La mia nottata tipo seguendo gli Charlotte Hornets 2016/17.

L’avevo scritta anche lo scorso anno a rappresentazione di una stagione vincente, la scrivo anche quest’anno ma terminando il pezzo con una L anziché una W poichè intendo dare una rappresentazione di una stagione fino a oggi quasi fallimentare (si doveva giungere almeno al primo turno playoffs ancora una volta, ora sono poche le speranze di raggiungere la post season ma non demordiamo), quindi sulla scia de “La giornata tipo” (e/o simili), una descrizione un po’ romanzata della nottata seguendo i Calabroni di Charlotte.
Un po’ d’ironia senza voler offender nessuno, compreso il simpatico Ewing.
 
Venerdì notte:
 
Ore 02:55 – La doppia sveglia fa tremare mezza provincia, i sismologi aggiornano immediatamente il rischio sisma per la mia zona (da 4 a 2).
 
Ore 02:58 – Rientra l’allarme sisma ma “nella city” subentra quello “mariuoli”.
A una coppietta sotto casa che si sta scambiando effusioni in macchina, sono asportate rapidamente tutte e quattro le gomme che… cambi ai box di Formula 1 levatevi.
La coppia tentando di ripartire si accorge che la macchina non si muove.
Scendendo oltre ai classici mattoni si ritrovano anche dei consigli su come migliorare il rapporto.
 
Ore 03:00 – Parte il collegamento, tensione massima perché vorrei la coppia Ready/Curry (oltre al commentatore Collins).
Curry non era stato bene recentemente ma c’è per fortuna.
Senza di lui sarebbe come mangiare un risotto allo zafferano senza quest’ultimo ingrediente però.
 
Ore 03:05 – Purtroppo, come l’anno scorso, siamo in trasferta ancora una volta.
Mentre qualcuno passa in strada sparando a tutto volume dalle casse un remake di “Volare” di dubbio gusto, parte l’inno nazionale a stelle e strisce.
Questa volta lo canta uno dei naufraghi dell’Isola dei famosi ma s’interrompe a metà per mangiar delle merendine.
Donald Trump non gradisce e lo fa espellere dal “suolo americano”.
 
Ore 03:07 – Presentazione degli Hornets in stile funereo.
Un corvo gracchia sulla spalla di Zeller pronto al rientro, la famiglia Addams al completo è dietro la nostra panchina mentre “Mano” batte sulla spalla di Clifford facendogli coraggio.
Ewing si concede il primo spuntino della serata.
 
Ore 03:08 – Scintillante presentazione della squadra locale conclusasi con bomba atomica sganciata nel New Mexico.
 
Ore 03:10 – Come stampato sulle confezioni dei biscotti della “Mulino Bianco” (pubblicità non occulta)…
“Questa storia inizia con…” Kaminsky, non abituato a partir da starter non salta nemmeno sulla palla a due chiedendosi perché l’arbitro l’avesse lanciata in aria.
 
Ore 03:11 – Kaminsky, ricordandosi delle indicazioni di Clifford, le quali recitavano:
“Quando gli avversari hanno la palla in mano, tu alza il braccio e saluta il pubblico”, faceva sbagliare involontariamente l’avversario.
 
Ore 03:18 – Dopo esser passati in vantaggio giocando bene, Batum illude tutti segnando una tripla bullandosi con la panchina. Siamo sul 20-11.
Time-out del coach avversario che impassibile appende una corda allo scoreboard in caso di sconfitta finale contro “questi” nostri Hornets.
 
Ore 03:29 – Guadagnamo punti di vantaggio, la squadra gira bene ma sta per compiersi la tragedia.
Dalla panchina si alzano nell’ordine; Matusalemme, Lazzaro, Garfield, Belinelli e puffo pigrone.
Con questa compagine gli avversari rimontano.
 
Ore 04:10 – Dopo aver “visto all’opera” la panchina ed esser finiti sotto, rientra Walker che inizia a giocar da solo resosi conto che la maggior parte dei compagni sono in realtà dei cartonati prestati dalla vecchia dirigenza della Triestina per riempir il parquet.
Kemba tiene in piedi la baracca ma sbaglia l’ultimo tiro. Si va a riposo sotto di tre 58-61 con l’ottimo lavoro della difesa cartonata di Charlotte assunta quasi in blocco da una nota marca di formaggi con i buchi.
 
Ore 04:14 – Negli spogliatoi i giocatori invece di ritemprarsi scommettono su chi segnerà più punti, prenderà più rimbalzi ma anche su chi ruberà più palloni.
In genere con uno hanno già buone chance di vittoria.
L’unico che sprona realmente i ragazzi e Pat Ewing, solo perché al raggiungimento del novantacinquesimo punto degli Hornets potrà usare i suoi buoni “promo-code” per sbafarsi enormi tranci di pizza alla faccia dei salutisti.
 
Ore 04:21 – Si riprende con un minuto di ritardo.
Clifford ha già visto la Madonna.
Paolo Brosio prende la notizia alla lettera e si teletrasporta nell’Arena di Phoenix, alle spalle di Clifford per aspettare la visione.
 
Ore 04:24 – Batum o l’orsetto del circo che sta giocando di questi tempi al suo posto, inizia a sciorinare tutta la sua classe; tiri da tre sbagliati, difese svogliate (l’unica volta che si tuffa trascina fuori la palla dal campo e se stesso a pelle d’orso), palloni persi, riuscendo anche a scontrarsi con i compagni regalando rimesse.
 
Ore 04:25 – Un po’ perplesso inizio a chiedermi perché, benché in panchina non ci sia un granché, Clifford faccia questo proprio a me.
Veder giocare Batum è uno spettacolo paragonabile solo a un’esplosione di una supernova visto relativamente da vicino.
In entrambi i casi impossibile sopravvivere.
Nella mia mente si fa strada l’ipotesi che sia un reality come “Campioni” e in stile Ciccio Graziani/Gullo, Clifford sia costretto a farlo giocare a causa delle votazioni che arrivano da casa.
 
Ore 04:30 – Si chiude il terzo quarto ed entra in scena il Gorilla (la mascotte di Phoenix) con un mitra sparamagliette.
Una di queste colpisce Maude Flanders, la quale cade dalla balaustra precipitando nel vuoto mentre Homer si china per raccogliere una monetina.
La consorte di Ned si salva perché atterra morbidamente su Ewing sdraiato sopra sei poltrone nel tentativo di disincastrare un pezzo di pizza rimasto lì abbandonato da un bambino.
Ore 04: 33 – Cho tiene una conferenza da un balcone declamando le virtù della squadra costruita da lui. Nello sproloquio dice di aver costruito un team fortissimo che arriverà in finale…
 
Ore 04:45 – In qualche modo gli Hornets rimangono attaccati alla partita, anche se gli avversari cercano di scappare oscillando al +2 a +6 ma i Calabroni, che ormai tirano solo da tre punti, comprano una catapulta e ogni tanto infilano qualche macigno nella retina per rimanere in scia mentre Belinelli che aveva iniziato bene la stagione, ma ora non mette più nulla dalla distanza nemmeno barando (usa un amo attaccato a una canna da pesca). Sfortunatamente i palloni si bucano e noi prendiamo contro tecnici, anche se lui lasciando lestamente la lenza va via fischiettando. L’Instant Replay lo inchioda alle sue responsabilità.
 
Ore 04:46 – Kaminsky si fa male contendendo un pallone all’avversario pensando fosse tiro alla fune.
Un ologramma di Germano Mosconi appare nel palazzetto lasciando Brosio esterrefatto.
Clifford intuendo la nuova e rovinosa caduta esclama:
“O cacchio!”, al che anche Peter Griffin si ritrova stranamente all’interno del palazzetto.
 
Ore 04:48 – Telefonata nel cuore della notte.
Pensando sia successo qualcosa d’importante mi reco al telefono ma parte una spudorata videochiamata di un operatore della Tim che ballando come nella pubblicità odierna m’irrita ancor di più. L’eterno duello tra gli operatori della telefonia (non me ne vogliano) e il possibile cliente.
Attacco al volo perché se è vero che nell’altra stanza ci sono due liberi di Batum (almeno quelli li segna), cerco di sfruttare il momento per annotarmi qualcosa sulla partita; sedano, carote, patate, zucchine, pomodori da tirargli addosso a fine match.
 
Ore 04:50 – Ordino tutto su Amazon, ma incredibilmente mi dicono di non poter far fronte all’ordine con Amazon Prime adducendo motivazioni insensate.
Dopo aver indagato per mio conto, scopro che inconcepibilmente si sono registrati suicidi in massa.
Inconcepibile visto “l’ottimo trattamento” evidenziato da alcuni servizi televisivi.
 
Ore 04:52 – Gli avversari fanno il break e scappano sul +10. Clifford, dopo esser stato consigliato da Peter Griffin, si rivolge all’unica persona seria che lo possa aiutare.
Paolo Brosio con il suo talismano/santino.
 
Ore 04:53 – Gli agenti della security salvano Paolo Brosio dalla furia omicida di Clifford, adiratosi dopo un parziale di 8-0 degli avversari.
 
Ore 04:59 – Ormai a partita persa, la sfida diventa simile a quella tra scapoli e ammogliati di Fantozzi.
 
Ore 05:15 – Finisce 103-120, iniziano ad arrivare i primi insulti all’indirizzo di Batum e della squadra via Whats App da parte di un paio di componenti del gruppo.
 
Ore 05:30 – Dopo aver scritto metà pezzo devo abbandonare l’impresa, prepararmi e uscire per andare a lavorare.
Allegria da Carnevale di Rio, coriandoli e botti da tappi di Champagne che saltano fanno da sfondo al tragitto.
 
Ore 05:45 – Arrivo in loco rimuginando su cosa non abbia funzionato.
 
Ore 05:46 – Risposta trovata. Tutto.
 
Ore 13:45 – Rientro alla base.
Mattinata pesante con richieste ai limiti della realtà.
Disquisizione sulla bontà del cibo per animali con un signore che mi zittisce asserendo di esserne un fiero consumatore. Probabilmente piace mangiare saporito.
Dopo essermi sistemato e rifocillato apertura canali dei gruppi, “riga di simpatici improperi” contro mister 20 milioni di dollari, il buonumore dal 2% sale al 25% circa e si va a cercar un’idea per l’intro del pezzo successivo.
“Dopotutto, domani è un altro giorno!”, citando l’O’Hara in Via col Vento (perché non usare sarà al futuro rimane un mistero)…
La paura è, parafrasando Rhett, del “Francamente me ne infischio” (riferito al giocare) di Batum…
Buona NBA a tutti!
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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.