahoo Sports), free agent, andato undrafted.
Nato in Alabama il 21 dicembre 1997 è alto 196 cm, pesa 97 kg e ha una sorella di nome Ania.
Non ci sono ancora dettagli dell’accordo, si presume che sia uno di quei contratti “esibizione da 10 giorni” per esser mandato eventualmente ai Greensboro Swarm. Sneed ama tirare, specialmente da fuori ma la sua media è stata soltanto del 33,4%.
10,7 pt. di media in carriera. La sua forma di tiro è un po’ pittoresca ma è stato uno dei migliori alle Shooting Drills della G League, equivalenti della Combine.
Il giocatore è anche valido sotto l’aspetto difensivo e a rimbalzo.
Ala piccola nata l’08/01/2001 è stato aggiunto momentaneamente al roster dei Calabroni con un Exhibit 10 day contract.
198 cm per 95 kg, il giocatore nato a Chicago ha giocato per i Wildcats prima di dichiararsi eleggibile per il Draft ma le sue speranze sono andate disattese.
A offrirgli una piccola possibilità, rientrando dalla finestra, è stata Charlotte.
Statistiche non eccezionali con 3,3 punti e 1,7 rimbalzi di media per lui lo scorso anno ottenute in 12,8 minuti di media d’impiego.
PF
P.J. Washington
P.J. Washington è lo strano caso di un rookie che si è immediatamente trovato ad aver spazio in quintetto a inizio della passata stagione a causa di un reparto molto depotenziato rispetto al passato ma anche per meriti personali poiché ha mostrato buone cose in preseason.
L’esordio contro Chicago, infatti, è stato con il botto e sono piovute triple importantissime dall’ala per vincere il match.
Durante la stagione ha alternato però le classiche prove molto positive ad altre negative che un rookie mette sul piatto e gli devono esser concesse.
L’esperienza sarà fondamentale per determinare che tipo di giocatore diverrà in futuro P.J..
Sul lato difensivo non è irreprensibile ma a volte la cosa è anche dovuta a posizioni che flottano dal post basso all’esterno per il sistema di gioco che in quel momento vuole coach Borrego.
Un po’ lento, ingenuo talvolta se non passabile troppo facilmente dall’attaccante quando lo punta, ha bisogno di smaliziarsi e di trovare la sua dimensione in un sistema difensivo che si basa spesso su cambi dovuti ai pick and roll delle altre squadre o su coperture a zona quando si smette, anche momentaneamente, di giocare a uomo ma ha avuto anche momenti di ottima difesa che farebbero vedere delle interessanti possibilità per lui di diventare un mastino più convincente.
Sul lato offensivo mostra una discreta varietà di soluzioni tecniche per colpir in attacco che vanno dal semigancio, all’appoggio, all’entrata molto decisa se ha spazio, iniziando a infilarsi con tempismo sui pick and roll a lui forniti.
L’arma del tiro da fuori è discreta, a volte non gli entra molto nella singola partita ma va a mini strisce, se si infiamma è capace di mettere due triple nel giro di pochi secondi con nonchalance,
12,2 punti di media (7 volte con punti pari ai 20 o superiori con il top contro Chicago all’esordio con 27 seguito da una gara contro Detroit il 29 novembre a 26) sono buoni indicatori per un rookie che sta avendo spazio per maturare.
La coordinazione c’è, l’agilità e la reattività difensiva dal mio punto di vista debbono sicuramente migliorare per poterne fare un giocatore più completo ma non ha grandi oppositori interni nel ruolo anche se McDaniels inizia a essere un giocatore interessante ma meno dotato fisicamente e atipico per ricoprire il ruolo di PF.
Buon minutaggio (30,3 a gara di media), deve avere più attenzione e cattiveria agonistica durante le fasi della partita.
Dal mio punto di vista tende un po’ a perdersi per brevi periodi.
Scelto alla posizione n° 52 la forward di 208 cm per 93 kg non ha avuto spazio nella prima parte di stagione ma quando è giunto il suo momento ha dimostrato di valer più della posizione nella quale gli Hornets l’hanno prelevato.
Ala molto atletica ed esuberante anche se non dal fisico colossale, è una piacevole scoperta lanciata da Borrego all’interno della sua green line grazie anche alla cessione di Marvin Williams.
Era uno dei primi giocatori a uscire dalla panchina grazie alle sue doti di tempismo ed esplosività, il limite è l’eccesso di agonismo in qualche occasione su close-out e difese che sono utilizzate da qualche volpone della NBA per procurarsi il contatto a proprio favore.
Aveva un 7 sulla scheda Draft per quanto concerne la capacità difensiva ma Kupchak l’ha preso dicendo che da lui si sarebbero aspettati di vederlo crescere, magari prima a Greensboro.
Incosciente in attacco, può catturare rimbalzi e portare imprevedibili incursioni per le difese avversarie come colpire da fuori (Borrego gli ha chiesto questo e lui l’aveva fatto molto bene all’inizio poi ha perso un po’ la mano).
La sua valutazione più bassa al Draft riguardava la resistenza, una sufficienza che non intacca però il suo gioco a Charlotte visto che i minuti a lui concessi non sono tantissimi ma come PF pura non sembra esserci concorrenza alle spalle di P.J. per cui dovrebbe avere ancora la possibilità di aver un giusto minutaggio.
“Assorbe informazioni e vuole informazioni”, ha detto Borrego. “Non ti sta solo ascoltando, lo sta afferrando. Ci sta pensando. Il più delle volte, non commette più questo errore e se non lo fa (afferrare qualcosa), chiede una seconda volta o una terza volta, inoltre svolge il suo ruolo. Quando dici a un giocatore: “Questo è il tuo ruolo” e lo fa, è accattivante. Non sta cercando di essere qualcosa che non è o qualcosa di cui non abbiamo bisogno in questo momento.”
L’ala/centro numero 12 ed ex capitano di Duke (4 anni), nato in Virginia, ha firmato un Exhibit 10 day contract con Charlotte.
DeLaurier è alto 208 cm e pesa 107 kg.
Ha fatto segnare una media di 3,5 punti e 3,5 rimbalzi in 13,2 minuti durante la sua stagione da senior mentre la media in carriera è di 3,4 punti.
Pessimo tiratore di liberi, buone le percentuali dal campo.
Abbiamo chiesto a Riccardo Pratesi della Gazzetta dello Sport che ne pensa.
“Javin ha un gran motore, grande atleta. Prova a difendere forte ma non ha mezzo movimento, non ha mai imparato a giocare a basket. A Duke ha giocato 4 stagioni e nelle ultime due con buoni minuti ma senza riuscire a fare il salto di qualità. Un bravo ragazzo… un Lance Thomas più atletico con meno tiro”.
C
Cody Zeller
Zeller è un onesto lavoratore, un lottatore ma i suoi infortuni in passato e la sua costruzione fisica l’hanno limitato negli ultimi anni.
Non è più quel giocatore agile che riesce a tenere i piedi “vivi”, in movimento in difesa e finisce troppo spesso per soffrire sia i lunghi opposti o i piccoli più veloci di lui che una volta metteva in difficoltà.
E’ opinione comune che sia lui l’anello debole dello starting five.
D’altro canto il Cody nazionale è al suo ultimo anno e avrà ancora una possibilità per cercare di dimostrare di meritarsi il posto da starter che non sembrerebbe per ora essere intaccato da Biyombo o dai nuovi arrivi al Draft.
Non ha tiro da fuori e questo per Borrego è un piccolo problema: non avere un centro moderno titolare porta un piccolo handicap nel gioco.
Difficile da fermare sulle incursioni con spazi aperti o sui tagli con palla dentro (epicamente unstoppable le sue dunk in corsa), blocchi precisi con ottimo angolo per i compagni sono i motivi per i quali Cody partirà probabilmente da titolare.
Alla posizione numero 32 del recente Draft gli Hornets sono andati su un centro proveniente da Duke.
Nato il 25 febbraio 2001 a Miami, è un lungo di 208 cm per 122 kg.
Vernon Carey Jr. (n° 22) è un centro mancino fisico che è emerso come uno dei giocatori interni più imponenti dell’ACC.
Un atleta imponente che battaglia con energia e fisicità.
La NBA è anche questo e per fare il salto di qualità, l’ex Duke dovrà riuscire a competere con fisici altrettanto massicci. Se al college, come molti giocatori che si avvantaggiano grazie al fisico, poteva sfruttarlo per uno contro uno, adesso deve dimostrare di poter compiere il salto di qualità anche se il giocatore, sotto l’egida di coach K. Ha mostrato di trovare modalità per metter la palla nel cesto.
Riesce a trovare il contatto finendo per segnare grazie alla sua coordinazione superiore rispetto a un centro normodotato. Charlotte cercava un difensore fisico e Carey a Duke lo era mentre cercava di fermare i big man avversari che si aggiravano vicino canestro.
Ha concesso 0,672 punti per post sul possesso. Non veloce nel leggere alcuni situazioni difensive ma ha avuto alcune buone giocate istintive. Lo scorso anno ha fatto registrare una media di 17,8 punti, 8,8 rimbalzi e 1,58 blocchi. Ha fatto registrare 10 partite con almeno 20 punti e 10 rimbalzi. I suoi punti di forza sono: presenza fisicamente imponente in vernice, piuttosto agile per le sue dimensioni, buono skill di mosse in post e potenziale come tiratore perimetrale. Il padre, Vernon Sr., ha giocato otto stagioni NFL con i Miami Dolphins.
Chiedendo un parere a Riccadro Pratesi (tifoso di Duke) della Gazzetta dello Sport mi conferma che Carey sia un super realizzatore, un giocatore old school con ottimi movimenti spalle a canestro che un tempo avrebbe potuto essere un fenomeno (in un altro tipo di basket).
Reduce da una grande stagione al college, a Durham, mancino.
Ha mostrato lampi da passatore e margini da tiratore, il problema è difensivo.
Lento con i piedi soprattutto sul perimetro.
Insomma, nonostante qualche lacuna, ora l’attendiamo – spazio concesso da Borrego permettendo – con curiosità per mostrarci di non essere un bluff e darci delle soddisfazioni.
“Pronto? Pizzeria Biz? Vorrei sapere quando arriverà quella pizza Bismack ordinata un’ora fa”…
“Sì, guardi, il nostro pizzaiolo Bismack la sta infornando nel forno a legna con le sue mani proprio ora”…
Già… perché il punto debole di Biz è avere due mani come una pala per infornare pizze.
Mani non eccessivamente educate, delicate al tiro che lo limitano quasi esclusivamente a essere considerato un giocatore difensivo.
Il problema è che anche lui – più corpulento di Zeller – non è velocissimo negli spostamenti con i piedi e sul primo passo dell’attaccante ma la fisicità, un certo tempismo, l’atletismo e la lunghezza a volte gli permettono di recuperare e piazzare qualche stoppata in più oltre a quelle che effettua da sentinella nei pressi dell’area.
Con lui teoricamente Borrego potrebbe rinunciare a una zona match-up perché copre meglio la zona dell’anello e non è costretto a uscire sul perimetro dove diventa battibile preso in velocità.
Le stoppate non sono numericamente, dal mio punto di vista, quelle che mi aspettavo però la sua presenza serve un po’ a intorbidire le acque, far girare più alla larga gli incursori e a far modificar qualche tiro al penetratore di turno.
A livello offensivo, salvo qualche episodica azione, non si registrano miglioramenti costanti in ball-handling, i suoi punti di rottura in genere non incidono molto su un singolo match.
Almeno non eccede nelle soluzioni personali conoscendo i suoi limiti che, fisicamente si tramutano in un tiro o un appoggio da sotto non avendo un range immenso di tiro.
Ha voluto rimanere decurtandosi lo stipendio a livelli minimi perché voleva vedere che sarebbe successo con i giovani
Noi ci auguriamo che possa vedere il successo di questi giovani mentre lui agirà, grazie al suo carisma (dietro le quinte) come mentore per Monk e gli altri freschi ventenni.
Il centro di Kentucky nato il 29/11/1997 è arrivato agli Charlotte Hornets via scambio per una scelta al secondo giro del Draft 2024. Nato in Giamaica a Kingston, vanta 211 cm per 112 kg ed è stato scelto alla posizione n° 42 del fresco draft.
Richards (n° 14) è emerso avendo anche la fortuna di giocare come matricola sotto la guida dell’allenatore John Calipari.
Ha trascorso la sua seconda stagione uscendo dalla panchina segnando una media di 4 punti e 3,3 rimbalzi a partita. Fisico poderoso, buona esplosività e mobilità. Richards ha un discreto gancio, è un rimbalzista di grande impatto e nelle ultime stagioni è riuscito a usare meglio il suo fisico per aumentare le percentuali vicino canestro anche se è un po’ altalenante. Deve sicuramente migliorare difensivamente ma mostra buone doti nel difender l’anello ed è veloce e mobile nel movimento. Molto aggressivo nell’inseguire i blocchi, ha mostrato più tempismo e capacità di usare la verticalità durante l’ultima stagione.
Le sue basi sono ancora in work in progress, ma è sorprendente la sua capacità difensiva di scivolare e costringere gli avversari a faticare per batterlo.
Detiene il terzo posto a Kentucky per FG% in carriera: 62,8. A Charlotte potrebbe far comodo (sempre non passi plausibilmente più tempo in G League per migliorarsi) perché è un lungo alto, atletico e dalla mentalità difensiva, è molto vivace sotto le plance su entrambe le estremità, imposta schermi efficaci e rolla validamente verso l’anello. Ama il calcio e dice che Cristiano Ronaldo è il suo atleta preferito. “Ognuno ha la propria storia” è la citazione iniziale di una frase di Richards e allora come si usava dire una volta, auguriamoci che il matrimonio tra lui e Charlotte sia una “bella storia”…
Previsioni
Riguardo una previsione numerica sul record finale è difficile sbilanciarsi e non per fattori interni ma piuttosto esterni: alcune squadre a Est hanno acquisito (Atlanta e Washington) elementi importanti per cercare di migliorare la loro posizione in classifica, altre li hanno tirati fuori dalla naftalina (vedi Brooklyn con Durant) mentre altre ¾ squadre al top dell’Est rimangono fuori portata anche se Boston, ad esempio, con i problemi al ginocchio a lungo termine di Walker e la perdita di Hayward, oppure Toronto con la perdita di Ibaka e la “trasferta” in Florida, potrebbero essere meno performanti come lo scorso anno.
Per il primo anno non voglio fare previsioni, vorrei vedere uno sviluppo del gioco e dei giocatori ancor prima dei pur importantissimi risultati.
Sarebbe comunque piuttosto strano non migliorare la percentuale dello scorso anno (23-42) benché il limite di questa squadra, oltre a quello tecnico, sia principalmente l’esperienza.
Lasciando opinione ad alcuni siti:
Hoopshabit.com: 12^ a Est (26 W)
Basket Inside.com: 12^ a Est
Bleacherreport.com: 12^ a Est
Sportsnaut.com: 12^ a Est
Thelines.com: 11^ a Est
USAToday.com: 10^ a Est
NBA.com: 9^ a Est
NBCsports.com: 9^ a Est
In ultimo aggiungo la previsione contenuta nel pezzo di The Shot dell’amico Filippo Barresi:
Anche se dovessimo arrivare in un range tra la dodicesima e la nona posizione a Est non sarebbe un dramma se la squadra salisse di livello per il futuro passo decisivo ma queste previsioni sono una sfida, quindi:
“Cara Charlotte, la sfida è lanciata, le Cassandre ancor si odono, ora tocca a voi squarciare quel velo opaco di sfiducia degli analisti, per una volta ho fiducia”.
La NBA ha diramato la prima parte dell’atteso calendario.
Le partite totali saranno 72 ma per gli Hornets, fino al 4 marzo, saranno 38, 20 da giocare in casa e altre 18 in trasferta.
Vediamo il calendario tratto dal sito ufficiale degli Hornets:
Charlotte inizierà in trasferta il 23 dicembre (24 notte in Italia) contro i Cavaliers, ottimo test per valutare le potenzialità del nostro giovane team. La prima casalinga contro i Thunder avverrà senza la presenza del pubblico amico.
Prima di presentare il pezzo sulla squadra pronta per la stagione, ecco un breve sunto della situazione uscito su The Shot scritto da me con le opinioni in cifre sotto forma di sondaggi espresse dai fan e dai simpatizzanti di Charlotte.
N.B.: Essendo stato scritto prima del taglio di Batum la forma prescelta è stata forzatamente quella dell’ipotesi.
Il bello dello sport è che spesso può offrirti una occasione di riscatto ma tutto va contestualizzato nei tempi.
Correva l’anno 2002 quando Hornets e Magic, due franchigie nate a un anno di distanza (1988 e 1989 rispettivamente) incrociavano il loro destino per la prima volta ai Playoffs.
Questa è la storia di una squadra che si separerà dai propri tifosi, di una palla rubata all’ultimo istante e di una tripla game winner annullata che porterà sconvolgimenti futuri e duraturi nell’intero panorama NBA.
In gara 1 una tifosa si appella (inutilmente) alla presidenza per evitare la paventata ricollocazione della squadra. Foto originali di Fernando Medina/NBAE.
La favorita
La squadra che viene data per favorita a inizio stagione tra le due è quella della Florida con un expected win di 46-36 contro il 44-38 di quella di base nel North Carolina.
Orlando è data avanti anche perché in squadra c’è un certo Grant Hill, un’icona della lega dopo sei anni ad alti livelli a Detroit è il giocatore già pronto da affiancare all’astro nascente Tracy McGrady.
Vedremo tra poco perché tuttavia alla vigilia dei Playoffs le parti si invertiranno.
La presentazione delle squadre
Hill giocherà solamente 14 partite non arrivando nemmeno a dicembre anche nella sua seconda tormentata stagione in Florida per problemi alla caviglia.
Tra le fila dei Magic, McGrady, arrivato la stagione precedente da Toronto, fa registrare un’impennata nelle cifre che lo vede proiettarsi tra i migliori giocatori della NBA grazie a un talento cristallino ma anche la sua schiena è composta dello stesso trasparente materiale.
Le sue cifre con la squadra di Disneyland si impennano anche perché tra le concause troviamo un roster piuttosto mediocre per quei livelli NBA.
In Florida sbarcano Patrick Ewing, alle soglie dei 40 anni, il mazzolatore ex Bulls Jud Buechler e sempre tra i lunghi si rifirma Horace Grant, solido ma anch’esso in età avanzata (36 anni), il quale sarà, dal mio punto di vista, una delusione per i Magic (in questa specifica serie).
Interessanti le guardie Darrell Armstrong e Troy Hudson per dar problemi con il loro tiro e la loro rapidità mentre tra le ali troviamo Pat Garrity, Don Reid e Monty Williams (quest’ultimo sarà poi l’allenatore dei New Orleans Hornets di Marco Belinelli) come giocatori che andranno ad occupare un posto nella serie di playoffs.
Chiudiamo con il centro Mike Miller, bianco, miglior amico di McGrady che, episodio buffo, compra una barca ma non ha dove attraccarla e viene soccorso da T-Mac che insieme alla casetta che ha comprato possiede anche un laghetto all’interno…
I tabellini e i roster delle squadre sono state prese da Basketball-reference.com.
In casa Hornets succede di tutto alla vigilia del trasferimento a NOLA ma il roster è composto da un solido nucleo che vede su tutti il Barone Davis e il Tritatutto Mashburn.
Baron (Walter Louis) Davis è un giocatore di 191 cm, un piccolo torello ante-litteram CP3, ma dal punto di vista dell’altezza è “normodotato” per i parametri NBA, eppure è entrato nel cuore di molti tifosi, anche successivamente quando si spostò ai Warriors.
Perché?
Perché il Barone è una potenza della natura fattasi uomo; è una potenza dinamica, una manifestazione tumultuosa, affascinante e spaventosa per gli avversari, è il limite dell’epoca, un connubio di potenza ed elevazione non umana che il filosofo Kant definirebbe come sublime dinamico (chiedere a Garnett e non solo).
Ad affiancarli ecco le due colonne d’Ercole P.J. Brown e Elden Campbell con cm e tecnica dalle parti del pitturato e per allargare il campo con il tiro si vede spuntare il folletto David Wesley a completare il quintetto.
La panchina è più che discreta con l’aggiunta di Plastic Man Augmon, Lynch (ottimo difensore) e Traylor, giocatore lento ma che sprigionava enorme potenza all’occorrenza, uno che ha visto l’Italia da player e ci ha lasciati troppo presto per problemi legati al suo visibile sovrappeso, inoltre l’ex Milano Lee Nailon garantisce punti di rottura (33 volte in doppia cifra su 41 giocate in stagione regolare) e il canadese “Big Cat” Jamaal Magloire si va ad aggiungere in pericolosità alla batteria dei lunghi.
I precedenti
Gli Hornets in stagione battono 3-1 i Magic: dopo il 99-109 patito al TD Waterhouse Centre il 23 novembre, il giorno seguente in back to back battono Orlando a Charlotte 103-101.
Le squadre si rivedranno a marzo, il 22, con gli Hornets corsari 106-92 a casa di Doc Rivers (coach Magic) e i Calabroni saranno vincenti anche allo Charlotte Coliseum (il 27) per 111-104.
Orlando sul 31-30 in stagione ha un break di 6 vittorie consecutive in marzo che porta la squadra ad avvicinarsi a rispettare il record indicato ma nelle ultime cinque gare arrivano quattro sconfitte (due contro Miami compresa quella decisiva il 17 aprile in casa 89-103.
Migliori momenti; la vittoria in casa il 9 novembre sui Kings, quella in trasferta contro i Nets e contro Boston in casa entrambe in gennaio.
Charlotte, invece, ha il momento più alto tra fine gennaio e inizio febbraio quando batte San Antonio, Houston e Memphis in fila e tutte tre in trasferta con gli Spurs che arriveranno a 58 vittorie a fine stagione mentre casualmente gli Hornets hanno la loro striscia vincente più lunga in marzo con sette e nel rush finale delle ultime cinque partite arrivano tre vittorie decisive per avere il fattore campo sui Magic (contro gli Heat nella penultima e contro i Bulls nell’ultima).
44-38 per ambo le squadre con gli scontri diretti a favore e una squadra che sembra poter avvicinare le superpotenze a Est, Charlotte entra da favorita nei playoffs per questa serie.
A tener banco però è la storia che vorrebbe Charlotte abbandonata dal presidente Shinn, che, entrato in rotta di collisione con il pubblico per scandali personali e scambi di giocatori non propriamente consigliabili (spesso redditizi però), trova la chiave per portar via la squadra chiedendo una nuova arena sovvenzionata con fondi pubblici che i charlotteans non concederanno.
L’ex moglie di Shinn tra l’altro chiede parte dei proventi di un’ipotetica e ventilata vendita della franchigia da parte di Shinn ad altri possibili acquirenti e questo fattore sommerso potrebbe aver condizionato nel bene e nel male la vita dei Charlotte Hornets che conosciamo e come sono giunti fino a noi, oggi.
Nell’aria, esisteva anche l’ipotesi alquanto bizzarra, che un imprenditore (tale Bruton Smith), legato al mondo delle corse NASCAR con la Speedway Motors, potesse portare proprio i Magic a Charlotte anche se di lì a poco con la promessa di Stern di portare una nuova franchigia in città a breve la situazione non si verrà mai a creare.
Costanti incroci tra i due team quindi che vanno a intrecciarsi concretamente sul parquet lasciando le speculazioni al mondo virtuale.
Game 1
La festa finale per la vittoria sul filo in Gara 1 il 20 aprile.
Se qualcosa può andar storto in casa Hornets è sicuro che lo farà, più che un assioma è una verità che sbatte in faccia a Charlotte ancora una volta nel momento più importante della stagione.
Uno dei principali trascinatori della squadra della Queen City, Jamal Mashburn, è influenzato ma scende ugualmente in campo come fece Jordan a Salt Lake City mentre Baron Davis dorme soltanto due ore prima della partita perché vola a trovar la nonna sulla costa pacifica colpita da infarto.
La differenza con MJ è che Monster Mash non si regge più in piedi e i Magic ne approfittano anche perché nel primo quarto (7:14) Baron Davis prende la linea di fondo sinistra battendo Grant, passa il canestro in salto tentando di schiacciare dopo aver ruotato il corpo in aria.
Sarebbe una slam dunk meravigliosa ma la palla finisce sul ferro e fotografa anche il punteggio che, dopo (anche) un poster di McGrady su P.J. Brown, a pochi secondi dalla fine del quarto dice 17-28 in favore di Orlando prima che lo stesso Barone azzardi con sregolatezza una tripla vincente con Ewing e Hudson addosso per chiudere sul -8 la prima frazione.
Se McGrady ha qualche problema alla caviglia e Miller alla schiena per i Magic, Mashburn di lì a poco prima vomiterà e poi ci saluterà uscendo dall’arena sulle sue gambe prima che gli inservienti lo mettano su una barella e un’ambulanza per correre in ospedale.
Al suo posto entra una conoscenza milanese, Lee Nailon che nel terzo quarto riceve un passaggio di Davis, prende la linea di fondo, imita Davis andando oltre il ferro finendo il lavoro con una spettacolare schiacciata in girata a una mano per il 46-48.
Rivers chiama il time-out e i Magic riallungano sul 57-68 a fine terzo quarto.
La squadra ospite sembrerebbe poter conservare il vantaggio ma i padroni di casa spingono e quando in post basso destro Lynch (lavoro difensivo decisivo su McGrady), in uno contro uno a 4:15 dal termine, lascia partire il fade-away che si infila morbidamente in retina, i Calabroni passano avanti (76-75).
Il finale è convulso, gli Hornets salgon sul +4 ma McGrady dalla lunetta potrebbe pareggiare a quota 80, sfortunatamente per lui il primo libero salta via e si arriva a un finale nel quale Reid intercetta un passaggio di Davis.
Sei secondi e sette decimi da giocare, palla al go to guy McGrady che si avvia in penetrazione a prendere il tiro decisivo ma il Barone, come un ninja, si fa perdonare: ruba clamorosamente all’asso avversario in palleggio la sfera e lancia Magloire in un’altra schiacciata a elicottero della quale sarebbe orgoglioso Igor Sikorskij, peccato arrivi fuori tempo massimo.
Il Barone lancia via la headband, il pubblico di Charlotte, ben più rumoroso di quello attuale, in delirio, impazzisce per una vittoria al fotofinish 80-79.
Ipse Dixit:
“Baron è venuto fuori dal nulla e mi ha preso palla” – Tracy McGrady
“Abbiamo giocato con Mash fuori per metà della stagione in modo da sapere come vincere senza di lui” – Baron Davis.
Game 2
George Lynch, contrastato da McGrady, prova ad andare al tiro il 23 aprile.
In gara 2 Mash è ancora out per una lieve anemia e carenza di vitamine (così diagnosticano in ospedale) mentre i Magic hanno voglia di rivalsa, la loro difesa fa la differenza come un attacco che oltre a TMC trova protagonisti estemporanei come Darrell Armstrong bravo a inizio partita a metter dentro una giocata da 4 punti.
Orlando arriva all’intervallo scavando un solco di 15 punti (47-62) nonostante la schiena di McGrady e un cuscino posto alle sue spalle quando siede in panchina e i consigli fantasiosi di sciamani su come rimetterlo in piedi come soluzioni di sale e aceto…
Il piano di Paul Silas di farlo stancare e logorare facendolo “scatenare” a inizio gara non ha successo.
Il numero di rimbalzi che avevano fatto la differenza a favore di Charlotte in gara 1 ora sono dalla parte dei Magic che sembrerebbero poter agevolmente portare a casa la partita ma l’ennesima fiammata dei Calabroni, pur con un Davis tutto sommato tranquillo, porta a un elastico tra il -2 ed il pari nel finale, è così che Campbell, pilastro d’attacco di Charlotte, sfrutta un passaggio in post basso e appoggia magistralmente alla tabella oltre Grant trovando il 99 pari e l’OT.
Nel supplementare gli Hornets difensivamente sono tosti ma non ne hanno più in attacco così quando lasciano a Garrity un po’ di spazio per piazzar la tripla con i piedi per terra del +3 ORL gli ospiti vanno in fuga.
Finisce 103-111 con gli Hornets capaci di piazzare solo un tiro nell’OT cavalcando troppo l’idea di Campbell sotto i tabelloni e che non riesce a produrre per i compagni.
Game 3
Lee Nailon, anche giocatore di Milano, difende la palla in gara 3 il 27 aprile.
Baron Davis, si riprende dalla sagra delle algie.
Se in gara 2 era risultato poco incisivo e timido perché disturbato da spasmi alla schiena in questa serie andrà per la tripla doppia con 33 punti, 14 rimbalzi e 10 assist…
Altra gara tiratissima dopo la prima vinta di un punto dai Calabroni e la seconda dai Magic al supplementare.
Non sembrerebbe dopo poco più di sei minuti con i Magic avanti 8-22 ma Charlotte già a fine primo quarto chiude sul filo pareggiando grazie a una steal di Augmon e a una dunk di Davis che galleggia in aria schiacciando a una mano in transizione (27 pari).
Partita che cambia volto e Hornets a metà secondo tempo avanti 44-31 quando Davis si appende in orizzontale in schiacciata…
La partita si capovolge con uno 0-9 nel terzo quarto per il 56-64 Magic e a inizio ultimo quarto Rivers cerca di motivare i suoi dicendogli “every rebound, every match-ups, every lose ball” ma le squadre, dopo il sorpasso Hornets, a causa di una tripla di McGrady si ritrovano sul 92 pari.
C’è una rimessa per gli Hornets che entrerà nella storia come uno dei torti più clamorosi della storia della NBA: Sette decimi dalla fine, palla a P.J. Brown che da sulla top of the key a Baron Davis che in contro-movimento viene a prendersi la sfera e la rilascia immediatamente andando oltre Reid e McGrady a far da barriera, il tiro disperato batte sul plexiglass e affonda Orlando ma non l’arbitro Bernie Fryer che annulla incredibilmente il canestro.
Questo “incidente” o meglio, errore, porterà Stern a rivalutare la possibilità di usare l’Instant Replay che arriverà nella stagione 2002/03.
Nel frattempo Charlotte entra nei playoffs aprendo con un libero e una tripla di Davis che chiuderà con un’altra tripla (nel mezzo due piazzati di P.J. Brown) prima di ritoccare il punteggio con un FT per il 110-100 per un finale senza storia.
Ipse Dixit:
“Fondamentalmente finisci per avere uno standard che dice che non è umanamente possibile fare qualcosa in meno di 0,7 secondi e poi qualcuno lo dimostra, questi sono i tipi di protocolli che usiamo.” – David Stern…
Game 4
“The Plastic Man” lanciato verso la schiacciata in solitaria in gara 4 il 30 aprile.
Gara 4 per i Magic è l’ultima spiaggia dopo che nella partita pilota i Calabroni hanno preso il vantaggio espugnando il TD Waterhouse Centre ma Orlando è quasi esclusivamente McGrady che realizza altri 35 punti e costringe Magloire (sua miglior partita di Playoffs nella serie con 19 pt.) a una specie di inverted facelock da wrestling per bloccarne un’incursione.
Joe Forte espelle Magloire a 5:30 dalla fine ma i Magic vedevano McGrady peggiorare dopo lo scontro e ricavano solo tre punti dal fallo per andare sul -9 (87-78) ma un 7-1 di parziale in poco più di un minuto trascinavano Charlotte sul +15 (94-79) verso la vittoria.
Charlotte, aggressiva, vincerà 44-26 la battaglia in vernice.
Partita dura con Mike Miller a procurarsi un taglio sul sopracciglio su un gomito di P.J. Brown su un blocco ma McGrady e Davis si abbracceranno a fine partita, chiusa 102-85.
Ipse Dixit:
T-Mac ha detto che è lui il miglior giocatore della serie.
“Non volevo entrare in tutto questo, stavo solo cercando di guidare la mia squadra” ha detto Davis.
“Tracy ha dominato il gioco con una brutta schiena, quindi immagina cosa avrebbe fatto se fosse stato al 100%. È ovviamente uno dei primi cinque giocatori in campionato. Sono solo un giovane ragazzo che cerca di ottenere un po’ (di pubblicità).”
Intelligente Davis che concede l’onore delle armi ma in questa serie il migliore complessivamente, è stato lui.
Da una vecchia VHS, uno spezzone di NBA Action in italiano andato in onda su RAI 3 all’epoca.
E’ Il “The Last Dance” di Charlotte che vince l’ultima serie di Playoffs prima di soccombere 1-4 con i fortissimi New Jersey Nets di Jason Kidd ma poco importa al pubblico che sa che quello appena andato in scena è il triste finale della storia d’amore tra gli Hornets e Charlotte, ormai già a New Orleans.
Nessuno ancora sapeva però che un giorno i Calabroni, pur in altra veste, sarebbero tornati imprevedibilmente a volare in città…
Fattori Chiave ed esito finale
Charlotte non avrà Jamal Mashburn (con lui una serie di 11 W e 2 L in marzo) che faceva paura a Est ma un Baron Davis (100 punti nella serie) che nelle due gare a Orlando domina infilando due triple doppie vincerebbe il premio MVP della serie ed è semplicemente “too much” per la squadra del Doc. Gli Hornets, al contrario di oggi, dominano il pitturato con giocatori solidi e tecnici come P.J. Brown e Campbell mentre anche Magloire fa sentire il suo peso, il tutto previsto nel piano di Silas di attaccare all’interno del pitturato i più piccoli Magic che non possono contare molto su un Ewing non sempre affidabile e troppo lento (uno dei “meno peggio” dei suoi), come la controparte Traylor.
Per Charlotte è massive frontline che genera anche gioco dentro-fuori all’occorrenza, i Magic invece puntano tutto sulla velocità (Darrell Armstrong e Troy Hudson finiranno la serie con 61 punti segnati e 51 rispettivamente) sul tiro da fuori riuscendo spesso a rimaner avanti in partita anche grazie alle puntate rapide di un McGrady che chiuderà con 123 punti totali la serie.
Tiratori come Pat Garrity danno poco alla squadra e il confronto tra panchine vede nettamente vincente Charlotte che sfrutta un mix tra esperti veterani come Augmon e giovani come Lee Nailon (in stagione regolare è assurto a ruolo di prezioso sesto uomo quando Mashburn è rimasto fuori) per portare a casa preziosi punti di rottura.
Non basta ai Magic essere terzi per ritmo in Regular Season, Charlotte riesce a limitare difensivamente (settima difesa in Regular Season) l’attacco dei Magic (100,5, 4° in NBA), unico a Est sopra i 100 punti di media ma il 98,9 punti subiti rendono la squadra di Rivers anche la terzultima difesa della lega.
Personalmente ho sempre amato di più squadre con più talento che girassero più lontano da canestro come gli Hornets di oggi (rispetto all’epoca le parti si sono abbastanza invertite a livello tattico e fisico) ma essendo fan dei Calabroni, mi soddisfa l’esito finale della serie che va per logica dell’epoca sotto la spinta di un Baron Davis in più, anche grazie a qualche acciacco Magic senza sminuir assolutamente la vittoria finale dei teal & purple.