Per gli Hornets, nonostante i simpatici benauguranti auspici promozionali del signore narratore in video qui sotto (il mio giocatore preferito di sempre) la stagione è stata a livello delle due precedenti culminando con qualche disgrazia, oltre che nei risultati, per dei giocatori chiave che sono stati esclusi per infortunio – gioco forza – fin troppo presto in stagione, vedi Tre Mann, Grant Williams e Brandon Miller ai quali si aggiunge da poco LaMelo Ball (altra stagione a intermittenza nelle presenze) ma quando la stagione era già deragliata.
Siamo arrivati a game 78 ma ormai a quattro partirte dala fine gli Hornets hanno mollato nettamete la presa, anche in caso di vittoria contro una delle tre squadre in programma rimanenti, non sposterebbe.
Stanotte alla una è in programma l’ultima partita casalinga, contro Memphis.
Tra le poche luci in stagione possiamo provare a vedere quel bicchiere meno di un quarto pieno (percentuali alla mano) provando a ripercorrere le migliori 12 vittorie (sono solo 19 in stagione al momento a fronte di 59 sconfitte) in stagione, almeno secondo me:
12) Game 12 Vs Milwaukee Bucks 115-114
Finale pazzesco, ultima chance per Antetokounmpo che tira frontalmente ma colpisce il ferro sullo sforzo difensivo di Grant Williams così Charlotte mette in tasca una vittoria che corona un bello sforzo.
11) Game 15 Vs Detroit Pistons 123-121
Dopo una win al cardiopalma contro Detroit, non passa molto tempo e gli Hornets si riconfermano sul filo per ottenere un’altra vittoria casalinga al The Hive.
10) Game 1 @ Houston Rockets 110-105
Partita d’esordio con la squadra quasi al completo. Mancano Mark Williams e dopo un paio di prodezze si fa male anche Brandon Miller che tuttavia salterà solamente una manciata di partite. La squadra tra individualità e giocate d’insieme, ribalta la patita e trova le giocate vincenti nel finale sovvertendo il pronostico su un campo stico come quello di Houston.
09) Game 75 Vs Utah Jazz 110-106
Partita passata praticamente interamente al comando con qualche guizzo dei Jazz per impattarla. Si giunge al finale all’Alveare dove i Calabron la spuntano su quella che attualmente, classifica alla mano, è divenuta la peggior squadra NBA. Risultato da ricordare perché Charlotte vince la serie 2-0 e non accadeva dal 1994/95 in North Carolina…
08) Game 69 Vs New York Knicks 115-98
Vittoria convincente di Charlotte ottenuta con LaMelo sul parquet (chissà se la prossima stagione sarà ancora nella Buzz City) ma soprattutto di squadra che esalta anche la difesa nel finale, un aspetto davvero mancante in troppe partite di Charlotte quest’annata. Le magagne non risolte totalmente sul perimentro perché non sempre Green è stato al top e l’arrivo del doppione Okogie più energetico non bastano a colmare tante lacune diferenti ma la vittoria dei “viola” contro una squadra quotata come New York in casa, dopo diversi anni e con tanto pubblico arancioblu è stato un bel momento.
07) Game 42 Vs New Orleans Pelicans 123-92
Il “derby” finisce 1-1 in stagione. Gli Hornets al ritorno in Louisiana decidono di perdere appositamente per mantenere la posizione di vantaggio per la lottery che gli garantirebbe un 1,5% in più rimanendo in terzultima posizione a scapito dei “cugini” quartultimi. All'”andata” Charlotte gioca una partita nella quale le va bene quasi tutto e ottiene la più larga vittoria stagionale.
06) Game 66 @ San Antonio Spurs 145-134
Sulla falsa riga della partita appena citata contro NOLA, ecco un’altra partita record in attacco per gli Hornets che il 14 marzo infilano 26 triple, record di franchigia e prima che gli Speroni accorcino nel finale vanno avanti anche di 31, cifre che non capitano spesso, soprattutto di questi tempi.
05) Game 64 @ Miami Heat 105-102
Bridges e Williams emergono nel rollercoaster finale consentendo agli Hornets di sbancare la Florida contro una “rivale divisionale”. La vittoria costituisce l’unica W di Charlotte contro le altre squadre della propria divisione, infatti, Atlanta, Orlando e Washington addirittura, hanno spazzato tutte la serie 4-0 contro la squadra di Lee… Hornets che finiscono con un terribile 1-15 nella Southeast Division ma almeno regalano questa emozionante impresa.
04) Game 08 Vs Detroit Pistons 108-107
E’ la partita del game winner di Brandon Miller che elude il tagliafuori di un difensore e saltando converte il rimbalzo nel tentativo vincente in correzione all’ultimo respiro. Grande atmosfera e bella vittoria così anche Miller – che aveva finito per perder palla su un raddoppio – pochi istanti prima, si riscatta e si prende la vittoria.
03) Game 38 @ Chicago Bulls 125-123
Trend negativo per Charlottwe contro Chicago anche nell’utima partita di fine anno precedente dove l’OT in North Carolina sorride ai Tori. I Calabroni si rifanno soddisfacentemente in Illinois dove l’ultimo quarto è bello e bizzarro, Hornets sotto, poi in rimonta, quando sembra riescano a dare lo stacco netto, la squadra di Donovan la rimette in piedi e ha due occasioni da tre punti sull’ultima azione per vincere ma Vucevic e LaVine sono stretti bene nella morsa rispettiva di Bridges e Green che sui due close-out fanno vincere a LaMelo il derby con il fratello Lonzo.
02) Game 53 @ Los Angeles Lakers 100-97
Dopo lo scambio negato da parte gialloviola, era la partita di ritorno per Mark Williams, mancato losangelino. Gli Hornets si vendicano sportivamente sorprendendo la nuova squadra californiana composta da James e Doncic. L’ex Heat e Cavs sulla sirena ha un paio di occasioni (esattamente come contro i Bulls) per pareggiare ma le manca e gli Hornets sbancano la Crypto.com Arena.
01) Game 49 Vs San Antonio Spurs 117-116
Gli Hornets vincono 2-0 la serie in stagione contro i Texani anche perché LaMelo Ball sull’ultima azione offensiva della partita scarica la palla a Miles Bridges che dall’angolo sinistro fa centro, sorpassa ed evita la sconfitta agli Hornets con un insperato buzzer beater grazie finalmente ad un’azione costruita e finalizzata bene.
La saga della trade momentaneamente fallita tra Lakers e Hornets aggiunge un nuovo capitolo.
Secondo Shams Charania di ESPN, gli Hornets sono in contatto con la NBA mentre tentano di esplorare le opzioni per contestare la decisione presa dai Lakers di bocciare Mark Williams alla visita medica.
“Gli Hornets stanno valutando i loro prossimi passi e soppesando le vie per contestare il processo di valutazione dei Lakers o cercare soluzioni alternative con l’ufficio della lega”, ha riferito Charania lunedì.
Le ragioni esatte del fallimento della visita medica di Williams non sono ancora esattamente note, tuttavia, secondo Dave McMenamin di ESPN, la decisione è stata presa in base a molteplici problemi e non all’infortunio alla schiena che lo ha tenuto fuori per gran parte della scorsa stagione.
Williams ha giocato solo 85 partite nelle sue prime tre stagioni NBA a Charlotte.
Oltre a quell’infortunio alla schiena, è stato limitato da problemi che coinvolgono i piedi e il pollice.
Sebbene corra rischi di infortuni a lungo termine, sembra essere abbastanza in salute per giocare in questo momento, infatti, MarkWilliams ha giocato 23 partite sulle ultime 28 prima dello scambio avendo anche una buona media di 15,6 punti e 9,6 rimbalzi in 25 minuti a partita.
Ora Williams (che su un noto social aveva già messo due cuoricini, uno di colore giallo, l’altro viola) si trova in una posizione scomoda.
Se Charlotte andrà avanti nella causa e avrà successo (al momento non è chiaro se ci siano delle possibilità realistiche che ciò accada), Mark Williams finirà ai Lakers divenendo idoneo all’estensione contrattuale coi Lakers durante l’estate, sapendo già però che lo staff medico dei californiani non si fida della sua salute a lungo termine.
Se, al contrario per varie ragioni (al momento sembra l’ipotesi più probabile) gli Hornets non riuscissero a forzare con successo lo scambio, Williams rimarrebbe con una squadra che non solo lo ha scambiato ma ha anche cercato aggressivamente di forzare quello scambio dopo averlo riaccolto pubblicamente dopo l’annullamento iniziale dell’accordo.
In entrambi i casi, uno dei giovani giocatori più talentuosi della NBA si trova improvvisamente ad affrontare un futuro estremamente incerto.
Al momento due squadre sembrano litigare per decidere chi di loro sarà costretto a prenderlo.
Certo, dovessimo essere in buona fede, per Charlotte potrebbe essere più interessante avere Knetch e la scelta futura rispetto a riprendersi Mark Williams ora che è arrivato Nurkic mentre se gli Hornets avessero nascosto informazioni sulla salute di Williams farebbero una pessima figura in un contesto già di per se oggi non idilliaco e non è che la società negli ultimi anni stia collezionando “figuroni” tra risultati, problemi vari tra giocatori, gestione e in ultimo il famoso bambino della Playstation.
Forse in società non è andata giù che i Lakers abbiano dato dei truffatori a Charlotte (un conto è essere pessimi, un altro è essere volutamente disonesti) e magari gli Hornets oggi pretendono una qualche forma di risarcimento per lo scambio fallito nel quale, per effetto del pensiero dominante, la colpa ricadrebbe sugli Hornets.
Personalmente suggerirei alla NBA di istituire un concilio medico indipendente per queste rare occasioni che neutralmente possa valutare la salute di un giocatore e parametrarla a delle tabelle di idoneità o meno poiché le due squadre coinvolte non stanno facendo una grande figura, ed è probabile che se si dovesse arrivare ad un nuovo confronto risolutivo, a oggi, per come vanno le cose nella lega e per il fatto che Charlotte sia una franchigia nettamente più “piccola”, gli Hornets probabilmente sarebbero coloro che ne uscirebbero più danneggiati.
Se Williams rimanesse in roster da qu alla fine della stagione c’è la possibilità che se ne vada da Charlotte abbastanza arrabbiato perché passare da incedibile ad essere scambiato a sorpresa per non molto a oggi (poi magari domani Knetch diverrà fortissimo) non credo gli abbia fatto piacere e potrebbe aver minato la sua fiducia anche se nella NBA (vedi trade Doncic – Davis) tutto (o quasi) può accadere.
Rientrando troverà probabilmente il duo Moussa Diabate e Jusuf Nurkic.
Il primo è fresco di contratto a tempo indeterminato, ufficiale, da tre anni dopo essere stato two-way per 42 partite…
Il secondo è ancora nel limbo… si aspetta che la trade con Phoenix venga ratificata ma per ora nulla e potrebbero essere proprio gli Hornets a tergiversare perché se Williams dovesse tornare sarebbe tutto diverso.
Ovviamente, quando questa situazione si sarà sbloccata, indipendentemente se insieme al viola Williams vestirà di giallo o di teal, dovrà dimostrare di avere una buona salute e mantenersi su buoni livelli per avere un futuro in NBA ora che luci oscure sono state gettate dai Lakers nei suoi confronti.
Williams è un buon giocatore ma non un fenomeno, in attacco manca di protezione della palla sotto canestro e in difesa il suo sforzo è parso troppo fiacco contro i Lakers e contro Washington ad esempio.
Per lui e per Charlotte sarebbe bene rimanesse (se le cose rimanessero tali) e giocasse bene e con costanza in maniera da far aumentare il suo valore a vantaggio di entrambi.
Avrebbe tutte le carte in regola per affermarsi perché ha un buon fisico, sa andare a rimbalzo e non gioca male i pick and roll ad esempio, riuscendo anche recentemente a migliorarsi in fase di appoggio ai compagni, però il suo valore oggi è calato per i sospetti su di lui dopo la revoca dello scambio.
E per adesso stranamente il Trademark pare non lo voglia più nessuno…
Matt Geiger è stato uno dei centri degli anni ’90 degli Charlotte Hornets.
Matt Geiger da rookie con gli Heat.
Potremmo prenderlo ad esempio, oggi, come modello di tenacia anche senza una forza fisica devastante ripercorrendo la sua parabola con Charlotte.
Arrivato in un pacchetto comprendente anche Glen Rice, da Miami, come un fulmine a ciel sereno, il presidente George Shinn si sbarazzava alla vigilia della stagione 1995/96 di Alonzo Mourning, uomo che avrebbe potuto far balzare ai piani altissimi Charlotte ma le cui richieste, espresse dal manager, erano divenute “insostenibili” per l’ex lavamacchine (Shinn) che aveva creato gli Hornets.
Geiger arrivò in punta di piedi e gli Hornets fallirono per un soffio la qualificazione playoff al primo anno riuscendo però a raggiungere l’obiettivo l’annata successiva dove gli Charlotte Hornets disputarono la loro miglior stagione ma vennero eliminati da New York al primo turno e poi nuovamente riuscirono nel 1997/98 a giocarli battendo gli Hawks al primo turno, perdendo al secondo con i Bulls di MJ al canto del cigno.
La sua brillante carriera universitaria portò Geiger a essere selezionato dai Miami Heat nel secondo round (42a scelta assoluta) del draft NBA del 1992.
Giocatore particolarmente duro, in un’amichevole prestagionale colpì Shaq con la classica manata per non far alzare la palla sotto il canestro al giocatore dei Magic e gli ruppe un dito…
Inizialmente Geiger non si rasava la testa ma quando seppe che suo fratello gemello era stato colpito dal Linfoma di Hodgkin, un cancro raro che colpisce specialmente in età giovanile, decise di radersi per supportare il fratello che aveva perso i capelli durante la terapia.
Matt Geiger agli Hornets.
Giocò nella NBA per 10 stagioni dal 1992 al 2002 con 3 squadre: Miami Heat, Charlotte Hornets e Philadelphia 76ers.
A Charlotte giocò tre stagioni e un paio di sue triple a Chicago contribuirono a rompere la lunghissima imbattibilità dei Bulls allo United Center che quella sera uscirono sconfitti 98-97.
Matt aveva un discreto tocco, un fisico troppo leggero da centro che gli permetteva però di switchare in ala grande o di essere un centro anomalo e veloce.
La società però cerca di meglio e decide di “sacrificare” Kobe Bryant già destinato ai Lakers ma scelto alla 13 dagli Hornets per scambiarlo con Vlade Divac che nell’autunno 1997 diviene il centro titolare di Charlotte relegando Matt ad un ruolo dal minutaggio inferiore ma non per questo meno decisivo.
Lasciata Charlotte per Philadelphia, nell’estate del 2000, il rifiuto di Matt Geiger di rinunciare a una clausola di scambio da 5 milioni di dollari nel suo contratto fermò un accordo a quattro squadre tra Philadelphia, gli Hornets, i Detroit Pistons e i L.A. Lakers che avrebbe mandato Allen Iverson ai Pistons.
Fu anche sospeso per 2 partite durante la stagione 2000-01 per una violazione della politica sugli steroidi della NBA/NBPA e giocò contro Charlotte un playoff che i 76ers di Iverson vinsero.
Geiger ebbe poi infortuni al ginocchio che lo costrinsero a ritirarsi presto nel 2002 con una media di 9,2 punti e 5,7 rimbalzi a partita.
Matt Geiger ha segnato il suo record di punti in una partita NBA il 02 marzo 1998. Quel giorno segnò 29 punti nella vittoria casalinga di Charlotte su Golden State per 112-83.
Matt Geiger ha segnato il suo record di rimbalzi in una partita NBA il 27 gennaio 1996. Quel giorno raccolse 21 rimbalzi nella vittoria di Charlotte in casa contro Philadelphia per 110-105.
Matt Geiger ha segnato il suo record di stoppate in una partita NBA il 31 marzo 1998 al The Hive. Quel giorno bloccò 5 tiri nella vittoria ottenuta da Charlotte sempre sui 76ers 101-93 andando in doppia doppia con 12 punti ed altrettanti rimbalzi.
Durante la sua permanenza con i Calabroni nella seconda parte della metà anni ’90 fu coinvolto lateralmente, suo malgrado, in quella che oggi chiameremmo una storia di femminicidio.
Geiger posò con la cameriera degli Hooters Tanya Hillerud al ristorante di Port Richey dandole poi il suo numero di cellulare.
In quella sera del maggio 1997 (se non erro), la Hillerud che aveva 26 anni, mostrò la Polaroid e il numero scarabocchiato su una ricevuta degli Hooters, al suo fidanzato convivente, Vincent Rizzi.
La Hillerud non aveva chiamato però il centro di Charlotte.
I testimoni hanno detto che Rizzi sembrava imbarazzato e turbato.
Più tardi, la coppia litigò.
Due giorni dopo, il 2 giugno, Rizzi sparò mortalmente alla testa di Tanya Hillerud con una pistola disse la polizia.
L’incontro casuale di Hillerud con Geiger e le discussioni che ne sono scaturite con Rizzi sono descritte nei documenti pubblicati mercoledì dall’ufficio del procuratore distrettuale.
“Rizzi era una persona possessiva” ha detto l’investigatore privato Mike Holden, che lavorava per la famiglia di Hillerud.
Tim Fiandola, che viveva con Rizzi e Hillerud nella casa in cui è avvenuta la sparatoria, affermò ai detective dello sceriffo di Pasco che Rizzi era “ovviamente geloso” e arrabbiato per l’incontro della sua ragazza con Geiger.
Era arrabbiato anche perché Hillerud aveva accettato il numero di Geiger disse Fiandola.
Le cameriere di Hooters rivelarono ai detective che Geiger era andato al ristorante con degli amici solo 15 minuti prima della chiusura posando per delle foto con alcune di loro.
La mattina presto del 2 giugno, ha detto Fiandola ai detective, ha visto Rizzi recuperare una pistola Glock dal bagagliaio dell’auto di Hillerud, dove era stata messa da un amico qualche giorno prima.
Rizzi ha preso la pistola dalla custodia, ha caricato il caricatore, poi ha rimesso la pistola nella custodia e se n’è andato con essa, dice Fiandola.
Fiandola, che lavorava di notte e dormiva di giorno, ha detto di essere stato svegliato verso le 15:30 dai rumori di Rizzi e Hillerud che litigavano mentre erano in piedi in un bagno lì vicino prima di sentire uno sparo e trovare lei a terra, ormai priva di vita.
La casa non aveva un telefono, quindi Fiandola si è precipitato a una stazione di servizio lì vicino per chiamare la polizia.
La polizia ha trovato Rizzi in casa ed è stato preso in custodia.
Ken Hillerud, il padre di Tanya, ha detto di aver chiamato Geiger dopo la sparatoria.Geiger, ha detto, ha offerto le condoglianze e gli ha assicurato che non stava cercando di “andare a prendere” sua figlia quella sera, invece, Hillerud ha detto che a Geiger piaceva usare le cameriere di Hooters nelle promozioni che conduceva, come le cliniche di basket o negli eventi di beneficenza.
Il padre di Tanya ha detto che sua figlia stava per lasciare Rizzi e che pensava che quella decisione avesse portato alla sparatoria ma ha detto che la gelosia per Geiger ha sicuramente contribuito.
“Qualsiasi cosa potrebbe far scattare quell’uomo”, ha detto.
“Solo Vincent Rizzi sa per certo perché ha fatto quello che ha fatto”.
Lasciata alle spalle questa triste e purtroppo troppo ripetuta storia, tornando a Geiger, qualche anno più tardi, finita la carriera NBA Matt Geiger ha acquistato una mega-villa in Florida piuttosto particolare.
Geiger non ha badato a spese per costruire la sua villa nel 2002 a Tarpon Springs.
La villa contiene una vasca per gli squali e una piscina enorme con una scogliera per i tuffi.
La tenuta comprende anche una dependance separata.
Solo poche case nella zona di Tampa Bay sono più grandi.
Quando Geiger costruì la sua versione del Taj Mahal su Old Keystone Road nel 2002, divenne la residenza più grande nella contea di Pinellas con tasse annue sulla proprietà di $ 177.000.
L’ex stella della Countryside High School costruì la sontuosa dimora dopo che la sua carriera NBA finì con i Philadelphia 76ers.
Alla fine del 2008, Geiger doveva alla contea di Pinellas $ 290.000 di tasse arretrate sulla casa e su un’altra iniziativa immobiliare di lusso di 64 acri nelle vicinanze che sperava di sviluppare.
L’ex giocatore NBA aveva installato un putting green e rifornito un lago artificiale con 2.500 spigole.
Un tempo aveva persino una mandria di bestiame personale con 12 bufali, 11 bovini Watusi, due asini, un cavallo in miniatura e una mucca.
La casa aveva 40 televisori, 18 dei quali cablati con Xbox in modo che Geiger e i suoi compagni di liceo potessero giocare ai videogiochi.
Organizzato da O’Neal, pare che Geiger abbia accettato volentieri di partecipare a questo evento di beneficienza e fatto pace con l’ex avversario di parquet mentre a sx posa l’ex centro di Charlotte Alonzo Mourning e vi è anche la madre di Shaq in foto…
La tenuta “vanta” diversi bar sontuosi, una postazione DJ e una pista da ballo, vasche idromassaggio, un forno per pizza, una cantina e persino una sala sigari.
Una volta trasformò la villa in una casa infestata di grandi dimensioni…
Geiger organizzò numerose feste per amici e associazioni di beneficenza.
Nel 2003 furono girate lì delle scene di The Punisher.
Nel film, la casa di Geiger divenne la tenuta di un gangster interpretato da John Travolta.
I funzionari della contea fecero però fallire i piani megalomani di Geiger nell’ottobre 2007 di installare una pista di atterraggio per elicotteri.
Geiger decise però di vendere la sua villa dopo aver avuto un figlio dalla sua ragazza nel 2007 per avere un’abitazione più adatta al figlio tentando di venderla per 20 milioni di dollari per poi abbassare successivamente il prezzo.
Insomma… per registrare la vita di Matt bisognerebbe installare un contatore Geiger, meglio quello che contare le attuali sconfitte di Charlotte che stasera sarà a Cleveland senza molte possibilità di uscirne vincitrice…
Con l’anno nuovo, non avendo nulla da scrivere su una proprietà col braccino corto, un GM che fa affari alla fiera dell’Est tenendo giocatori sempre rotti o molto discutibili in squadra ed entourage/organizzazione imbarazzante per non parlare della maggior parte dei giocatori sul parquet e qualcuno anche fuori, non mi rimane altro che postare una tabella all-time su come sono andati gli Hornets/Bobcats dalla loro fondazione a oggi soffermandoci con colonne specifiche riguardanti gli ultimi anni.
Prima di iniziare scrivo subito che si tratta della tabella che la lega considera ufficiale, ovvero le partite giocate da Charlotte (record ricomprati dopo essere passati a New Orleans con la franchigia nel 2002) fino al termine della stagione 2002 e poi quelli degli ultimi 20 anni con la denominazione Bobcats / Hornets.
Personalmente non considero “miei” quelli delle annate a Charlotte targati Bobcats ma sono indispensabili per capire il trend, l’andamento della franchigia fisica nell’ultimo tragicomico ventennio.
Ad ogni riga è associata la squadra avversaria ovviamente e proseguendo troviamo il numero di totale di partite giocate contro il team avversario, comprensivo di partite playoff e play-in (non ci sono ovviamente le amichevoli prestagionali) dove vediamo che le rivali divisionali Atalanta e Miami sono state le squadre più sfidate a quota 141.
Nella seconda colonna troviamo il bilancio ad oggi contro ogni team, vinte e perse: la squadra contro la quale Charlotte ha vinto più volte è Atlanta con 68, quella contro la quale ha perso più partite è Chicago con 92 mentre Minnesota e Memphis sono le due squadre contro le quali abbiamo perso meno partite.
Contro new Orleans Charlotte ha vinto solamente 12 partite essendo NOLA ripartita nel 2002 come nuova franchigia, in più in questa serie esiste il paradosso che all’epoca fossero in Louisiana i Calabroni…
Comunque sia, passando alla column successiva troviamo quante (in genere) partite dovrebbe recuperare Charlotte per portare il bilancio in parità contro quel team: il caso di Chicago (-44) è il peggiore mentre il migliore è quello dove gli Hornets/Bobcats conservano un cuscinetto di 19 vittorie in più sui Timberwolves.
La colonna seguente riguarda il record, interrotto, dei primi Charlotte Hornets, quelli originali, all’epoca in ascesa dopo i primi 4 difficili anni da expansion team dal 1988/89 al 1991/92.
Come si nota il bilancio, seppur “minimal” rispetto ad oggi è decisamente migliore, erano solamente 77 le partite da recuperare prima che George Shinn, ex proprietario, trasferisse la squadra e nonostante la morte di Bobby Phills e le continue vendite/scambio la squadra manteneva un discreto assetto con dei buoni record.
All’epoca la striscia più lunga di vittorie era stata realizzata contro i Clippers (7) mentre oggi, gli stessi velieri sono la bestia nera di Charlotte che è a quota 12 sconfitte consecutive non riuscendo a batterli dal 18 novembre 2017 e ovviamente lo 0-10 nelle ultime 10 uscite (nella colonna successiva) è pieno così come quello contro i Sixers ai quali Charlotte ha regalato a piene mani anche questa stagione riuscendo a perdere a Phila senza Embiid e Maxey al supplementare…
Tornando alle percentuali, ecco quelle totali contro le tutti i team.
64,1 è la migliore contro la squadra di Minneapolis mentre il 28,1 against the Rockets (ormai non ritoccabile questa season chiusa sull’1-1) è la peggiore.
L’ultima riga è particolare, calcola la differenza da quando gli Hornets sono stati spostati a New Orleans.
facciamo un esempio con Boston: Charlotte aveva fissato sul +5 il proprio vantaggio ma negli ultimi anni ha una differenza negativa di 36 partite, il totale ci riposta a quel -31 segnato con lo sfondo aranciato della terza colonna.
Ovviamente anche i Bobcats hanno un bonus virtuale di scusanti ragionevoli come expansion team essendo ripartiti da zero ma il bilancio complessivo d questi ultimi 20 anni per una città in netta crescita, non più quella pensata in maniera pseudo folkloristica campagnola di fine anni ’80, è impietoso soprattutto per la gestione.
L’iniziale parentesi difficile di Robert Louis Johnson “Bob-cats” e il passaggio a un Jordan evidente non molto convinto di investire più del minimo in una franchigia da small market che ne avrebbe bisogno hanno portato pochi giocatori (fuori dai Draft), Al Jefferson e Gordon Hayward sono arrivati con grandi problemi fisici e se la resa del primo è stata buona fino al canto del cigno ai playoff contro Miami (il punto più alto anche se misero raggiunto da Charlotte negli ultimi 20 anni) al primo turno, quella del secondo un pochino meno…
Andando a sentimento, un po’ saltellando qua e là nel tempo… a parte il folle caso Kai Jones (marginale), scelte errate col senno di poi come quella di Lance Stephenson, giocatori modesti scelti al Draft peggiorati da come ha interpretato il gioco Charlotte, vedi Frank Kaminsky sfruttato quasi solo esclusivamente da oltre l’arco, giocatori che hanno fatto il minimo sindacale dopo aver rifirmato (vero Batum?) e nel caso del francese tagliato in dead cap per poi vederlo redivivo ogni volta che gioca contro la Buzz City, buoni giocatori tagliati prima dell’ultimo anno di scadenza (Dwight Howard e Belinelli ad esempio), allenatori saltati all’ultimo come Kenny Atkinson che ha rifiutato un posto che sembrava già destinato a lui prima di riprendersi Clifford e vedere un coach esordiente come Lee in palese difficoltà hanno fatto rimpiangere a qualcuno Borrego che aveva un gioco minimale ma una squadra migliore di quella vista negli ultimi anni orfana di LaMelo Ball che ha saltato 116 partite sulle ultime 196 (nelle ultime tre stagioni) giocandone solo 80 e l’anno prossimo avrà un sostanziale aumento di contratto terminata la rookie scale, sono tutti elementi del disastro non entropico…
Infortuni che Charlotte non può permettersi (infortuni che ne generano altri come la pochezza del roster visto che 2/3 giocatori non possono reggere la baracca da soli), dove oltre la sfortuna bisognerebbe valutare la preparazione atletica, la profondità della panchina e tutte quelle situazioni di contorno che ti permettono di reggere senza i tuoi migliori giocatori per qualche tempo.
Soprattutto, dal mio punto di vista, è che oltre al business a questa franchigia manca, ha perso l’anima, sia quella di gente al vertice (proprietà nuova Plotkin -Schnall scusabile il primo anno, non questo) che voglia trascinarla fuori dal gorgo della tristezza dei risultati perdenti ma non solo (inutile rammentare la storia della Playstation data e tolta al bambino prima di Natale), manca anche l’alma ai giocatori che non difendono davvero e arrivano sempre nuove ed imbarazzanti sconfitte in maniere che non smettono mai di stupire.
La rifirma di Bridges ad un prezzo più basso dopo il caso extra-cestistico che lo ha coinvolto è stata la cartina tornasole di un team che non sa dove voltarsi…
Non bastano in questi anni alcune vittorie certamente emozionanti come quella a Toronto con il tiro da metà campo di Lamb, quella a sacramento con il two and one di Monk, la rimonta natalizia a Denver o quella casalinga alla prima contro Chicago vinta di un punto nei tanti, troppi rush finali persi, i fan vorrebbero rispetto e la capacità di creare buone squadre come praticamente tutti i team hanno avuto in questi anni, d’altra parte se l’avvocato della proprietà provasse a difendersi con delle attenuanti, basterebbe ricordargli che molto probabilmente (salvo inspiegabili miracolo che non stanno più di casa a Charlotte), questo sarà il nono anno che la città e i fan dei Calabroni vedranno i playoff degli altri con mia soddisfazione perché risparmierò sul League Pass dei Playoff…
Buon 2025 a tutti, in particolare ai fan degli Hornets, a chi ormai provato e stanco, in assenza di elementi reali di cambiamento, riuscirà a non buttare via tutto il materiale degli Hornets a casa, in attesa di un cambiamento che forse mai ci sarà perché anche di quello si sono smarrite le speranze.
Facciamo una breve analisi, approfittando dei pochi giorni di stacco tra un game e l’altro dei nostri Hornets per mettere insieme le idee.
Dopo 11 partite la nuova stagione degli Charlotte Hornets è già ricca di alti e bassi.
Nessuno aveva fatto mirabolanti previsioni o promesse metafisiche su ciò che sarebbe stata la stagione 2024/25 dei Calabroni dopo il mercato estivo che non ha visto sconvolgimenti particolari.
Nelle idee del nuovo GM Peterson, la sorpresa un po’ bizzarra è stata quella di imbucarsi ai party privati delle altre franchigie e provare, tra un drink e l’altro, a vendere qualcosa o piazzare qualche servizio avendo in cambio qualche giocatore o scelta di baratto.
E’ così che da Dallas, ad esempio, è arrivato (in uno scambio che ha coinvolto sei franchigie alla fine) lo swingman Josh Green (più scelte del secondo round del 2029 e del 2030 tramite Denver) oltre a Reggie Jackson, il quale, ogni volta che sta per acquistare un biglietto per la Queen City viene preavvisato di lasciar perdere…
Per il resto l’idea di Peterson è stata quella di affidare le chiavi in mano a Ball che sarà coadiuvato dal sophemore emergente Brandon Miller.
Il contorno è composto da qualche rifirma di veterani di casa (vedi Seth Curry che pur di rimanere si è fatto tagliare per poi firmare un contratto al ribasso) o dei mantenimenti come l’altro charlottean Grant Williams per alzare il livello di esperienza nel roster.
Oltre alla comoda rifirma di Miles Bridges (che personalmente non avrei tenuto) completano il quadro le scommesse di salute fatte su determinati giocatori come Mark Williams, per il momento una scommessa persa giacché, nonostante le sue promesse di star meglio si è rifermato prima di inizio stagione non scendendo sul parquet nemmeno una volta.
Dopo la schiena, questa volta pare sia il piede ma forse nemmeno la C.I.A. sa che cos’abbia il centro di Charlotte.
La difesa degli Charlotte Hornets questa stagione è stata altalenante durante le 11 partite disputate finora, questo potrebbe dipendere dalla giovane età del team e da altri fattori, alcuni ancora da individuare.
Chiaro la squadra faccia fatica senza tre dei propri migliori lunghi e debba maggiormente enfatizzare un tipo di gioco per il quale è predisposta ma in maniera eccessiva.
I riferimenti però sono estremi…se contro i Pacers gli Hornets hanno giocato una delle loro migliori partite difensive di questa stagione tenendo i Pacers a soli 83 punti contro probabilmente uno dei migliori attacchi della NBA, contro Philadelphia, priva delle sue star Maxey ed Embiid, gli Hornets non sono stati decisamente bravi (far scadere il cronometro nel supplementare è stata una delle cose peggiori viste a oggi) e peggio ancora hanno fatto ad Orlando tracollando in una partita di coppa dove l’elemento differenza canestri potrebbe fare la differenza.
Tornando ai Pacers, con Charlotte in svantaggio per 51-64 a 6 minuti dalla fine del terzo quarto, la squadra ha rimontato concedendo solo 19 punti ai Pacers nei 18 minuti di gioco finali.
Menzione speciale va al bidirezionale Moussa Diabaté.
Diabaté ha registrato 15 rimbalzi nella partita e ha aggiunto tre blocchi alla sua linea di statistiche. 11 dei suoi 15 rimbalzi sono arrivati in in difesa, impedendo ai Pacers di ottenere punti di seconda opportunità.
L’allenatore Charles Lee era davvero orgoglioso dello sforzo degli Hornets e si è concentrato sulla difesa nella vittoria degli Hornets di venerdì.
“La prima cosa di cui sono stato contento è stato il fatto che abbiamo continuato a giocare in difesa anche se il nostro attacco non era buono come probabilmente avrebbe potuto o dovuto essere. Ho pensato che abbiamo avuto qualche aspetto decente in attacco. Penso che in passato la squadra abbia fatto ricorso al fatto che l’attacco influenzasse il nostro spirito emotivo, e ho pensato che abbiamo semplicemente continuato a giocare e abbiamo continuato a fidarci l’uno dell’altro e a continuare a ottenere stop avversari. A metà partita, credo che avessero 42, 44 punti, ed eravamo ancora lì in gioco. Escono, vanno in inerzia. Gli sport sono giochi di inerzia e slancio, ho pensato che abbiamo catturato un momento in cui abbiamo cambiato le nostre coperture e i ragazzi lo hanno eseguito alla perfezione. Ho pensato che il livello di impegno, il livello di comunicazione fossero appena aumentati, e anche la fisicità. Ho pensato che la fisicità in difesa si fosse effettivamente trasferita anche al nostro attacco, e abbiamo iniziato a schermare meglio e a creare più vantaggi”. –
Tornando alla prima uscita della stagione regolare, la prima uscita a Houston è sembrata confortante con la squadra brava a vincere nel finale una partita in bilico.
Ad oggi resta l’unica vittoria in trasferta su cinque trasferte e da lì sono già cominciati infortuni brevi, lunghi o a tempo indeterminato (vedi Mark Williams che nemmeno è sceso sul parquet in Texas per un infortunio al piede occorsogli due settimane precedenti).
Miller per fortuna, dopo 4 partite è rientrato ma è ancora altalenante per quanto riguarda mandare i propri colpi a bersaglio.
Una mia visione di Brandon Miller commista a quella dello sport e ai valori morali universali che dovrebbe promuovere il basket, oggi un po’ messi in secondo piano se non abbandonati in certe realtà sportive. Brandon Miller materialmente dovrà cercare di andare a bersaglio per gli Hornets, per il resto lo sport dovrebbe aiutare ad essere fonte di unione e non essere utilizzato per distorcere distopicamente da parte di qualcuno per fare i propri interessi commerciali o politici (propaganda) o creare un Olimpo di ricchi nababbi snob completamente distaccati dalla realtà.
Ball e Miller dopo la W all’ultimo respiro su Detroit.
Nelle prossime 13 apparizioni programmate dei purple & teal (fino allo stacco tra l’8 dicembre ed il 20) saranno 8 le partite casalinghe contro 5 quelle in trasferta.
Questa sezione di partite offrirà uno spaccato sul futuro andamento della stagione, se confermerà che Charlotte al momento sembra più a proprio agio a giocare in casa dove il parziale momentaneo è di 3-3 ma con già alle spalle due game contro Boston un po’ fuori portata contro l’1-4 in trasferta.
Vediamo in termini numerici alcune tra le cose che funzionano e cosa non funziona a Charlotte oggi:
Sì:
Rimbalzi.
A rimbalzo gli Hornets ci stanno dando dentro nonostante non abbiano mai avuto il loro potenzialmente miglio entro titolare.
Prima che si fermasse Nick Richards aveva fatto un ottimo lavoro ma anche altri giocatori come Salaün o Gibson che hanno un minutaggio limitato stanno facendo il loro.
Era uno degli aspetti che mi preoccupava di più questa estate, invece, è uno dei principali punti di forza che crea occasioni extra e punti da 2nd chance.
Anche senza i due migliori centri e la spalla in ala grande (Bridges) siamo in buone mani visto che Diabaté (ora il vero titolare è lui anche se parte Gibson in quintetto) qualcuno l’ha ribattezzato già “rebounding machine” oltre al suo altro nick meno guerriero ma più divertente di “Baguette Barkley”.
Un’altra valida spiegazione del motivo dei tanti rimbalzi ottenuti da Charlotte è quella fornita prima della partita degli Hornets contro i Pacers, dall’allenatore di Indiana Rick Carlisle che spiegato il successo di Charlotte a rimbalzo offensivo attribuendo il merito alla correlazione tra rimbalzi lunghi e irregolari e il volume di tentativi da tre punti tentati da Charlotte.
No:
Turnover. 16,7 a partita sono davvero troppi e spesso su errori banali. Perdite di palloni passati troppo mollemente, in orizzontale, rimesse o per 24 scaduti non vanno affatto bene per cui, ribadisco, c’è da migliorare l’intelaiatura del gioco anche perché i punti da fastbreak concessi in genere sono sempre ampiamente a favore delle altre squadre.
Siamo alla posizione n° 25 per percentuale da due punti, complici le assenze sotto le plance e la filosofia a lunga gittata di Lee, la posizione sul tiro da tre è migliore ma non basta, bisogna variare il gioco e colpire anche da due punti in maniera più efficace e a darmi ragione c’è la classifica assist nella quale Charlotte è 26 ͣ nonostante qualche buon movimento palla a smarcare il tiratore si veda a volte.
I tiri che subiamo da due punti: Charlotte è 22 ͣ a .56,1%, qui a volte sono stati davvero bravi gli scorer avversari ma altre volte abbiamo mostrato molta minor attenzione di quella che abbiamo sul perimetro dove in percentuale, nonostante tutto, subiamo meno.
Nel dettaglio, proviamo a dare approssimativamente dei voti per il rendimento dei singoli giocatori a questo punto della stagione.
1) LaMelo Ball: 7
29,9 punti, 6,3 assist e 1,4 rubate di media.
La scorsa stagione, Ball ha giocato solo 22 partite e non ha giocato dopo gennaio.
Quest’anno, l’allenatore degli Hornets Charles Lee ha fatto interpretare a Ball il ruolo di Jayson Tatum.
A volte è stato scandalosamente inefficiente ma non tutti i giocatori possono gestire il tipo di volume che LaMelo ha dimostrato di poter gestire all’inizio di questa stagione.
Fondamentalmente pare un uomo solo al comando, gioca 33,5 minuti a game prendendosi 23,4 conclusioni di media a partita…
Tutto viaggia su un doppio binario, dalla fiducia che in lui ha riposto il coach (con il quale fanno sessioni extra game per visionare i video, vedere dove si può migliorare con Lee a mostrargli alcune possibili soluzioni migliorative per i compagni) alle esigenze di trovare altri scorer efficienti visti gli infortunati nel reparto lunghi che privano la squadra di alternative.
L’accentramento del gioco nelle sue mani però, oltre ad averlo portato a ritoccare qualche record (vedi i 16 punti realizzati di recente in un primo quarto a Orlando) a lungo andare potrebbe affaticarlo oltremodo e renderlo più esposto ad eventuali infortuni.
Al momento il 70% del successo della squadra passa attraverso una collaborazione intelligente tra lui e il coach, riuscire a trovare gli automatismi schematici giusti per innescare i tiratori e togliere un po’ di pressione a lui significherebbe migliorare l’efficienza di tutto il team perché al momento commette troppi TO e, altro aspetto da migliorare, deve limitare i falli commessi.
2) Moussa Diabaté: 7
Inaspettatamente da un contratto two-way si sono dischiuse le porte per un minutaggio da titolare.
Quando gli Charlotte Hornets hanno firmato un contratto bilaterale con Diabaté alla fine di luglio, il mondo della NBA non ha battuto ciglio.
Un post dell’ex insider di ESPN Adrian Wojnarowski è stata farcitura persa le chiacchiere generali di un lunedì pomeriggio e poi i giorni sono trascorsi senza clamore o dando importanza a ciò, in fondo era solo un two-way…
In assenza di tre giocatori chiave nel front court, Lee è stato costretto ad appoggiarsi al veterano Taj Gibson, alla matricola alle prime armi Tidjane Salaün e, appunto, a Diabaté, che ha mostrato dei limiti in attacco ma non sta facendo rimpiangere nessuno a livello difensivo nonostante non abbia i kg per essere un centro dominante.
Ha battuto il suo record a rimbalzo contro Indy catturandone 15 e in stoppata può dire la sua.
Finché potrà giocare gli Hornets riusciranno a farsi rispettare maggiormente nel pitturato anche se da solo non basta.
3) Nick Richards: 6,75
Il centro di ricambio Nick Richards, esattamente come Diabaté, non è un centro dominante anche se ha più fisico sembra però più sicuro in attacco e pronto, l’esperienza maturata lo ha probabilmente migliorato anche quando personalmente avevo diversi dubbi su alcuni suoi momenti, indotti probabilmente da ciò che lo circondava.
Non sempre tenta la stoppata, su palloni che gli sorvolano la testa per alley-oop o su alcuni tiri ravvicinati non usa a volte la verticalità ma preferisce aspettare passivamente l’esito della conclusione e predisporsi vicino al cerchio per catturare eventualmente il rimbalzo.
Rimbalzi che con un minutaggio da 27,4 sono caduti copiosamente tra le sue braccia.
Stiamo parlando di 10 a partita, ai quali aggiunge 2,4 stoppate (miglior stoppatore degli Hornets con distacco) e 11 punti a partita (5°), il problema è che anche lui è finito fuori dai giochi.
Una risonanza magnetica ha evidenziato che il nostro centro di riserva ha subito una frattura della cartilagine della prima costola destra sotto la clavicola e questo lo porterà forse a uno stop lungo a tempo indeterminato che al momento a spanne CBS portava fin sotto Natale.
Un peccato ma questo a sua volta ha schiuso le porte a Diabaté, ovviamente la qualità si assottiglia perché come centro parte Gibson che ormai dovrebbe essere più una PF visti anche i kg persi, non è più massiccio come un tempo e oltretutto proprio età e prestazioni fanno sì che il suo minutaggio sia limitato.
4) Brandon Miller: 6,75
15,7 punti (2° miglior marcatore del team), 94,1% ai liberi (sempre 2 ͣ piazza) 3,9 assist (ancora seconda posizione), 1,1 rubate (3° miglior stealer del roster), deve drasticamente migliorare nell’efficienza al tiro poiché il 12° posto con 37,4% è una statistica chiave per il sophemore e per tutti gli Hornets essendo colui che prova (dietro Ball ovviamente) la maggior parte di tiri a partita con 14,1%.
La sua seconda stagione è iniziata in modo difficile quando ha subito uno stiramento al gluteo sinistro nella partita di apertura della stagione di Charlotte il 23 ottobre.
Miller ha dovuto saltare le quattro partite successive.
I 19 punti contro Detroit sono stati battuti dai 29 contro Indiana, poi ha ottenuto 22 punti contro Philadelphia terminando solo a 8 in una brutta serata ad Orlando.
Dopo aver segnato una media di 17,3 punti a partita da esordiente come già scritto, si sta attestando sui 15,7 punti di media, deve continuare ad aver fiducia e selezionare meglio i tiri.
Il ragazzo però ha personalità e dopo aver perso palla su un raddoppio contro Detroit che era costato sorpasso e probabile sconfitta essendo a circa sei secondi dall’ultima sirena, pur non essendo un rimbalzista consistente, si è gettato con scaltrezza e tempismo sull’ultimo rimbalzo e in discesa ha trovato coordinazione e forza per spedire dentro il pallone della vittoria ottenendo il primo game winner della sua carriera.
Riguardo a questo canestro Miller si è ricordato di un’esperienza nel football e ha detto: “A quei tempi giocavo come piccolo wide receiver”, riguardo all’evitare di essere tagliato fuori.
“Conosco un paio di movenze solo per togliermi di dosso qualcuno ma penso che sia proprio quello che l’allenatore (Charles) Lee predica ogni giorno: essere semplicemente un rimbalzista offensivo implacabile. C’era più di una persona laggiù, non solo io. La palla è capitata proprio a me”.
Il tiro vincente ha trasformato Miller da capro espiatorio a eroe.
Con nove secondi da giocare e gli Hornets in vantaggio di un punto, Malik Beasley ha rubato la palla a Miller, portando Ron Holland a un layup che ha spedito i Pistons in vantaggio per 107-106 con sei secondi rimanenti.
Dopo un timeout, Charlotte ha finito per tentare un tiro da tre punti di Grant Williams, ma Miller è riuscito a mettere la palla nel canestro allo scadere del tempo.
“Mi tolgo il cappello di fronte ai veterani e allo staff tecnico per aver mantenuto alta la mia fiducia, senza preoccuparmi dell’ultima giocata”, ha detto Miller.
“Avere la memoria a breve termine per non ricordare l’ultima giocata e andare avanti finché il cronometro non è giunto a zero. Penso che sia quello che l’allenatore Lee ci ha predicato in quel timeout”.
Miller ha segnato 5 tiri su 15 prima del canestro finale.
Ha concluso con 19 punti, sei rimbalzi e quattro assist contro i Pistons.
“È stato un momento fantastico vedere tutto riunirsi in termini di come ha ribaltato la situazione in un momento cruciale”, ha detto Lee, “e trovare la compostezza, l’aplomb, la sicurezza e la resilienza per reagire e continuare a combattere non mi sorprende perché è questo che è Brandon Miller.
Il suo carattere e ciò che è riguardano la vittoria e la costruzione di abitudini vincenti.
E quindi con quel tipo di ragazzo e quel tipo di mentalità e atteggiamento mentale, aiuterà davvero questa organizzazione a continuare a costruire un successo sostenibile”. Augurandosi ve ne siano altri in futuro, Lee deve trovargli altre (difficili al momento) soluzioni equilibrate (altre minacce intorno all’arco) per poterlo far rendere al meglio creandogli spazio per l’entrata o al tiro sul perimetro perché è uno di quei giocatori che spara a volte in catch n’shoot anche se lo spazio non è adeguato ma nella NBA può starci, si tratta di personalità, a volte esigenza però, riuscire a piazzare – in generale – un tiratore nella miglior maniera possibile, può fare la differenza, se giovane ancor di più.
5) Tre Mann: 6,75
Il “nuovo piccolo Iverson” si è già un pochino sgonfiato ma l’inizio non è stato malvagio.
Chi gli aveva affibbiato questo pretenzioso nomignolo ha indubbiamente esagerato ma sicuramente – come me – ha intravisto in Mann qualche movenza davvero speciale, canestri realizzati laddove non sembrava essercene la possibilità, per spazio e materia circostante.
Terzo scorer del team con 14,8, partendo dalla panchina, non è assolutamente malvagio, l’efficienza al 44,4% e il 7° posto sono già da umani, oltretutto i 190 cm in NBA non sono da titani però, il buon Tre si fa rispettare.
Impiegato come combo guard, i maggiori problemi per gli Hornets con Mann sul parquet sono difensivi.
Troppo spesso finisce in ripiegamento sotto canestro in alcune situazioni e la difesa è poca.
Ha un -46 nel +/- questo però dovuto al fatto di giocare spesso spezzoni ibridati con il resto della bench sul parquet o in situazioni da small ball, dato da prendere comunque con le pinze, 3,3 assist a partita contro 1,9 TO mostrano come Mann in realtà servirebbe più a dare soluzioni diverse alla squadra con le sue penetrazioni in area riuscendo a scombinare maggiormente gli avversari attraverso l’imprevedibilità, invece, è finito per stare davanti a Micic chiudendo lo spazio al serbo che però, dal mio punto di vista, ha altre caratteristiche complementari.
Anche lui momentaneamente out (infortunio recente, non ha giocato solamente a Orlando), si spera possa rientrare perché i suoi punti (fossero uniti ad una maggior copertura) sono risultati fondamentali per vincere alcune partite, vedi i 27 contro Toronto o i 24 a Houston, però, dalla seconda partita contro Boston, Lee gli ha ridotto leggermente il minutaggio, prende meno tiri e i punti a partita si sono dimezzati spesso…
6) Grant Williams: 6,5
L’unico lungo del front court che non si è (ancora e speriamo continui così) infortunato sul quale Lee contava dall’inizio per un minutaggio consistente anche se dalla bench.
Gli infortuni l’hanno portato a giocare 28,1 minuti a partita, quarto minutaggio in squadra e il suo 36,4% da tre punti lo porta ad essere un discreto tiratore da tre punti, il miglior lungo a Charlotte per il momento escluso Taj Gibson che ha un 50,0% ma con un canestro su due tentativi.
Il charlottean ha un temperamento vivace, vedi l’espulsione rimediata per il deragliamento su Tatum al centro del parquet, non necessaria e anche se i suoi numeri non sono eccezionali poiché aiuta il team, nelle steal risulta essere primo con 1,4 (pari con melo ma giocando meno minuti), terzo nelle stoppate con 0,6, non proprio un fattore anche se a volte Lee si è concesso una small ball con Grant come centro e questo l’ha portato maggiormente ad aumentare la sua cifra ma da sottodimensionato in altezza sotto le plance e non rientra nel suo DNA avendo un massimo stagionale in carriera di 0,7.
Ha un offensive win share di 0,2 (quinto) e uno share difensivo di 0,4 (primo con Ball), possiede una buona velocità di piedi con la quale si può avvantaggiare contro giocatori più piccoli e grazie alla massa e ai suoi movimenti riesce a fare la stessa cosa sotto canestro contro giocatori meno pesanti, utilizzando bene il fisico a proprio vantaggio, infatti, da 0 a 3 piedi possiede il 75,0%.
In generale le sue cifre non fanno impazzire e si può sempre migliorare però, se non gli scoppia la testa, rimane un elemento piuttosto solido sul quale alternativamente poggiare.
7) Cody Martin: 6,25
+8 in plus/minus nelle cinque partite disputate, è mancato a inizio stagione ed è rientrato il 4 novembre e a parte le due uscite sgangherate degli Hornets a Minneapolis e a Orlando è sempre sembrato quello di qualche anno fa, più attivo e attento, fa il suo e può essere un fattore in più se tutta la squadra gira.
E’ quarto nel tiro da tre punti con il 40,5% e nelle steal con 0,9 a game sostiene un dato dove gli Hornets fanno fatica, perfetto sesto uomo visto che nella classifica del roster è sesto sia negli assist distribuiti che nei rimbalzi catturati.
Buona l’efficienza generale al tiro essendo in quinta posizione con un 49,4%.
Da lui mi aspetto ancora più difesa nelle prossime partite nelle quali avrà maggiormente ingranato in ritmo e fisicamente sarà salito e perché no, qualche punto di rottura come già fa ora, se poi aumenta il record in carriera ancora, tanto grasso che cola…
8) Miles Bridges: 6
Sufficienza risicata per Miles che si è infortunato recentemente.
Lo scorso anno Bridges era il giocatore indistruttibile degli Hornets per esigenza.
37,4 minuti passati sul parquet a cercare di essere un factòtum per sostituire i numerosi infortuni che hanno costellato la passata stagione.
Questa season, con Ball e Miller a prendere maggiormente in mano le redini della squadra Bridges sembra più essere a supporto come terzo violino, gioca 30,5 minuti (quasi 7 in meno) e alcune cifre si sono abbassate in maniera naturale passando da 21,0 a 14,6 punti mentre a rimbalzo dai 7,3 ai 6,8 non si nota molto la differenza.
Miles continua a partite come ala grande anche se nato come ala piccola fa più fatica a competere a livello fisico.
Il calo dei punti però è dovuto anche ad una minor precisione al tiro, 34,9 contro 26,7 da tre punti ad esempio e comparandolo alla scorsa stagione, continuando così, le sue “scelte” di tiro finali avranno una percentuale nettamente maggiore da tre rispetto al tiro da due punti pur rimanendo inferiori.
Miles ha provato 57 tiri da due contro 45 da tre questa stagione, lo scorso anno erano stati 760 i tentativi da due punti contro 450 conclusioni da oltre l’arco.
Innegabile che il coach cerchi di replicare il sistema Boston e le ripetizioni aiutino ma al momento le cifre di Miles non sono un successo e non aiutano la squadra al tiro.
In genere Bridges potrebbe tirare meglio da tre ma su piazzati con spazio o bisognerebbe trovargli un modo per far brillare il suo drive and kick a inizio partita per favorire i compagni e attrarre di più le difese avversarie su di esse per creargli spazi dovuti a disattenzioni e raddoppi che lo faciliterebbero maggiormente, forse un leggero calo nell’esplosività e nell’atletismo lo sta un po’ penalizzando ma è un giocatore che ha ancora risorse e potrebbe dare alla squadra se la testa (vedi anche le vicende extra cestistiche) gli dicesse bene.
Di certo la sua mancanza pare essersi sentita nelle ultime due sconfitte mentre con Indiana tutto era filato liscio.
Il suo massimo stagionale in una partita è stato quello di 27 punti, realizzati ben due volte, ad Atlanta e contro Detroit prima di infortunarsi (contusione ossea) mentre il minimo è stato un tabellino da 6 punti nella seconda sfida contro Boston.
9) Seth Curry: 6
Aveva un hotel 3 stelle, ora ne ha preso uno da 2, allegoria positiva per mostrare come la sua voglia di rimanere ancorato a giocare per il team che fu di suo padre Dell (per il quale tra l’altro il babbo fa anche il commentatore sportivo tecnico di supporto) e vicino a lui, ha prevalso sul potere dei soldi poiché, immagino un tiratore come lui, potesse prendere un paio di milioncini in più in qualche altra piazza.
Sicuramente un uomo spogliatoio, un ragazzo di casa nato a Charlotte.
Purtroppo però le due stelle in questo inizio stagione corrispondono anche alle cifre ridotte passando dalla tranche da 9,0 punti giocata a Charlotte nel finale della scorsa stagione ai 5,5 attuali ma giocando due minuti e mezzo in meno e passando da un FGA di 7,4 al 4,8 attuale.
12/28 da tre per un 42,9% che aiuterebbe molto Charlotte se al contempo non avesse un’età già un pochino avanzata (34 anni) e quindi riuscisse ad avere più tenuta fisica.
In difesa non è sempre veloce e pronto e fa un po’ fatica, si sapeva.
Massimo stagionale di 15 punti contro Miami, ultimamente il suo minutaggio è calato, forse a causa di qualche leggero problema fisico ed è andato in bianco tre volte (una senza nemmeno provare un tiro) ma se il piano di Lee è quello di giocare molto da fuori, deve trovare un quintetto equilibrato nel quale Curry possa far valere le sue doti senza che la squadra subisca troppo in difesa (ha un -18 complessivo in +/- nelle 10 partite disputate) per questo la sufficienza è risicata.
Taj Gibson: 6
Il super veterano è arrivato a Charlotte un po’ a sorpresa come uomo d’esperienza e spogliatoio.
Forse non immaginava di partire da starter visto il doppio infortunio dei centri davanti a lui anche se negli ultimi anni la sua perdita di peso lo vedrebbe più in un ruolo da ala grande ma sembra essere un Cody Zeller primo modello, magro.
La differenza con l’ex centro white la fa ovviamente l’atletismo che è ridotto ai minimi termini.
Parte da starter e poi lascia il posto a Diabaté o Grant Williams.
12,7 minuti di media, 3,8 punti, 4,2 rimbalzi, 0,5 stoppate.
11) Tidjane Salaün: 6
Il francese era andato bene in preseason dove a volte i ritmi sono più rilassati, se non da siesta messicana, le prestazioni possono essere influenzate anche dalla composizione dei quintetti non sempre al top.
Ovviamente in stagione regolare il rookie sta riscontrando qualche difficoltà in più ma Lee per esigenza lo ha spedito sul parquet, questo lo farà maturare prima e lui sta ripagando principalmente a rimbalzo dove ne cattura 4 a partita in 17,2 minuti di gioco.
Purtroppo nel voto paga le per le percentuali al tiro (25,0%) e anche in stoppata non è efficiente (0,0) ma sono le prime partite in NBA ed è apprezzabile l’energia che ci mette, immagino riuscirà a breve a districarsi meglio e ad essere più efficiente.
12) Josh Green: 5,5
Green è apparso in 57 partite di stagione regolare (33 da titolare) con i Dallas Mavericks nel 2023/24, con una media di 8,2 punti registrando i massimi della sua carriera in rimbalzi (3,2), assist (2,3), palle rubate (0,8) aiutando Dallas a raggiungere le finali NBA.
Nella sua carriera, Green ha totalizzato 6,4 punti (50,3 FG%, 37,5 3P%), 2,7 rimbalzi e 1,5 assist in 223 presenze (62 da titolare) in quattro stagioni.
Originario di Sydney, Australia, il 23enne Green ha vinto una medaglia di bronzo in rappresentanza dell’Australia alle Olimpiadi di Tokyo 2020.
La presentazione di Green in fascia Mavs appariva piuttosto lusinghiera ma purtroppo a Charlotte sembra si stia ritagliando un ruolo decisamente minore.
In Texas probabilmente, con Doncic accanto, funzionava tutto a meraviglia, a Charlotte è passato a giocare da ala piccola ma senza replicare la stagione Mavs: 4,6 punti, 1,1 assist, 1,6 rimbalzi non sono un granché da titolare.
Bene da 3 dove il 43,5% rappresenterebbe, finisse così la stagione, la sua percentuale massima in carriera.
E’ vero che l’aussie fa parte di quella schiera di giocatori da leggere tra le righe, di quei player che fanno notare meno la loro presenza ma sono importanti.
Ad esempio, per me che sono stato abituato a vedere scempi sulle rimesse laterali negli ultimi secondi, se non veri e propri abomini o suicidi, vedere la rimessa di Green con successivo scambio contro Detroit è stata poesia, potrebbe sicuramente fare meglio nei passaggi perché ha capacità ma a volte si perde in qualche TO (0,8, non eccessivo, fisiologico ma sono le modalità a pesare) mentre mi aspettavo di più da lui in difesa (il 117 di Defensive rating, penultima posizione nel roster non è lusinghiero) soprattutto dentro la zona due punti perché potrebbe influenzare maggiormente i match.
Sull’arco, sulla difesa perimetrale lo trovo adeguato e copre di più rispetto al passato nel quale gli Hornets facevano una fatica tremenda a non incassare dalla distanza mentre il livello di energia che porta da Dallas come dote, dal mio punto di vista, sta oscillando come qualche copertura interna.
Rimedia pochi FT (3/5 per un 60,0%) e il 28,6% da due punti è dato da migliorare assolutamente.
13) Nick Smith Jr.: 5
Rompo un tabù dicendo apertamente che è un giocatore che personalmente avrei già ceduto principalmente per la sua inefficienza offensiva.
Sicuramente a suo favore c’è da considerare l’età (20 anni) mentre la scorsa stagione da rookie l’ha visto entrare sul parquet ben 51 volte per una media di 5,9 punti con un 39,1% al tiro.
Forse Lee è stato convinto dai suoi 21 punti nella Summer League nella vittoria 80-66 su Denver o dal suo precedente 43,2% da tre, dato sceso oggi (anche se molto marginale essendo agli inizi) al 20,0% da fuori.
Smith non è riuscito a far valere il fatto di essere considerato un buon scorer, la sua velocità sul primo passo e il suo tiro sono ancora inficiati dalle difficoltà riscontrate nel contesto NBA.
Lo scorso anno tra ORtg e DRtg la battaglia era andata persa nettamente sul 98-124, al momento le cifre sono entrambe in calo ma il differenziale resta importante: 74-116.
Resta marginale nelle rotazioni di Lee.
14) Vasilije Micić: 4,5
Le prime uscite del serbo sono state un mezzo disastro sotto tutti i punti di vista, dal tiro a palloni persi banalmente e anche di riflesso alla difesa.
I fan si sono subito spazientiti e hanno puntato il disto contro di ( lui.
Sicuramente, dopo essere arrivato lo scorso anno da Oklahoma City e aver sostituito Ball al meglio delle proprie possibilità portando comunque un buon contributo, i tifosi si aspettavano di più.
Lee lo vede ormai come ricambio di Mann anche se i due non hanno caratteristiche del tutto simili.
A Charlotte servirebbe una PG di riserva che organizza il gioco ma sembra essere andato fuori-giri, forse a causa del gioco voluto da Lee, forse per un momento non troppo brillante ed è finito in panca fissa sino all’ultima partita quando l’assenza di Mann ha fatto sì rientrasse ad Orlando.
4 i game giocati, 14,5 minuti di media sul parquet, 2,8 punti, 17,4% al tiro (12,5% da tre e 50,0% ai liberi), 1,3 Turnover sono alcuni numeri del disastro.
Sicuramente ha le capacità di riprendersi ma la staffetta tra lui e Mann che esclude la presenza di uno dei due (nel caso attuale quella di Micic) potrebbe scoraggiarlo un po’ e farlo ripiombare in modalità terzo nella Deep Chart a OKC magari deprimendolo un po’ visto che in estate vi erano state delle sirene o forse solo rumor che l’avrebbero visto a Denver accanto a Jokic ma lui stesso aveva espresso il concetto di star bene a Charlotte.
15) DaQuan Jeffries: s.v.
L’unica piccola sorpresa nel roster – in un mercato estivo ancora stagnante – è stato il fatto che la scelta del nuovo GM non solo sia stata quella di non tagliare DaQuan Jeffries (sembrava fosse giunto solo come “merce” di scambio per “pareggiare” e consentire la trade a tre team nella quale Karl-Anthony Towns era l’elemento principale) ma di non metterlo nemmeno tra i two-way.
Jeffries ha un contratto garantito da 2,75 milioni ma è in pianta stabile (per il momento) nella lista infortunati.
16) Jared Rhoden: s.v.
Giocatore arrivato agli sgoccioli di tempo per completare il roster all’inizio della regular season, è stato firmato con un contratto two-way.
Invece di utilizzare questo strumento per portare un giocatore che fosse già in prova e ritiro con il team, la società ha deciso di virare e scegliere Jared Rhoden il quale non è stato scelto al draft (proveniente da Seton Hall) nel 2022, ma alla fine si è guadagnato un contratto bidirezionale con i Detroit Pistons a metà della stagione successiva.
Ha giocato le ultime due stagioni con contratti bidirezionali con i Pistons, facendo 31 apparizioni per lo più sporadiche.
Ha giocato in 11 delle ultime 13 partite dei Pistons la scorsa stagione e ha segnato una media di 6 punti a partita realizzando il 40% dei suoi tentativi da 3 punti.
Rhoden si è unito a KJ Simpson e Moussa Diabaté con i contratti Two-way e trascorrerà la maggior parte del tempo a giocare con la franchigia d’appoggio a Greensboro, ovvero, gli Swarm ma occasionalmente verrà richiamato per allenarsi con la squadra e passerà del tempo in panchina.
Difficilmente per lui arriverà un minutaggio consistente o improbabile è che giochi minuti importanti anche se gli infortuni di Charlotte dopo 11 game hanno già concesso qualche minuto di garbage time a diversi giocatori.
17) KJ Simpson: s.v.
Non appena avremo notizie vi ragguaglieremo.
Al momento il ragazzo ha fatto la sua prima apparizione con gli Swarm a Greensboro dove ha contribuito alla rimonta e vittoria dello Sciame contro i Capital City Go-Go realizzando 19 punti.
18) Mark Williams: s.v.
Chiedere a Chi l’ha visto?
L’obiettivo, per rimanere in corsa per i Play-in nelle prossime 13 sfide è ottenere almeno 6/7 vittorie che potrebbero essere alla portata, infortuni permettendo.
Articolo misto tra mie considerazioni, Brobible e Charlotte Observer per fare il punto della situazione…
Sul fondo della classifica o quasi – continuando così si giungerà presto – Charlotte vuole premere il bottone dell’auto-distruzione per provare a ricostruire per il prossimo futuro cercando di dimenticare l’amarezza dei recenti anni, in particolare di questa stagione, l’annata peggiore di sempre dal mio punto di vista.
Gli Hornets stanno andando molto peggio di ciò che qualcuno aveva previsto per questa stagione e il capo allenatore Steve Clifford non ha usato mezzi termini quando ha dato alcune spiegazioni sul motivo per il quale – secondo lui – la squadra non è riuscita a tenere testa al resto della lega…
Gli Charlotte Hornets non riescono a staccare un biglietto per i playoff dal 2016 e se vuoi mettere in prospettiva le loro difficoltà, dovresti considerare che la franchigia non è andata oltre il primo turno della postseason dal 2002, pochi anni prima che la franchigia si trasferisse a New Orleans e ne comparisse una nuova (2004) nella Queen City come Bobcats, prima di riprendere il nome originale after la decisione di New Orleans di cambiare look.
Nel 2022, Steve Clifford è stato assunto per sostituire James Borrego, l’uomo che aveva accettato il lavoro degli Hornets proprio del dopo Clifford (7 stagioni prima che Charlotte decidesse di cambiare rotta nel 2018) che a Charlotte aveva messo insieme un 196 –214 tra Bobcats e Hornets. La franchigia non ha vissuto esattamente una svolta miracolosa sulla scia del suo ritorno, dato che la squadra è andata 27-55 la scorsa stagione ed è attualmente sulla buona strada per abbassare l’asticella dopo essere scesa a 10-37 contro i Thunder nell’ultima uscita, allungando a sei la striscia di sconfitte consecutive e dando pochi segni di vita.
Gli Hornets sono stati costretti a fare i conti con gli infortuni cronici alla caviglia che hanno avuto un ruolo importante nella mancanza di 25 partite per LaMelo Ball nel corso della stagione attuale, quindi, hanno sostanzialmente dovuto rinunciare al proprio maggior talento.
Clifford ha recentemente sostanzialmente “ammesso” che, i giocatori con i quali ha a che fare, non hanno le competenze necessarie per essere competitivi nella NBA.
Ecco cosa ha detto: “I nostri problemi non sono i loro sforzi, il loro lavoro, quanto vogliono vincere. Ascolta: abbiamo poco talento. Non c’è niente di sbagliato nel dirglielo. Devono giocare bene. Non hanno spazio per errori. Non possiamo commettere errori. Quando ci alleniamo, dobbiamo avere ottime ripetizioni e ci deve essere un grande connessione al gioco… In questo momento non siamo abbastanza bravi, non stiamo battendo nessuno. Questo è proprio il punto in cui siamo”.
Clifford ha fatto notare che non stava dicendo nulla che non avesse già detto ai suoi giocatori e ha affermato che non lo rispetteranno se non sarà disposto a essere sincero quando si tratta di valutare le radici dei problemi della squadra e in un certo senso fa sento come se stesse lanciando un appello pubblico al front office per un aiuto tanto necessario.
Nel caso in cui non fosse già abbastanza chiaro con la partenza di Terry Rozier, non si può negare che gli Charlotte Hornets siano aperti agli affari dopo aver perso anche contro i Detroit Pistons. Anche se non stanno adottando un approccio del tipo “tutto deve andare”, i venti di cambiamento stanno per soffiare attraverso il roster nei prossimi giorni fino alla scadenza commerciale della NBA dell’8 febbraio.
Stiamo ricostruendo”, ha detto il presidente delle operazioni di basket/direttore generale Mitch Kupchak dopo aver ceduto Rozier.
“Penso che abbiamo un gruppo di giocatori giovani che hanno esperienza, penso che alcuni giocatori che hanno dimostrato, anche se sono molto giovani, che il loro futuro è luminoso e sento anche che abbiamo veterani sotto contratto che sono anch’essi loro preziosi.”
Con la scadenza che si avvicina e gli Hornets che cercano di scuotere le cose, pare che al momento gli Hornets vogliano in cambio qualcosa di sostanzioso dopo la mossa di Rozier non propriamente fantastica, forse all’avvicinarsi dell’8 febbraio le pretese scenderanno un po’, comunque ecco uno sguardo al roster e alla possibilità che ogni giocatore (al momento per la società LaMelo Ball, sul quale io ho qualche dubbio a causa della situazione fisica, Mark Williams, uguale e Brandon Miller sono ritenuti incedibili) venga scambiato:
Potrebbe essere scambiato…
JAMES BOUKNIGHT:
Anche se un infortunio nel training camp lo ha messo presto in disparte a scaldare la panchina.
Gli Hornets hanno rifiutato di accettare l’opzione del quarto anno sul suo contratto, rendendolo un ottimo candidato per trovare una nuova città, altrimenti continuerà a rimanere piantato nel purgatorio del roster fino a questa estate.
MILES BRIDGES:
La sua situazione è estremamente complicata per una serie di ragioni, inclusa la sua capacità di porre il veto su qualsiasi destinazione non gli piaccia.
La proprietà deve determinare se farà parte del futuro, perché in caso contrario potrebbe essere nel miglior interesse spostarlo e ottenere qualcosa in cambio, invece di vederlo partire come agente libero senza restrizioni a luglio.
Considerando le conseguenze pubbliche che si sono verificate una volta riportato indietro, lasciarlo semplicemente andare via senza compenso non ha molto senso dal punto di vista commerciale.
Lui vorrebbe rimanere ma nella NBA degli affari per Charlotte, che sarebbe costretta a ritoccargli uno stipendio al rialzo, sarebbe meglio scambiarlo con qualcosa che abbia valore, sempre qualcuno sia disposto ad offrirlo.
Al momento ci sono trattative con i Suns ma tutto può succedere.
GORDON HAYWARD:
Non c’è molto da dire sul perché lui sia il candidato più logico per essere diretto altrove ma ricapitolando: il suo massiccio contratto scade finalmente dopo la fine di questa stagione e gli Hornets tenteranno di utilizzare il suo stipendio da 31,5 milioni di dollari per ottenere uno o due asset.
Il problema è che è infortunato ed è out da quando si è stirato il polpaccio sinistro il 26 dicembre. Ha saltato tutte le ultime partite da allora ed è lecito chiedersi se abbia già giocato la sua ultima partita con gli Hornets.
NICK RICHARDS:
Sostituire Mark Williams per gran parte degli ultimi due mesi ha messo più riflettori sul lungo al quarto anno.
Anche se non ti lascerà a bocca aperta con il suo gioco, ha dimostrato di essere utile e potrebbe essere un’aggiunta decente o un palliativo per una squadra da playoff che cerca di rafforzare le cose all’interno.
Anche il suo contratto economico – che dura due anni e 10 milioni di dollari rimasti con l’ultima stagione nel 2025-26 non garantita – è un enorme vantaggio.
ISH SMITH:
Anche se il nativo di Concord probabilmente non sarebbe entusiasta dato che preferisce essere più vicino alla sua famiglia nella Carolina del Nord e sembra pronto ad appendere le scarpe al chiodo dopo la stagione, qualsiasi squadra contendente può avvalersi di un veterano esperto che sa vincere. Inoltre, ricorda che detiene il record per numero di squadre in cui ha giocato…
P.J. WASHINGTON:
Giocatore al quale viene chiesto di essere una sorta di camaleonte e di giocare come ala e centro a seconda dell’incontro, la sua versatilità è qualcosa che potrebbe essere ambita da altre squadre NBA.
È un giocatore di riserva che guadagna anche il posto da titolare, e questa è una cosa insolita per una squadra come gli Hornets.
LEAKY BLACK:
Anche se ha mostrato qualcosina di buono nei pochi minuti d’emergenza giocati con gli Hornets (a causa dell’ondata di infortuni dei compagni), non ha molto valore e sarebbe meglio se avesse un altro anno per svilupparsi.
CODY MARTIN:
Dopo essere stato out per gran parte della stagione 2022-23 e per le prime 26 partite di questa stagione, è finalmente tornato a dicembre e sta ancora eliminando gran parte della ruggine accumulata.
Sarebbe difficile per gli Hornets recuperare qualcosa di sostanziale perché le squadre probabilmente non possono misurare il suo valore a causa di tutte le partite che ha perso.
BRYCE MGOWENS:
Ha avuto molte opportunità di lasciare il suo segno sulle cose con un aumento del tempo di gioco a causa del numero di infortuni degli Hornets ma non ne ha approfittato.
Molto deludente anche se non mi aspettavo molto in più.
NATHAN MENSAH:
Avrebbe potuto essere preso da qualsiasi squadra prima di firmare il suo accordo two-way il 14 dicembre, in questo momento è un in più come assicurazione per l’incertezza che circonda la disponibilità di Mark Williams.
FRANK NTILIKINA:
Impossibile mostrare qualcosa in questa stagione ma io lo scambierei immediatamente.
“Terry” Rozier o T-Ro. Un grazie per l’impegno e auguri per la nuova avventura (non contro Charlotte magari) a Miami.
Gli Charlotte Hornets saranno probabilmente tra i principali venditori alla scadenza commerciale NBA del 2024 e hanno fatto la loro prima mossa oggi.
Secondo Adrian Wojnarowski, gli Hornets manderanno Terry Rozier ai Miami Heat in cambio di Kyle Lowry e di una scelta al primo turno del 2027.
La scelta è protetta alla lotteria nel 2027 (1-14) e non protetta se verrà effettuata nel 2028, secondo Woj.
Rozier quest’anno ha registrato un’ottima media di punti (23,2) e assist (6,6) ai massimi livelli della sua carriera e ha dovuto sopportare un carico più pesante quando LaMelo Ball ha saltato un lungo periodo a causa di un infortunio alla caviglia.
Ora avrà la possibilità di formare una nuova coppia di difesa insieme a Tyler Herro a Miami.
Rozier ha trascorso nove stagioni nella NBA (quattro a Boston, cinque a Charlotte) ed è nono in campionato per triple realizzate dall’inizio della stagione 2019-20.
Quattro stagioni con i Boston Celtics come giocatore in uscita dalla panchina molto valido prima delle ultime cinque stagioni agli Hornets.
Una stagione e mezza sola completata per lui avendo firmato un contratto con Charlotte nell’estate del 2022.
Rozier guadagnerà 23,2 milioni di dollari per questa stagione e 24,9 per la 2024/25 mentre per la stagione 2025/26 il suo accordo è parzialmente garantito (lo diventerà solo se raggiungerà il 2° turno dei playoff e giocherà almeno 70 partite di Regular Season) mentre Lowry che guadagna 29,6 milioni è in netta parabola discendente.
Gli Heat (24-19, sesti a Est) erano da tempo alla ricerca di un nuovo playmaker.
La loro ricerca era orientata su Damian Lillard ma non ha avuto successo durante la bassa stagione e l’inesorabile declino di Lowry (quasi 38 anni) li ha lasciati desiderare una maggiore produzione nella zona difensiva.
Adesso prenderanno il ventinovenne Rozier che sta vivendo la sua stagione migliore.
Il contratto quadriennale da 97 milioni di dollari di Rozier scadrà nel 2026 mentre Lowry – che sta guadagnando più di 29 milioni di dollari in questa stagione – diventerà un free agent senza restrizioni quest’estate.
Gli Hornets non hanno piani di buyout immediati per lui e dovrebbero cercare un partner commerciale adatto per Lowry prima della scadenza commerciale dell’8 febbraio, secondo Wojnarowski.
Lowry, che compirà 38 anni a marzo, ha segnato una media di 8,2 punti in 28 minuti a partita in questa stagione.
Sei volte All-Star, Lowry è uscito dalla panchina per gli Heat nelle sue ultime due partite dopo aver giocato da titolare nelle sue prime 35 presenze in questa stagione.
Si prevede che gli Hornets in ricostruzione (10-31, 13° nell’Est) saranno uno dei venditori più accaniti alla deadline.
Charlotte potrebbe anche muovere veterani come Gordon Hayward, Miles Bridges, P.J. Washington e Cody Martin, oltre al fatto che questa estate anche il contratto di Bouknight non verrà rinnovato, considerando l’abbandono di Lowry saranno oltre 90 i milioni a disposizione.
Hayward ha una media di 14,5 punti a partita, ma il suo pesante contratto in scadenza (31,5 milioni di dollari) potrebbe renderlo difficile da scambiare.
A favore c’è ovviamente l’enorme spazio salariale vuoto che la franchigia potrebbe utilizzare.
I problemi però sono tanti a partire da ball che è puro talento cristallino ma è fatto del medesimo materiale, Mark Williams è un caso misterioso con il suo infortunio alla schiena e il buon rookie Miller (sta progredendo) ogni tanto qualche leggera zoppia se la procura nel forzare giocate giacché intorno – causa infortuni – non ha avuto una gran mano ed il fisico è ancora abbastanza esile.
Per esperienza il problema principale è l’appeal del mercato di Charlotte…
Tanti soldi risparmiati ma poi in sostanza chi vorrà realmente venire?
Bisognerà prendere due ottimi giocatori, tasselli per posizioni e capacità mancanti ma anche dare uno sguardo serio per allungare la panchina.
Ball e Miller non bastano a convincere altri giocatori quindi il rischio è strapagare (modello Batum) giocatori che dovrebbero amalgamare e dare supporto alla squadra, compresi i pochi giovani realmente interessanti e a questo punto, personalmente, mi sarei tenuto Rozier che in estate avrebbe potuto essere un asset più spendibile.
Il rischi di avere ancora davanti a noi altri anni piuttosto tristi c’é e Ball alla scadenza della rookie scale, nonostante il suo ricco contratto, potrebbe anche impuntarsi decidendo di non restare nella Buzz City e per una tifoseria ormai mezza stremata, togliere l’unico raggio di luce sarebbe quasi fatale.
Di certo Charlotte – se dovesse azzerare il roster – entro l’8 febbraio, difficilmente supererebbe il record dello scorso anno, garantendosi un altra possibile buona scelta al prossimo Draft ma il mucchio di scelte selvaggio che adesso sta premiando OKC non è detto che abbia lo stesso effetto per la Queen City che spesso non si è rivelata lungimirante sprecando ai Draft occasioni in serie.
Come al solito ci sta tutto e di più quando si ipotizza (bravo Kupchak e/o il prossimo GM se sapranno sfruttare l’eventuale spazio vuoto che si dovrebbe creare ma il rischio è peggiorare la situazione, in questo limbo Charlotte ha deciso di muoversi smantellando), di certo Rozier dava ottime garanzie e gli si augura tutto il bene vista la sua serietà ed il suo impegno con i nostri colori, un giocatore che mi piaceva per dedizione ed atteggiamento che – ahimè – andrà a rinforzare una rivale divisionale e ora non ci rimane che restare alla finestra per vedere cosa accadrà nei prossimi 16 giorni e passare il giro di boa (siamo esattamente a metà stagione) che era stato festeggiato con una insperata ed entusiasmante vittoria sul campo di una squadra temibillissima come i Timberwolves.
Una serata nella quale è parso entrare tutto ma nemmeno dopo 24 ore è già colpo di Terry (a me è venuto un colpo – non positivo – leggendo la news quando non ero nemmeno tornato dal lavoro) o colpo di spugna se preferite e queste veloci emozioni a contrasto fanno sentire me e forse qualche altro fan di Charlotte, esattamente così:
Steve Clifford con Nick Richards, centro titolare per esigenza.
Questo articolo è un mix di alcuni articoli più o meno recenti, mixati con alcune mie considerazioni e statistiche.
Gli Charlotte Hornets ospiteranno il loro primo incontro per soli giocatori dalla stagione 2017-18. Dopo la sconfitta di domenica contro i Miami Heat, Terry Rozier ha detto al Charlotte Observer che è ora che i giocatori parlino della situazione.
“Penso che ne parleremo in un incontro riservato ai giocatori. Perché per quanto le cose stiano andando male, siamo solo cinque o sei partite indietro per un posto per il torneo play-in. Se vinciamo le prossime tre, le cose possono cambiare per noi. Dobbiamo solo crederci come squadra e impegnarci per raggiungere questo obiettivo”.
Gli Hornets vengono dal periodo peggiore della storia recente della franchigia, accumulando un divario negativo da 78 punti nelle tre partite recentemente giocate.
Il contesto di queste sconfitte fa sembrare le cose peggiori, specialmente di fronte a una squadra come San Antonio che aveva racimolato solamente sei vittorie e una squadra come Miami a cui mancavano quattro giocatori chiave.
Sì, anche gli Charlotte Hornets hanno sofferto di infortuni ma è la natura delle sconfitte ad essere straordinariamente preoccupante.
Gli Hornets sembrano senza vita nonostante il ritorno di LaMelo Ball.
Nelle ultime due gare Charlotte ha segnato i minimi stagionali consecutivi in termini di percentuali di field goal con il 36% contro gli Spurs e il 34,7% contro gli Heat.
I giocatori stanno iniziando a guardare oltre il punto di interesse, guardano la risposta scoraggiata dopo il crollo della difesa di transizione di seguito.
Nessuno si ritiene responsabile a vicenda, nessuna frustrazione e nemmeno alcun contatto visivo, a questo punto stanno camminando come sonnambuli nel gioco.
Gli infortuni non sono più una scusa valida per questo livello di basket.
I fan non si aspettano vittorie ma è troppo aspettarsi un basket semi-competitivo con almeno un certo senso di piccolo pericolo, d’emozione.
Sembra che anche Terry Rozier lo sappia, in quanto leader di questa squadra sta facendo del suo meglio per coinvolgere tutti nell’organizzazione di questo incontro.
A questo punto il play-in è un sogno fantasy, se fosse NBA 2K faresti immediatamente clic sull’opzione “Sim Rest of the Season”…
Mark Williams, il giovane centro è out per una contusione alla schiena e non gioca dal 9 dicembre quando gli Hornets batterono Toronto.
Mark pare più decisivo di Ball, con lui Charlotte è: 7-12 senza di lui… 1-17, mentre con LaMelo la squadra è 5-12, senza: 3-15.
Clifford ha spedito sul parquet Richards, P.J. tra infortuni e small ball non sempre riuscite nel ruolo di centro non ha convinto, ancora meno Thor anche se in altro ruolo, che è stato decisamente bocciato (troppo lento, poco reattivo in difesa ed impacciato nonostante la sua statura) così il buon Nick fa quello che può dimostrando di essere un discreto back up ma non un giocatore da starting five.
Per il resto…
P.J. Washington è ancora appetito da Cleveland, su Hayward sono tornate voci di possibili trade (in 7 team non potrebbe trovar casa per via del superamento della Tax Apron da parte di queste franchigie) o persino un buyout, Bridges è in scadenza ma potrebbe porre un veto ad un eventuale trasferimento.
L’organizzazione è in subbuglio ma pare sia sempre atavicamente ferma come un Buddha sotto l’albero e la scorsa estate ha alzato i contratti di Ball (gran talento ma la tenuta fisica è un gran problema per ora) e di P.J. Washington mentre Rozier che sembra avere un futuro a Charlotte dopo il buon quadriennale a Charlotte è l’altro unico pezzo sul mercato che gli Hornets potrebbero “farsi pagare”.
Personalmente viene da chiedermi se la mancanza dell’allenatore sia normale o un sintomo del disagio.
Clifford parlava in questi termini:
“L’altro argomento è che ho letto articoli in cui i direttori generali dicevano:
“Non puoi sviluppare giocatori senza minuti giocati”, su questo non sono assolutamente d’accordo.Direi che lo sviluppo del giocatore riguarda i minuti guadagnati.Una cosa che mi piace di qui, che amo di qui (a Charlotte) è che Mitch (Kupchak) è della vecchia scuola e nessuno è più vecchia scuola di Michael (Jordan).Non abbiamo un ragazzo nel nostro roster che possa lamentarsi di non giocare, nemmeno uno, se sei sincero (beh, il caso Kai Jones doveva ancora scoppiare e non entro nel merito).Tutti hanno avuto una possibilità.Alcuni di loro hanno fatto molto meglio di altri, questi sono i ragazzi che hanno ancora una possibilità.Gli altri ragazzi che non hanno giocato bene li abbiamo a Greensboro, abbiamo gli allenamenti, abbiamo le sessioni di tiro.Sanno come mi sento, parlo con loro in modo molto diretto.La reazione negativa a questo caso è che ci sono molti esempi nella NBA in cui l’approccio “New school” nell’interpretare ragazzi giovani, indipendentemente da ciò che ha avuto successo”. Ci sono squadre come OKC che hanno dato enormi minuti ai giovani e ora funzionano, se a Charlotte non si fa forse il vero problema qui è che i giovani giocatori nel roster non sono allo stesso livello, qualcosa che Clifford non direbbe mai pubblicamente.
Il punto sottolineato da Clifford riguardo al guadagno di minuti è qualcosa che può essere un’ottima base di partenza ma dal mio punto di vista non si possono ignorare i cambiamenti in atto, pena bruciare qualsiasi tipo di giocatore sia passato di qui, chi con più talento chi con meno (vedi i vari Vonleh, Kaminsky, Monk, ecc., ora Bouknight) ma bisogna trovare un compromesso.
Regalare del tempo di gioco a chi non lo merita mina un po’ la fiducia del resto della squadra (tenendo sempre conto che la decisione è soggettiva e la funzionalità non incontrovertibile) ma il punto è che a questo livello, il non cambiare mai, se non per le innumerevoli problematiche legate agli infortuni che hanno fatto partire Charlotte con starting five spesso rivoluzionati, non è una soluzione che migliori qualcosa.
Gli standard difensivi sono dramatici:
Opp PTS/G: 120.1 (25th of 30) Def Rtg: 121.4 (29th of 30) Net Rtg: -11.9 (30th of 30)
Gli offensivi sono ulteriormente crollati:
PTS/G: 108.3 (28th of 30) Off Rtg: 109.5 (28th of 30)
Per Charlotte, ci sono altre 44 partite da giocare che nessuno aspetta con ansia.
La pazienza della fanbase degli Hornets, che è una delle più comprensive della NBA, si sta esaurendo.
Fino a quando questa squadra non inizierà a giocare con un maggiore senso di ispirazione e vigore, nemmeno i nuovi proprietari degli Hornets potrebbero incolpare i fan più accaniti degli Hornets per non essersi sintonizzati.
Uno scorato Michael Jordan sonnecchia durante una partita casalinga degli Hornets contro i Magic (stagione 2022/23).
Michael Jordan, “proprietario” degli Charlotte Hornets da 13 anni, è attualmente impegnato in “colloqui seri” per vendere quote ad un gruppo guidato dal proprietario di minoranza degli Hornets, Gabe Plotkin e dal proprietario di minoranza degli Atlanta Hawks, Rick Schnall, ha riferito Adrian Wojnarowski ieri.
Secondo quanto riferito l’accordo non è imminente ma si dice che ci sia “uno slancio significativo” sulla vendita, secondo Woj.
Se l’accordo dovesse andare a buon fine, il cambio di proprietà porrebbe fine al mandato di Jordan come proprietario degli Hornets anche se MJ “dovrebbe rimanere con una quota di minoranza”, sempre secondo l’insider Wojnarowski.
L’icona NBA ha acquistato per la prima volta una quota di minoranza degli allora Charlotte Bobcats nel 2005 e alla fine ha assunto il ruolo di proprietario di maggioranza nel 2010 dopo aver pagato $ 275 milioni per una quota di maggioranza.
Ad oggi, Jordan è stato l’unico proprietario di colore che ha detenuto una maggioranza in qualsiasi squadra professionistica nello sport nordamericano negli ultimi 13 anni.
Durante il periodo di Jordan come proprietario, Charlotte non è stata per nulla convincente ottenendo un bilancio di 418 vinte e 594 perse utilizzando sei diversi allenatori dalla stagione 2010-11, con due apparizioni ai playoff nel 2013/14 (Bobcats, spazzati via ai PO) e nel 2015-16 (Hornets, a sorpresa rischiarono di eliminare Miami arrivando a gara 7 ma perdendo nettamente in Florida).
Attualmente gli Hornets (22-49) sono al 14° posto nella Eastern Conference con coach Steve Clifford riassunto lo scorso giugno dopo le note vicissitudini con l’allenatore prescelto e aver precedentemente allenato il club dal 2013 al 2018.
Tanto per chiudere in bellezza, da un articolo di Sam D’Amico, pare che Bally Sports (attuale TV che presenta le partite degli Hornets ed altre 15 squadre NBA) presenti istanza di fallimento.
Per gli Hornets e le altre squadre controllate televisivamente da Bally non dovrebbero esserci problemi nel finire la stagione, per il prossimo anno vi dovrebbe essere un piano d’emergenza della lega.
Trasmissioni regionali nel limbo.
Diamond Sports, la società madre delle reti regionali Bally Sports, ha presentato istanza di fallimento, come riportato da più organi di stampa.
Anthony Edwards intervistato da Bally Sports Bally Sports è l’emittente sportiva regionale di 16 squadre NBA e ha dovuto affrontare difficoltà finanziarie quasi da quando Diamond è subentrato a Fox Sports.
Nessuna delle 16 squadre portate da Bally dovrebbe subire un impatto in questa stagione; anche se la lega dovrà elaborare un piano di emergenza in tempo per il 2023/24.
Il commissario NBA Adam Silver ha indicato che la lega era preparata nel caso in cui il crollo finanziario di Diamond continuasse.
Questo non è necessariamente un grosso problema per il campionato o le sue squadre, ma lo è sicuramente per Diamond e Bally, che hanno pagato un prezzo pesante per avere il proprio nome associato alle reti regionali.
Bally Sports offre anche alcuni programmi nazionali, tra cui The Rally, che presenta il top insider NBA Shams Charania di The Athletic.
Anche le emittenti di ciascuno dei canali Bally Sports potrebbero essere influenzate, anche se, ancora una volta, non è probabile per il resto di questa stagione.
Le squadre NBA che Bally Sports manda in onda sono: Cavaliers, Hawks, Hornets, Mavericks, Pistons, Pacers, Clippers, Grizzlies, Heat, Bucks, Timberwolves, Pelicans, Thunder, Magic, Suns e Spurs.
“Ci sono ancora molte incognite – sembra probabile che Diamond cerchi di mantenerne alcune ma non tutte le squadre supportate dai suoi 19 RSN – ma due principi sembrano chiari: i giochi avranno una certa capacità e gli spettatori nel tempo dovranno pagare di più per guardare mentre i club iniziano il doloroso allontanamento dai canali portati sotto il tradizionale fascio di cavi “, ha scritto Daniel Kaplan di The Athletic.
“Gli appassionati di sport sono stati per decenni sovvenzionati dal fascio di cavi, pagando una frazione di quanto costerebbero le singole partite.
È per questo che i campionati e le squadre hanno combattuto i livelli sportivi per così tanto tempo e perché la vendita di streaming aumenta i prezzi”.
Le estreme e pericolose alchimie dell’ambiguo (per i gusti dei fan) James Borrego al quale è stato esteso ancora il contratto per un anno. Riuscirà a trovare la pozione magica per portare Charlotte ai PO il prossimo anno o finirà come nel racconto di Stevenson?
Intro
Riavvolgiamo il nastro: siamo a due partite dalla fine della stagione regolare.
Gli Hornets hanno esaurito le tante gare casalinghe e le energie.
L’annata era partita bene fino ad arrivare oltre ogni più rosea aspettativa degli analisti con i Calabroni saliti sino alla quarta posizione che forse – anche a pieno organico – non avrebbe potuto durare ma per come sono andate le squadre a Est una sesta posizione per gli Hornets sarebbe stata alla tutt’altro che improbabile tanto che io per primo (salvo sfortune varie poi materializzatesi puntualmente) ho creduto ai veri PO, noi ai Play-in, anticamera dei reali.
Premesso che non ci può essere profonda delusione dove non c’è un amore profondo (cit. Martin Luther King), ecco che il finale di stagione ha finito per riportare al giusto livello gli Hornets che stavano sfuggendo anche agli sviluppi della teoria del caos che mai avrebbe potuto prevedere gli Hornets implicati al quarto posto a Est ma come un messaggio che testimonia l’impermanenza delle cose e della felicità, ecco la lunga catena d’infortuni, come se l’ourobóros, il serpente che disegnando un cerchio divora la propria coda, simboleggiasse anche per i Calabroni un ciclo che divora e rigenera sé stesso, un tempo ciclico che comincia nuovamente dopo aver raggiunto la propria fine che per i Calabroni pare sempre enigmaticamente tragicamente affascinante nel suo dissolversi, eppure basterebbe concretamente la volontà di migliorare la squadra per sopperire alle fragilità d’organico anche se quest’anno la sorte ha colpito duramente.
Torniamo al 14 maggio: persa la sfida contro i Clippers rimanevano da giocare ancora due sfide che a inizio stagione potevano sembrare non proibitive ma che diventavano grandi: a New York e a Washington, partite non semplici, tuttavia Miles Bridges riuscendo a rientrare in extremis dal protocollo Covid-19 dava qualche speranza in più.
A New York Charlotte giocava bene a tratti ma i Calabroni sbagliavano due tiri vittoria forzando ancora triple maledette e cedendo all’OT mentre in back to back a Washington dilapidavano un +16 da terzo quarto e un +11 a inizio ultima frazione per cadere ancora nel finale.
Torniamo ancora più indietro quando gli Hornets divengono evanescenti e colpiti dall’eterno ritorno di un maledetto destino.
Potremmo dividere la stagione in due parti e suddividere ancora la seconda in due momenti distinti.
Il primo volto di Charlotte è quello della gioia.
Dura 48 partite quando nonostante la W a Indianapolis, Hayward va K.O..
L’ex Celtics è atteso a inizio maggio ma come sappiamo ormai, non rientrerà più.
Gli Hornets tengono botta nelle prime partite tra propri meriti, demeriti altrui e defezioni di qualche team grazie a un super Rozier ma poi…
Il secondo momento arriva 4 partite più tardi con gli Hornets in testa alla propria divisione anche grazie a molte vittorie giunte in crunch time e intenti a difendere la quarta piazza a Est.
Sembrerebbe si possano battere gli Hawks ma la mancanza di centri si fa sentire così Capela e soci rimontano nell’ultimo periodo mentre Miles Bridges pianta una delle schiacciate più incredibili dell’anno in risposta alla rimonta degli Hawks per esorcizzare le paure ma agli Hornets viene il braccino corto e vengono scavalcati dagli avversari.
Set, gioco, partita, classifica e inizio della lenta fine.
Non sembrerebbe nulla di drammatico, si potrebbe rimediare ma una serie di infortuni a catena di giocatori importanti culminano alla vigilia di una settimana importante di inizio maggio e nonostante i rientri di Ball e Monk qualcosa si è rotto.
Gli Hornets hanno 4 partite importanti contro Pistons, Bulls, Magic e Pelicans.
E’ richiesto almeno un non impossibile 3-1 ma gli Hornets deludono chiudendo con un 2-2 perdendo il derby con la squadra della Louisiana di due punti iniziando così (partita incorporata quella con i Pels) di 5 sconfitte consecutive con il picco finale a Washington nella gara spareggio che sarebbe valsa l’ottava piazza vincendola.
Gli Hornets terminano decimi e vanno a Indianapolis chiedendo il pass per giungere alla seconda sfida d’anticamera playoff.
Quella che va in scena nell’Indiana è la più surreale partita nonché logica conclusione della stagione.
Quasi tutti gli elementi di Charlotte si rivelano imbarazzanti; la difesa (sempre stato il problema di Charlotte in questa stagione non avendo difensori di primo livello, sul perimetro specialmente) è un colabrodo su tutto il fronte, l’attacco non è efficace quando spara da tre punti (e tira troppo da fuori), la volontà di vincere è bassa e ben presto subentra lo scoramento.
Una squadra che sotto la guida di Borrego scompare (ed è da qui che dobbiamo pensare di ripartire) e diventa hide più che hyde…
I fan degli Hornets vedono così chiudere la stagione del loro team favorito con la sesta sconcertante sconfitta che mostra le due facce del team e getta una lunga ombra sull’alba di fuoco estiva dei potenziali nuovi Calabroni anche se c’è chi professa ottimismo con Ball, Rozier, Bridges e Hayward (forse) a roster.
Lascerò a tratti in questo pezzo – seguendo il filo conduttore del duplice racconto come se fosse una specie di concept writing – a coach Matteo Vezzelli (trovertete i suoi scritti in verde e blu) alcune considerazioni personali che in questa prima parte dedicherà la sua disamina sulla stagione di Charlotte.
Analisi tecnico-tattica sulla squadra in stagione a cura di Matteo Vezzelli:
Una squadra costruita senza né capo né coda, frutto di scelte sbagliate negli anni mischiate all’ego di un allenatore smanioso di voler giocare un tipo basket senza averne gli interpreti ideali.
Cosi si può riassumere la stagione degli Hornets (non credo di poter essere tacciato d’eresia se spostassi il medesimo discorso come trend del triennio di Borrego).
Difensivamente indecenti, incapaci di andare in rotazione difensiva, spesso i raddoppi sono sembrati più frutto del caso se non peggio: in altre circostanze avversari lasciati liberi di ordinare addirittura un McMenù.
Offensivamente il playbook era da u13 regionale, con una mezza ruota russa per liberare i nostri tiratori dagli 8 metri con assenza totale del gioco sul piano verticale (perchè? Esiste il gioco interno?).
Roster creato con molti giocatori cresciuti nella G League, giocatori mediocri strapagati o giovani incapaci persino di fare 2 palleggi con la mano debole.
Senza il tocco della “Dea bendata” sotto forma di terza scelta assoluta al Draft avremmo chiuso con un record stile Charotte Bobcats.
C’è molto da riflettere e tanto, tantissimo da fare.
I tifosi meritano di più.
Andiamo ad analizzare sempre con Matteo in veste di coach tre situazioni in video che ho scelto considerandole iconiche per mostrare un po’ del gioco di Charlotte durante l’anno.
La prima riguarda un attacco ben riuscito che mostra come anche interpreti non di primo piano, evitando di affidarsi al tiro da tre punti come unica soluzione, possano riuscire a giocare un buon basket creando canestri facili.
Partiamo da una posizione di punta con un pick and roll tra play ed esterno: Ball scarica palla a McDaniels il quale rolla verso il centro dell’area trovando la difesa di Orlando poco reattiva nella situazione, così – rotta la prima linea difensiva – Wagner è costretto a uscire per coprire lo spazio attaccabile da McDaniels ma al contempo è costretto ad abbandonare la marcatura di Biyombo che in back-door tutto solo (anche perché il difensore che guarda Monk non scala), ricevendo il passaggio di Jalen, non può esimersi dalla jam vincente grazie alle ottime spaziature tenute sul parquet dai Calabroni.
Nella seconda azione che andremo ad analizzare vorrei evidenziare posizioni, problemi di rimbalzi e di small ball che hanno attanagliato Charlotte quest’anno e per di più in questo caso se faceste caso al punteggio, in un momento decisivo del match con gli Hornets appena tornati sul -1 dopo una strepitosa azione.
La seconda situazione – quindi – vede Campazzo ricever palla e mentre sulla finta di passaggio che Rozier contrasta in salto avviene il primo cambio con Terry a ritrovarsi su Green mentre la buona contemporanea salita di Ball porta via spazio al play argentino che decide a quel punto di giocare un pick and roll con l’ala/centro numero 0.
Il cambio degli Hornets è ancora perfetto con Rozier e ball a riprendere gli uomini assegnati da Borrego a inizio azione, a quel punto il talentuoso sudamericano passa a Jokic in uscita che sfidando Zeller in entrata prende un brutto runner ma il tagliafuori di Ball è difettoso sia per posizione e per problemi fisici strutturali rilevabili in kg.
Green lo mette in tasca e converte facilmente l’errore del serbo sul lato debole con il rimbalzo e correzione volante.
Nell’ultima azione che in realtà sarebbero due ma con lo stesso copione, vorrei rivedere certi tiri da tre punti presi dagli Hornets non consigliabili, tanto più che qui si stava decidendo probabilmente il piazzamento finale di Charlotte che con una vittoria avrebbe ottenuto l’ottavo posto.
Ben due occasioni per vincere la partita sprecate senza gioco di squadra con tiri da tre punti e nonostante io sia stato innamorato di quei tiri dalla lunga distanza che Larry Bird e Dell Curry lasciavano partire con stile e magicamente si infilavano in retina, qui vi è un eccesso di soluzioni non ottimali.
Sulla prima azione possiamo osservare Rozier in palleggio passare Bridges in aiuto con il blocco.
La difesa di New York accetta il cambio e con Randle accoppiato a Scary, arriva il primo tiro da tre punti che Rozier cerca di prendesi con lo step-back in separazione, un classico del piccolo contro il lungo ma purtroppo il tiro colpisce il ferro e la prima azione, comunque una forzatura, va a vuoto.
La seconda azione vede protagonista Graham, il quale uscendo dal lato debole sfruttando un blocco va a farsi consegnare palla da Miles che nel frattempo cercando di portargli anch’esso un secondo blocco fa impastare il difensore all’inseguimento (Burks) ma Graham che va ad arrestarsi sulla diagonale prende il pull-up con un altro difensore che – pur lontano- prova a pararglisi incontro.
Il risultato è un mattone che rischia di infrangere il plexiglass così gli Hornets gettano al vento una seconda occasione con una seconda forzatura senza realmente aver fatto muovere la difesa avversaria e al supplementare prevarranno i Knicks.
Classifica Finale di Regular Season
Il futuro prossimo
Per analizzare il futuro, diamo uno sguardo veloce al passato.
Da quando MJ ha cambiato identità al team riportando gli Hornets a Charlotte sono passati 7 anni nei quali solamente una volta la squadra è riuscita a raggiungere i playoff.
Charlotte manca da 5 anni alla post season e anche se quest’anno la squadra è andata aldilà delle aspettative sfiorandoli, ha dimostrato tutte le proprie fragilità.
Jordan ha sempre attuato una politica di piccoli passi senza eccedere in spese folli anche se lo scorso anno è arrivato Gordon Hayward ma per una squadra che non ambisce al titolo di entrare in luxury tax non se ne parla.
Dal mio punto di vista la prossima stagione di apre quindi con un grosso punto interrogativo ma andiamo con ordine facendoci delle domande.
Perché MJ dovrebbe cambiare all’improvviso la sua politica?
La cosa lo tocca?
Personalmente apprezzo molto MJ fuori dal parquet come persona per ciò che è, come sportivo per me è sempre stato un rivale, come proprietario oggettivamente fino a oggi una sciagura benché la storia non sia mai bianca o nera ma grigia e tutte le colpe non siano addebitabili a lui ma occorre fare un passo deciso il prossimo anno per non rimanere nell’eterno limbo.
A livello pratico si calcola che gli Hornets potrebbero avere una ventina di milioni da utilizzare in free agency e cercare di sistemare un roster che ha diverse lacune.
Gli Hornets sono una delle sei squadre che avranno un buon cap space in questa off-season, tuttavia, per creare questo spazio, Charlotte dovrà prendere delle decisioni sui ragazzi in uscita che diverranno free agent.
Al momento Charlotte ha 17 giocatori a roster dei quali 7 in uscita.
I giocatori in possibile uscita.
I principali a pesare sul morte ingaggi degli Hornets sono (UFA) Zeller (folle limite ipotetico da 23 milioni) e (RFA) Monk che spingerebbero Charlotte in luxury tax nonostante gli Hornets – addebito shame di Batum compreso – siano attualmente sugli 82 milioni di stipendi garantiti.
Zeller sta diventando troppo “maturo”.
Avrebbe dovuto essere il centro titolare ma ha finto spesso per finire in panchina.
Da Charlotte potrei anche aspettami di rivederlo un altro anno ma il suo stipendio è sconveniente e quei soldi, dal mio punto di vista, dovrebbero essere tutti impiegati alla ricerca di un centro completo che faccia dimenticare la mediocrità e la non completezza dei nostri centri attuali.
Borrego è andato il tilt durante la stagione cercando di trovare una risposta solida al ruolo di centro ma non l’ha trovata e con Vernon Carey Jr. e Nick Richards sotto contratto, giovani rookie da back-up, andare a pensare di rifirmare Zeller diventerebbe un controsenso.
Gli Hornets hanno bisogno di un centro che sappia difendere, tiri giù rimbalzi e segni anche qualche punto.
In questo contesto do per scontato che Biyombo (unrestricted free agent), nonostante il suo ruolo di mentore e stacanovista da 66 partite in stagione, sarà tagliato.
Qualche rumors già è uscito su Theis che potrebbe essere un buon centro di riserva se non costasse troppo ma non risolverebbe alcune lacune degli Hornets che dovrebbero ambire a un centro che cambi il panorama.
Monk, invece, ha saltato 13 delle prime 17 partite per decisione del coach.
“Pensavo di essere nella rotazione, poi non mi ci sono trovato dentro. Ero incazzato – molto, molto, molto, molto incazzato ma sono rimasto fedele” ha detto Monk a gennaio al Charlotte Observer.
Monk non ha mai avuto ruoli da titolare nei suoi anni a Charlotte con una sola partenza da starter.
Per le valutazioni su Malik rimando alla classifica, di certo c’è chi dice che adesso Monk potrebbe ricevere un’offerta d’estensione del contratto da Charlotte essendo restricted free agent anche se chi ricorda l’offerta fatta a suo tempo a Walker si aspetterà che gli Hornets non giocheranno pesante per l’offerta al numero 1.
Secondo ProFitX, lo stipendio iniziale di Monk per la stagione 2021-22 dovrebbe essere di $ 8,4 milioni, uno stipendio paragonabile a Seth Curry, guardia dei Philadelphia 76ers.
Se Monk accettasse, gli Hornets potrebbero un sesto/settimo uomo di discreto impatto e circa 14 milioni ancora spendibili che genererebbero una mid level exception da 4,9 milioni di dollari che i Calabroni potrebbero usare per firmare un agente libero come a esempio Richaun Holmes anche se non lo apprezzo moltissimo.
Altro “free agent limitato” è Devonte ‘Graham.
Graham ha beneficiato dell’anno zero di Charlotte per porsi all’attenzione degli addetti ai lavori come uno dei giocatori più migliorati della NBA lo scorso anno ma con la comparsa di Ball la sparizione di Devonte’ era data solamente come questione di tempo.
Il problema è che sia Graham che Monk possono avere grandi serate o flop, due tiratori inaffidabili per il loro modo di giocare e questo lo si può notare dal fatto che Graham a fine stagione non abbia mai superato il 40% in carriera e il 70% dei suoi tentativi provenga da 3 punti…
Eppure Graham ha avuto un impatto trascinante su alcune partite ma lui stesso ne ha gettate al vento almeno tre questa stagione dopo aver contribuito a rimetterle in discussione.
Sicuramente è un buon passatore quando vuole e ha ridotto i TO da 2,9 a 1,5 in questa stagione ma a 26 anni prende ancora tiri ignoranti in momenti critici e la sua difesa, come quella di Monk, non è di livello.
Graham, Ball e Rozier in campo insieme hanno condiviso il parquet per 150 minuti in questa stagione (56 nel quarto quarto) facendo registrare un +2,3 in questi minuti ma difficilmente questo tipo di small ball sarebbe perseguibile per lungo tempo.
Il costo di Graham potrebbe andare dagli 8 agli 11 milioni e la proiezione salariale secondo ProFitX è di 9,6 milioni di dollari, probabilmente troppi per un giocatore instabile.
Nate Darling e Grant Riller, i due two-way non costituiscono un grande problema anche in caso di perdita perché il loro ruolo rimarrebbe molto marginale mentre Wanamaker che si è rivelato un play meno talentuoso ma più affidabile di Graham e Monk in versione PG a giudicare dalle ultime partite non giocate non sembra nei piani di Borrego.
Ci saranno da considerare anche le eventuali estensioni di Terry Rozier e Miles Bridges.
Rozier entra nell’ultimo anno di un contratto a scalare mentre i suoi numeri sul parquet salgono (è passato dal 39,5% al 57,4% sui tiri effettuati dai 10-14 per esempio)
Se Charlotte dovesse proporgli un rinnovo, dato lo stipendio calante potrebbe al massimo offrirgli 96,3 milioni per quattro stagioni.
Il limite raggiunto nel primo anno dell’estensione sarebbe di 21,5 milioni di dollari.
Bridges è l’altro elemento che ha sorpreso in stagione nonostante sia stato relegato al ruolo di giocatore da far uscire dalla panca ma “grazie agli infortuni” nelle 19 partite iniziate come starter il numero zero ha segnato una media di 18,6 punti con il 50,8% dal campo e un parziale di 41,8% da 3 punti.
A differenza di Rozier, che può essere esteso in qualsiasi momento nella prossima stagione, Bridges dovrebbe firmare un’estensione entro il giorno prima della prima partita di regular season.
Cosa serve agli Hornets e si può fare un progetto serio di basket a Charlotte?
Partiamo dalla seconda domanda del titolo.
Sentendo gente più esperta di me in materia che ha vissuto in loco ho compreso che ci sono alcune difficoltà comunque superabili.
Il North Carolina è uno stato del sud e molti degli States a meridione vivono di football ma la Carolina del Nord è anche uno degli Stati dove si respira basket, in genere quello dei college.
Uscendo dallo stereotipo della gente del sud che guarda solo il football americano o quasi, c’è da ricordare come Miami o le squadre texane siano team di successo nella NBA per cui sarebbe un peccato non sfruttare tutto il retaggio culturale cestistico dello Stato – aldilà delle divisioni e rivalità dei college – per non portare un vero progetto pluriennale che faccia grande il basket professionistico a Charlotte.
Vero è che quell’entusiasmo incontenibile degli anni ’80 per la squadra a Charlotte è andato scemando sotto il peso di alternative serali di vario genere che in città sono andate aumentando, vero è che quando Shinn e la NBA portarono via gli Hornets originali arrivò il trauma ma oggi è un altro giorno e i fan degli Hornets (per non parlare di quelli dei Bobcats) hanno visto un team in 7 anni approdare solo una volta ai PO e uscire al primo turno.
Tocca a MJ in primis e al GM in secundis capire che non c’è davvero più tempo da sprecare perché le alternative a una squadra non entusiasmante in città non mancano.
Diversi fan hanno fatto la loro parte rimanendo fedeli ma anche se il team è promettente rimane fragile, serve una sterzata forte che solidifichi la squadra e la porti tra le prime 4 o 5 a Est in breve tempo.
Certo, i fan più giovani sono stati conquistati dai flash di Ball o dalla promessa di un team che torni in breve tempo a rivedere a fine stagione una percentuale superiore ai .500 ma i Calabroni il prossimo anno dovranno fare dei passi in avanti valutando in primis la situazione di Gordon Hayward.
Non c’è dubbio che l’ex Celtics sia stato il valore aggiunto del team fin quando è rimasto sul parquet ma dopo l’infortunio è stato il valore sottratto.
L’entourage conosce le sue reali condizioni di salute e uno scambio con Indy (lui e Carey Jr. per Turner e Lamb si vociferava, anch’essi recentemente infortunati comunque i due Pacers) al momento sono solo rumor anche perché Hayward ha a suo favore un bonus in caso di scambio durante l’off-season che dovrebbe pagare Charlotte secondo quanto riporta ESPN.
Anyway, agli Hornets in primis serve un centro vero che sappia difendere ma non solo, serviranno un paio di difensori migliori che alzino la qualità del gioco difensivo di Charlotte oltre a tiratori più affidabili da tre punti e capaci sotto le plance.
I soldi che rimarranno (specialmente se Charlotte decidesse di rifirmare qualcuno tra Monk, Graham e Zeller) potrebbero anche essere insufficienti per riuscire a trasformare una squadra da promettente a realmente competitiva ma già il primo agosto sapremo qualcosa sulle intenzioni di Charlotte perché entro tale data Kup sarà costretto a estendere le QO per Malik Monk, Devonte ‘ Graham e Brad Wanamaker, rendendoli agenti liberi limitati oppure a lasciarle decadere.
Poiché Monk non è riuscito a fare una media di 34,25 partenze nelle ultime due stagioni (o iniziare 36 partite quest’anno), la sua offerta di qualificazione sarà di $ 7,0 milioni (l’importo pari a un giocatore selezionato al 15° posto nel Draft NBA 2017).
Graham ha soddisfatto i criteri di partenza in questa stagione e ha visto la sua offerta di qualificazione aumentare da $ 2,1 milioni a $ 4,7 milioni.
L’offerta di un anno per Wanamaker è di $ 2,8 milioni.
Charlotte avrà tre scelte future nel prossimo Draft ed ecco come Jonathan Givony e Mike Schmitz di ESPN hanno scelto per Charlotte a luglio:
La scadenza dei contratti e la situazione attuale al Draft al primo giro nei prossimi due anni che vede gli Hornets mantenere le proprie scelte..
N. 12 (propria): Corey Kispert, SF, Gonzaga
N. 56 (tramite LAC): Trendon Watford, PF, LSU
N. 57 (tramite BKN): Herbert Jones, SF, Alabama
Statistiche varie di squadra degli Hornets
Qui, da Basketball-Reference.com possiamo evidenziare i problemi e le statistiche migliori di Charlotte rispettivamente bordate in rosso e verde. Senza Ball gli Hornets sono scesi negli assist ma sono una squadra che riesce comunque ancora a giocare nonostante i black-out ma concede veramente tantissimo a livello di assist agli avversari. Paradossalmente nei rimbalzi offensivi Charlotte trova spazio ma sovente è colpita in transizione e da second chance, l’urgenza è quindi avere lunghi rimbalzisti e difensori che migliorino quesa squadra così come un giocatore in grado di essere uno scorer a 360° guardando il ventitreesimo posto nella NBA nella media punti realizzati. Si sono vinte tante partite sul filo ma bisogna migliorare sotto molti aspetti come quello della difesa sul perimetro.
Le statistiche della stagione dei giocatori di Charlotte in ordine di punti realizzati in media.
Pur non essendoci stata mai una costanza nel quintetto base notiamo come cinque giocatori abbiano supportato l’attacco degli Hornets in punti per il 60% con particolare menzione per Rozier.
I leader nelle varie statistiche per Charlotte.
Una grafica più completa sulle principali tabelle comprendenti i primi cinque giocatori per statistica.
Parallelismi: confronto giocatori
Percentuali di tiro per zona
Classifica giocatori
La stagione degli Hornets si è chiusa con una partita supplementare.
Gara 73 è stata l’anticamera dei playoff ma la prima partita di ciò che oltreoceano hanno definito play-in è stata anche l’ultima così il voto finale sarà l’accorpamento di RS e play-in.
17) Caleb Martin: 5,82
Nelle ultime 15 partite guadagna un parziale leggermente superiore alla sufficienza ma ciò non basta a salvarlo da un’annata complessivamente scadente.
Sostiene la squadra più difensivamente che offensivamente nell’ultimo periodo mentre in attacco continua ad avere problemi benché qualche canestro da fuori lo trovi finalmente ma al pari di errori su tiri aperti anche se a Nevada pareva essere un ottimo tiratore da tre punti.
Rispetto al fratello passa meno la palla e usa più spesso i catch n’shoot.
L’uomo nel posto giusto sullo scarico ma il tiratore sbagliato eppure tra i due fratelli sembrava quello destinato ad avere le maggiori chance di sfondare proprio grazie al talento offensivo ma per il momento pare che il livello sia ancora troppo alto per lui e dovrà lavorare per migliorarsi sotto questo aspetto.
Borrego non ne ha parlato male, anzi… di certo per loro c’è un programma di sviluppo individuale basato sulle proprie caratteristiche ma anche lui, dal mio punto di vista, è stato vittima del tiro da tre voluto da Borrego è parso spesso inadeguato se pensiamo che è finito 12° nel roster in questa statistica con il 24,8% , penultimo per FG% in generale con il 37,5% e il 64,1% ai liberi non è stata ulteriore garanzia di successo…
Il punteggio massimo raggiunto è stato 17, contro LAL in casa e a Detroit il 4 maggio.
Esce di scena dopo la gara contro i Clippers e il suo minutaggio viene preso dal rientrante Miles Bridges. Che fare con lui?
Difficile dirsi.
Il mio giudizio è quello di una bocciatura nonostante ci abbia regalato indubbiamente qualche highlight interessante con schiacciate davvero entusiasmanti ma per vincere serve altro.
Il problema è che io terrei Cody Martin in chiave difensiva e se a volte è difficile separare fratelli, figuriamoci due gemelli che sono pressoché un’unica entità.
Curiosità:
Da quando sono giocatori di basket, Cody e Caleb Martin hanno giocato insieme nella stessa squadra. Dal liceo, allo stato della Carolina del Nord, al Nevada, alla NBA e persino nella G League, i due sono stati inseparabilmente fianco a fianco per tutta la vita, soprattutto sul parquet ma i due rivendicano una propria personalità e uno stile diverso di gioco sebbene dicano che sono abituati a essere considerati a essere assimilati in tutto e per tutto come se avessero un corpo unico e le medesime caratteristiche.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Borrego lo ha messo presto in rotazione, addirittura promuovendolo titolare in alcuni frangenti (per bisogno) ma salvo in qualche sporadica occasione Caleb ha deluso le aspettative (quali poi?) dimostrando un livello e una comprensione cestistica non da livello NBA.
Sicuramente il fatto che sia più “scoorer” rispetto ad altri elementi della rosa giocherebbe a suo vantaggio ma è comunque troppo poco per pensare di rimanere ancora a lungo in questa lega.
Il centro caraibico non ha più trovato spazio nel finale di stagione scendendo sul parquet soltanto in tre ritagli di garbage time.
Scavalcato nelle gerarchie dal più talentuoso Vernon Carey Jr., potrebbe essere considerato come Mario Elie solo per quanto riguarda il suo soprannome (sul talento c’è da lavorare), “Il Cagnaccio”…
Già perché il lungo giamaicano che nostranamente potrebbe essere rinominato anche come “Sandrino il Mazzolatore”, oppone gomiti e fisico all’avversario.
Nervoso sul parquet, sgomita e battaglia contro i diretti avversari.
Ruvido e spigoloso non è ancora stato plasmato per il mondo NBA e il GM Kupchak a proposito dei nuovi (ma Ball, però?) che non erano ancora pronti per giocare per via della mancanza di preparazione (ricordando che a inizio stagione tutto è stato fatto di fretta, accorciato, sintetizzato, ridotto) e quindi sono stati mandati a farsi le ossa.
D’accordo che non ha esperienza ma un giocatore così “cattivo”, nel senso di grintoso, sicuro che non sarebbe potuto servire – preso in piccole dosi – a una squadra molle in qualche minuto vero e con i centri titolari che rimangono problematici?
Non è sembrato aver molta dimestichezza con il canestro ma personalmente – nonostante il voto basato su pochi sprazzi – lo posso solo rimandare a giudizio perché lo si è visto troppo poco e non è stato per nulla partecipe delle reali sorti della squadra.
Per dargli un giudizio reale avrei dovuto vederlo di più all’opera in altri frangenti.
Curiosità:
Passa l’infanzia in Giamaica, paese natio, giocando a calcio e pallavolo, poi in un camp sull’isola caraibica viene scoperto da Andre Ricketts, il quale lo porta negli States dove nel 2013 è atteso dalla St. Mary mentre per il secondo anno si trasferisce alla The Patrick School. Gioca per tre anni con i Wildcats e viene scelto dai cugini Pelicans alla posizione numero 42 del precedente Draft ma immediatamente girato agli Hornets per una seconda scelta 2024.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Il fisico si sa aiuta, ma quanto?
Tecnicamente grezzo, scoordinato e decisamente ruvido, tutte lacune colmabili ma forse troppo evidenti e marcate per potere sperare di farlo diventare un elemento di valore.
Qui, rispetto ai due precedenti giocatori trovati in classifica non abbiamo l’attenuante della giovane età.
Uomo spogliatoio ma chiedete a qualsiasi fan Hornets se lo vorrebbe rivedere l’anno prossimo in divisa.
Credo che salvo rare eccezioni otterrete la stessa prevedibile e scontata risposta scritta nella pietra: “No!”
Debbo necessariamente scindere la simpatia per il congolese che fuori dal parquet si distingue per opere meritevoli mentre in campo pare più ambientarsi in una tragedia greca culminata con i poco più di tre minuti che Borrego gli ha concesso ai play-in come starter salvo poi (capolavoro) toglierlo e non farlo più rientrare regalando fiducia a tutto il team.
Borrego in alcune partite ha deciso di “andare con lui” perché avrebbe dovuto portare esperienza e difesa in campo ma spesso la sua lentezza è stata sfruttata da avversari che l’hanno portato fuori colpendolo con triple o passandolo a velocità doppia con incursioni verso canestro che la lentezza di piedi del centro non ha permesso di contrastare.
In attacco è stato un binario morto.
Palla in mano ha semplicemente cercato di smistarla come meglio ha potuto (spesso in maniera accademica senza creare vantaggi) senza prendere iniziative limitandosi a ricevere (quando va bene perché le mani di burro dell’africano hanno prodotto alcuni TO) e a realizzare da sotto, unica zona nella quale Biz è davvero confidente (tralasciamo le percentuali drammatiche ai liberi) anche se l’abbiamo visto tentare contro i Grizzlies in stagione una tripla dall’angolo che ha fatto a pezzi i miei occhi.
Nonostante le problematiche personali tecniche Borrego l’ha schierato più volte durante la stagione e non solo quando Zeller si era fatto male.
Nella prima parte di stagione ha ricevuto una migliore copertura davanti a sé e ciò l’ha portato a migliorare le sue performance (ricordo alcune buone stoppate su drive e tiri avversari) ma lasciato in uno contro ha spesso sbandato trovando serate negative più che positive.
Entrato in duello con Cody, P.J. e Carey Jr. per un paio di partite ha trovato sì spazio ma è stato il reale peggior centro degli Hornets dopo un avvio tutto sommato non malvagio.
La sua esperienza e il suo ascendente nello spogliatoio alla fine non sono bastati.
L’unica veste nella quale lo vedrei bene per il futuro sarebbe assistente allenatore o qualche cosa del genere nel ruolo di dirigente.
Il suo massimo stagionale di punti è stato di 16 contro Memphis in casa nella stessa partita che l’ha visto catturare più rimbalzi, 12, stessa cifra che poi riuscirà a eguagliare contro i Lakers, sempre allo Spectrum Center.
Curiosità:
Per ben 7 volte in stagione ha chiuso a 0 punti ma per tre volte non ha preso tiri benché in un’occasione abbia sbagliato 2 liberi.
Una delle occasioni in cui non ha preso tiri dal campo è stata la recente partita a New York quando Borrego con circa tre secondi rimasti all’intervallo e una rimessa per gli arancio-blu, l’ha spedito in campo a scopo difensivo senza poi più farlo rientrare lasciandogli così sul tabellino tre secondi di gioco…
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Partito per essere il secondo, terzo cambio, è stato per parecchio tempo il punto di riferimento nel reparto lunghi.
Tralasciando l’aspetto tecnico decisamente rivedibile, la sua prestanza fisica, il suo carisma e il suo spirito di sacrificio hanno permesso al buon Biz di mandare in porto un’altra stagione tutto sommato positiva.
Purtroppo alla lunga tutte le sue lacune sono drammaticamente affiorate, ma chapeau per il fatto di essersi sempre fatto trovare pronto a ogni evenienza.
https://www.youtube.com/watch?v=uKR7E8i-J8A
Una delle prestazioni più produttive dell’annata del congolese.
Doveva essere un anno di sviluppo per Jalen con il tempo di mettere su qualche muscolo (senza eccessi) e migliorare il tiro da tre punti ma ritrovatosi di punto in bianco in quintetto viste le numerose defezioni che più o meno hanno colpito le ali degli Hornets si è diviso tra ala piccola e ala grande sfruttando un paio di partite alla portata (il 7 e il 9 aprile che, infatti, coincideranno con le sue migliori prestazioni offensive, rispettivamente a OKC e a Milwaukee con 21 e 19 punti) per convincere Borrego a dargli fiducia dopo un inizio stagione disastroso che l’aveva portato per breve tempo a fare un paio di apparizioni con gli Swarm.
L’anno scorso aveva offerto uno scenario decisamente più promettente ma il sophemore è parso piuttosto sfasato a inizio stagione andando migliorando pian piano durante essa ma rimanendo lontano dal sostituire Hayward o Bridges a livello qualitativo.
Avrebbe potuto essere essere il ricambio di P.J. ma gli slittamenti di un ruolo voluti da Borrego hanno coinvolto Bridges che finendo come ala grande l’ha privato di possibili minuti.
Comunque ha messo su esperienza: 18 apparizioni da starter, per 16 volte in 47 partite è riuscito a chiudere in doppia cifra (12 volte coincise con la sua partenza in quintetto).
La sua velocità (grazie anche al suo fisico piuttosto esile per la NBA, 206 cm x 92 kg) l’ha portato ad avere qualche buon momento, qualche rapida fiammata a inizio quarto o nel terzo quarto a Washington dove ha sfruttato un tiro da fuori in miglioramento a fine stagione (complessivamente da oltre l’arco ha tirato peggio dell’anno da rookie) che spesso viene preso dall’angolo.
Potrebbe giocare bene anche i post-up ma Charlotte generalmente predilige altri tipi di soluzione mentre diverse volte è stato abile a introdursi verso canestro prendendo la linea di fondo in back-door.
Per lo stesso motivo la presenza fisica difensiva però è stata latente o un fuscello nel caso di contatto poiché non siamo più al college dove la buona reputazione difensiva bastava, qui ci vuole più fisicità anche se ha una buona lunghezza per infastidire gli avversari sebbene le steal siano state 0,6 a partita.
Alterna tentativi troppo puliti di stoppata verticale a falli per cercare di fermare giocatori più potenti fisicamente.
Probabilmente qualche fallo inutile è stato anche speso anche a causa della sua generosità quando le cose si vanno mettendo male.
Deve crescere tatticamente e a livello d’esperienza ma è un sophemore e mentre dai 18,3 minuti concessi l’anno scorso da Borrego è passato a 19,2 in questa stagione, da 5,6 punti della 2019/20 è passato ai 7,4 punti a partita della 2020/21 benché l’anno scorso tirasse con il 47,1% mentre nell’annata appena terminata ha chiuso con un vicinissimo 46,8%. L’apporto a rimbalzo è stato modesto anche se in alcune serate senza dubbio interessante e in proiezione a una media minuti più alta potrebbe competere con i non competitivi lunghi attualmente in squadra.
Curiosità:
L’anno scorso Borrego scherzando su Jalen aveva detto: “Ha la lunghezza, ma abbiamo bisogno di più peso perché cresca. Penso di poterlo inserire subito.”
Probabilmente Borrego non si aspettava di ritrovarlo nelle stesse condizioni dello scorso anno e di doverlo inserire ma l’ha scelto dandogli fiducia, preferendolo ad alternative small ball o dual-tower ma queste ultime non sono contemplate da Borrego.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Giocatore che definire mediocre è un eufemismo.
Tecnica e comprensione del gioco pari a zero, presenza difensiva e offensiva quasi nulla ma nonostante tutto praticamente titolare dalla pausa dell’All-Star game.
Giocatore che farebbe fatica a tenere il campo anche in serie A2 italiana.
Il perché giochi in NBA rimane un mistero.
https://www.youtube.com/watch?v=z6qWA5yfAXg&t=27s
La partita con la quale McDaniels si è “guadagnato” la titolarità.
Questa non è stata proprio un’annata buona per Vernon Carey Jr..
Un po’ per il voto finale che è composto quasi essenzialmente da frattaglie di garbage time e soprattutto per il fatto di aver guardato molto i compagni dalla bench.
Il suo anno da rookie è stato condizionato dalla convinzione dell’entourage che, vista la mancanza di preparazione in preseason (causa Covid-19), non fosse ancora pronto per esordire seriamente. Da lì eccolo nella lega di sviluppo con gli Swarm e il rientro ai margini con Charlotte.
Un’inaspettata chance però la ottiene in gara 55 a Brooklyn dove il mancino ex Duke viene lanciato addirittura in quintetto facendo vedere il suo potenziale.
Vernon instilla negli occhi dei fan la speranza di aver trovato davvero finalmente un centro che risolva il problema dei lunghi a Charlotte.
Segna in ogni maniera possibile: da sotto, in fade-away, da tre, e anche in difesa si fa notare con una bella stoppata ma nella partita successiva – confermato al centro dello starting five – l’inesperienza lo porta a commettere due falli rapidi contro Portland.
Borrego lo toglie, si pensa per farlo rientrare più tardi ma in realtà Vernon Carey Jr. da lì in poi giocherà solo brevi spezzoni che conteranno poco per cercare di cambiare la stagione degli Hornets.
Una gelida e oserei dire prematura bocciatura da parte del coach che avrebbe dovuto concedergli più spazio nelle partite finali di stagione vista l’altalenanza nel ruolo.
Sul fatto che non sia ancora pronto e per dirla in slang “sgamato” su certe situazioni difensive è parere condiviso anche dal sottoscritto ma sono convinto che nel complesso avrebbe reso più di Biyombo poiché anche se non ha una grande visione complessiva difensiva avrebbe potuto fornire una difesa più agile e veloce dalle parti del ferro e garantire un attacco migliore grazie alla sua coordinazione migliore rispetto a quella del congolese nonché a movimenti che Biz non ha.
Probabilmente anche più istintivo e minaccioso di P.J., per una squadra caduta in disgrazia nelle ultime partite a causa di una mancanza di fisicità e intensità evidenti, la rinuncia al tentare nuovamente con un pur immaturo Carey Jr., è parsa un suicidio.
Anche qui… gerarchie e poco coraggio del coach dal mio punto di vista.
Curiosità:
Il padre, Vernon Sr., ha giocato otto stagioni nella NFL come offensive lineman con i Miami Dolphins.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Charlotte ha bisogno come il pane di un lungo che sappia attaccare l’area e nelle varie sessioni di lavoro pre Draft si “innamora” di questo marcantonio di belle speranze, tanto da fare una trade up pur di accaparrarselo.
Gioca forse 40 minuti in tutto il campionato nonostante nelle pochissime apparizioni riesca a fare meglio di tutti i lunghi a roster messi insieme, poi viene lasciato fuori.
Motivo?
La partita che aveva fatto ben sperare con i Nets.
Una stagione sfortunata per Zeller che riceveva la fiducia e le lodi di coach Borrego per partire come centro titolare ma già alla prima uscita subiva una frattura alla mano che lo costringeva a star fuori per molto tempo, per l’esattezza 13 partite e al suo rientro contro Chicago non andò molto bene.
Rientrato, ha iniziato a fornire prestazioni altalenanti giocando nell’unico modo possibile che conosce e che ormai abbiamo imparato a osservare.
Qualche volta ha aggiunto qualche tripla da fuori come Borrego richiedeva ma con poca convinzione e lentezza nel movimento poco fluido tanto che quel 4/28 finale a volte preso con evidenti open, non si è rivelato sostanzialmente essere una buona idea.
Dal suo rientro ha vissuto svariati momenti ma non è più riuscito a conquistare un posto da titolare perché il coach lo ha alternato con Biyombo, un adattato P.J. Washington, tentando anche un paio di volte la carta Carey Jr..
Nonostante questo trend con un minutaggio dimezzato non lo favorisse così come quei tiri richiestogli da oltre l’arco che gli abbassano leggermente la media, ha finito l’annata con il 55,9% dal campo, sua seconda miglior annata di sempre al tiro negli otto anni trascorsi a Charlotte.
L’idea di gioco che ha Borrego (ne parleremo alla fine) ci dice che Zeller non è il centro ideale per l’ex assistente di “Pop” e il suo lauto contratto in scadenza è in secundis un ulteriore ostacolo alla sua permanenza.
Cody non ha conosciuto altro che Charlotte nella NBA giocando un anno come Bobcats e altri sette come Hornets.
Qui ha perduto capelli e speranze di vedere i PO, agguantati due volte da protagonista quando era più giovane.
Di sicuro se Charlotte sul mercato resterà ancora più o meno poco aggressiva come ha fatto in questi anni, Zeller come centro di riserva potrebbe anche far comodo perché è un lottatore e ha esperienza.
Contro i Pacers, praticamente a casa sua, nei play-in è stato il migliore degli Hornets e chissà che Kup stia magari già pensando di offrigli un contratto “basso” modello Biyombo per accordarsi con lui, in fondo credo che per Zeller altri team non farebbero follie e se la franchigia penserà ancora a lui, un accordo per rimanere nella città dove è stato lanciato e ha sempre vissuto potrebbe essere un matrimonio perfetto per ambo le parti.
Certo, ormai ci si è affezionati al volto di Zeller ma i fan credo sperino in un cambio (improbabile) repentino di rotta che guidi Charlotte fuori da questi mediocri e tremendi anni e lo Zeller attuale in difesa certamente non risolverà i problemi di tenuta, di protezione del ferro e a rimbalzo mancando di atletismo quando si trova in situazione non dinamica mentre in attacco i suoi blocchi, pick and roll e inserimenti da dietro con dunk in runner atletiche sono sempre molto interessanti.
A dire il vero complessivamente non è andato male in questo gruppo di partite mettendo lo zampino anche dalla panchina in alcun importanti vittorie con contributo in rimbalzi (anche offensivi come a Milwaukee quando su 12 rimbalzi ben 7 sono stati quelli offensivi) e aggiungendo qualche punto di rottura con l’ottima prestazione nel suo Indiana contro i Pacers (7/7 dal campo per 17 punti totali) nonostante il minutaggio sia leggermente calato rispetto a metà stagione.
Alla fine, con sommo dispiacere, sono costretto a bocciarlo perché Zeller da una parte è la faccia volonterosa di questi Hornets operai ma dall’altra rappresenta quella mediocrità che gli Hornets hanno bisogno di scacciare dalla propria mentalità.
I gregari serviranno sempre e saranno ancora importanti ma non si può pensare di aprire un’altra stagione con Zeller titolare o ancora peggio un alternanza con più centri incompleti.
Curiosità:
Nella sua Indianapolis “The Big Hansome” il 2 aprile Zeller segnò 17 punti con un 7/7 dal campo, la stessa cosa si è ripetuta nei play-in.
Il suo high stagionale di punti è stato a Miami il primo febbraio con 19 (8/15) mentre il 30 gennaio otteneva il massimo dei rimbalzi in stagione con 15 Vs Milwaukee.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
L’unica nota positiva della stagione di Zeller è che finalmente il suo contratto sia andato in scadenza.
Alla lunga, dati alla mano, è il lungo più efficace di tutta la batteria Hornets e questo deve far pensare.
Uno dei pochissimi a salvarsi nell’ultima partita stagionale è stato proprio Cody.
Tre comparsate senza possibilità d’incidere a partite decise con voto e un s.v. per Grant Riller che non rientra nei piani di Borrego nonostante abbia fatto veder in pochi minuti di saper tirare quando si è vista nelle ultime partite un team con percentuali ridicole dal campo.
Il fatto di essere un two-way lo pone in una condizione d’inferiorità probabilmente e anche la sua difesa è tutta da testare ma dai minuto a un ragazzo che potrebbe avere sangue freddo per risolvere una situazione quando al team viene il braccino corto, no?
Certamente andiamo con il senno di poi ma provare a cambiare qualcosa sarebbe stato d’uopo.
Peccato… il dubbio che avesse potuto essere utile in qualche frangente per manipolare la difesa avversaria in pick and roll (l’ho notato bene su un’azione che ha chiuso con un tiro dal pitturato) poiché ha un buon palleggio e controllo del corpo e usare il suo tiro letale (moltissimi analisti erano entusiasti del suo tiro visto a Charleston) anche da tre punti ma quando sei fuori dalle rotazioni e non ti viene data una reale possibilità di essere utile al gruppo apportando le tue doti, beh… il dubbio che avesse potuto dar qualcosa di più rispetto a ciò che abbiamo visto nell’ultima parte di stagione mi resta, per questo personalmente non posso che rimandarlo per insufficienza di prove su come si sarebbe comportato a livello NBA, eppure il “prospetto dormiente” sembrava poter essere funzionale al gioco voluto da Borrego…
Curiosità:
Riller è all’esordio in NBA ma è un rookie atipico, infatti, ha 24 anni essendo nato il 7 febbraio 1997, anche per questo ci si sarebbe aspettati un suo maggior impiego.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Poche apparizioni, pochissimi minuti ma sicuramente più incisivo dei vari Martin, McDaniels e compagnia cantante.
Il perché sia stato lasciato marcire in panchina è un altro dei fitti misteri borreghiani.
Il mio video dedicato alle poche giocate di Riller con gli Hornets quest’anno.
Probabilmente uno dei pezzi più sottovalutati nella scacchiera di Charlotte.
Più cavallo che pedone, in grado di compiere quei movimenti difensivi difficili per altri che per lui diventano quasi naturali grazie a un buon IQ cestistico e alla velocità dei piedi che gli permette di prendere qualche sfondamento.
Non è un fenomeno, questo lo posso asserire subito prima che qualcuno si allarmi ma in una squadra che non ha difensori di primo livello, nonostante i suoi cm non possano garantire difese al ferro, è indubbiamente uno dei migliori difensori nel roster e uno dei giocatori più funzionali per il tipo di gioco aggressivo richiesto da Borrego (specialmente in small-ball), un tipo grintoso che mette pressione sulla palla, benché qualche volta da flottante o semplicemente andando a raddoppiare può creare buchi pagati talvolta a caro prezzo.
Il suo apporto fa sì che anche l’avversario abbia un dispendio energetico superiore alla media così come spesso può generare visioni meno lucide del portatore di palla di fronte a lui.
La prova ne è scaturita in un finale di stagione dove la difesa di Charlotte non mettendo abbastanza pressione sugli avversari o facendo buoni close-out sul perimetro (contro Indiana è stato uno scempio) è andata in barca fino a subire 144 punti dai Pacers.
Sono sicuro che a livello di testa e grinta uno come lui, uscito dalla classica situazione americana non invidiabile per una persona non bianca (povertà e razzismo con episodi pericolosi), non avrebbe ceduto garantendo più efficacia a una difesa che si è arresa in momenti topici (OT a New York e a Indianapolis solo per citare le due più recenti).
Credo che un allenatore, nonostante capisca di non avere tra le mani un fenomeno, apprezzi dedizione, impegno ed efficacia di un giocatore come Cody Martin che per me è promosso giacché incarna lo spirito di una squadra magari dietro a molte a livello di talento ma che con il lavoro e l’impegno era salita sino in quarta posizione.
Il 25 aprile contro Boston Cody è riuscito ad arrivare in doppia cifra a rimbalzo catturandone 10 mentre tre giorni più tardi, a Boston, ne ha catturati altri 9, i suoi career-high stagionali nei rebound.
Il massimo dei punti l’ha raggiunto sempre contro Boston in casa con 13 mentre due giorni più tardi contro Milwaukee ne metteva a referto 10, l’unica altra occasione nel quale il buon Cody sia riuscito a raggiungere la doppia cifra durante la stagione.
Curiosità:
Ha segnato per 9 volte il 100% ai liberi in serata (sempre 1 o 2, non di più) e in quelle occasioni gli Hornets sono usciti vittoriosi in otto delle nove partite giocate perdendo solo a Cleveland all’esordio.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Una delle poche soprese della stagione.
Rispetto al gemello meno offensivo, ma dannatamente più utile a 360°.
Grinta, adattabilità e spirito di sacrificio encomiabili hanno permesso al buon Cody di scalare vertiginosamente le gerarchie diventando presto anche 6/7° uomo.
Uno di quei giocatori preziosi da tenere e valorizzare.
Cody Martin in una serata da super prestazione contro Boston.
Nate Darling fa parte di quella pletora di giocatori che non hanno inciso sulla stagione degli Hornets.
Contratto two-way, pochissime occasioni per mettersi in mostra, nell’ultimo scorcio di partita stagionale nei play-in ha fatto vedere di saper tirare: canestro da tre annullato per un fallo a favore chiamato su Richards un istante prima, pressione sulla palla dalla rimessa dal fondo e recupero con una rimessa pro Charlotte sulla quale, servito, segnava dalla baseline destra con ottimo fade-away nonostante la marcatura.
Durante l’anno ha chiuso con un 28,6% dal campo tutto frutto di tiri da tre presi (2/7) in 7 ritagli di partita.
Il destino dei two-way è più incerto di quello di un fiore di sakura al vento.
Contratti instabili, destini veloci e incisività sui destini del team, per stessa natura del contratto, pari a zero.
Non posso che rimandarlo avendolo visto più o meno in uno spezzone breve quando la partita contava con i Lakers.
Tre liberi recuperati ma anche la distorsione alla caviglia su quella tripla mettendo giù il piede dal salto sul difensore in avanzamento.
L’infortunio e la passerella finale nel play-in nella quale è apparso veloce nel prendere e tirare ma meno frenetico, il che è un buon viatico ma per arrivare dove?
Gli Hornets lo terranno ancora?
Non lo so, di sicuro per me è un altro rimandato per non averlo potuto “ammirare” abbastanza con 26 minuti e 9 punti totali.
Curiosità:
Nathan Joseph Darling è canadese ed è diventato famoso in Nova Scotia nel 2015 quando ha segnato 50 punti per aiutare la Nuova Scozia a sconfiggere l’Ontario nella partita per la medaglia d’oro del campionato canadese under 17 giocato ad Halifax.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Leggi Riller… un altro punto interrogativo enorme.
Che dire.. l’importante è fare presenza, no?
Nate Darling nella partita sfortunata con i Lakers, suo unico vero sprazzo giocato in un momento che potesse contare davvero.
Wanamaker era arrivato per occupare i minuti lasciati liberi dalle guardie infortunate.
Ball, Graham e Monk nella parte centrale e finale della stagione sono mancati per diverse partite e anche al loro rientro non sono apparsi brillanti ma Borrego, una volta riavuto in mano il terzetto, ha escluso Wanamaker dalle rotazioni.
Brad, che aveva cominciato a giocare bene dando un po’ più di verticalità alla manovra con penetrazioni e scarichi da drive, è stato vittima di una delle incoerenze del coach, ovvero quella di dare vita alla small ball.
La squadra senza di lui che diciamolo pure, si è rivelato un infimo tiratore da tre punti (3/24, alla stregua di uno Zeller) è però stata incapace di creare situazioni costanti di pericolosità vicino al ferro.
Il suo fisico compatto lo portava a spingere massa in corsa che gli avversari facevano fatica a controllare quando avveniva un contatto.
Spesso si è dimostrato abile finalizzatore da distanza ravvicinata, jumper rivedibile ma in miglioramento, davvero bravo ai liberi (40/45) e così in 19,5 minuti di media ha finito per distribuire 3,4 assist segnando 6,9 punti.
La scarsa vene dovuta a situazioni fisiche non ottimali dei rientranti ha quindi determinato un cambio di gioco fatto più di situazioni di tiro da tre punti che di ricerca concreta di canestri più semplici e di un “operaio” che si sacrificasse per il team concedendo più passaggi nell’ottica di un maggior gioco di squadra.
Non sempre ha trovato serate fantastiche al tiro ma è stato escluso quando iniziando a prender confidenza era stato capace di fornire prestazioni sufficienti e discrete.
In difesa, l’aspetto sul quale Charlotte contava di più vista la sua fama, a volte i suoi close-out sono parsi molto approssimativi ma vedendo la difesa degli Hornets nel finale di stagione non avrebbe sfigurato, anzi…
Un peccato quindi che il suo crescendo dalla panchina sia stato interrotto poiché personalmente lo ritenevo più funzionale e concreto nel contribuire alle eventuali vittorie e non credo che lo rivedremo poiché Charlotte cerca giocatori con tiro da fuori.
Curiosità:
Comincia la sua avventura professionistica in Italia con un provino per Varese che incredibilmente lo scarta, quindi gioca a gettone per Teramo e dopo altre esperienze è con Pistoia che comincia a farsi vedere a grandi livelli trascinando l’Olimpia Milano a gara 5 dei playoff.
Gioca per Trinchieri al Bamberg e con Melli anche in Turchia, insomma, un po’ di Italia per Brad.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Arrivato tra gli scherni generali, alla fine ha reso molto di più rispetto a certi “senatori”.
Dopo qualche partita difficile ha iniziato a macinare gioco portando equilibrio sia in attacco che in difesa.
Panchinato troppo presto senza motivo.
Speriamo di rivederlo il prossimo anno, magari come primo cambio di Ball.
Non ho sbirciato molto in giro perché non volevo farmi influenzare ma cercando statistiche e qualche curiosità mi sono imbattuto in una tabella all’americana con i vari gradi (da A a E con i vari segni più e meno) e dando un’occhiata Monk, secondo questo fan, è stato uno dei peggiori difensori degli Hornets.
Secondo me questo è vero in parte perché in genere non si distingue mai tra la difesa sull’uomo e la difesa in generale, quella d’insieme non sulla palla.
Sicuramente mi è parso controverso poiché talvolta l’ho visto anticipare intelligentemente i passaggi o con mani rapide cercare qualche steal o block mentre altre volte è sembrato più passivo e distratto sulla difesa nell’insieme.
Non che sia diventato improvvisamente un gran difensore ma probabilmente qualche piccolo miglioramento l’ha fatto anche se fa lui ci si attendeva benzina, fuel dalla panchina ma la sua stagione è stata travagliata e interrotta.
E’ partito tardi per il discorso Covid-19 e alle scelte di Borrego poi ha preso piede sino a ottenere il suo massimo in carriera contro gli Heat, 36 punti con la tripla del pari a 16 secondi dalla fine che portava la partita all’OT.
Un periodo nel quale giocando bene arrivava anche per 4 volte consecutive a toccare i 20 punti con il two and one micidiale a Sacramento.
Si ripeteva con gli Heat con 32 punti ma lì cominciavano i problemi ed era costretto a uscire di scena per infortunio.
Rientrava nelle ultime 10 partite di regular season e la migliore era decisamente quella contro i Bulls nella quale segnava 20 punti ma nelle altre le basse medie al tiro e la poca efficacia nel chiudere in appoggio, preferendo a volte buone drive terminate comunque con passaggi utili a liberare i compagni, non davano quella spinta che i fan speravano di ottenere da una delle principali armi in panchina.
I punti di Monk nelle 10 apparizioni in regular season. Solo tre volte ha raggiunto la doppia cifra e il suo minutaggio è sceso.
Davvero dei bei colpi per Malik che aveva fatto sperare di più… certamente non è stato lo stesso Monk di metà stagione in questo finale e il suo fallimento ha deluso i fan che si aspettavano qualcosa di più da lui in una stagione altalenante.
Ha recentemente fatto sapere che – contratto in scadenza – se gli Hornets vorranno tenerlo lui sarà felice di rimanere, il problema è che spessissimo quando questi giocatori nel fare dichiarazioni del genere sottendono a un aumento di contratto e non so quanto il Monk attuale possa valere aldilà del peso che ha sul roster in termini economici.
Andando a osservare qualche cifra sul campo possiamo osservare che durante l’annata ha segnato 85 tiri da tre punti (gli stessi di Hayward) ma con qualche tiro in più, il che lo pone comunque a essere uno dei tiratori più consistenti e frequenti degli Hornets da oltre l’arco.
Il 40,1%è secondo solo a Hayward (41,5%) non considerando il 2/4 di Riller, dato promettente ma troppo basso per essere comparato a reali medie.
Il suo piano di gioco si è sviluppato sulle letture della difesa avversaria prendendosi tiri da fuori su blocchi o con spazio, oppure andando dentro visto che Malik ha velocità, elasticità e abbastanza atletismo per poter trovare maniere, anche non lineari, di appoggiare palla oltre ai difensori dell’anello.
In questo, insieme a ball e Hayward, è uno dei pochi che abbia reali capacità per farlo quindi la sue eventuale perdita dovrà essere compensata/bilanciata da un giocatore che abbia talento simile.
Monk rimane quindi ancora parzialmente inespresso ma se trovasse il modio di migliorare le due D (discontinuità e difesa) allora potrebbe essere un valore aggiunto reale.
Curiosità:
Poco dopo il suo debutto NBA, Monk in un’intervista della CBS riguardo alla vita NBA ha detto: “È noiosa. Noioso è bello, però. Voli qui, arrivi in hotel, non fai nulla fino all’ora di gioco. Sono nella mia camera d’albergo a guardare momenti salienti, guardare film, cose del genere. È semplicemente noioso. Ma in estate è divertente perché puoi fare altre cose e hai un po ‘di soldi, puoi andare in vacanza, andare in posti. In stagione è noioso, ma va bene, quindi non sarai fuori a metterti nei guai, vita da club, cose del genere. “
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Aka Dott Jackil & Mr Hyde 2.
Se in serata la può vincere quasi da solo ma se non è giornata è solo un danno.
Anarchico e poco avvezzo a difendere, gioca sulle montagne russe passando da serate da “ira di Dio” ai bagordi con gli amici.
Vale la pena investire su un giocatore così altalenante?
https://www.youtube.com/watch?v=vlA7F_sNsr8
Monk, nemico pubblico numero 1 a Miami… chissà che gli Heat tentino di prenderlo in estate magari…
Innanzitutto devo considerare che è un sophemore e altri giocatori hanno avuto più tempo di esplodere ma nonostante un fisico sufficiente per poter dire la propria in alcune partite, Charlotte lo impiega malamente.
Avere un lungo che tiri da tre punti pare un sogno per ogni squadra NBA che sarà così in grado di aprire il campo ma lui qualche problema di affidabilità al tiro ce l’ha.
Passa da buoni catch n’shoot rapidi solo macramè ai tiri più spesso errati con qualche difetto nella costruzione di essi.
Pare il nuovo caso Kaminsky.
Trovo ci sia un’esagerazione e aspettative troppo alte su di lui e il suo tiro da fuori.
Personalmente mi pare ancora un po’ troppo macchinoso o deconcentrato su alcuni tiri e di certo lo preferirei aggressivo in drive ad attaccare il ferro dove con qualche runner è riuscito a piombare delle buone schiacciate.
Anche sotto il tabellone avversario in mischia non sempre riesce a metterla dentro. Il semi-gancio non è ben costruito e in mischia rischia sempre di prendersi qualche stoppata o essere costretto a modificare il tiro per evitarla sbagliando qualche appoggio di troppo ma in un percorso di crescita sarei disposto a lasciar correre perché deve necessariamente migliorarsi.
Cifre indubbiamente in aumento ma la mia bocciatura deriva da due fattori.
Spesso, specialmente nelle ultime partite è scomparso dopo un buon inizio, i punti dalle sue mani si sono fatti radi se non inesistenti con tiri sbagliati che indicano una fragilità mentale preoccupante.
In più lo trovo troppo acerbo e poco sveglio in difesa in diverse situazioni, inoltre alterna buoni interventi e partite dove sembra aver voglia a prestazioni dove si dovrebbe chiamare “Chi l’ha Visto” per ciò che concerne presenza e voglia.
Gli è toccato giocare da centro e affrontare su cambi sistematici avversari con un passo migliore del suo… su Westbrook nell’ultima di regular season non ha tenuto se non con il fallo ma in generale nonostante qualche buona serata dal lato difensivo l’abbia indubbiamente trovata (non condanno sempre le sue difese ma è altalenante e tendente a essere un buco anche a rimbalzo) prima delle ultime tre partite scempio, quando ha speso molto in difesa, non è stato in grado di dare apporto in attacco, cosa che si è ripetuta anche con l’ingresso di Bridges che avrebbe dovuto liberarlo da tali compiti.
Chiedergli di sostenere pesantemente la bidimensionalità del gioco probabilmente è stato troppo ma Charlotte in stagione non aveva molto altro da opporre alle batterie di lunghi avversari e così in qualche partita alla portata si è rivelato comunque prezioso ma non ai livelli dei migliori nella NBA in generale.
Il suo futuro passa per una miglior difesa e se ci sarà ancora Borrego, un miglior tiro da fuori area benché io tenterei di utilizzarlo più tradizionalmente da lungo poiché mi pare si snaturi un po’ la sua essenza e si corrompa il suo potenziale benché si possa lavorare su un tiro da fuori da non usare eccessivamente.
Curiosità:
P.J. Washington ha recentemente avuto un giglio.
Ciò è emerso alla luce quando ha saltato per motivi personali una partita degli Hornets ma erano già comparse foto di lui e della compagna, Brittany Renner, in dolce attesa, benché la relazione non fosse stata ufficializzata da molto.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
“Questa stagione devi giocare da 5. Da 5, hai capito? Devi sgomitare sotto canestro, giocare il post, difendere forte e “grabbare” rimbalzi a più non posso. Ah… naturalmente non ti scordar il tiro da fuori ma utilizzalo solo per aprire l’area ai tuoi compagni. Vedi di non abusarne.” Questo nella mia mente è più o meno il verosimile discorso che Borrego potrebbe aver fatto a inizio stagione a P.J. vista la volontà del Guru della panchina di giocare la sua small ball.
Forse – e dico forse – P.J. era distratto o Borrego non lo ha mai detto, perchè tutto ciò non è mai successo.
Praticamente nullo nel pitturato sia in difesa che in attacco, perennemente in ritardo con un atteggiamento del corpo troppo spesso svogliato e range offensivo dai 6 metri e 75 in su ancora da mettere a punto. Tutto chiaro P.J.. “Bene” così…
La decisa e strepitosa partita record giocata da P.J. a Sacramento.
Il vero punto interrogativo dell’estate degli Hornets dopo Gordon Hayward sarà Devonte’ Graham.
Il giocatore al terzo anno dopo aver passato il primo anno in ombra è esploso lo scorso anno senza pressioni addosso complice un team da ricostruir da zero.
Quest’anno le pressioni sugli Hornets non erano immense ma diciamo che con l’acquisto di Gordon Hayward personalmente mi aspettavo di vedere una squadra competitiva a Est.
Graham, partito da titolare, si è trovato improvvisamente con la pressione addosso del fenomeno Ball poiché se dal Draft e dal mercato gli Hornets cercavano un centro si sono visti arrivare (discorso di circostanze e opportunità fatto da Kupchak) un play e un’ala piccola di talento con il centro andato a farsi benedire dopo la scelta di Wiseman a Golden State e gli ulteriori 9 milioni di esborso per Batum nell’operazione Hayward.
Complice uno stato di salute ballerino del numero 4, Ball – già lanciato mediaticamente – si è riverberato come l’aurora Boreale sul gioco degli Hornets fornendo spettacolo e miglioramenti visibili nel gioco di Charlotte lasciando negli occhi sfavillanti giochi di colore.
A quel punto Graham, al rientro dal primo infortunio, si è accomodato in panchina con minutaggi non altissimi che dal mio punto di vista hanno aumentato la frenesia del suo tiro dopo un inizio nel quale i compagni e il mister gli chiedevano di prendersi più tiri anziché passare sempre il pallone e non è un caso che delle quattro volte nelle quali Graham sia riuscito a giungere a 10 assist, ben due siano state alla prima e alla seconda uscita stagionale.
Ancora tediato in vari momenti dell’annata con altri problemi muscolari a coscia e ginocchio, Devonte’ ha tentato di rispondere sul campo ma le sue serate sono state spesso scostanti essendo un tiratore che deve entrare in fiducia e così, per rifarci alla parte finale di stagione, siamo passati dai 31 punti con Denver e ai 25 con New York ai 4 con i Clippers o ai 4 con i Pacers.
Graham è il classico giocatore moderno alla Steph Curry, alla Damian Lillard o alla Trae Young e con questo non intendo abbia il loro talento perché ci vorrebbe più costanza ma è quel giocatore in grado di colpire da distanze siderali, il che potrebbe essere considerato una manna per Borrego ma ciò porta a esagerazioni.
L’abbiamo visto imperversare contro Phoenix nella partita casalinga trascinando al squadra al supplementare ma anche sbagliare due triple per la vittoria così come un altro tentativo poco serio l’ha preso contro New York gettando al vento una possibile importantissima vittoria.
Quello contro i Wizards è stato più sfortunato perché lì una tripla, essendo sotto di tre punti, era necessaria per pareggiare e il suo tiro che ha colpito i due ferri prima di uscire, poteva anche prendere un’altra piega.
Di sicuro è stato determinante in negativo su alcuni finali ma qui la colpa è da ricondurre e condividere anche con la società che non ha pezzi validi sotto canestro e con Borrego che preferisce in certi frangenti prendere tiri a percentuali più basse e rischiosi.
Personalmente ritengo che Devonte’ nel complesso non abbia giocato una brutta stagione ma che sia stato uno degli elementi eccessivi per la qualità del gioco di Charlotte perché il suo fondare la sua offesa solamente sul tiro da tre punti alla fine ha penalizzato Charlotte.
E’ vero che nel giro di due anni è passato dal 28,1% da tre al 37,5% attuale ma è anche vero che 447 tiri su 669 totali sono stati presi da tre punti e i “soli” 179 finiti a bersaglio avrebbero dovuti essere leggermente di più, sui 200 per far sì che le percentuali in attacco non vengano abbassate troppo.
Purtroppo Graham è un giocatore di 185 cm che fatica ad appoggiare contro avversari più alti e atletici di lui nonostante qualche raro gioco di prestigio l’abbia regalato e quando va in entrata è più efficace paradossalmente quando sente il contatto rilasciando tiri da media distanza che possono produrre anche and one talvolta.
Charlotte si troverà di fronte in estate alla scelta se rinnovargli il contratto o meno, probabilmente Graham vorrà battere cassa visto il suo contratto molto basso in rapporto all’apporto fornito sebbene il suo ruolo non sia più di primo piano come quello dello scorso anno ma di valido aiuto dalla panchina.
Lo scorso anno Graham in 35,1 minuti giocati segnava 18,2 punti, quest’anno il suo impiego è stato “ridotto” a 30,2 minuti e i punti forniti di media sono stati 14,8.
Curiosità:
Devonte’ Graham o Gamberone (basta guardarlo in faccia per così dire) non ha precedenti penali ma è stato arrestato una volta per… un biglietto scaduto di un parcheggio.
Non comparso in tribunale per il tag ticket scaduto è stato arrestato il 22 febbraio 2017 nella Contea di Douglas e rilasciato in medesima data dopo aver pagato la cauzione da 196 dollari e l’obbligazione.
Una storia tipicamente e ridicolmente eccessiva all’americana…
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
E’ in scadenza contrattuale quindi gioca per mettersi in mostra.
Peccato che dimentichi troppo presto come si giochi realmente, tanto che il Devonte’ dell’anno scorso è solo uno sbiadito ricordo.
Si autocandida a salvatore della patria (il dualismo con Rozier si è fatto sentire), ma “cicca” praticamente tutte le occasioni volendo strafare.
Ora deve ridimensionare le sue pretese oltre che il suo ruolo perchè non è e non sarà mai un top player.
https://www.youtube.com/watch?v=bbtDU7KugBs
Graham, classica partita con tiri a pioggia da tre punti a Miami.
Se Miles non avesse contratto il Covid-19 e saltato 6 partite, forse, staremmo assistendo a un’altra stagione con gli Hornets ai PO.
Non avremo mai ovviamente il riscontro ma Bridges ha dato tanta energia a questa squadra che si è spenta in sua mancanza.
Purtroppo il suo grande apporto alla penultima giornata di regular Season con i Knicks non è bastato.
30 punti, sua seconda miglior uscita stagionale mentre la prima casualmente è stata non lontano di lì, a Brooklyn, dove chiuse con 33 punti e un’altra sconfitta.
Se guardiamo la media punti è in calo di poco: dai 13 dello scorso anno ai 12,7 attuali ma ciò è dovuto al fatto di un minor utilizzo in minuti (da 30,7 a 29,3) poiché a inizio stagione era partito come riserva e avrebbe dovuto condividere il suo status di giocatore dalla panchina con altri elementi ma in virtù delle sue indispensabili prestazioni e “grazie” agli infortuni, l’iron-man degli Hornets ha finito per giocare tantissimi minuti a fine stagione arrivando a sfiorare il minutaggio dello scorso anno, cosa totalmente imprevista a inizio stagione.
Miles non si è arreso al suo arretramento in panchina dopo l’arrivo di Hayward, ha giocato anche in ala grande dove i suoi 198 cm e 102 kg ovviamente di base potevano rendere meno dei 201 cm e 104 kg di P.J. Washington ma nonostante ciò si è fatto valere.
La difesa non è sempre stata di primo livello ma si è fatta indubbiamente più attenta dello scorso anno benché la zona talvolta lo coinvolga (come tutti) sui cambi a lasciare larghi spazi ma nell’uno contro uno è sembrato più pronto rispetto al passato anche se non sempre premiato.
In attacco lo sappiamo: le sue doti da incursore ombra (senza palla in mano) sono supportate da una dinamicità e un atletismo pazzeschi e i lanci di Ball e soci per lui dalle parti del ferro si concludono spesso con il decollo di Miles che da zero a 100 arriva sopra l’anello per bombardare i canestri avversari.
Da qui siamo arrivati a due elettrizzanti drive chiuse con dinamitarde schiacciate, tutti si ricorderanno quella contro Capela e Atlanta con il centro che incautamente tentò di stopparlo, spingendo qualcuno enfaticamente a dire che Miles avesse attentato alla sua vita.
Progressi con la palla in mano anche nelle drive (l’anno scorso chiuse con 13 and one e 44 stoppate subite, quest’anno di and one ne ha messi a segno 15 e manca quello vergognosamente non assegnato per il fallo di CP3 ed è stato fermato 26 volte soltanto) anche quando non chiude in schiacciata se ne sono visti sebbene l’affidabilità in appoggio non sia ancora totalmente presente mentre è apparso evidente (seppur con qualche serata no) come sia migliorato nettamente nel tiro da tre punti dove ha chiuso con il 40,0% in stagione regolare e dalla lunetta dove l”86,7% è quasi una garanzia per i Calabroni.
In miglioramento rispetto lo scorso anno in quasi tutte le statistiche pur con meno minutaggio: 50,3% nel FG%, 6 rimbalzi (5,6 lo scorso anno), 2,2 assist contro gli 1,8 del 2019/20 e 0,8 stoppate contro le 0,7 della stagione precedente sono solo alcuni dati che testimoniano i miglioramenti di uno dei giocatori più eccitanti visivamente nel gioco di Charlotte.
Curiosità:
Miles Bridges si è sposato con una ragazza di nome Michelle Johnson.
Non chiedetemi se lo sia ancora, non sono qui a fare l’”Alfonso Signorini di turno” per gossippare ma pare che il loro rapporto sia bello.
Mentre Miles è nato il 23 marzo 1998, Michelle è nata il 3 settembre 1997 a Huntington, West Virginia ed è un’ex giocatrice di basket che ha rappresentato la Marshall University.
Secondo le informazioni trovate in rete, sono diventati genitori di Ace Miles Bridges il 26 ottobre 2018.
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Uno dei pochi su cui costruire il futuro della franchigia.
Nonostante alcune partite decisamente disastrose, Miles gioca la sua migliore stagione sotto tutti gli aspetti, dimostrando di essere un diamante grezzo con mezzi infiniti.
Deve lavorare soprattutto sul piano emotivo, forse suo unico limite attuale per riuscire a essere finalmente un fattore dato che per Sky Miles “only sky is the limit”.
https://www.youtube.com/watch?v=rEgS9UG6fIM
Qualche schiacciata alla Miles durante la stagione attuale.
Il rookie of the year ha spodestato Graham (il titolare di inizio stagione) in meno tempo del previsto.
La sua ascesa a suon di numeri si è fatta così evidente e massiccia nel momento nel quale il suo ingresso in quintetto ha spesso coinciso per Charlotte in un miglioramento della qualità del gioco grazie alla visione e alle doti di passaggio già conosciute di LaMelo.
Oltre a fornire passaggi smarcanti no look, LaMelo è cresciuto realizzativamente grazie a diverse soluzioni nel suo arsenale che sta ancora migliorando mentre in difesa, quando abbiamo visto il vero Ball, pur dovendo migliorare, si è dato da fare tra rimbalzi, steal alle quale seguivano aperture lunghe talvolta, qualche stoppata e molta attività.
In attacco si passa dalle triple tirate con uno strano stile, ai runner o floater rilasciati piuttosto lontani da canestro, come li definirebbe qualcuno dei “morbidoni” con una parabola a dir poco stramba.
Il suo atteso rientro che gli servirà per cercare di conquistare il premio di Rookie Of The Year (vinto mensilmente a gennaio, febbraio e marzo) però non è stato ciò che i fan si aspettavano.
Il rientro in poco più delle 4 settimane previste è avvenuto ma Ball con polso tumefatto e ancora dolorante in parte, non è riuscito a esprimersi al meglio nella parte finale della regular season così, essendo venuto a mancare in parte il talento del secondo elemento che costituiva la nuova linfa vitale degli Hornets, Charlotte è retrocessa comunque in decima posizione.
Ha 19 anni e si può capire come vada su e giù nelle prestazioni, porta il pizzetto ma nei play-in e nelle ultime partite, oltre ad avere avuto problemi fisici, è sembrato un po’ imberbe.
Curiosità:
Con il padre che è riuscito a creare attenzione sui figli, LaMelo spesso è sottoposto a domande le quali risposte passerebbero inosservate se lui non fosse il destinatario delle stesse.
L’interlocutore di Ball qualche mese fa ha chiesto quale fosse il suo quintetto ideale di tutti i tempi e lui ha risposto inserendosi (comprensibilmente, a chi non piacerebbe giocare con alcuni tra i giocatori più forti mai comparsi sulla Terra?) nel seguente starting five: LaMelo Ball, Michael Jordan, Kevin Durant, LeBron James e Shaquille O’Neal.
Certo, qualcuno contesterà magari la mancanza di qualche proprio beniamino alternativo al gotha ma di certo credo che ball abbia una visione chiara dei valori, non male, no?
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Arrivato come salvatore della patria, il terzo dei fratelli Ball, dopo un inizio zoppicante si è preso a suon di buone prestazioni e giocate giocate da spellarsi le mani la posizione di point guard titolare.
Si rompe il polso sul più bello ma anche se non è veramente lui al rientro, brucia i tempi per provare a portare di peso gli Hornets verso dei PO che avrebbero meritato ma naufragati miseramente, ritrovandosi da solo sull’isola dovendo alzare bandiera bianca.
Date una squadra a questo ragazzo.
Uno dei video dedicati a Ball per il suo anno da rookie.
“Scary” ha fatto tremare molte difese avversarie durante il suo periodo di forma migliore a metà stagione, sia quando la squadra ha vinto sia quando il team ha perso come recentemente contro New Orleans nonostante il massimo in carriera realizzato da Rozier con 43 punti in serata.
Terry aveva comunque esordito a Cleveland (lui che è dell’Ohio) con 42 punti ed è riuscito a scavalcare la barriera dei 40 un’altra volta in stagione rifilandone 41 ai Timberwolves.
Peccato che il peso specifico perso degli Hornets con gli infortuni abbiano lasciato una squadra leggerina con Rozier punta di diamante dell’attacco, anche lui nel finale con un leggero problema al polso.
Il problema è che gli avversari se ne sono accorti e spesso l’hanno marcato più stretto, raddoppiato, soffocato, così al buon Terry che aveva catalizzato l’attenzione degli avversari in precedenza, ha pensato di utilizzare le sue doti da passatore per uscire dall’Impasse di situazioni nelle quali la pressione su di lui era talmente alta da non riuscire prendere un buon tiro e in diverse partite i numeri delle sue dime si sono alzati.
In altre circostanze ha provato a forzare triple o andare al ferro ma le cose non sono andate sempre bene così le sue percentuali si sono abbassate, lui che nell’anno si è rivelato uno dei più micidiali tiratori da catch n’shoot.
Spesosi sui due fronti con minutaggi consistenti, anche i catch n’shoot hanno vissuto serate meno brillanti del recente passato perché purtroppo quello di essere il go to guy alla Curry o alla LeBron James non è il suo ruolo per fisico (cm) e caratteristiche tecniche benché sappia anche indubbiamente arrivare al ferro se vuole benché la conclusione non si sia rivelata sempre affidabile ma più adeguata in un finale dove le sue percentuali da oltre l’arco sono andate drasticamente calando fino ad arrivare al drammatico 0/9 della partita play-in.
In netto calo in diverse partite della parte finale della stagione, senza il suo aiuto la squadra non ha avuto chance.
Curiosità:
E’ stato il miglior Hornet in regular season ma la sua brutta prestazione al play-in l’ha portato al secondo posto, un po’ come Charlotte ha gettato via i PO, anche lui, per altri versi ha perso la prima posizione.
Il valore del giocatore non si discute, infatti, il motivo del crollo principale d Charlotte è stata la sua assenza unita al fatto di avere valide alternative in grado di dargli il cambio nel ruolo.
McDaniels non ha né le capacità, né il fisico e né l’esperienza di Gordon.
Miles impiegato nel ruolo ha reso nettamente meglio ma ha lasciato scoperta la panchina o il ruolo di ala grande in qualche partita dove l’instabilità di P.J. Washington a livella di resa e ruolo (switchante nella posizione di centro) ha allargato i cordoni del pacchetto lunghi.
Hayward diventa così il più grosso punto interrogativo dell’estate charlottiana intesa come Hornets.
La sua fragilità si è rivelata anche superiore al previsto, il suo infortunio alla caviglia ha interessato probabilmente i tendini e le circa 4 settimane di recupero sono diventate 6 e poi fino alla fine della stagione.
La società non ha rilasciato molte dichiarazioni in merito se non rari aggiornamenti sul suo non rientro e il “coach in seconda” degli Hornets durante il suo infortunio, non ha potuto partecipare alla campagna finale degli Hornets che con lui sarebbe probabilmente terminata in maniera più trionfale, magari se non un quarto posto (eravamo lì con lui), un sesto, per come sono andate le cose, sarebbe stato ampiamente alla portata ma Hayward è questo.
Prendere o lasciare…. e immagino che l’entourage degli Hornets, pur entusiasta delle sue prestazioni finché è rimasto in campo, ci stia pensando anche se i 9 milioni girati a Batum per sbarazzarsi delle sue inguardabili prestazioni, pesano.
Tenerlo o no?
Loro sanno la verità sulle sue condizioni.
Tenerlo, senza riuscire a fornire un sostituto in caso di nuovo infortunio o non rientro, sarebbe garanzia di un’altra stagione fallimentare per cui qualche voce sui Pacers che già volevano riportarlo a casa (lui che è di Brownsburg vicino a Indianapolis) c’è…
Gli Hornets darebbero anche Carey Jr. mentre i Pacers girerebbero l’ex Lamb (anche lui alle prese con qualche infortunio di troppo recentemente) e Miles Turner che come protettore del ferro andrebbe a colmare quel buco che gli Hornets hanno da tre anni sotto le plance.
Voci… tutto cambierà probabilmente in casa Pacers mentre in casa Hornets vedremo…
Il mio giudizio su Hayward è un “rimandato” perché la sua stagione sul campo è stata indubbiamente positiva, ha portato punti, assist, esperienza e leadership (ricordo bene il game winner contro Orlando in Florida) ma non averlo per lungo tempo, come già scritto precedentemente, frenerebbe le ambizioni ascensionali dei Calabroni un altro anno e ingenererebbe ancor più dubbi in eventuali acquirenti futuri.
Il caso Hayward è spinoso, ottenere qualcosa oggi o rischiare di mantenerlo per
Ha il 47,3% al tiro dal campo, un 49,9% da due punti (per un giocatore che rimane spesso in quintetto come ala piccola direi che non è male) e il 41,5% da tre punti oltre l’84,3% dalla lunetta.
A rimbalzo ha portato a casa per Charlotte un 5,9 di media a partita, negli assist va con 4,1 apg ed è stato il secondo scorer del team con 19,6 punti a uscita, ovvio che per chi, magari non avendo visto una sola partita di Charlotte, consultando le statistiche noterà sicuramente che con la sua perdita la squadra sia peggiorata.
Curiosità:
Gordon ha una sorella gemella di nome Heater con la quale si cimentava in coppia formando un duo vincente.
All’epoca Gordon era alto ma non abbastanza (sentiva lui) per giocare a basket, suo primo amore.
Sul punto di abbandonare il gioco della palla a spicchi per tentare di prendere una borsa di studio grazie alla pallina gialla, fu esortato dalla madre Jody a non cedere seguendo il duo sogno: “Mia madre mi ha detto di restare fedele. Il basket è sempre stato il mio primo amore e quello che amavo fare molto più del tennis. Poi sono cresciuto molto fisicamente e tutto è venuto da lì.”
Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:
Arriva con due anni di ritardo a Charlotte e da injury prone con un infortunio serio a limitarlo non parecchio.
Finchè gli infortuni (e la testa) lo lasciano stare, gioca un basket di classe, semplice e concreto ma sempre ad una velocità da vecchietto con il cappello su una Panda.
I rumors di una trade con Indiana sono sempre più pressanti… che ne dici Kup?
Facciamo un pensierino?
L’uscita di scena di Hayward non gli ha impedito di regalarsi e di regalarci qualche top moment.
James Borrego as Head Coach of the Charlotte Hornets during a press conference in Charlotte, North Carolina on May 11, 2018 at the Spectrum Center. Getty Images Copyright Notice: Copyright 2018 NBAE (Photo by Kent Smith/NBAE via Getty Images)
Coach James Borrego: 5,87
Per quanto mi riguarda sono positivo sul rapporto con la squadra ma altamente critico su lacune tattiche e modio di giocare del coach che non avrà avuto il miglior team in mano ma – anche data la giovane età – ha messo pesantemente del suo per non approdare ai PO e nella parte finale è sembrato non avere nemmeno più una squadra per le mani che rispondesse ai suoi comandi.
Sarà comunque al comando delle operazioni all’inizio del prossimo anno perché la società che lo aveva asunto tre anni fa vuol dare almeno ancora un anno a James per raggiungere i PO.
Cosa saprà – se vorrà – cambiare Borrego rispetto al passato e cosa potrà offrire la franchigia al tecnico saranno due fattori determinanti per la miglior riuscita della stagione.
Potrei dilungarmi molto ma preferisco lasciare l’analisi tecnico tattica a Matteo Vezzelli:
Tre anni da Head Coach, tre anni di nulla.
La squadra è involuta in maniera spaventosa, passando da un gioco a sprazzi a parentesi di assenze totali sia difensive che offensive.
Tecnicamente mediocre, con poca capacità di lettura del gioco e una assenza totale di autocritica. Giocatori fuori ruolo, mal adattati, mal o mai utilizzati.
Si barcamena con le sue idee di gioco, quando forse lui stesso non ha ben chiaro che cosa voglia insegnare.
Farebbe fatica ad allenare anche in C silver .
Detto ironicamente, forse paga lui per potere allenare perchè altrimenti non si spiega il fatto che sia ancora in NBA.
Prima di passare al video finale contenente le migliori 31 azioni (ho fatto un mese completo) completato da aforismi che mi piacessero oltre a intrecciarsi simbioticamente con l’azione, volevo ringraziare gli altri 4 ragazzi che hanno collaborato con me quest’anno per portare una miglior informazione su Charlotte e per far divertire un po’ di più i lettori.
Grazie quindi a Fabrizio Getuli, Filippo Barresi, Matteo Vezzelli e Paolo Motta ai quali ho chiesto, per dare una visione molteplice su giocatori e coach come avrebbero giudicato loro la stagione dei nostri e alla fine ne è uscita questa grafica che magari – essendo più variegata – metterà più in sintonia le opinioni di qualcuno con quelle espresse con un semplice voto nell’immagine.
Un ultimo doveroso passaggio prima della top 31 va fatto per Rick Bonnell che per i fan di Charlotte non dovrebbe essere un nome sconosciuto.
Rick è dagli albori l’insider che scrivendo dalle colonne del Charlotte Observer ha portato in casa dei tifosi i retroscena dei Calabroni in questi anni.
Altresì, Rick, era quella faccia simpatica e amica che, pur non conoscendo di persona, ispirava a tal punto da renderlo quasi per assuefazione un amico.
Purtroppo l’annata devastante degli Hornets aggiunge la sua perdita.
Bonnell non potrà essere ai nastri di partenza per il prossimo anno perché è deceduto all’età di 63 anni, 33 dei quali passati a raccontare Charlotte.
La morte, avvenuta per cause naturali è stata confermata dal figlio Jack.
Descritto come professionale, generoso, timido e amante del tennis, Bonnell è stato già sommerso dall’affetto di chi lo conosceva, da tutto l’entourage passato per Charlotte, ai giocatori per arrivare ai colleghi di lavoro.
Un punto di riferimento anche per i fan che spesso si affidavano a lui per carpire qualche segreto in più dei vari team passati con lui.
Ci lascia troppo presto quindi un pezzo storico della storia dei Calabroni.
Dall’affetto trasparso di chi gli stava vicino potrei usare una frase di Erich Fromm per dare un senso alla sua perdita:
“L’amore è l’unica risposta sensata e soddisfacente al problema dell’esistenza umana” e credo che se la morte non lascia scelta, almeno credo sia stato un uomo fortunato in vita.
Si rimane affascinati da un giocatore, dai colori, dalla bellezza del simbolo (nel caso un animale spirito guida), da una partita oppure perché si inizia a simpatizzarli per via di amici che li tifano.
A metà anni ’90 una massa di ragazzi indossava cappellini o altri oggetti degli Hornets ignorando più o meno cosa fossero, chi fossero e perché esistessero benché quella sfera arancio immaginariamente palleggiata da Hugo spoilerasse lo sport d’appartenenza.
I tempi sono cambiati, altre realtà ed altri giocatori che hanno fatto le fortune di diversi team sono emersi mentre la travagliata vita dei Calabroni andava sdoppiandosi e dipanandosi per altre città.
Imprevedibili vicende che hanno portato a oggi i reduci e il nuovo popolo teal & purple a riunirsi sotto un’unica bandiera.
L’inimmaginabile in negativo però pare essere un DNA che si srotola ogni qual volta le cose sembrino andar bene.
Andiamo a vedere cosa è successo nel recente passato ripercorrendo una sfortuna che nessun amuleto pare possa riuscire a tener distante.
Da game 39 a game 57
Il nostro flashback mnemonico parte con la serie di trasferte difficilissime a Ovest.
Da game 39 e 40 ricaviamo due nette e previste sconfitte, rispettivamente a Denver e a Los Angeles (con i Lakers), quindi si rimane a L.A. Per quella che in una stagione regolare standardizzata sarebbe stato il giro di boa.
Con i Clippers – Game 41 – non arriva solo una pesante sconfitta ma anche la frattura al polso destro di LaMelo Ball, una bad news terribile per le aspirazioni ai PO di Charlotte.
La squadra rispondeva vincendo le ultime due partite in trasferta nell’ostile Texas sorprendendo San Antonio con il solito “Scary” in crunch time e battendo i ridimensionati Rockets.
Non siamo ancora “quattro gatti” in Game 44 quando gli Hornets vanno in fuga contro gli Heat che rimontano nel finale ma la squadra di Borrego tiene e vince una partita importante contro una rivale divisionale.
Game 45 è sul filo, questa volta si rompe la magia del crunch time.
La partita con Phoenix va al supplementare – complice un madornale errore della terna che annulla a Bridges un possibile two and one per fallo di Paul – così la più attrezzata squadra dell’Arizona riesce a portarla a casa.
Charlotte esce nuovamente dalle mura amiche per affrontare una serie probante di sei trasferte rientrando in un ciclo continuo di vinte e perse: W su Washington nella capitale in Game 46, sconfitta a Brooklyn in Game 47 dove Monk, sull’80-100, tentando un’entrata, rimane giù per problemi alla caviglia e vittoria di Pirro a Indianapolis giacché l’altro nuovo elemento di qualità, Hayward, si infortunava alla caviglia proprio in Game 48 unendosi a Ball e Monk in infermeria.
L’ex Celtics saltava la trasferta contro i suoi ex compagni a Boston dove i Calabroni venivano travolti.
Sembrava girare per il verso giusto in game 50 e 51 quando Charlotte ottenendo una vittoria su una OKC in ricostruzione e una Milwaukee ancor più disastrata dagli infortuni, riprendeva la vetta della propria Division apprestandosi allo scontro domenicale al vertice con Atlanta.
Con gli Hornets avanti di una decina di punti a poco più di sette minuti dalla fine sembrava poter proceder tutto bene, anche perché Bridges reagiva alla rimonta avversaria con una dirompente schiacciata che faceva fare la figura del debuttante a Capela.
Gli Hornets però nel finale perdevano anche P.J. Washington e gli Hawks andavano a vincere la partita prendendo la testa della Southeast.
Charlotte cercava in Game 53 di rispondere indirettamente battendo i Lacustri privi di James e Davis ma al nucleo dei 4 giocatori indisponibili si aggiungeva anche Rozier per un problema al ginocchio.
In un finale incerto la maggior esperienza dei Lakers aveva la meglio mentre anche Darling si univa al “reparto infortunati” per via della caviglia.
In Game 54 la vittoria sui Cavs era d’obbligo ma la squadra dell’Ohio recuperava tutti eccetto Sexton ma con 5 giocatori out (Rozier riusciva a rientrare) l’esperienza della mediocre squadra avversaria aveva la meglio mentre un’altra caviglia andava direttamente verso Roma per la benedizione.
Questa volta era Wanamaker a infortunarsi…
A Brooklyn contro i Nets non c’erano speranze ma la squadra giocava bene e Borrego scopriva anche Vernon Carey Jr. lanciato titolare che chiudeva con 21 punti.
Vernon si ridimensionava notevolmente nelle due partite seguenti ma con Portland, l’assenza di Lillard, unita a due falli del centro ex Duke dopo 20 secondi portavano il fato a mandare in campo P.J. Washington, fresco di imprevisto rientro.
La sua prestazione unita a quella di Rozier e altri Hornet, scardinava la difesa avversaria così Charlotte abbrancava una vittoria importante.
Nello scontro diretto a New York la fisicità maggiore della squadra di Thibodeau aveva la meglio e Charlotte si ritrovava costretta a tentare di recuperare nelle ultime partite.
Mission impossible?
Vedremo.
Blocco delle future partite
Dal comando della propria divisione che garantiva, seppur si poco un quarto prestigioso posto che avrebbe fatto entrare il team nei PO con il vantaggio del fattore campo, si passava a un ottava posizione per via degli infortuni.
La piazza sull’orlo del disastro preoccupa i tifosi ma in linea teorica, se le prognosi dovessero essere rispettate i Calabroni dovrebbero entrare a pieno organico a inizio maggio per tentare un rush finale che li porti diritti ai PO senza passare dalla rischiosa esperienza dei play-in anche grazie a un calendario migliore di moltissime rivali.
Procediamo però con ordine.
A Charlotte mancano 15 partite delle quale 10 saranno da giocare davanti a un ristretto pubblico amico, un fattore che in altre annate avrebbe inciso in forma leggermente maggiore ma che quest’anno garantisce meno del solito viste anche le numerose vittorie ottenute dalle squadre in trasferta in generale nella NBA odierna.
A ogni modo, altro dato saliente, prima di affrontare partita per partita il calendario (in grafica alla fine del capitolo), c’è da dire che Charlotte avrà ben 8 partite contro squadre sotto quota .500 e di queste 5 saranno casalinghe.
Gli Hornets avranno un tour de force rispetto alle altre squadre giacché le partite saltate per via dell’indisponibilità delle avversarie (Nuggets e Clippers) sono state riprogrammate a fine stagione.
Inciderà molto oltre alla fortuna di trovare squadre magari non eccessivamente motivate senza nulla da dire (i Wizards come esempio, magari già out o in in una posizione intoccabile) all’ultima sfida oltre che lo status infortuni dei vari team, quest’anno colpiti dal Covid-19 e da infortuni imputabili all’assiepamento delle partite, troppo concentrate in breve tempo.
Si partirà contro i Bulls (ore 03:00 italiane) privi di LaVine a Chicago.
Partita da non perdere assolutamente per vendicare la sconfitta della prima uscita stagionale e soprattutto cercare di recuperare terreno alle tre squadre ancora a portata per l’accesso diretto ai PO.
Seguirà un trittico di partite casalinghe con i Cavs ospiti.
Di rigore batterli dopo il loro allontanamento dalla zona PO.
Boston e Milwaukee saranno due clienti scomode, quindi si andrà ancora a Boston per chiudere un terzetto di partite non semplici ma con l’inizio di maggio il calendario andrà in discesa.
Detroit in casa sarà la prima sfidante, poi toccherà a Miami far visita allo Spectrum Center in una sfida spareggio.
Trasferta a Detroit e serie di 5 gare casalinghe: Chicago, Orlando e New Orleans sono tutte alla portata con le due squadre del sud che ormai non hanno più nulla da chiedere in questa stagione.
Nuggets e Clippers saranno sfide più toste ma se fossero sufficientemente sicure del loro piazzamento potrebbero anche non giocare alla morte.
Le ultime due sfide hanno un orario ancora da programmare.
Si andrà a New York per stabilire chi vincerà la serie annuale e poi back to back a Washington sperando i Maghi non siano in lizza sino all’ultima giornata per una posizione benché la sfida rimanga comunque abbordabile se i nostri saranno al completo, presupposto fondamentale per raggiungere almeno 9/10 vittorie sperando bastino a strappare almeno la sesta piazza a una delle squadre che occupano attualmente le posizioni con accesso diretto ai PO.
Il calendario completo delle squadre in lotta con posizione, record attuale e grado delle partite da affrontare, casa o trasferta. Il pronostico non ha pretese. Vi sarebbe un interessante arrivo a pari merito tra New York, Miami e Charlotte al sesto posto secondo questa tabella, forse leggermente di parte pro Charlotte ma avendo fiducia nella squadra con il recupero di tutti… In questo caso sarebbe la classifica avulsa a decidere con Charlotte sul 2-0 con Miami e sull’1-1 con New York. A ogni modo sarà un finale avvincente con tante squadre in lotta sebbene Boston dal mio punto di vista (salvo infortuni) sia leggermente favorita.
Classifiche
La classifica a Est.
La classifica a Ovest.
Il gioco
Questa parte di stagione frammentaria è stata poco indicativa del vero potenziale della squadra, i continui infortuni tra le nostre fila e a volte anche in quelle avversarie hanno stravolto il volto di alcune partite.
Borrego ha sperimentato uomini, ha adattato i suoi in base alla sua percezione di necessità rispetto alla specificità della singola partita o del singolo momento ma rimanendo rimaneggiatissimi non sempre le soluzioni ideali sono state trovate.
In quest’ottica si spiegano risultati altalenanti.
Mi ero prefisso però per rimanere in corsa otto vittorie e quelle sono state.
Avremo bisogno d’intensità e di difesa piazzata nei punti strategici, con 15 partite in 24 giorni la freschezza di Ball, Monk e Hayward potrebbe fare la differenza.
Per quando riguarda la video-analisi volevo mostrare come sia importante sfruttare l’ampiezza del campo per aprire spazi per i tiratori.
Molte squadre usano questa strategia creando vantaggi da differenti situazioni, in genere Charlotte ne mostra una abbastanza comune: un possibile pick and roll di base.
Qui abbiamo analizzato insieme a coach Matteo Vezzelli (grazie come sempre per l’ottimo lavoro) una di queste situazioni.
Possiamo notare come Charlotte giochi larga con 4 uomini esterni e uno interno, nella fattispecie Biyombo.
Il congolese si alza per andare a fintare un blocco per Wanamaker in possesso di palla, in realtà virando va a portare un blocco orizzontale per Rozier (tra l’altro la terna perde la visione del fallo che Biz commette piuttosto nettamente allargando la gamba sul passaggio del difensore) che riceve e sfruttando il nuovo blocco del numero 8 attira l’attenzione su di sé rollando in area per occupare lo spazio ma Terry, raddoppiato, fa scorrere indietro la palla su Wanamaker che essendo marcato allarga immediatamente il gioco in angolo dove Bridges ha uno spazio sufficiente per prendere un catch n’shoot con i piedi per terra sebbene sia senza ritmo vista la posizione da flottante di Bogdanovic “stirato” tra Bismack e Miles.
Una buona soluzione per Bridges che può tirare da una zona con cerchio “frontale” laddove la distanza scende.
Una soluzione però molto praticata anche da altre squadre contro di noi quando la zona voluta da Borrego implica talvolta i medesimi meccanismi di copertura in rotazione.
Se la squadra avversaria, come in questo caso Charlotte, riesce a far girare velocemente la palla sull’ex lato debole, il flottante che al bivio tra il possibile raddoppio nel pitturato o l’angolo rimane indeciso o non ce la fa a recuperare (qui Charlotte giocando perimetralmente elude anche la possibilità che Bogdanovic possa tentare l’anticipo su un ribaltamento con passaggio in diagonale diretto verso l’angolo da parte di Rozier) va a soffrire del primo raddoppio portato dalla difesa – concentrata sul pick and roll – così, quel leggero vantaggio concesso all’attacco dovuto alla perdita di posizione sui due esterni (Wanamaker in posizione di guardia e Bridges in ala) diventa quel meccanismo fondamentale per muovere la difesa di quel tanto che basta per avere uno spazio per andare a un tiro non contrastato.
In questa seconda azione invece vediamo un pick and roll laterale portato alto per allontanare la difesa da canestro.
Possiamo notare i due giocatori in posizione di guardia e i due di ala negli angoli mentre Zeller blocca per Wanamaker che non ha difficoltà a superare Goodwin rimasto sul blocco, Capela insegue e Knight va a chiudere a canestro staccandosi da Caleb Martin in angolo il quale riceve intelligentemente da Wanamaker che chiudendo la drive and kick vede il compagno libero in angolo destro.
A questo punto Huerter deve andare a chiudere sul tiratore (facendo anche un buon lavoro tentando di chiudere il passaggio) ma l’extra pass di Caleb Martin per Rozier mostra come la difesa sia ormai collassata e l’uscita dal pitturato per il close-out, lenta.
Rozier a quel punto ha tutto lo spazio per una tripla aperta.
Sfruttando la strategia di portar fuori la difesa e usando ancora l’ampiezza dell’angolo, ecco un’altra triangolazione che ha portato ottimi frutti con l’uomo giusto al posto giusto.
Charlotte si basa molto sulla costruzione del tiro da fuori ma se vuole essere efficace deve sapere anche variare il gioco concludendo più volte da due punti per non essere troppo prevedibili.
Saper sfruttare i punti specifici di debolezza degli avversari sarà compito di coach Borrego che sta crescendo insieme alla squadra e pare quasi più un “ragazzo del gruppo” come spirito che uno di quei santoni zen intoccabili o furiosi elementi in panchina.
https://www.youtube.com/watch?v=VVkNCr7hntg
Nel video possiamo notare come appena dopo aver ceduto la parola a Hayward per le note di serata (vs Portland nel caso) venga inondato da goliardia, affetto e soprattutto acqua, mostrando così una particolare unione con la squadra.
Qualche opinabile scelta l’ha fatta (a New York rinunciando a Carey Jr. dopo 3 minuti e giocando con una squadra poco fisica) ma adesso deve cercare di cambiare le partite in corsa eventualmente.
Possiamo permetterci di sbagliare poco e le sue letture di partita saranno fondamentali quanto i giocatori sul parquet.
Statistiche di squadra e singoli
Qui sotto ecco il riepilogo attuale di ciò che funziona e non funziona a livello di squadra e nei singolo, espresso sotto la forma dei numeri nelle tabelle di Basketball Reference.
Qui possiamo notare un buon rapporto tra i falli commessi e le realizzazioni avversarie.
Rozier guida la classifica dei marcatori della squadra.
Parallelismi: confronto giocatori
Percentuali di tiro per zona
Classifica giocatori
17) Caleb Martin: 5,74
Quello che definiremmo dalle nostre parti un lottatore benché con tanti esterni Hornets in lista infortunati Borrego ha deciso di preferirlo al fratello – invertendo minutaggio e gerarchie – essenzialmente per le sue (quasi totalmente inespresse) potenzialità offensive.
Il fisico da Maciste non c’è, nella terra dei giganti non svetta per fisicità e suda cercando di fare di tutto per la squadra.
Prende rimbalzi, smista assist ma in difesa appena trova un avversario mediamente valido fatica mentre in attacco, laddove dovrebbe fornire l’apporto maggiore essendo considerato il principale attaccante tra i due fratelli, quello con più talento e spiccate doti offensive, non brilla affatto continuando a sbagliare molto in percentuale specialmente prendendosi molto spesso tiri da lontano, anche da oltre l’arco che paiono essere al di fuori dal suo range presi spesso con un meccanismo che tende da qualche parte impercettibilmente a incepparsi risultando meno fluido del previsto, insomma, un comprimario, un gregario che, se portato a giocar da titolare come accaduto un paio di volte quest’anno (per via delle assenze), si rivela poco incline a sostituire validamente il titolare ma anche solo a rimpiazzarlo dalla panca benché, a onor del vero, contro LAL, partito per la seconda volta in quintetto in stagione, non ha affatto demeritato.
Nonostante la sua media di performance non sia certo eccelsa, lo scorso anno si fermò a 18 partite giocate, quest’anno, invece, Borrego l’ha già impiegato più del doppio e in momenti importanti poiché la sua adattabilità e la sua professionalità (il che vuol dire non mettere in discussione le scelte fatte dal coach) lo rendono un soldatino utilizzabile nei momenti di bisogno anche se non ha estro o qualità offensive particolari se non atletismo e coraggio simili a quello del fratello che sicuramente regalano anche ai fan momenti di impreviste e sorprendenti emozioni come quelle che ha regalato contro Atlanta e Los Angeles.
Comparso anche lui recentemente, è uno dei two-way degli Hornets, ruolo che ha sempre avuto bassa incidenza sugli esiti degli eventi nel team.
Probabilmente il voto è più basso di quello realmente meritato sul campo ma le frattaglie di partita dovute al refrattario Borrego raccontano forse frottole sul voto che necessariamente è basato sulla mancanza di adeguato spazio perché il giocatore possa esprimere il suo gioco su basi più lunghe.
Mi piacerebbe vederlo in campo in futuro, specialmente se gli Hornets in bevi frangenti dovessero aver bisogno di un tiratore ma se il coach senza Monk gli ha preferito i Martin, dubito che lo vedrò ancora molto sul parquet.
Il centro giamaicano sembra essere fedelmente rimasto alla precedente descrizione de Il Punto, ovvero giocatore spigoloso, da contatto, anche preventivo con l’avversario che non si tira indietro in eventuali piccole schermaglie.
Ruvido e non ancora pronto, quasi al pari di Vernon Carey Jr. per molto tempo, a differenza del compagno, è rimasto un giocatore da garbage time.
Giocatore che rimangono ai margini della squadra poiché la concezione del gioco di Borrego spesso non prevede offensivamente un vero centro di ruolo e quando può va a schierare P.J. piuttosto che affidarsi a un giocatore di ruolo con scarso feeling con il canestro.
Una clessidra scorre accanto a Zeller e al suo contratto.
Quei soldi sono decisamente troppi per un giocatore che può fornire qualche buona prestazione alternata con altre meno brillanti e che non ha la tridimensionalità del tiro da fuori.
L’età avanza e il raffronto tra lui e i nuovi centri emergenti con fisici possenti si fa sempre più problematico per Charlotte che, infatti, quest’anno, dopo la titolarità durata un nonnulla per l’infortunio a Cleveland, l’ha visto alternarsi con Biyombo, Carey Jr. e P.J. Washington all’occorrenza.
Una storia d’amore quella con Charlotte che forse è destinata a concludersi in estate a meno che “Kup” non pensi di lasciare a piedi Biyombo (auspicabile) e tenere Zeller tra le riserve offendo cifre simili a quelle che percepisce quest’anno il congolese.
Avrebbe senso nel ruolo di chioccia ma non sul parquet dove le sue prestazioni affosserebbero un po’ una squadra che se vuole emergere, avrà bisogno di un giocatore che possa offrire un gioco più solido, moderno e con punti nelle mani, inoltre se Richards potrebbe passarsi un altro anno tranquillamente negli Swarm, Carey Jr. potrebbe reclamare un ruolo da centro di riserva.
A Charlotte non si vede un centro decente dopo aver avuto Al Jefferson e Dwight Howard.
A dire il vero complessivamente non è andato male in questo gruppo di partite mettendo lo zampino anche dalla panchina in alcun importanti vittorie con contributo in rimbalzi (anche offensivi come a Milwaukee quando su 12 rimbalzi ben 7 sono stati quelli offensivi) e aggiungendo qualche punto di rottura con l’ottima prestazione nel suo Indiana contro i Pacers (7/7 dal campo per 17 punti totali) nonostante il minutaggio sia leggermente calato rispetto a metà stagione.
In compenso sta trovando più continuità, raramente salta una partita e chissà se anche il lunatico giocatore potrà avere la soddisfazione di essere importante per il gruppo fino a trovare la personale gioia di tornare ai PO dopo 5 anni senza, una motivazione in più per Cody per darsi da fare visto un gruppo migliore rispetto gli ultimi anni.
L’acquisto last minute degli Hornets è stato impacchettato da Golden State e spedito a Charlotte.
I Warriors, ben felici di risparmiare qualcosa sul salario complessivo in una stagione che senza Thompson rimane a metà, non devono averci pensato troppo a sbarazzarsene.
Wanamaker avrebbe dovuto portare esperienza, difesa e assist in mancanza di Ball come sostituto affidabile di Graham.
Dopo il primo passo falso all’esordio (comprensibile, ci vuole calma per aspettare di vederlo apprendere alcuni meccanismi) aveva disputato qualche buona partita ma nel momento più atteso, quando altri giocatori si sono uniti ai già illustri infortunati, è mancato sotto quasi tutti gli aspetti.
19 TO in 10 partite con la gara a OKC che ne registrava 3 per scendere a 2 costantemente nelle 5 partite successive con un minutaggio mai arrivato a 30 minuti.
Nelle stesse 10 partite prese in questione (fino a Brooklyn) ha sfornato 38 assist e in questo possiamo essere discretamente soddisfatti anche per la qualità del passaggio più europea che “retorica” come in NBA.
Quello che non va è decisamente il tiro.
Passa da iniziative per andare ad appoggiare vicino al ferro usando il suo peso per sfondare come un ariete (risultati davvero differenti) a triple dalla distanza.
L’1/5 contro Brooklyn e ancor prima l’1/11 contro i Lakers sono dati drammatici che nel caso dei gialloviola hanno pesantemente contribuito a far perder la partita.
Da fuori poi è passato da un 3/10 a un 3/18 non segnando più nelle 5 partite intercorse tra le trasferte di Milwaukee e Brooklyn, comprese.
In circostanze normali probabilmente limiterebbe qualche tiro e avrebbe dei minuti in meno ma in ben tre partite ha preso 11 conclusioni a serata e solo contro Atlanta è andato bene (6/11).
Va da sé che non sia il profilo ideale per una squadra che ha un disperato bisogno di punti in assenza di scorer.
Sapevamo che non fosse un fenomeno, di certo l’abbiamo visto combinare qualcosa di buono tra assist ed entrate ma complessivamente per ora il giudizio è negativo, anche perché la difesa si è adattata alle performance in attacco, ovvero, dopo un buon inizio nel portar pressione (vedi le tre steal a Indy e le 2 Milwaukee) è scemata.
Poco mi sono piaciuti suoi close-out a Brooklyn a ridosso dell’uomo ma senza disturbalo senza nemmeno la mano alzata.
Il sophemore cugino di Juwan Howard aveva avuto un’occasione di partire in quintetto a Sacramento ma era rimasta isolata.
Con la perdita di Hayward e la pesante sconfitta a Boston Borrego ha pensato di mescolare le carte ancora una volta e McDaniels è riemerso dalla panchina per partite titolare a OKC, posto che ha mantenuto in quintetto dopo le prime due buone prestazioni che hanno dato spinta all’attacco di Charlotte.
Purtroppo queste performance sono scemate successivamente magari anche in partite dove il suo buon preludio in avvio del primo tempo non ha mantenuto le promesse nei secondi 24 minuti.
Dagli Swarm a titolare viste le molteplici assenze, un passo piuttosto lungo ma non certo avventato visto che Jalen già lo scorso anno aveva ottenuto un minutaggio importante nella prima squadra a fine stagione.
Di certo l’ultimo Jalen assomiglia più al giocatore talentuoso che si è messo in mostra lo scorso anno a Charlotte piuttosto a quello irriconoscibile di inizio stagione.
Qualche pala persa evitabile ancora ma meno passaggi avventati e un miglior controllo palla, fattori che si uniscono a un ritrovato buon tiro da tre dagli angoli.
Certo, giocare come titolare e anche con il peso sulle spalle che possa risolvere metà dei problemi della squadra è utopia, specialmente in un contesto dove anche professional scorer come Rozier faticano avendo minor qualità a disposizione intorno.
Le cifre però sono in aumento: 5 assist a Milwaukee, 4 rubate nella seconda a Brooklyn, 8 rimbalzi con i Lakers, numeri che in una singola partita non era mai riuscito a ottenere prima in stagione nella singola partita e d’altro canto avendo acquisito un minutaggio serio, oltre i 30 minuti spesso (da quando è titolare) è andato in doppia cifra 5 volte nelle ultime 19 partite su 7 totali in stagione.
Uomo spogliatoio che porta qualcosa di differente nello spogliatoio attraverso la sua cultura base benché in parte sia stata assorbita dal mondo nordamericano.
Uno dei mentori di Ball e in alcune partite utile stopper difensivo ma molto altalenante e nonostante qualche block, ogni tanto sembra il nuovo Shawn Bradley con cartello “non sparate sul cestista” annesso.
Ha avuto i suoi momenti viste le assenze di pari ruolo e non solo, ma si è visto in assenza di scorer è difficile inserirlo in una formazione con pochi punti nelle mani soprattutto quando ai liberi fa 2/6 (vedi a Boston) nel primo tempo aiutando la partita a a scivolar via.
In una formazione al completo che comprenda gente come Ball, Rozier, Hayward e magari Monk in sostituzione, potrebbe funzionare discretamente in certe serate per equilibrare il quintetto donandogli quel tocco difensivo che mancherebbe con tanti scorer in campo più dediti volitivamente all’attacco che alla difesa.
Nella disastrata situazione attuale sembrava poter essere una buona idea difensivamente ma anche Borrego ha dovuto far marcia indietro nonostante sia partito titolare in stagione ben 30 volte (dopo Brooklyn), alternandolo a seconda delle esigenze di serata con altre soluzioni.
Era rimasto per vedere come sarebbe andato a finire il progetto, en passant guadagna 3,5 milioni, non una cifra altissima per gli standard NBA ma comunque inadeguata alla sua media voto.
Ha avuto buone serate ma in genere pare un giocatore bisognoso d’accompagnamento: palla in mano ruota su sé stesso o cerca un compagno, non ha un tocco dal mid range e vive in attacco sui passaggi smarcanti sotto canestro degli uomini assist di Charlotte.
A rimbalzo è scostante nonostante abbia trovato buone serate e non aiuta di certo il minutaggio sceso rispetto a inizio stagione, questo perché come descritto, Biz, nonostante la simpatia, è un giocatore incompleto senza punti nelle mani e con un tiro libero che definire rivedibile sarebbe poco (lo soffre troppo anche a livello psicologico non avendo fluidità nel meccanismo).
Questa non è l’annata per Vernon Carey Jr. di mettersi in mostra.
Nonostante qualche defezione nel reparto lunghi vi sia (P.J. in ultimo ma a inizio stagione la lunga assenza di Zeller), non è stato preso seriamente in considerazione dal coach fino alla partita n° 55 contro Brooklyn.
Con la squadra all’osso e con problemi nel segnare, sicuramente, la sua presa in considerazione al di Biyombo che fa ristagnare l’attacco e ha pochi punti nelle mani (punti spesso serviti da assist con consegne prettamente vicino a canestro) è dovuta al fatto che potenzialmente Carey Jr. potrebbe essere un attaccante migliore del congolese.
Contro Brooklyn ha sciorinato tutto il suo repertorio: eurostep, canestro ravvicinato, jumper da tre punti, fade-away in turnaround… anziché tentare tiri da fuori (0/4 da tre in stagione prima di Brooklyn) ha avuto il tempo di mettere in piedi un attacco senza la fretta di mostrarsi nel garbage time.
Il suo avvio potrebbe creare più equilibrio in una squadra latente di talento.
Le sue capacità difensive con i big sarebbero da verificare ma una sua partenza dalla panchina dietro P.J. Washington o Zeller sarebbe auspicabile per shakerare un po’ il mix di Charlotte che stava andando a male.
Contro Portland ha dimostrato tutta la sua inesperienza difensiva e 4 falli giocati a coppie di due in intervalli brevi gli hanno consentito di restare sul parquet solo qualche secondo in più oltre i 7 minuti.
Se il coach sarà ancora Borrego e per ora non paiono esserci motivi da parte della società che facciano pensare a un suo allontanamento visti i risultati sul campo, non so quanto spazio potrà trovare nemmeno se P.J. Washington, già offerto in un pacchetto ai Pacers, seguisse le eventuali uscite di Zeller e Biyombo entrambi in scadenza.
Il pacchetto lunghi è l’attuale problema di Charlotte che dovrà reperire qualcosa sul mercato per avere una forza sotto le plance e non solo, giocatori come Richards e Vernon Carey Jr. potrebbero trovare una loro collocazione nel momento in cui gli Hornets andassero su un giocatore unico dal buon e si liberassero numericamente posti occupati attualmente da giocatori che in PF e C non convincono ma al mercato sarà l’occasione a fare la differenza quindi il futuro è incerto perché Vernon si è giocato le sue possibilità in maniera altalenante.
Borrego ha sottolineato il fatto che se l’impatto dell’ex Duke fosse quello avuto a Brooklyn (21 pt.) sarebbe stupido da parte sua non farlo giocare però nell’ultima sfida con partenza falsa a New York Carey Jr. è stato fatto evaporare dal parquet dopo soli 3:02…
La squadra non è andata meglio senza di lui ma che sia stata una bocciatura prematura?
Vedremo che accadrà nel prossimo futuro con un giocatore che deve maturare più esperienza anche se tantissima dovrebbe acquisirla direttamente sul parquet.
Dopo aver giocato pochissimi minuti e tutti in garbage time, il numero 30 di Charlotte viene spedito sul parquet da Borrego contro i gialloviola sperando in una pesca miracolosa giacché il two-way contract sembra essere specializzato in soluzione dalla grande distanza.
Le retine dei Calabroni sono scarsamente popolate di punti così il coach pensa di aggiungere un tiratore alla batteria, nella fattispecie la guardia di Delaware che dopo la partita conto i californiani farà segnare un complessivo d’annata di 2/7 dal campo, tutto da tre punti.
Nate però passa diverso tempo appostato in angolo, marcato senza troppa fatica dagli avversari che gli danno un’occhiata finché non va a prendersi un tiro da fuori da posizione molto più frontale.
Il problema è che la maledizione colpisce anche lui: l’atterraggio sul piede di Horton-Tucker in avanzamento piega e distorce la caviglia a contatto con il legno del floor.
Segnerà i tre liberi ma poi farà poco altro in partita sparendo nella gara successiva contro Cleveland, indisponibile, inghiottito anche lui dal buco nero degli infortuni.
Certamente non ha fornito una prestazione entusiasmante al suo reale debutto mentre in altri frangenti si è preso tiri troppo frettolosi alternandoli con un paio di buoni canestri da fuori.
Con il rientro di Monk potrebbe tornare a sparire tra i meandri oscuri della panchina anche perché dovrebbe mettere su un po’ d’esperienza e furbizia prima di togliere il posto a uno dei Martin (Caleb specialmente, più nel suo ruolo di SG) che in attacco non rendono ma apportano più intensità difensiva con una qualità superiore.
Chiamato a riempire i vuoti d’organico per assenze, il buon Cody ha retto fisicamente provando a battagliare sera per sera contro le torreggianti minacce avversarie con risultati alterni.
La sua posizione è quella di un pedone che blocca il passaggio al pedone avversario negli scacchi ma potrebbe essere minacciato da altri pezzi più potenti, così, nonostante la tenuta atletica, la corsa, l’impegno del sophemore che l’hanno portato a deviar palloni per tap-out, catturar rimbalzi diretti e sfornare assist, resta indietro nel segnare punti che non ha molto tra i polpastrelli.
Il tiro è un po’ problematico (29/82 in queste 19 partite), quello libero anche di più ecco perché ha perso un po’ di minutaggio “regalato” al fratello Caleb.
Il suo ruolo è quello di una guardia che intende dar fastidio a chiunque passi dalle sue parti e in alcune serate il suo contributo diventa importante (Portland come esempio) anche se poi magari lo svantaggio in cm non permette ai suoi close-out di essere efficaci come abbiamo visto a volte (per rimanere alla sfida contro Portland ricordiamo Anthony che comunque ha segnato anche contro McDaniels e non solo).
Non è mai andato in doppia cifra in stagione anche s a Houston e contro Phoenix è arrivato a 8 punti con un rispettivo 3/12 e 3/6 dal campo che non gli ha consentito di arrivare almeno a 10 punti tuttavia utilizza armi similari al fratello Caleb: tiro da tre (poco funzionale), incursioni con violente affondate a una mano (queste sì che ogni tanto regalano qualche momento esaltante) sono il suo pane.
Con il rientro di tutti gli effettivi tornerà fuori dalla formazione titolare (senza Graham contro Brooklyn e Portland è stato gettato in quintetto come SG titolare spostando Rozier in PG) ma Borrego potrebbe sempre recuperarlo dalla panchina qualora avesse bisogno di uno specialista difensivo che copra i minuti di un Rozier a riposare in panchina e un Monk meno adatto alla fase, inoltre un’eventuale small ball, concetto spesso presente nella mente di Borrego lo sovrappone anche a questi giocatori eventualmente.
Da rilevare tre begli assist nella terza frazione contro Portland con il pregevole tocco istintivo e rapido sulla persa di McDaniels verso P.J. per la tripla…
Qui sotto vediamo la sua difesa e il suo atletismo.
P.J. Washington e il suo anno da sophemore con prestazioni altalenanti che lo fanno sembrare nello stato di pupa rendono il profilo del giocatore altamente enigmatico, anche perché nel ruolo Charlotte non parrebbe avere giocatori così pronti e affidabili per cui le prestazioni dell’ex Kentucky spesso incidono su una vittoria o una sconfitta.
Sicuramente P.J. è tra quei giocatori che devono sostenere in pieno la bidimensionalità del gioco.
Prende il suo spazio in attacco ma cerca di reggere anche il reparto lunghi in difesa, spesso switchando tra la posizione originaria di ala grande e quella di centro sottodimensionato da small ball, il che non gli rende la vita facile.
Contenere centri con caratteristiche differenti non è sempre semplice, specialmente se peso e cm non giocano a suo favore ma a volte riesce a farsi valere sebbene il dispendio energetico a cui si sottopone probabilmente vada a incidere (oltre a una tecnica leggermente da migliorare) in attacco, specialmente quando utilizza l’arma del tiro da oltre l’arco.
La precisione richiesta ancora non c’è se non in qualche serata magica (a quella di Sacramento ha aggiunto quella contro Portland in casa) ma almeno è un lungo che abbia la capacità di poter colpire con una certa costanza anche se fortunatamente anche Bridges e McDaniels stiano aiutando una squadra che dovrebbe aver miglior percentuali da fuori vivendo su di esse.
La sua mancanza si è fatta comunque sentire recentemente dopo il suo infortunio contro Atlanta.
Dalla sua uscita a pochi minuti dalla fine la squadra si è disfata ed è incappata in una disfatta con Capela che ha pasteggiato sotto canestro.
Il suo rientro imprevisto (anche perché Carey Jr. ha fornito le chiavi della macchina a P.J: avendo commesso due falli in 2 secondi) con Portland ha portato più verve alla squadra su ambo i lati del parquet.
Dopo un inizio ectoplasmatico di stagione è più aggressivo in difesa e a rimbalzo finalmente e ciò contribuisce a dare qualche stop in attacco alle squadre avversarie.
La sua presenza in campo per questa squadra è importante poiché difficilmente Borrego riesce a trovare una serata top da due lunghi titolari.
Magari non sempre farà faville ma è diventato una presenza difensiva di maggior spessore considerando che attualmente è anche il miglior stoppatore della squadra con 1,3 block a partita.
In questa parte finale la sua fisicità e la sua grinta diventeranno determinanti per la buona o la cattiva sorte della squadra.
Dopo aver perso il posto da titolare sotto l’incontenibile spinta di Ball, Graham è tornato prepotentemente alla ribalta come titolare dopo la frattura al polso del numero 2 degli Hornets.
Il destino gli ha dato un’altra occasione da titolare da subito.
Nella partita seguente a San Antonio Borrego lo ricacciava sul parquet per direttissima ma a ben vedere non si fidava eccessivamente di lui, sia perché rientrato da un infortunio (vi è ricascato recentemente), sia perché il suo modo di giocare non è completo sebbene Borrego fondi il suo credo su una delle caratteristiche “migliori” di Graham, ovvero il tiro da tre punti.
Raramente però è andato sopra i 30 minuti di impiego a partita.
Contro Phoenix, complice il supplementare e la sua verve che ha trascinato Charlotte a riprender la partita per poi buttarla via con due scelte eccessive e scriteriate, ha giocato più di 39 minuti, un tempo salito anche dalla partita con Atlanta sino a quella di Cleveland prima dell’infortunio che lo ha costretto a bordo campo contro Brooklyn.
Si è preso molti tiri e mentre nella partita a Milwaukee ha inciso pesantemente grazie alle sue triple, i troppi errori contro LAL e Cleveland hanno contribuito alle sconfitte di Charlotte.
Se prendiamo in esame da gara 39 a gara 54, nel range di queste 16 partite, Devonte’ ha tirato ben 143 volte segnandone 57 (39,8%) con un tiro da due punti a 19/44 (43,1%) su un totale di 187 tiri totali con 76 realizzazioni complessive (40,6%).
Percentuali no distantissime tra loro, uno scostamento che invoglia sicuramente il piccolo play a pendersi anche tiri deep da fermo o fuori ritmo piuttosto che tentare di penetrare per poi modificare la soluzione con pull-up, floater dalla media piuttosto che arrivare al ferro.
Soluzioni più rare che hanno regalato un paio di highlight ma che spesso non sono andate a buon fine per un tocco approssimativo o difficoltà a battere la chiusura dei lunghi vicino al ferro.
Un po’ calato negli assist ( a inizio stagione aveva due volte messo insieme 10 assist a partita dedicandosi con più spirito di ricerca), è tornato ultimamente a dividersi tra soluzioni personali e passaggi anche se i marcatori meno prolifici che attualmente Charlotte impiega lo privano di qualche numero in più.
In difesa non è ancora un mastino ma sembra leggermente migliorato rispetto a una difesa che spesso aveva offerto il fianco agli avversari.
Gioca circa cinque minuti meno dell’anno scorso ma conserva lo stesso numero di steal e soprattutto ha quasi tagliato del 50% i suoi turnover, aspetto non trascurabile.
Ci eravamo lasciati con il suo Game Winner a Sacramento nell’ultima partita già presa in considerazione nel pezzo precedente.
In generale, osservando la classifica della NBA (il 15 aprile) nella percentuale di triple realizzate ho notato che il primo Hornet in classifica era Malik Monk, il quale con un rilevante 42,4% si trovava in 15ª piazza, appaiato a un mostro come Steph Curry avendo la medesima percentuale.
Purtroppo Monk l’abbiamo visto poco nell’ultima fase presa in considerazione.
Sei partite contrastanti giocate di fila, dalle due pessime a Los Angeles a quelle meravigliose contro Houston e Miami con gli Heat che devono evidentemente stimolarlo giacché sfodera spesso prestazioni buone se non decisive contro di loro.
Out contro Phoenix e Washington, il suo rientro a Brooklyn è stato il momentaneo canto del cigno, in attesa di risorgere come una fenice e aiutare con le sue ali infuocate la squadra a raggiungere i PO.
Sull’80-100 per i Nets la sua entrata frontale costava la caviglia per un giocatore che non vive solo di triple ma sa attaccare anche il pitturato, ecco perché tra lui e Graham, nonostante la simpatia per il secondo, al fine di poter vedere una squadra più completa in attacco, se la società fosse costretta in estate a fare una scelta su questi due giocatori (restricted free agent) pronti a batter cassa, terrei Monk perché Devonte’ non ha l’atletismo di Monk né il pull-up da due punti di Malik, il che porta Gamberone a prendere soluzioni troppo semplici e molto spesso errate.
Malik ultimamente era migliorato anche in difesa.
Più concentrato e attento era riuscito a intercettare qualche pallone per ripartire in transizione.
Potrebbe essere il classico uomo importante dalla panchina, un propellente punti che sta migliorandosi, sperando non sia solo il classico effetto del giocatore che vuole mettersi in mostra andando su standard elevati per poi accucciarsi nuovamente una volta strappato il contratto ma Malik non mi pare corrisponda a questa descrizione.
La sua ritrovata verve, unita alla costanza (qui deve migliorare) sarà fondamentale per Charlotte se vuole agguantare i PO.
Il ponte verso i playoff è stato il titolo di un recente articolo pubblicato in pagina.
Con quasi tutti i big out (anche Rozier si è eclissato per una partita) non rimaneva che Bridges a portare il fardello dell’anello verso il monte Fato dei playoff.
La fiducia in lui si è lentamente sedimentata grazie a prestazioni sempre più incandescenti.
Tutti gli osservatori superficiali hanno potuto notare negli highlight la strabordante potenza atletica di Miles che ultimamente pare avere reinventato il concetto di schiacciata come triplista dunker: rincorsa, terzo tempo, stacco che non possiamo definire dietro la linea ma comunque da lontano, planata con galleggiamento durante il quale si notano microgocce di potenza sprigionate dalla sua chioma e si prepara la mazzata da rifilare alla povera vittima di turno che tenterà di difendere l’anello.
Il risultato sarà l’adrenalina in circolo per gli osservatori.
Capela e McCollum ancora devono riprendersi dall’onda d’urto che Miles sgancia con le sue schiacciate ma non solo perché Miles sta diventando un giocatore completo che difende, recupera rimbalzi, tenta le entrate riuscendo nell’intento meglio di una volta e nonostante qualche fantasioso tentativo da due punti (bello il turnaround fade-away contro Portland) che non sempre gli riesce, ha costruito anche un valido tiro da oltre l’arco.
Naturale che con tutti questi miglioramenti possa essere l’arma in più di Charlotte.
Lo scorso anno partì 64 volte su 65 come titolare mentre quest’anno (il suo terzo in NBA) ha goduto solamente 10 volte dell’inserimento nello starting five ma questo non lo ferma.
Che sia titolare o panchinaro, ala grande (circa il 52,0% in questo ruolo) o ala piccola (circa il 45,0% nel suo vecchio ruolo) per Miles non fa differenza battendosi sempre con le sue armi.
Avere un giocatore così atletico è importante.
Come note negative sceglierei (non per colpa sua) l’ignominoso canestro annullatogli contro Phoenix con fallo di Paul e la brutta scelta di non chiudere Caruso nel finale con i Lakers, flettendo la posizione su un flottaggio ibrido tra il tiratore bandanato e il possibile tiratore in angolo (tra l’altro non accortosi dello scadere dei 24 sul cronometro).
Un po’ di esperienza mancante lo fa incappare in qualche fallo però è altrettanto valido nell’uno contro uno quando flette sulle gambe e mostra rapidità di spostamento/slittamento laterale.
Terzo nelle stoppate (0,7) e a rimbalzo (6,0), nella media punti è salito a 11,5 (settimo e ultimo marcatore in doppi cifra Hornets) mentre l’ultima volta in cui pubblicai Il Punto era rimasto a 9,7.
La sua media punti è salita grazie a una maggior precisione con un tiro da fuori che sfiora il 40,0% (39,5%) mentre da due punti è estremamente concreto (ricordo anche un errore da sotto tutto solo ma fu un episodio) anche grazie ad alley-oop, schiacciate ed appoggi ravvicinati che l’hanno portato a una media impressionante nel 2pt% di 60,4% che per un giocatore non gigante è moltissimo.
Altro elemento che non volutamente ha lasciato Charlotte in balia degli eventi.
La sua esperienza in questa banda di partite è durata una decina di giochi, poi a Indianapolis (game 48), il giocatore dal “ciuffo croccante” ha dovuto arrendersi per infortunio alla caviglia.
Purtroppo, nonostante in un primo momento si pensasse che potesse essere una cosa leggera, Gordon è stato dichiarato out per ben quattro fondamentali settimane, confermando in parte le preoccupazioni per la sua salute.
Capita… l’infortunio non è gravissimo e ci si augura che a inizio maggio l’ex green possa rientrare in buono stato di forma e riposato poiché nelle gare disputate in questo scorcio preso in esame ha offerto performance da montagne russe con le partite a Denver e a Los Angeles (con LAL) giocate malamente mentre al contrario ben ci comportava a San Antonio e Washington.
Un saliscendi dovuto forse a un po’ di stanchezza (è il giocatore che in media rimane più sul parquet con 34,0 minuti), un po’ al modo di giocare della squadra, cambiato dopo l’infortunio di Ball.
La SF ha lasciato spazio offensivo anche ai compagni prendendosi meno responsabilità ma in alcune serate non è stato ugualmente brillante come in avvio di stagione quando era stato senza dubbio il migliore prima dell’ascesa della sorpresa Ball prima e di Rozier, più meno in contemporanea, poi…
Ovviamente in tutto ciò la sua media punti ne ha risentito benché lui ne abbia beneficiato per rimanere più attivo in difesa.
Di fondo rimane una stagione positiva con il 47,3% al tiro dal campo, un 49,9% da due punti e il 41,5% da tre punti, secondo in squadra.
L’84,3% dalla lunetta gli consente di rimanere sul podio sul terzo gradino mentre offre il suo discreto contributo anche a rimbalzo con un 5,9 che lo porta nella medesima posizione precedente.
Terzo anche negli assist con 4,1, secondo miglior marcatore con 19,6 punti a serata.
In genere non è spettacolare nel realizzare i suoi punti usando tiri semplici ma a parte la bellezza di alcune finte e alcuni fade-away, in concreto mancano proprio le sue doti realizzative a una squadra che si è scoperta senza scorer alternativi come swingman oltre a Rozier quando anche Monk è finito out.
Eppure qualcosa di importante ce lo racconta anche questo piccolo frangente perché se le sue sufficienti prestazioni sul campo contro tre big team rientrano nella norma per un teenager, è sotteso che aggiunga un altro elemento sorprendente al suo pacchetto qualitativo.
Dichiarato Rookie Of the Year in un mese nemmeno completato, avrà la possibilità di tornare sul parquet per andare oltre il 60% delle partite stagionali giocate (attualmente è al 57%) per ottenere legalmente la possibilità di essere nominato rookie dell’anno.
Rimasto in campo contro i Clippers finché c’è stato bisogno, nonostante la frattura, solo a San Antonio ha scoperto l’amara verità che ha affranto tutti noi ma al contempo mi ha anche personalmente affascinato perché non è sicuramente da tutti riuscire a giocare con una rottura ossea.
Se l’avevamo già visto stupire andando a conquistare rimbalzi oltre che sfornare assist e segnare (ha preso anche a penetrare con decisione nelle difese come una lama anche se di tanto in tanto qualche stoppata la subisce), impressiona ancora di più l’aspetto mentale di un giocatore che vuole vincere, in contrasto con il suo sgargiante look mostrato con una felpina rosa cocktail e una collana con appeso un ciondolo che i greci non definirebbero kata metron, dalle proporzioni enormi, il quale riproduceva un suo logo personale.
Questi però sono aspetti pittoreschi personali che riguardano la sua giovane età e una cultura bisognosa di mostrarsi, per noi tifosi il miglior modo che ha di splendere non è quello di far luccicare il suo ciondolo ma quello di trascinarci ai playoff di peso.
Attendiamo con ansia il suo ritorno poiché come l’ha definito Borrego, il motore della squadra capace di spingerla in veloci transizioni, è indispensabile per l’innalzamento del livello qualitativo di tutto il team.
“Scary” ha fatto davvero paura negli ultimi tempi tanto che il 29 marzo la NBA l’aveva nominato giocatore della settimana della Eastern Conference.
Ha brillato nella prima parte di questo gruppo di partite (ricordiamo lo step-back 3 che ha spareggiato e risolto la difficile trasferta di San Antonio) ma nonostante mantenga cifre di tutto rispetto si è andato progressivamente spegnendo un po’ nei momenti che contano.
Inutile nascondersi dietro un dito: il formato eroico di Rozier manca da un po’ (probabilmente era impossibile sostenerlo con questa costanza) e le ragioni appaiono piuttosto lineari.
La perdita di peso offensivo ha fatto sì che un giocatore come lui letale nel catch n’shoot fosse guardato a vista anche da più uomini a volte, pronti a fermare la minaccia principale degli Hornets rimasta, quasi l’unica ad agire con costante moto perpetuo se escludiamo Bridges.
Costretto a forzare per far rimanere in partita i suoi, non ha sempre potuto ovviamente mettere insieme alte percentuali, inoltre la stanchezza si fa sentire visto il maggior impiego in termini di minuti.
Aveva già varcato tre volte la soglia degli oltre 40 minuti in una singola partita in stagione (una occasione però era stata la partita contro Phoenix terminata al supplementare) ma contro Cleveland e Brooklyn ne ha aggiunte altre due con ben 43:14 contro Cleveland senza OT…
Paga anche dalla distanza dove le sue percentuali sono calate (dopo la partita con Brooklyn scendeva esattamente al 40,0%), la forzatura da tre nel finale contro Atlanta ne è l’emblema ma in compenso è riuscito a smazzare 11 assist contro Miami e altri 10 a Brooklyn quando è stato spostato in posizione di playmaker per le assenze di Ball e Graham.
Con il rientro progressivo degli sviluppatori di gioco Ball e Hayward, un tiratore come T-RO dovrebbe giovarne ricevendo palloni con più spazio per tornare a essere micidiale.
Gli Hornets hanno bisogno di qualcosa in più da lui in termini di punti (è comunque recentemente entrato nella classifica all-time per la franchigia di Charlotte con 343 triple a segno dopo Brooklyn andando a insidiare DJ Augustin al nono posto con 350 e Felton con 375 all’ottavo, in soli due anni non ancora completi e incompleti nel calendario) decimo nella benché in stagione si sia elevato al di sopra delle aspettative in maniera considerevole.
Terry gioca 34,1 minuti a partita, più di ogni altro Hornet.
Sfrutta questo tempo per realizzare 20,7 pt. di media, cifra che gli consente di esser il miglior marcatore della squadra visto che ha un buon 40,5% da tre punti (182/449) , inoltre è il secondo stealer (1,3) del team.
Contro Portland ha fatto vedere di poter essere ancora uno scorer importante per Charlotte, gioca tanto ma sarebbe importante ritrovare la costanza delle sue conclusioni, ossigeno per Charlotte.
Difficile dirlo tra momenti di esaltazione e scoramenti regolari (dalla partita con i Timberwolves non si alternano strisce da due W o L poiché giungono sistematicamente una vittoria e una sconfitta) siamo sul 3-3 nelle ultime 6 partite disputate e la classifica è una porta girevole di un hotel: si esce e si entra in zona playoff con disarmante facilità anche quando non si gioca con 11 squadre potenzialmente in lizza per 5 posizioni per un salto nel paradiso post stagionale.
Ci vorrà ancora un po’ – forse – sia per il discorso emancipazione che per il salto di qualità che potrebbe portare a risultati decisamente migliori nonostante la stagione sia sopra le previsioni degli analisti.
A inizio annata sapevamo di avere alcuni buoni giocatori nel roster ma non si sapeva quanto avrebbero potuto rendere a confronto con le altre squadre in questa particolare annata.
“Qualcuno” – per citare parzialmente Gaber – l’avevamo visto lo scorso anno lievitare (Graham e Rozier), qualcuno era un’incognita semplicemente perché rookie (Ball), qualcuno era un talento inespresso (Bridges e Monk), qualcuno si sta riprendendo dopo anni di appannamento (Zeller).
Di certo Hayward, arrivato come Messia nella terra del basket a insegnar il gioco ai suoi compagni in virtù della sua maggiore esperienza in NBA, pur continuando a essere indispensabile, ha visto la crescita vertiginosa dei suoi compagni di squadra.
Nella notte appena passata Hayward è stato discreto: si è fatto veder poco entrando in gioco quando la squadra ne ha avuto bisogno.
Non è stata una super partita dell’ex Celtics anche se i 5 assist e il 3/3 da oltre l’arco sono sicuramente dati incoraggianti.
Questi Hornets, senza aggiunta di pezzi che garantiscano una certa tenuta e solidità sono ancora fragili a tratti frustranti da vedere poiché passata la prima linea difensiva (i rumor sono sempre quelli su Collins, Cousins e Drummond tralasciando Griffin), spesso non abbiamo soluzioni adeguate per frenare il gioco di passaggi avversario o la prepotenza di certe masse lanciate a canestro, tuttavia la flessibilità e la fluidità offensiva rende simbiotico il gioco dei Calabroni con il loro animale guida.
Un gioco rapido, veloce e pungente che sta entusiasmando (anche qualche fan di nuova data) a partire da LaMelo Ball che incarna queste caratteristiche mettendo faccia e impronta sul gioco della squadra.
Ball pare aver trovato subito l’aura del predestinato dopo la prima uscita paurosa a Cleveland con 0/5 dal campo.
La sua propensione a migliorare la squadra grazie alle sue doti di fine passatore erano conosciute anche prima dell’approdo in NBA ma la sua personalità e le sue doti realizzative – anche in momenti chiave – stanno emergendo in queste settimane nelle quali manca Devonte’ Graham, uno ce ultimamente, nonostante qualche difficoltà iniziale e al tiro è stato devastante nei minuti finali.
Un altro giocatore che sta facendo grande Charlotte è Terry Rozier, buon comprimario a Boston, star per i Calabroni con i quali è giunto a due livelli superiori a ciò che aveva potuto mostrare dalla panchina con i verdi.
Ha vinto quasi da solo le partite contro Minnesota e Golden State in casa riprovandoci alla Chase Arena (8 punti consecutivi) ma troppo tardivamente e non in crunch time.
Rozier, nella prima sfida contro i Warriors ha realizza 20 dei 33 punti di Charlotte con un 7/9 dal campo compreso un 4/4 da 3 punti.
“Ne ho messa una, ne ho messe due e poi è stato come (“sparare nell’oceano”)”, ha detto Rozier sabato sera aggiungendo che i suoi compagni di squadra hanno fatto un ottimo lavoro per accompagnarlo a essere stato decisivo in quel tratto di gara.
L’allenatore degli Hornets – James Borrego – parla spesso della volontà di Rozier, anch’essa in mostra nella prima contro i californiani.
“La sua volontà durante le partite e il quarto periodo ci tiene in vita. Ci dà un’enorme quantità di fiducia e (contro GSW in casa), ha semplicemente voluto un’altra vittoria” ha detto coach Borrego.
In 30 minuti di tempo di clutch time Rozier ha segnato 33 punti con il 53% dal campo e il 54% da 3 punti…
Gli Hornets hanno superato gli avversari di 42 punti in questa stagione con Rozier on the floor nei decisivi minuti finali.
Malik Monk, dopo esser stato accantonato a inizio stagione è un giocatore da striscia: può variare le sue serate, dalla mediocrità si può accendere fino incredibili prestazioni come quelle ottenute contro Miami e Phoenix mentre a San Francisco ha segnato ancora un minimo di 25 punti partendo dalla panchina alla seconda uscita consecutiva, impresa riuscita solo a Dell Curry agli Hornets.
Nelle ultime tre uscite ha realizzato 20 punti o più…
Una specie di torcia umana capace di cambiare il volto della partita in pochi minuti…
Quando Monk si accende forse esagera?
Malik Monk è tra i migliori tiratori da 3 punti della stagione NBA vivendo di gran lunga la sua migliore stagione come tiratore da 3 punti, realizzando il 47,3% dei suoi tentativi.
Il suo miglior risultato in quattro stagioni NBA è stato del 34,2% come rookie…
Trovato spazio in rotazione (anche per l’assenza di Graham vista la sovrabbondanza di guardie), sta giocando 20 o più minuti nelle ultime 13 partite con i 39:51 giocati anche grazie all’OT a Miami e i 36 punti di massima messi a referto.
E’ sceso dal 54,2% della scorsa stagione al 42,5% a livello di percentuale da due punti di questa stagione ma se gli si chiede se le difese avversarie cercano di contenerlo in maniera differente in questa stagione lui dice: “Varia. Alcune squadre mi escludono dalla linea dei 3 punti e alcune squadre scelgono con i loro giocatori dietro il blocco. Vogliono che mi innamori della linea dei 3 punti piuttosto che farmi andare in penetrazione. Fanno un buon lavoro nell’accendermi.”
Grazie a questi giocatori gli Hornets sono attualmente la migliore squadra NBA che negli ultimi minuti a contatto in questa stagione riesce a mettere il miglior differenziale tra le squadre e con un ampio margine.
La NBA definisce il crunch time come quel tempo tempo in cui si ha un margine inferiore o pari a cinque punti negli gli ultimi cinque minuti di una partita.
La scorsa stagione i ragazzi di Borrego sono arrivati quinti tra trenta squadre in questa particolare statistica.
Potremmo dire che gli Hornets, con un roster inferiore, hanno imparato a soffrire mentre con l’aggiunta bilanciata di un rookie talentuoso e un veterano hanno cominciato a divertirsi in quel tempo che fa palpitare il cuore dei tifosi.
Gli Hornets hanno giocato 43 minuti a tempo di frizione in questa stagione e hanno cancellato gli avversari in quel periodo: superandoli di 51,4 punti ogni 100 possessi.
Gli Hornets in crunch time in questa stagione.
La seconda migliore squadra nel tempo “decisivo” sono i Philadelphia 76ers con poco più di 35 punti ogni 100 possessi…
Se andassimo a vedere, inoltre, da gara 20 a gara 32 (le prime 19 partite le avevo già recensite in toto e le trovate nel pezzo denominato “Il Punto” uscito dopo gara 19) possiamo notare come la quasi metà delle volte Charlotte sia andata a contatto nei minuti finali.
Sei volte con altrettante vittorie: Indiana, Milwaukee, @ Miami, Minnesota, Golden State e @ Phoenix…
Per quattro volte siamo entrati in vantaggio, due in svantaggio ma il risultato è stato il medesimo grazie ai nostri giocatori offensivi ma anche difensivi (basti ricordare lo sfondamento subito da Zeller a Miami) che paiono essere incredibilmente performanti in quei minuti tendendo a disperdersi nei meandri temporanei delle lunghe partite.
Qui possiamo notare nel dettaglio i punti realizzati in totale nel crunch time da ogni nostro singolo giocatore nelle ultime sei partite prese in questione:
Dopo la L con Golden State la prossima settimana italiana si aprirà con il secondo gruppo di trasferte: Sacramento, Portland e Minneapolis, sulla carta tre partite abbordabili o giocabili (a Portland è sempre dura) che faranno il paio con le prime tre casalinghe dopo la pausa per l’All-Star Game: Detroit, Toronto e ancora Sacramento.
Gli Hornets per diventare grandi dovranno maturare sotto l’aspetto difensivo cercando di non ridursi all’ultimo nel fare i compiti e ricavare il massimo da queste partite prima di cinque nuove trasferte a Ovest…