L’insostenibile leggerezza del rookie of the year

“Penso che (LaMelo) Ball stia mostrando quello che sarà, sarà un giocatore fantastico.”

Doc Rivers – Coach dei Philadelphia 76Sixers.

Nelle stesse ore in cui “il grande vecchio degli Hornets” tra le PG ancora in circolazione (ovvero CP3 che ha avuto una love story con i Calabroni di New Orleans) in qualche maniera mi ricordava come aleggiasse una specie di maledizione sui Calabroni giacché Paul alla ricerca di un titolo – anche se oggi a Phoenix – è finito out per il protocollo Covid-19, l’astro nascente degli imenotteri di Charlotte otteneva il meritato e francamente a mio modo di vedere, abbastanza scontato riconoscimento per il titolo di Rookie of The Year.

In casa T.Wolves qualcuno non l’ha presa bene poiché ovviamente sponsorizzava Edwards ma LaMelo ha scalato le gerarchie poiché è soltanto il sesto giocatore nella storia della NBA a guidare tutti i rookie in punti totali, rimbalzi e assist alla pausa All-Star insieme a Bob Pettit (1954-55), Elgin Baylor (1958-59), Wilt Chamberlain (1959-60), Oscar Robertson (1960-61) e Alvan Adams (1975-76) che hanno vinto tutti come Rookie of the Year nella rispettiva stagione da rookie.

E’ stato il giocatore più giovane nella storia della NBA a raggiungere una tripla doppia, registrando 22 punti, 12 rimbalzi e 11 assist contro Atlanta il 9 gennaio all’età di 19 anni e 140 giorni.

Nelle partite che LaMelo ha giocato nel suo anno da rookie, gli Charlotte Hornets hanno ottenuto un record di .500, record che sale a 13-11 nelle partite in cui è partito in quintetto.

Con una media di 15,9 punti, 6,1 assist, 5,9 rimbalzi e 1,6 recuperi a partita, LaMelo Ball ha dato una grande mano a Charlotte nell’essere una squadra migliore.

Questo l’ha portato a vincere tre premi Rookie of the Month della Eastern Conference.

Ball si è infortunato in trasferta nella partita contro i Clippers perdendo 21 partite della stagione degli Hornets e il suo rientro affrettato, non in condizioni ottimali, è bastato solamente a portare la squadra ai play-in ma il suo impatto, andato aldilà delle aspettative di molti, è stato talmente forte e determinante che, nonostante le sorti di Charlotte si siano infrante a un passo dalla reale post season, non hanno influito sul premio a lui dovuto.

Un ragazzo giovane che al momento ha scombinato anche i pregiudizi (sul carattere che avrebbe potuto scombinare le alchimie del gruppo) e i dubbi (compresi i miei) con i quali era arrivato a Charlotte, sulla scia delle fluenti e pepate frasi del padre e P.R. LaVar che con il suo stile sopra le righe ha trovato il modo di valorizzare di più cestisticamente i suoi figli.

LaMelo, il terzo “son”, ha fatto parlare però il campo tanto che le sparate di LaVar sono state ben poche (dopo quelle iniziali nelle quali chiedeva che il figlio fosse titolare), zittito dalla perfetta armonia tra la squadra e il figlio che con Biyombo e altri ragazzi a fargli da fratello con più esperienza, hanno fatto sì che Ball ci mettesse poco a ingranare.

Il meritato riconoscimento per un ragazzo giovane che sembra, appunto, essersi inserito nel gruppo, un sorriso fatto di una leggerezza sorprendente come il suo gioco che si instaura su note che i musicisti delle altre squadre non riescono a leggere nel suo pentagramma.

Il suo gioco variabile è diventato anche più concreto ma senza rinunciare al repertorio di passaggi che l’aveva già distinto e portato a essere una delle prime tre scelte.

Un caso che Charlotte lo abbia pescato quindi in terza piazza anche perché gli Hornets avrebbero necessitato di Wiseman a livello di ruolo ma i Warriors sono andati sul lungo e fortunatamente gli Hornets hanno pescato il jolly.

Dato per scontato che al secondo anno si potrà solo ripetere (speriamo anche migliorare) grazie alla confidenza presa, LaMelo potrebbe essere un personaggio perfetto uscito dall'”Insostenibile Leggerezza dell’Essere” di Milan Kundera, nel senso che Ball è nato prima come personaggio, “discutibile” e figlio del caso ma soprattutto potremmo dire che il suo svolazzante e lieve spirito libero si completi come trait d’union alla pesante situazione di Charlotte che non vince un primo turno PO dal 2002 (sebbene personalmente consideri mia la vittoria degli Hornets di New Orleans su Dallas ai tempi di CP3 e D. West).

Ball potrebbe essere l’uomo perfetto per dissipare le ombre sulla franchigia e ribaltare lo stato delle cose guidando il team se avrà una squadra adeguata al suo fianco e se, come nel romanzo di Kundera, saprà scindere aspetti e interpreti mantenendo libertà e amore per il gioco oltre che l’equilibrio, suo e del gruppo rimanendo in armonia con la sua personalità e ciò che lo circonda benché le tentazioni e le insoddisfazioni siano parte possibile del gioco.

Certamente oggi si può festeggiare ma voglio portarmi avanti e chiedermi cosa rimarrà di questo premio.

Un Ball “da solo sull’isola” potrebbe fare la fine di Walker, possiamo essere felici del premio ma perché ciò non rimanga insignificante servirebbe che accanto a lui ci fossero altri buoni terminali per esaltare le sue doti di passatore e non gravare su di lui troppo spesso in altri compiti per un giocatore comunque totale come ci ricordano le statistiche ma soprattutto le sue fantastiche giocate.

Se qualcuno ha orecchie per intendere a Charlotte non aspetti, questo è l’anno della verità e Ball è come il Valentino Rossi dei bei tempi: “C’è!”

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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.