On the bottho(m)rnets…

Articolo misto tra mie considerazioni, Brobible e Charlotte Observer per fare il punto della situazione…

Sul fondo della classifica o quasi – continuando così si giungerà presto – Charlotte vuole premere il bottone dell’auto-distruzione per provare a ricostruire per il prossimo futuro cercando di dimenticare l’amarezza dei recenti anni, in particolare di questa stagione, l’annata peggiore di sempre dal mio punto di vista.

Gli Hornets stanno andando molto peggio di ciò che qualcuno aveva previsto per questa stagione e il capo allenatore Steve Clifford non ha usato mezzi termini quando ha dato alcune spiegazioni sul motivo per il quale – secondo lui – la squadra non è riuscita a tenere testa al resto della lega…

Gli Charlotte Hornets non riescono a staccare un biglietto per i playoff dal 2016 e se vuoi mettere in prospettiva le loro difficoltà, dovresti considerare che la franchigia non è andata oltre il primo turno della postseason dal 2002, pochi anni prima che la franchigia si trasferisse a New Orleans e ne comparisse una nuova (2004) nella Queen City come Bobcats, prima di riprendere il nome originale after la decisione di New Orleans di cambiare look.

Nel 2022, Steve Clifford è stato assunto per sostituire James Borrego, l’uomo che aveva accettato il lavoro degli Hornets proprio del dopo Clifford (7 stagioni prima che Charlotte decidesse di cambiare rotta nel 2018) che a Charlotte aveva messo insieme un 196 –214 tra Bobcats e Hornets. La franchigia non ha vissuto esattamente una svolta miracolosa sulla scia del suo ritorno, dato che la squadra è andata 27-55 la scorsa stagione ed è attualmente sulla buona strada per abbassare l’asticella dopo essere scesa a 10-37 contro i Thunder nell’ultima uscita, allungando a sei la striscia di sconfitte consecutive e dando pochi segni di vita.

Gli Hornets sono stati costretti a fare i conti con gli infortuni cronici alla caviglia che hanno avuto un ruolo importante nella mancanza di 25 partite per LaMelo Ball nel corso della stagione attuale, quindi, hanno sostanzialmente dovuto rinunciare al proprio maggior talento.

Clifford ha recentemente sostanzialmente “ammesso” che, i giocatori con i quali ha a che fare, non hanno le competenze necessarie per essere competitivi nella NBA.

Ecco cosa ha detto: “I nostri problemi non sono i loro sforzi, il loro lavoro, quanto vogliono vincere. Ascolta: abbiamo poco talento. Non c’è niente di sbagliato nel dirglielo. Devono giocare bene. Non hanno spazio per errori. Non possiamo commettere errori. Quando ci alleniamo, dobbiamo avere ottime ripetizioni e ci deve essere un grande connessione al gioco… In questo momento non siamo abbastanza bravi, non stiamo battendo nessuno. Questo è proprio il punto in cui siamo”.

Clifford ha fatto notare che non stava dicendo nulla che non avesse già detto ai suoi giocatori e ha affermato che non lo rispetteranno se non sarà disposto a essere sincero quando si tratta di valutare le radici dei problemi della squadra e in un certo senso fa sento come se stesse lanciando un appello pubblico al front office per un aiuto tanto necessario.

Nel caso in cui non fosse già abbastanza chiaro con la partenza di Terry Rozier, non si può negare che gli Charlotte Hornets siano aperti agli affari dopo aver perso anche contro i Detroit Pistons. Anche se non stanno adottando un approccio del tipo “tutto deve andare”, i venti di cambiamento stanno per soffiare attraverso il roster nei prossimi giorni fino alla scadenza commerciale della NBA dell’8 febbraio.

Stiamo ricostruendo”, ha detto il presidente delle operazioni di basket/direttore generale Mitch Kupchak dopo aver ceduto Rozier.

Penso che abbiamo un gruppo di giocatori giovani che hanno esperienza, penso che alcuni giocatori che hanno dimostrato, anche se sono molto giovani, che il loro futuro è luminoso e sento anche che abbiamo veterani sotto contratto che sono anch’essi loro preziosi.”

Con la scadenza che si avvicina e gli Hornets che cercano di scuotere le cose, pare che al momento gli Hornets vogliano in cambio qualcosa di sostanzioso dopo la mossa di Rozier non propriamente fantastica, forse all’avvicinarsi dell’8 febbraio le pretese scenderanno un po’, comunque ecco uno sguardo al roster e alla possibilità che ogni giocatore (al momento per la società LaMelo Ball, sul quale io ho qualche dubbio a causa della situazione fisica, Mark Williams, uguale e Brandon Miller sono ritenuti incedibili) venga scambiato:

Potrebbe essere scambiato…

JAMES BOUKNIGHT:

Anche se un infortunio nel training camp lo ha messo presto in disparte a scaldare la panchina.

Gli Hornets hanno rifiutato di accettare l’opzione del quarto anno sul suo contratto, rendendolo un ottimo candidato per trovare una nuova città, altrimenti continuerà a rimanere piantato nel purgatorio del roster fino a questa estate.

MILES BRIDGES:

La sua situazione è estremamente complicata per una serie di ragioni, inclusa la sua capacità di porre il veto su qualsiasi destinazione non gli piaccia.

La proprietà deve determinare se farà parte del futuro, perché in caso contrario potrebbe essere nel miglior interesse spostarlo e ottenere qualcosa in cambio, invece di vederlo partire come agente libero senza restrizioni a luglio.

Considerando le conseguenze pubbliche che si sono verificate una volta riportato indietro, lasciarlo semplicemente andare via senza compenso non ha molto senso dal punto di vista commerciale.

Lui vorrebbe rimanere ma nella NBA degli affari per Charlotte, che sarebbe costretta a ritoccargli uno stipendio al rialzo, sarebbe meglio scambiarlo con qualcosa che abbia valore, sempre qualcuno sia disposto ad offrirlo.

Al momento ci sono trattative con i Suns ma tutto può succedere.

GORDON HAYWARD:

Non c’è molto da dire sul perché lui sia il candidato più logico per essere diretto altrove ma ricapitolando: il suo massiccio contratto scade finalmente dopo la fine di questa stagione e gli Hornets tenteranno di utilizzare il suo stipendio da 31,5 milioni di dollari per ottenere uno o due asset.

Il problema è che è infortunato ed è out da quando si è stirato il polpaccio sinistro il 26 dicembre. Ha saltato tutte le ultime partite da allora ed è lecito chiedersi se abbia già giocato la sua ultima partita con gli Hornets.

NICK RICHARDS:

Sostituire Mark Williams per gran parte degli ultimi due mesi ha messo più riflettori sul lungo al quarto anno.

Anche se non ti lascerà a bocca aperta con il suo gioco, ha dimostrato di essere utile e potrebbe essere un’aggiunta decente o un palliativo per una squadra da playoff che cerca di rafforzare le cose all’interno.

Anche il suo contratto economico – che dura due anni e 10 milioni di dollari rimasti con l’ultima stagione nel 2025-26 non garantita – è un enorme vantaggio.

ISH SMITH:

Anche se il nativo di Concord probabilmente non sarebbe entusiasta dato che preferisce essere più vicino alla sua famiglia nella Carolina del Nord e sembra pronto ad appendere le scarpe al chiodo dopo la stagione, qualsiasi squadra contendente può avvalersi di un veterano esperto che sa vincere. Inoltre, ricorda che detiene il record per numero di squadre in cui ha giocato…

P.J. WASHINGTON:

Giocatore al quale viene chiesto di essere una sorta di camaleonte e di giocare come ala e centro a seconda dell’incontro, la sua versatilità è qualcosa che potrebbe essere ambita da altre squadre NBA.

È un giocatore di riserva che guadagna anche il posto da titolare, e questa è una cosa insolita per una squadra come gli Hornets.

LEAKY BLACK:

Anche se ha mostrato qualcosina di buono nei pochi minuti d’emergenza giocati con gli Hornets (a causa dell’ondata di infortuni dei compagni), non ha molto valore e sarebbe meglio se avesse un altro anno per svilupparsi.

CODY MARTIN:

Dopo essere stato out per gran parte della stagione 2022-23 e per le prime 26 partite di questa stagione, è finalmente tornato a dicembre e sta ancora eliminando gran parte della ruggine accumulata.

Sarebbe difficile per gli Hornets recuperare qualcosa di sostanziale perché le squadre probabilmente non possono misurare il suo valore a causa di tutte le partite che ha perso.

BRYCE MGOWENS:

Ha avuto molte opportunità di lasciare il suo segno sulle cose con un aumento del tempo di gioco a causa del numero di infortuni degli Hornets ma non ne ha approfittato.

Molto deludente anche se non mi aspettavo molto in più.

NATHAN MENSAH:

Avrebbe potuto essere preso da qualsiasi squadra prima di firmare il suo accordo two-way il 14 dicembre, in questo momento è un in più come assicurazione per l’incertezza che circonda la disponibilità di Mark Williams.

FRANK NTILIKINA:

Impossibile mostrare qualcosa in questa stagione ma io lo scambierei immediatamente.

Colpo di Terry

“Terry” Rozier o T-Ro. Un grazie per l’impegno e auguri per la nuova avventura (non contro Charlotte magari) a Miami.

Gli Charlotte Hornets saranno probabilmente tra i principali venditori alla scadenza commerciale NBA del 2024 e hanno fatto la loro prima mossa oggi.

Secondo Adrian Wojnarowski, gli Hornets manderanno Terry Rozier ai Miami Heat in cambio di Kyle Lowry e di una scelta al primo turno del 2027.

La scelta è protetta alla lotteria nel 2027 (1-14) e non protetta se verrà effettuata nel 2028, secondo Woj.

Rozier quest’anno ha registrato un’ottima media di punti (23,2) e assist (6,6) ai massimi livelli della sua carriera e ha dovuto sopportare un carico più pesante quando LaMelo Ball ha saltato un lungo periodo a causa di un infortunio alla caviglia.

Ora avrà la possibilità di formare una nuova coppia di difesa insieme a Tyler Herro a Miami.

Rozier ha trascorso nove stagioni nella NBA (quattro a Boston, cinque a Charlotte) ed è nono in campionato per triple realizzate dall’inizio della stagione 2019-20.

Quattro stagioni con i Boston Celtics come giocatore in uscita dalla panchina molto valido prima delle ultime cinque stagioni agli Hornets.

Una stagione e mezza sola completata per lui avendo firmato un contratto con Charlotte nell’estate del 2022.

Rozier guadagnerà 23,2 milioni di dollari per questa stagione e 24,9 per la 2024/25 mentre per la stagione 2025/26 il suo accordo è parzialmente garantito (lo diventerà solo se raggiungerà il 2° turno dei playoff e giocherà almeno 70 partite di Regular Season) mentre Lowry che guadagna 29,6 milioni è in netta parabola discendente.

Gli Heat (24-19, sesti a Est) erano da tempo alla ricerca di un nuovo playmaker.

La loro ricerca era orientata su Damian Lillard ma non ha avuto successo durante la bassa stagione e l’inesorabile declino di Lowry (quasi 38 anni) li ha lasciati desiderare una maggiore produzione nella zona difensiva.

Adesso prenderanno il ventinovenne Rozier che sta vivendo la sua stagione migliore.

Il contratto quadriennale da 97 milioni di dollari di Rozier scadrà nel 2026 mentre Lowry – che sta guadagnando più di 29 milioni di dollari in questa stagione – diventerà un free agent senza restrizioni quest’estate.

Gli Hornets non hanno piani di buyout immediati per lui e dovrebbero cercare un partner commerciale adatto per Lowry prima della scadenza commerciale dell’8 febbraio, secondo Wojnarowski.

Lowry, che compirà 38 anni a marzo, ha segnato una media di 8,2 punti in 28 minuti a partita in questa stagione.

Sei volte All-Star, Lowry è uscito dalla panchina per gli Heat nelle sue ultime due partite dopo aver giocato da titolare nelle sue prime 35 presenze in questa stagione.

Si prevede che gli Hornets in ricostruzione (10-31, 13° nell’Est) saranno uno dei venditori più accaniti alla deadline.

Charlotte potrebbe anche muovere veterani come Gordon Hayward, Miles Bridges, P.J. Washington e Cody Martin, oltre al fatto che questa estate anche il contratto di Bouknight non verrà rinnovato, considerando l’abbandono di Lowry saranno oltre 90 i milioni a disposizione.

Hayward ha una media di 14,5 punti a partita, ma il suo pesante contratto in scadenza (31,5 milioni di dollari) potrebbe renderlo difficile da scambiare.

A favore c’è ovviamente l’enorme spazio salariale vuoto che la franchigia potrebbe utilizzare.
I problemi però sono tanti a partire da ball che è puro talento cristallino ma è fatto del medesimo materiale, Mark Williams è un caso misterioso con il suo infortunio alla schiena e il buon rookie Miller (sta progredendo) ogni tanto qualche leggera zoppia se la procura nel forzare giocate giacché intorno – causa infortuni – non ha avuto una gran mano ed il fisico è ancora abbastanza esile.
Per esperienza il problema principale è l’appeal del mercato di Charlotte…
Tanti soldi risparmiati ma poi in sostanza chi vorrà realmente venire?
Bisognerà prendere due ottimi giocatori, tasselli per posizioni e capacità mancanti ma anche dare uno sguardo serio per allungare la panchina.
Ball e Miller non bastano a convincere altri giocatori quindi il rischio è strapagare (modello Batum) giocatori che dovrebbero amalgamare e dare supporto alla squadra, compresi i pochi giovani realmente interessanti e a questo punto, personalmente, mi sarei tenuto Rozier che in estate avrebbe potuto essere un asset più spendibile.
Il rischi di avere ancora davanti a noi altri anni piuttosto tristi c’é e Ball alla scadenza della rookie scale, nonostante il suo ricco contratto, potrebbe anche impuntarsi decidendo di non restare nella Buzz City e per una tifoseria ormai mezza stremata, togliere l’unico raggio di luce sarebbe quasi fatale.
Di certo Charlotte – se dovesse azzerare il roster – entro l’8 febbraio, difficilmente supererebbe il record dello scorso anno, garantendosi un altra possibile buona scelta al prossimo Draft ma il mucchio di scelte selvaggio che adesso sta premiando OKC non è detto che abbia lo stesso effetto per la Queen City che spesso non si è rivelata lungimirante sprecando ai Draft occasioni in serie.
Come al solito ci sta tutto e di più quando si ipotizza (bravo Kupchak e/o il prossimo GM se sapranno sfruttare l’eventuale spazio vuoto che si dovrebbe creare ma il rischio è peggiorare la situazione, in questo limbo Charlotte ha deciso di muoversi smantellando), di certo Rozier dava ottime garanzie e gli si augura tutto il bene vista la sua serietà ed il suo impegno con i nostri colori, un giocatore che mi piaceva per dedizione ed atteggiamento che – ahimè – andrà a rinforzare una rivale divisionale e ora non ci rimane che restare alla finestra per vedere cosa accadrà nei prossimi 16 giorni e passare il giro di boa (siamo esattamente a metà stagione) che era stato festeggiato con una insperata ed entusiasmante vittoria sul campo di una squadra temibillissima come i Timberwolves.
Una serata nella quale è parso entrare tutto ma nemmeno dopo 24 ore è già colpo di Terry (a me è venuto un colpo – non positivo – leggendo la news quando non ero nemmeno tornato dal lavoro) o colpo di spugna se preferite e queste veloci emozioni a contrasto fanno sentire me e forse qualche altro fan di Charlotte, esattamente così:

I giocatori degli Hornets organizzano un meeting per soli giocatori dopo un 1-16 nelle ultime 17…

 

Steve Clifford con Nick Richards, centro titolare per esigenza.

Questo articolo è un mix di alcuni articoli più o meno recenti, mixati con alcune mie considerazioni e statistiche.

Gli Charlotte Hornets ospiteranno il loro primo incontro per soli giocatori dalla stagione 2017-18. Dopo la sconfitta di domenica contro i Miami Heat, Terry Rozier ha detto al Charlotte Observer che è ora che i giocatori parlino della situazione.

“Penso che ne parleremo in un incontro riservato ai giocatori. Perché per quanto le cose stiano andando male, siamo solo cinque o sei partite indietro per un posto per il torneo play-in. Se vinciamo le prossime tre, le cose possono cambiare per noi. Dobbiamo solo crederci come squadra e impegnarci per raggiungere questo obiettivo”.

Gli Hornets vengono dal periodo peggiore della storia recente della franchigia, accumulando un divario negativo da 78 punti nelle tre partite recentemente giocate.

Il contesto di queste sconfitte fa sembrare le cose peggiori, specialmente di fronte a una squadra come San Antonio che aveva racimolato solamente sei vittorie e una squadra come Miami a cui mancavano quattro giocatori chiave.

Sì, anche gli Charlotte Hornets hanno sofferto di infortuni ma è la natura delle sconfitte ad essere straordinariamente preoccupante.

Gli Hornets sembrano senza vita nonostante il ritorno di LaMelo Ball.

Nelle ultime due gare Charlotte ha segnato i minimi stagionali consecutivi in termini di percentuali di field goal con il 36% contro gli Spurs e il 34,7% contro gli Heat.

I giocatori stanno iniziando a guardare oltre il punto di interesse, guardano la risposta scoraggiata dopo il crollo della difesa di transizione di seguito.

Nessuno si ritiene responsabile a vicenda, nessuna frustrazione e nemmeno alcun contatto visivo, a questo punto stanno camminando come sonnambuli nel gioco.

Gli infortuni non sono più una scusa valida per questo livello di basket.

I fan non si aspettano vittorie ma è troppo aspettarsi un basket semi-competitivo con almeno un certo senso di piccolo pericolo, d’emozione.

Sembra che anche Terry Rozier lo sappia, in quanto leader di questa squadra sta facendo del suo meglio per coinvolgere tutti nell’organizzazione di questo incontro.

A questo punto il play-in è un sogno fantasy, se fosse NBA 2K faresti immediatamente clic sull’opzione “Sim Rest of the Season”…

Mark Williams, il giovane centro è out per una contusione alla schiena e non gioca dal 9 dicembre quando gli Hornets batterono Toronto.

Mark pare più decisivo di Ball, con lui Charlotte è: 7-12 senza di lui… 1-17, mentre con LaMelo la squadra è 5-12, senza: 3-15.

Clifford ha spedito sul parquet Richards, P.J. tra infortuni e small ball non sempre riuscite nel ruolo di centro non ha convinto, ancora meno Thor anche se in altro ruolo, che è stato decisamente bocciato (troppo lento, poco reattivo in difesa ed impacciato nonostante la sua statura) così il buon Nick fa quello che può dimostrando di essere un discreto back up ma non un giocatore da starting five.

Per il resto…

P.J. Washington è ancora appetito da Cleveland, su Hayward sono tornate voci di possibili trade (in 7 team non potrebbe trovar casa per via del superamento della Tax Apron da parte di queste franchigie) o persino un buyout, Bridges è in scadenza ma potrebbe porre un veto ad un eventuale trasferimento.

L’organizzazione è in subbuglio ma pare sia sempre atavicamente ferma come un Buddha sotto l’albero e la scorsa estate ha alzato i contratti di Ball (gran talento ma la tenuta fisica è un gran problema per ora) e di P.J. Washington mentre Rozier che sembra avere un futuro a Charlotte dopo il buon quadriennale a Charlotte è l’altro unico pezzo sul mercato che gli Hornets potrebbero “farsi pagare”.

Personalmente viene da chiedermi se la mancanza dell’allenatore sia normale o un sintomo del disagio.

Clifford parlava in questi termini:

“L’altro argomento è che ho letto articoli in cui i direttori generali dicevano:

“Non puoi sviluppare giocatori senza minuti giocati”, su questo non sono assolutamente d’accordo. Direi che lo sviluppo del giocatore riguarda i minuti guadagnati. Una cosa che mi piace di qui, che amo di qui (a Charlotte) è che Mitch (Kupchak) è della vecchia scuola e nessuno è più vecchia scuola di Michael (Jordan). Non abbiamo un ragazzo nel nostro roster che possa lamentarsi di non giocare, nemmeno uno, se sei sincero (beh, il caso Kai Jones doveva ancora scoppiare e non entro nel merito). Tutti hanno avuto una possibilità. Alcuni di loro hanno fatto molto meglio di altri, questi sono i ragazzi che hanno ancora una possibilità. Gli altri ragazzi che non hanno giocato bene li abbiamo a Greensboro, abbiamo gli allenamenti, abbiamo le sessioni di tiro. Sanno come mi sento, parlo con loro in modo molto diretto. La reazione negativa a questo caso è che ci sono molti esempi nella NBA in cui l’approccio “New school” nell’interpretare ragazzi giovani, indipendentemente da ciò che ha avuto successo”. Ci sono squadre come OKC che hanno dato enormi minuti ai giovani e ora funzionano, se a Charlotte non si fa forse il vero problema qui è che i giovani giocatori nel roster non sono allo stesso livello, qualcosa che Clifford non direbbe mai pubblicamente.

Il punto sottolineato da Clifford riguardo al guadagno di minuti è qualcosa che può essere un’ottima base di partenza ma dal mio punto di vista non si possono ignorare i cambiamenti in atto, pena bruciare qualsiasi tipo di giocatore sia passato di qui, chi con più talento chi con meno (vedi i vari Vonleh, Kaminsky, Monk, ecc., ora Bouknight) ma bisogna trovare un compromesso.

Regalare del tempo di gioco a chi non lo merita mina un po’ la fiducia del resto della squadra (tenendo sempre conto che la decisione è soggettiva e la funzionalità non incontrovertibile) ma il punto è che a questo livello, il non cambiare mai, se non per le innumerevoli problematiche legate agli infortuni che hanno fatto partire Charlotte con starting five spesso rivoluzionati, non è una soluzione che migliori qualcosa.

Gli standard difensivi sono dramatici:

Opp PTS/G: 120.1 (25th of 30)  Def Rtg: 121.4 (29th of 30) Net Rtg: -11.9 (30th of 30)

Gli offensivi sono ulteriormente crollati:

PTS/G: 108.3 (28th of 30) Off Rtg: 109.5 (28th of 30)

Per Charlotte, ci sono altre 44 partite da giocare che nessuno aspetta con ansia.

La pazienza della fanbase degli Hornets, che è una delle più comprensive della NBA, si sta esaurendo.

Fino a quando questa squadra non inizierà a giocare con un maggiore senso di ispirazione e vigore, nemmeno i nuovi proprietari degli Hornets potrebbero incolpare i fan più accaniti degli Hornets per non essersi sintonizzati.

 

Jordan perde quota

Uno scorato Michael Jordan sonnecchia durante una partita casalinga degli Hornets contro i Magic (stagione 2022/23).

Michael Jordan, “proprietario” degli Charlotte Hornets da 13 anni, è attualmente impegnato in “colloqui seri” per vendere quote ad un gruppo guidato dal proprietario di minoranza degli Hornets, Gabe Plotkin e dal proprietario di minoranza degli Atlanta Hawks, Rick Schnall, ha riferito Adrian Wojnarowski ieri.

Secondo quanto riferito l’accordo non è imminente ma si dice che ci sia “uno slancio significativo” sulla vendita, secondo Woj.

Se l’accordo dovesse andare a buon fine, il cambio di proprietà porrebbe fine al mandato di Jordan come proprietario degli Hornets anche se MJ “dovrebbe rimanere con una quota di minoranza”, sempre secondo l’insider Wojnarowski.

L’icona NBA ha acquistato per la prima volta una quota di minoranza degli allora Charlotte Bobcats nel 2005 e alla fine ha assunto il ruolo di proprietario di maggioranza nel 2010 dopo aver pagato $ 275 milioni per una quota di maggioranza.

Ad oggi, Jordan è stato l’unico proprietario di colore che ha detenuto una maggioranza in qualsiasi squadra professionistica nello sport nordamericano negli ultimi 13 anni.

Durante il periodo di Jordan come proprietario, Charlotte non è stata per nulla convincente ottenendo un bilancio di 418 vinte e 594 perse utilizzando sei diversi allenatori dalla stagione 2010-11, con due apparizioni ai playoff nel 2013/14 (Bobcats, spazzati via ai PO) e nel 2015-16 (Hornets, a sorpresa rischiarono di eliminare Miami arrivando a gara 7 ma perdendo nettamente in Florida).

Attualmente gli Hornets (22-49) sono al 14° posto nella Eastern Conference con coach Steve Clifford riassunto lo scorso giugno dopo le note vicissitudini con l’allenatore prescelto e aver precedentemente allenato il club dal 2013 al 2018.

Tanto per chiudere in bellezza, da un articolo di Sam D’Amico, pare che Bally Sports (attuale TV che presenta le partite degli Hornets ed altre 15 squadre NBA) presenti istanza di fallimento.

Per gli Hornets e le altre squadre controllate televisivamente da Bally non dovrebbero esserci problemi nel finire la stagione, per il prossimo anno vi dovrebbe essere un piano d’emergenza della lega.

Trasmissioni regionali nel limbo.

Diamond Sports, la società madre delle reti regionali Bally Sports, ha presentato istanza di fallimento, come riportato da più organi di stampa.

Anthony Edwards intervistato da Bally Sports Bally Sports è l’emittente sportiva regionale di 16 squadre NBA e ha dovuto affrontare difficoltà finanziarie quasi da quando Diamond è subentrato a Fox Sports.

Nessuna delle 16 squadre portate da Bally dovrebbe subire un impatto in questa stagione; anche se la lega dovrà elaborare un piano di emergenza in tempo per il 2023/24.

Il commissario NBA Adam Silver ha indicato che la lega era preparata nel caso in cui il crollo finanziario di Diamond continuasse.

Questo non è necessariamente un grosso problema per il campionato o le sue squadre, ma lo è sicuramente per Diamond e Bally, che hanno pagato un prezzo pesante per avere il proprio nome associato alle reti regionali.

Bally Sports offre anche alcuni programmi nazionali, tra cui The Rally, che presenta il top insider NBA Shams Charania di The Athletic.

Anche le emittenti di ciascuno dei canali Bally Sports potrebbero essere influenzate, anche se, ancora una volta, non è probabile per il resto di questa stagione.

Le squadre NBA che Bally Sports manda in onda sono: Cavaliers, Hawks, Hornets, Mavericks, Pistons, Pacers, Clippers, Grizzlies, Heat, Bucks, Timberwolves, Pelicans, Thunder, Magic, Suns e Spurs.

“Ci sono ancora molte incognite – sembra probabile che Diamond cerchi di mantenerne alcune ma non tutte le squadre supportate dai suoi 19 RSN – ma due principi sembrano chiari: i giochi avranno una certa capacità e gli spettatori nel tempo dovranno pagare di più per guardare mentre i club iniziano il doloroso allontanamento dai canali portati sotto il tradizionale fascio di cavi “, ha scritto Daniel Kaplan di The Athletic.

“Gli appassionati di sport sono stati per decenni sovvenzionati dal fascio di cavi, pagando una frazione di quanto costerebbero le singole partite.

È per questo che i campionati e le squadre hanno combattuto i livelli sportivi per così tanto tempo e perché la vendita di streaming aumenta i prezzi”.

Il Punto @ 73

The Coach James & Mr. Hyde

Le estreme e pericolose alchimie dell’ambiguo (per i gusti dei fan) James Borrego al quale è stato esteso ancora il contratto per un anno. Riuscirà a trovare la pozione magica per portare Charlotte ai PO il prossimo anno o finirà come nel racconto di Stevenson?

Intro

Riavvolgiamo il nastro: siamo a due partite dalla fine della stagione regolare.

Gli Hornets hanno esaurito le tante gare casalinghe e le energie.

L’annata era partita bene fino ad arrivare oltre ogni più rosea aspettativa degli analisti con i Calabroni saliti sino alla quarta posizione che forse – anche a pieno organico – non avrebbe potuto durare ma per come sono andate le squadre a Est una sesta posizione per gli Hornets sarebbe stata alla tutt’altro che improbabile tanto che io per primo (salvo sfortune varie poi materializzatesi puntualmente) ho creduto ai veri PO, noi ai Play-in, anticamera dei reali.

Premesso che non ci può essere profonda delusione dove non c’è un amore profondo (cit. Martin Luther King), ecco che il finale di stagione ha finito per riportare al giusto livello gli Hornets che stavano sfuggendo anche agli sviluppi della teoria del caos che mai avrebbe potuto prevedere gli Hornets implicati al quarto posto a Est ma come un messaggio che testimonia l’impermanenza delle cose e della felicità, ecco la lunga catena d’infortuni, come se l’ourobóros, il serpente che disegnando un cerchio divora la propria coda, simboleggiasse anche per i Calabroni un ciclo che divora e rigenera sé stesso, un tempo ciclico che comincia nuovamente dopo aver raggiunto la propria fine che per i Calabroni pare sempre enigmaticamente tragicamente affascinante nel suo dissolversi, eppure basterebbe concretamente la volontà di migliorare la squadra per sopperire alle fragilità d’organico anche se quest’anno la sorte ha colpito duramente.

Torniamo al 14 maggio: persa la sfida contro i Clippers rimanevano da giocare ancora due sfide che a inizio stagione potevano sembrare non proibitive ma che diventavano grandi: a New York e a Washington, partite non semplici, tuttavia Miles Bridges riuscendo a rientrare in extremis dal protocollo Covid-19 dava qualche speranza in più.

A New York Charlotte giocava bene a tratti ma i Calabroni sbagliavano due tiri vittoria forzando ancora triple maledette e cedendo all’OT mentre in back to back a Washington dilapidavano un +16 da terzo quarto e un +11 a inizio ultima frazione per cadere ancora nel finale.

Torniamo ancora più indietro quando gli Hornets divengono evanescenti e colpiti dall’eterno ritorno di un maledetto destino.

Potremmo dividere la stagione in due parti e suddividere ancora la seconda in due momenti distinti.

Il primo volto di Charlotte è quello della gioia.

Dura 48 partite quando nonostante la W a Indianapolis, Hayward va K.O..

L’ex Celtics è atteso a inizio maggio ma come sappiamo ormai, non rientrerà più.

Gli Hornets tengono botta nelle prime partite tra propri meriti, demeriti altrui e defezioni di qualche team grazie a un super Rozier ma poi…

Il secondo momento arriva 4 partite più tardi con gli Hornets in testa alla propria divisione anche grazie a molte vittorie giunte in crunch time e intenti a difendere la quarta piazza a Est.

Sembrerebbe si possano battere gli Hawks ma la mancanza di centri si fa sentire così Capela e soci rimontano nell’ultimo periodo mentre Miles Bridges pianta una delle schiacciate più incredibili dell’anno in risposta alla rimonta degli Hawks per esorcizzare le paure ma agli Hornets viene il braccino corto e vengono scavalcati dagli avversari.

Set, gioco, partita, classifica e inizio della lenta fine.

Non sembrerebbe nulla di drammatico, si potrebbe rimediare ma una serie di infortuni a catena di giocatori importanti culminano alla vigilia di una settimana importante di inizio maggio e nonostante i rientri di Ball e Monk qualcosa si è rotto.

Gli Hornets hanno 4 partite importanti contro Pistons, Bulls, Magic e Pelicans.

E’ richiesto almeno un non impossibile 3-1 ma gli Hornets deludono chiudendo con un 2-2 perdendo il derby con la squadra della Louisiana di due punti iniziando così (partita incorporata quella con i Pels) di 5 sconfitte consecutive con il picco finale a Washington nella gara spareggio che sarebbe valsa l’ottava piazza vincendola.

Gli Hornets terminano decimi e vanno a Indianapolis chiedendo il pass per giungere alla seconda sfida d’anticamera playoff.

Quella che va in scena nell’Indiana è la più surreale partita nonché logica conclusione della stagione.

Quasi tutti gli elementi di Charlotte si rivelano imbarazzanti; la difesa (sempre stato il problema di Charlotte in questa stagione non avendo difensori di primo livello, sul perimetro specialmente) è un colabrodo su tutto il fronte, l’attacco non è efficace quando spara da tre punti (e tira troppo da fuori), la volontà di vincere è bassa e ben presto subentra lo scoramento.

Una squadra che sotto la guida di Borrego scompare (ed è da qui che dobbiamo pensare di ripartire) e diventa hide più che hyde…

I fan degli Hornets vedono così chiudere la stagione del loro team favorito con la sesta sconcertante sconfitta che mostra le due facce del team e getta una lunga ombra sull’alba di fuoco estiva dei potenziali nuovi Calabroni anche se c’è chi professa ottimismo con Ball, Rozier, Bridges e Hayward (forse) a roster.

Lascerò a tratti in questo pezzo – seguendo il filo conduttore del duplice racconto come se fosse una specie di concept writing – a coach Matteo Vezzelli (trovertete i suoi scritti in verde e blu) alcune considerazioni personali che in questa prima parte dedicherà la sua disamina sulla stagione di Charlotte.

Analisi tecnico-tattica sulla squadra in stagione a cura di Matteo Vezzelli:

Una squadra costruita senza né capo né coda, frutto di scelte sbagliate negli anni mischiate all’ego di un allenatore smanioso di voler giocare un tipo basket senza averne gli interpreti ideali.

Cosi si può riassumere la stagione degli Hornets (non credo di poter essere tacciato d’eresia se spostassi il medesimo discorso come trend del triennio di Borrego).

Difensivamente indecenti, incapaci di andare in rotazione difensiva, spesso i raddoppi sono sembrati più frutto del caso se non peggio: in altre circostanze avversari lasciati liberi di ordinare addirittura un McMenù.

Offensivamente il playbook era da u13 regionale, con una mezza ruota russa per liberare i nostri tiratori dagli 8 metri con assenza totale del gioco sul piano verticale (perchè? Esiste il gioco interno?).

Roster creato con molti giocatori cresciuti nella G League, giocatori mediocri strapagati o giovani incapaci persino di fare 2 palleggi con la mano debole.

Senza il tocco della “Dea bendata” sotto forma di terza scelta assoluta al Draft avremmo chiuso con un record stile Charotte Bobcats.

C’è molto da riflettere e tanto, tantissimo da fare.

I tifosi meritano di più.

Andiamo ad analizzare sempre con Matteo in veste di coach tre situazioni in video che ho scelto considerandole iconiche per mostrare un po’ del gioco di Charlotte durante l’anno.

La prima riguarda un attacco ben riuscito che mostra come anche interpreti non di primo piano, evitando di affidarsi al tiro da tre punti come unica soluzione, possano riuscire a giocare un buon basket creando canestri facili.

Partiamo da una posizione di punta con un pick and roll tra play ed esterno: Ball scarica palla a McDaniels il quale rolla verso il centro dell’area trovando la difesa di Orlando poco reattiva nella situazione, così – rotta la prima linea difensiva – Wagner è costretto a uscire per coprire lo spazio attaccabile da McDaniels ma al contempo è costretto ad abbandonare la marcatura di Biyombo che in back-door tutto solo (anche perché il difensore che guarda Monk non scala), ricevendo il passaggio di Jalen, non può esimersi dalla jam vincente grazie alle ottime spaziature tenute sul parquet dai Calabroni.

Nella seconda azione che andremo ad analizzare vorrei evidenziare posizioni, problemi di rimbalzi e di small ball che hanno attanagliato Charlotte quest’anno e per di più in questo caso se faceste caso al punteggio, in un momento decisivo del match con gli Hornets appena tornati sul -1 dopo una strepitosa azione.

La seconda situazione – quindi – vede Campazzo ricever palla e mentre sulla finta di passaggio che Rozier contrasta in salto avviene il primo cambio con Terry a ritrovarsi su Green mentre la buona contemporanea salita di Ball porta via spazio al play argentino che decide a quel punto di giocare un pick and roll con l’ala/centro numero 0.

Il cambio degli Hornets è ancora perfetto con Rozier e ball a riprendere gli uomini assegnati da Borrego a inizio azione, a quel punto il talentuoso sudamericano passa a Jokic in uscita che sfidando Zeller in entrata prende un brutto runner ma il tagliafuori di Ball è difettoso sia per posizione e per problemi fisici strutturali rilevabili in kg.

Green lo mette in tasca e converte facilmente l’errore del serbo sul lato debole con il rimbalzo e correzione volante.

Nell’ultima azione che in realtà sarebbero due ma con lo stesso copione, vorrei rivedere certi tiri da tre punti presi dagli Hornets non consigliabili, tanto più che qui si stava decidendo probabilmente il piazzamento finale di Charlotte che con una vittoria avrebbe ottenuto l’ottavo posto.

Ben due occasioni per vincere la partita sprecate senza gioco di squadra con tiri da tre punti e nonostante io sia stato innamorato di quei tiri dalla lunga distanza che Larry Bird e Dell Curry lasciavano partire con stile e magicamente si infilavano in retina, qui vi è un eccesso di soluzioni non ottimali.

Sulla prima azione possiamo osservare Rozier in palleggio passare Bridges in aiuto con il blocco.

La difesa di New York accetta il cambio e con Randle accoppiato a Scary, arriva il primo tiro da tre punti che Rozier cerca di prendesi con lo step-back in separazione, un classico del piccolo contro il lungo ma purtroppo il tiro colpisce il ferro e la prima azione, comunque una forzatura, va a vuoto.

La seconda azione vede protagonista Graham, il quale uscendo dal lato debole sfruttando un blocco va a farsi consegnare palla da Miles che nel frattempo cercando di portargli anch’esso un secondo blocco fa impastare il difensore all’inseguimento (Burks) ma Graham che va ad arrestarsi sulla diagonale prende il pull-up con un altro difensore che – pur lontano- prova a pararglisi incontro.

Il risultato è un mattone che rischia di infrangere il plexiglass così gli Hornets gettano al vento una seconda occasione con una seconda forzatura senza realmente aver fatto muovere la difesa avversaria e al supplementare prevarranno i Knicks.

Classifica Finale di Regular Season

Il futuro prossimo

Per analizzare il futuro, diamo uno sguardo veloce al passato.

Da quando MJ ha cambiato identità al team riportando gli Hornets a Charlotte sono passati 7 anni nei quali solamente una volta la squadra è riuscita a raggiungere i playoff.

Charlotte manca da 5 anni alla post season e anche se quest’anno la squadra è andata aldilà delle aspettative sfiorandoli, ha dimostrato tutte le proprie fragilità.

Jordan ha sempre attuato una politica di piccoli passi senza eccedere in spese folli anche se lo scorso anno è arrivato Gordon Hayward ma per una squadra che non ambisce al titolo di entrare in luxury tax non se ne parla.

Dal mio punto di vista la prossima stagione di apre quindi con un grosso punto interrogativo ma andiamo con ordine facendoci delle domande.

Perché MJ dovrebbe cambiare all’improvviso la sua politica?

La cosa lo tocca?

Personalmente apprezzo molto MJ fuori dal parquet come persona per ciò che è, come sportivo per me è sempre stato un rivale, come proprietario oggettivamente fino a oggi una sciagura benché la storia non sia mai bianca o nera ma grigia e tutte le colpe non siano addebitabili a lui ma occorre fare un passo deciso il prossimo anno per non rimanere nell’eterno limbo.

A livello pratico si calcola che gli Hornets potrebbero avere una ventina di milioni da utilizzare in free agency e cercare di sistemare un roster che ha diverse lacune.

Gli Hornets sono una delle sei squadre che avranno un buon cap space in questa off-season, tuttavia, per creare questo spazio, Charlotte dovrà prendere delle decisioni sui ragazzi in uscita che diverranno free agent.

Al momento Charlotte ha 17 giocatori a roster dei quali 7 in uscita.

I giocatori in possibile uscita.

I principali a pesare sul morte ingaggi degli Hornets sono (UFA) Zeller (folle limite ipotetico da 23 milioni) e (RFA) Monk che spingerebbero Charlotte in luxury tax nonostante gli Hornets – addebito shame di Batum compreso – siano attualmente sugli 82 milioni di stipendi garantiti.

Zeller sta diventando troppo “maturo”.

Avrebbe dovuto essere il centro titolare ma ha finto spesso per finire in panchina.

Da Charlotte potrei anche aspettami di rivederlo un altro anno ma il suo stipendio è sconveniente e quei soldi, dal mio punto di vista, dovrebbero essere tutti impiegati alla ricerca di un centro completo che faccia dimenticare la mediocrità e la non completezza dei nostri centri attuali.

Borrego è andato il tilt durante la stagione cercando di trovare una risposta solida al ruolo di centro ma non l’ha trovata e con Vernon Carey Jr. e Nick Richards sotto contratto, giovani rookie da back-up, andare a pensare di rifirmare Zeller diventerebbe un controsenso.

Gli Hornets hanno bisogno di un centro che sappia difendere, tiri giù rimbalzi e segni anche qualche punto.

In questo contesto do per scontato che Biyombo (unrestricted free agent), nonostante il suo ruolo di mentore e stacanovista da 66 partite in stagione, sarà tagliato.

Qualche rumors già è uscito su Theis che potrebbe essere un buon centro di riserva se non costasse troppo ma non risolverebbe alcune lacune degli Hornets che dovrebbero ambire a un centro che cambi il panorama.

Monk, invece, ha saltato 13 delle prime 17 partite per decisione del coach.

“Pensavo di essere nella rotazione, poi non mi ci sono trovato dentro. Ero incazzato – molto, molto, molto, molto incazzato ma sono rimasto fedele” ha detto Monk a gennaio al Charlotte Observer.

Monk non ha mai avuto ruoli da titolare nei suoi anni a Charlotte con una sola partenza da starter.

Per le valutazioni su Malik rimando alla classifica, di certo c’è chi dice che adesso Monk potrebbe ricevere un’offerta d’estensione del contratto da Charlotte essendo restricted free agent anche se chi ricorda l’offerta fatta a suo tempo a Walker si aspetterà che gli Hornets non giocheranno pesante per l’offerta al numero 1.

Secondo ProFitX, lo stipendio iniziale di Monk per la stagione 2021-22 dovrebbe essere di $ 8,4 milioni, uno stipendio paragonabile a Seth Curry, guardia dei Philadelphia 76ers.

Se Monk accettasse, gli Hornets potrebbero un sesto/settimo uomo di discreto impatto e circa 14 milioni ancora spendibili che genererebbero una mid level exception da 4,9 milioni di dollari che i Calabroni potrebbero usare per firmare un agente libero come a esempio Richaun Holmes anche se non lo apprezzo moltissimo.

Altro “free agent limitato” è Devonte ‘Graham.

Graham ha beneficiato dell’anno zero di Charlotte per porsi all’attenzione degli addetti ai lavori come uno dei giocatori più migliorati della NBA lo scorso anno ma con la comparsa di Ball la sparizione di Devonte’ era data solamente come questione di tempo.

Il problema è che sia Graham che Monk possono avere grandi serate o flop, due tiratori inaffidabili per il loro modo di giocare e questo lo si può notare dal fatto che Graham a fine stagione non abbia mai superato il 40% in carriera e il 70% dei suoi tentativi provenga da 3 punti…

Eppure Graham ha avuto un impatto trascinante su alcune partite ma lui stesso ne ha gettate al vento almeno tre questa stagione dopo aver contribuito a rimetterle in discussione.

Sicuramente è un buon passatore quando vuole e ha ridotto i TO da 2,9 a 1,5 in questa stagione ma a 26 anni prende ancora tiri ignoranti in momenti critici e la sua difesa, come quella di Monk, non è di livello.

Graham, Ball e Rozier in campo insieme hanno condiviso il parquet per 150 minuti in questa stagione (56 nel quarto quarto) facendo registrare un +2,3 in questi minuti ma difficilmente questo tipo di small ball sarebbe perseguibile per lungo tempo.

Il costo di Graham potrebbe andare dagli 8 agli 11 milioni e la proiezione salariale secondo ProFitX è di 9,6 milioni di dollari, probabilmente troppi per un giocatore instabile.

Nate Darling e Grant Riller, i due two-way non costituiscono un grande problema anche in caso di perdita perché il loro ruolo rimarrebbe molto marginale mentre Wanamaker che si è rivelato un play meno talentuoso ma più affidabile di Graham e Monk in versione PG a giudicare dalle ultime partite non giocate non sembra nei piani di Borrego.

Ci saranno da considerare anche le eventuali estensioni di Terry Rozier e Miles Bridges.

Rozier entra nell’ultimo anno di un contratto a scalare mentre i suoi numeri sul parquet salgono (è passato dal 39,5% al 57,4% sui tiri effettuati dai 10-14 per esempio)

Se Charlotte dovesse proporgli un rinnovo, dato lo stipendio calante potrebbe al massimo offrirgli 96,3 milioni per quattro stagioni.

Il limite raggiunto nel primo anno dell’estensione sarebbe di 21,5 milioni di dollari.

Bridges è l’altro elemento che ha sorpreso in stagione nonostante sia stato relegato al ruolo di giocatore da far uscire dalla panca ma “grazie agli infortuni” nelle 19 partite iniziate come starter il numero zero ha segnato una media di 18,6 punti con il 50,8% dal campo e un parziale di 41,8% da 3 punti.

A differenza di Rozier, che può essere esteso in qualsiasi momento nella prossima stagione, Bridges dovrebbe firmare un’estensione entro il giorno prima della prima partita di regular season.

Cosa serve agli Hornets e si può fare un progetto serio di basket a Charlotte?

Partiamo dalla seconda domanda del titolo.

Sentendo gente più esperta di me in materia che ha vissuto in loco ho compreso che ci sono alcune difficoltà comunque superabili.

Il North Carolina è uno stato del sud e molti degli States a meridione vivono di football ma la Carolina del Nord è anche uno degli Stati dove si respira basket, in genere quello dei college.

Uscendo dallo stereotipo della gente del sud che guarda solo il football americano o quasi, c’è da ricordare come Miami o le squadre texane siano team di successo nella NBA per cui sarebbe un peccato non sfruttare tutto il retaggio culturale cestistico dello Stato – aldilà delle divisioni e rivalità dei college – per non portare un vero progetto pluriennale che faccia grande il basket professionistico a Charlotte.

Vero è che quell’entusiasmo incontenibile degli anni ’80 per la squadra a Charlotte è andato scemando sotto il peso di alternative serali di vario genere che in città sono andate aumentando, vero è che quando Shinn e la NBA portarono via gli Hornets originali arrivò il trauma ma oggi è un altro giorno e i fan degli Hornets (per non parlare di quelli dei Bobcats) hanno visto un team in 7 anni approdare solo una volta ai PO e uscire al primo turno.

Tocca a MJ in primis e al GM in secundis capire che non c’è davvero più tempo da sprecare perché le alternative a una squadra non entusiasmante in città non mancano.

Diversi fan hanno fatto la loro parte rimanendo fedeli ma anche se il team è promettente rimane fragile, serve una sterzata forte che solidifichi la squadra e la porti tra le prime 4 o 5 a Est in breve tempo.

Certo, i fan più giovani sono stati conquistati dai flash di Ball o dalla promessa di un team che torni in breve tempo a rivedere a fine stagione una percentuale superiore ai .500 ma i Calabroni il prossimo anno dovranno fare dei passi in avanti valutando in primis la situazione di Gordon Hayward.

Non c’è dubbio che l’ex Celtics sia stato il valore aggiunto del team fin quando è rimasto sul parquet ma dopo l’infortunio è stato il valore sottratto.

L’entourage conosce le sue reali condizioni di salute e uno scambio con Indy (lui e Carey Jr. per Turner e Lamb si vociferava, anch’essi recentemente infortunati comunque i due Pacers) al momento sono solo rumor anche perché Hayward ha a suo favore un bonus in caso di scambio durante l’off-season che dovrebbe pagare Charlotte secondo quanto riporta ESPN.

Anyway, agli Hornets in primis serve un centro vero che sappia difendere ma non solo, serviranno un paio di difensori migliori che alzino la qualità del gioco difensivo di Charlotte oltre a tiratori più affidabili da tre punti e capaci sotto le plance.

I soldi che rimarranno (specialmente se Charlotte decidesse di rifirmare qualcuno tra Monk, Graham e Zeller) potrebbero anche essere insufficienti per riuscire a trasformare una squadra da promettente a realmente competitiva ma già il primo agosto sapremo qualcosa sulle intenzioni di Charlotte perché entro tale data Kup sarà costretto a estendere le QO per Malik Monk, Devonte ‘ Graham e Brad Wanamaker, rendendoli agenti liberi limitati oppure a lasciarle decadere.

Poiché Monk non è riuscito a fare una media di 34,25 partenze nelle ultime due stagioni (o iniziare 36 partite quest’anno), la sua offerta di qualificazione sarà di $ 7,0 milioni (l’importo pari a un giocatore selezionato al 15° posto nel Draft NBA 2017).

Graham ha soddisfatto i criteri di partenza in questa stagione e ha visto la sua offerta di qualificazione aumentare da $ 2,1 milioni a $ 4,7 milioni.

L’offerta di un anno per Wanamaker è di $ 2,8 milioni.

Charlotte avrà tre scelte future nel prossimo Draft ed ecco come Jonathan Givony e Mike Schmitz di ESPN hanno scelto per Charlotte a luglio:

La scadenza dei contratti e la situazione attuale al Draft al primo giro nei prossimi due anni che vede gli Hornets mantenere le proprie scelte..

N. 12 (propria): Corey Kispert, SF, Gonzaga

N. 56 (tramite LAC): Trendon Watford, PF, LSU

N. 57 (tramite BKN): Herbert Jones, SF, Alabama

Statistiche varie di squadra degli Hornets

Qui, da Basketball-Reference.com possiamo evidenziare i problemi e le statistiche migliori di Charlotte rispettivamente bordate in rosso e verde. Senza Ball gli Hornets sono scesi negli assist ma sono una squadra che riesce comunque ancora a giocare nonostante i black-out ma concede veramente tantissimo a livello di assist agli avversari. Paradossalmente nei rimbalzi offensivi Charlotte trova spazio ma sovente è colpita in transizione e da second chance, l’urgenza è quindi avere lunghi rimbalzisti e difensori che migliorino quesa squadra così come un giocatore in grado di essere uno scorer a 360° guardando il ventitreesimo posto nella NBA nella media punti realizzati. Si sono vinte tante partite sul filo ma bisogna migliorare sotto molti aspetti come quello della difesa sul perimetro.
Le statistiche della stagione dei giocatori di Charlotte in ordine di punti realizzati in media.
Pur non essendoci stata mai una costanza nel quintetto base notiamo come cinque giocatori abbiano supportato l’attacco degli Hornets in punti per il 60% con particolare menzione per Rozier.
I leader nelle varie statistiche per Charlotte.
Una grafica più completa sulle principali tabelle comprendenti i primi cinque giocatori per statistica.

Parallelismi: confronto giocatori

Percentuali di tiro per zona

Classifica giocatori

La stagione degli Hornets si è chiusa con una partita supplementare.

Gara 73 è stata l’anticamera dei playoff ma la prima partita di ciò che oltreoceano hanno definito play-in è stata anche l’ultima così il voto finale sarà l’accorpamento di RS e play-in.

17) Caleb Martin: 5,82

Nelle ultime 15 partite guadagna un parziale leggermente superiore alla sufficienza ma ciò non basta a salvarlo da un’annata complessivamente scadente.

Sostiene la squadra più difensivamente che offensivamente nell’ultimo periodo mentre in attacco continua ad avere problemi benché qualche canestro da fuori lo trovi finalmente ma al pari di errori su tiri aperti anche se a Nevada pareva essere un ottimo tiratore da tre punti.

Rispetto al fratello passa meno la palla e usa più spesso i catch n’shoot.

L’uomo nel posto giusto sullo scarico ma il tiratore sbagliato eppure tra i due fratelli sembrava quello destinato ad avere le maggiori chance di sfondare proprio grazie al talento offensivo ma per il momento pare che il livello sia ancora troppo alto per lui e dovrà lavorare per migliorarsi sotto questo aspetto.

Borrego non ne ha parlato male, anzi… di certo per loro c’è un programma di sviluppo individuale basato sulle proprie caratteristiche ma anche lui, dal mio punto di vista, è stato vittima del tiro da tre voluto da Borrego è parso spesso inadeguato se pensiamo che è finito 12° nel roster in questa statistica con il 24,8% , penultimo per FG% in generale con il 37,5% e il 64,1% ai liberi non è stata ulteriore garanzia di successo…

Il punteggio massimo raggiunto è stato 17, contro LAL in casa e a Detroit il 4 maggio.

Esce di scena dopo la gara contro i Clippers e il suo minutaggio viene preso dal rientrante Miles Bridges.
Che fare con lui?

Difficile dirsi.

Il mio giudizio è quello di una bocciatura nonostante ci abbia regalato indubbiamente qualche highlight interessante con schiacciate davvero entusiasmanti ma per vincere serve altro.

Il problema è che io terrei Cody Martin in chiave difensiva e se a volte è difficile separare fratelli, figuriamoci due gemelli che sono pressoché un’unica entità.

Curiosità:

Da quando sono giocatori di basket, Cody e Caleb Martin hanno giocato insieme nella stessa squadra. Dal liceo, allo stato della Carolina del Nord, al Nevada, alla NBA e persino nella G League, i due sono stati inseparabilmente fianco a fianco per tutta la vita, soprattutto sul parquet ma i due rivendicano una propria personalità e uno stile diverso di gioco sebbene dicano che sono abituati a essere considerati a essere assimilati in tutto e per tutto come se avessero un corpo unico e le medesime caratteristiche.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Borrego lo ha messo presto in rotazione, addirittura promuovendolo titolare in alcuni frangenti (per bisogno) ma salvo in qualche sporadica occasione Caleb ha deluso le aspettative (quali poi?) dimostrando un livello e una comprensione cestistica non da livello NBA.

Sicuramente il fatto che sia più “scoorer” rispetto ad altri elementi della rosa giocherebbe a suo vantaggio ma è comunque troppo poco per pensare di rimanere ancora a lungo in questa lega.

Un raro Caleb da 17 punti.

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16) Nick Richards: 5,83

Il centro caraibico non ha più trovato spazio nel finale di stagione scendendo sul parquet soltanto in tre ritagli di garbage time.

Scavalcato nelle gerarchie dal più talentuoso Vernon Carey Jr., potrebbe essere considerato come Mario Elie solo per quanto riguarda il suo soprannome (sul talento c’è da lavorare), “Il Cagnaccio”…

Già perché il lungo giamaicano che nostranamente potrebbe essere rinominato anche come “Sandrino il Mazzolatore”, oppone gomiti e fisico all’avversario.

Nervoso sul parquet, sgomita e battaglia contro i diretti avversari.

Ruvido e spigoloso non è ancora stato plasmato per il mondo NBA e il GM Kupchak a proposito dei nuovi (ma Ball, però?) che non erano ancora pronti per giocare per via della mancanza di preparazione (ricordando che a inizio stagione tutto è stato fatto di fretta, accorciato, sintetizzato, ridotto) e quindi sono stati mandati a farsi le ossa.

D’accordo che non ha esperienza ma un giocatore così “cattivo”, nel senso di grintoso, sicuro che non sarebbe potuto servire – preso in piccole dosi – a una squadra molle in qualche minuto vero e con i centri titolari che rimangono problematici?

Non è sembrato aver molta dimestichezza con il canestro ma personalmente – nonostante il voto basato su pochi sprazzi – lo posso solo rimandare a giudizio perché lo si è visto troppo poco e non è stato per nulla partecipe delle reali sorti della squadra.

Per dargli un giudizio reale avrei dovuto vederlo di più all’opera in altri frangenti.

Curiosità:

Passa l’infanzia in Giamaica, paese natio, giocando a calcio e pallavolo, poi in un camp sull’isola caraibica viene scoperto da Andre Ricketts, il quale lo porta negli States dove nel 2013 è atteso dalla St. Mary mentre per il secondo anno si trasferisce alla The Patrick School.
Gioca per tre anni con i Wildcats e viene scelto dai cugini Pelicans alla posizione numero 42 del precedente Draft ma immediatamente girato agli Hornets per una seconda scelta 2024.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Il fisico si sa aiuta, ma quanto?

Tecnicamente grezzo, scoordinato e decisamente ruvido, tutte lacune colmabili ma forse troppo evidenti e marcate per potere sperare di farlo diventare un elemento di valore.

Richards negli ultimi minuti del play-in.

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15) Bismack Biyombo: 5,84

Qui, rispetto ai due precedenti giocatori trovati in classifica non abbiamo l’attenuante della giovane età.

Uomo spogliatoio ma chiedete a qualsiasi fan Hornets se lo vorrebbe rivedere l’anno prossimo in divisa.

Credo che salvo rare eccezioni otterrete la stessa prevedibile e scontata risposta scritta nella pietra: “No!”

Debbo necessariamente scindere la simpatia per il congolese che fuori dal parquet si distingue per opere meritevoli mentre in campo pare più ambientarsi in una tragedia greca culminata con i poco più di tre minuti che Borrego gli ha concesso ai play-in come starter salvo poi (capolavoro) toglierlo e non farlo più rientrare regalando fiducia a tutto il team.

Borrego in alcune partite ha deciso di “andare con lui” perché avrebbe dovuto portare esperienza e difesa in campo ma spesso la sua lentezza è stata sfruttata da avversari che l’hanno portato fuori colpendolo con triple o passandolo a velocità doppia con incursioni verso canestro che la lentezza di piedi del centro non ha permesso di contrastare.

In attacco è stato un binario morto.

Palla in mano ha semplicemente cercato di smistarla come meglio ha potuto (spesso in maniera accademica senza creare vantaggi) senza prendere iniziative limitandosi a ricevere (quando va bene perché le mani di burro dell’africano hanno prodotto alcuni TO) e a realizzare da sotto, unica zona nella quale Biz è davvero confidente (tralasciamo le percentuali drammatiche ai liberi) anche se l’abbiamo visto tentare contro i Grizzlies in stagione una tripla dall’angolo che ha fatto a pezzi i miei occhi.

Nonostante le problematiche personali tecniche Borrego l’ha schierato più volte durante la stagione e non solo quando Zeller si era fatto male.

Nella prima parte di stagione ha ricevuto una migliore copertura davanti a sé e ciò l’ha portato a migliorare le sue performance (ricordo alcune buone stoppate su drive e tiri avversari) ma lasciato in uno contro ha spesso sbandato trovando serate negative più che positive.

Entrato in duello con Cody, P.J. e Carey Jr. per un paio di partite ha trovato sì spazio ma è stato il reale peggior centro degli Hornets dopo un avvio tutto sommato non malvagio.

La sua esperienza e il suo ascendente nello spogliatoio alla fine non sono bastati.

L’unica veste nella quale lo vedrei bene per il futuro sarebbe assistente allenatore o qualche cosa del genere nel ruolo di dirigente.

Il suo massimo stagionale di punti è stato di 16 contro Memphis in casa nella stessa partita che l’ha visto catturare più rimbalzi, 12, stessa cifra che poi riuscirà a eguagliare contro i Lakers, sempre allo Spectrum Center.

Curiosità:

Per ben 7 volte in stagione ha chiuso a 0 punti ma per tre volte non ha preso tiri benché in un’occasione abbia sbagliato 2 liberi.

Una delle occasioni in cui non ha preso tiri dal campo è stata la recente partita a New York quando Borrego con circa tre secondi rimasti all’intervallo e una rimessa per gli arancio-blu, l’ha spedito in campo a scopo difensivo senza poi più farlo rientrare lasciandogli così sul tabellino tre secondi di gioco…

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Partito per essere il secondo, terzo cambio, è stato per parecchio tempo il punto di riferimento nel reparto lunghi.

Tralasciando l’aspetto tecnico decisamente rivedibile, la sua prestanza fisica, il suo carisma e il suo spirito di sacrificio hanno permesso al buon Biz di mandare in porto un’altra stagione tutto sommato positiva.

Purtroppo alla lunga tutte le sue lacune sono drammaticamente affiorate, ma chapeau per il fatto di essersi sempre fatto trovare pronto a ogni evenienza.

Una delle prestazioni più produttive dell’annata del congolese.

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14) Jalen McDaniels: 5,85

Doveva essere un anno di sviluppo per Jalen con il tempo di mettere su qualche muscolo (senza eccessi) e migliorare il tiro da tre punti ma ritrovatosi di punto in bianco in quintetto viste le numerose defezioni che più o meno hanno colpito le ali degli Hornets si è diviso tra ala piccola e ala grande sfruttando un paio di partite alla portata (il 7 e il 9 aprile che, infatti, coincideranno con le sue migliori prestazioni offensive, rispettivamente a OKC e a Milwaukee con 21 e 19 punti) per convincere Borrego a dargli fiducia dopo un inizio stagione disastroso che l’aveva portato per breve tempo a fare un paio di apparizioni con gli Swarm.

L’anno scorso aveva offerto uno scenario decisamente più promettente ma il sophemore è parso piuttosto sfasato a inizio stagione andando migliorando pian piano durante essa ma rimanendo lontano dal sostituire Hayward o Bridges a livello qualitativo.

Avrebbe potuto essere essere il ricambio di P.J. ma gli slittamenti di un ruolo voluti da Borrego hanno coinvolto Bridges che finendo come ala grande l’ha privato di possibili minuti.

Comunque ha messo su esperienza: 18 apparizioni da starter, per 16 volte in 47 partite è riuscito a chiudere in doppia cifra (12 volte coincise con la sua partenza in quintetto).

La sua velocità (grazie anche al suo fisico piuttosto esile per la NBA, 206 cm x 92 kg) l’ha portato ad avere qualche buon momento, qualche rapida fiammata a inizio quarto o nel terzo quarto a Washington dove ha sfruttato un tiro da fuori in miglioramento a fine stagione (complessivamente da oltre l’arco ha tirato peggio dell’anno da rookie) che spesso viene preso dall’angolo.

Potrebbe giocare bene anche i post-up ma Charlotte generalmente predilige altri tipi di soluzione mentre diverse volte è stato abile a introdursi verso canestro prendendo la linea di fondo in back-door.

Per lo stesso motivo la presenza fisica difensiva però è stata latente o un fuscello nel caso di contatto poiché non siamo più al college dove la buona reputazione difensiva bastava, qui ci vuole più fisicità anche se ha una buona lunghezza per infastidire gli avversari sebbene le steal siano state 0,6 a partita.

Alterna tentativi troppo puliti di stoppata verticale a falli per cercare di fermare giocatori più potenti fisicamente.

Probabilmente qualche fallo inutile è stato anche speso anche a causa della sua generosità quando le cose si vanno mettendo male.

Deve crescere tatticamente e a livello d’esperienza ma è un sophemore e mentre dai 18,3 minuti concessi l’anno scorso da Borrego è passato a 19,2 in questa stagione, da 5,6 punti della 2019/20 è passato ai 7,4 punti a partita della 2020/21 benché l’anno scorso tirasse con il 47,1% mentre nell’annata appena terminata ha chiuso con un vicinissimo 46,8%.
L’apporto a rimbalzo è stato modesto anche se in alcune serate senza dubbio interessante e in proiezione a una media minuti più alta potrebbe competere con i non competitivi lunghi attualmente in squadra.

Curiosità:

L’anno scorso Borrego scherzando su Jalen aveva detto: “Ha la lunghezza, ma abbiamo bisogno di più peso perché cresca. Penso di poterlo inserire subito.”

Probabilmente Borrego non si aspettava di ritrovarlo nelle stesse condizioni dello scorso anno e di doverlo inserire ma l’ha scelto dandogli fiducia, preferendolo ad alternative small ball o dual-tower ma queste ultime non sono contemplate da Borrego.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Giocatore che definire mediocre è un eufemismo.

Tecnica e comprensione del gioco pari a zero, presenza difensiva e offensiva quasi nulla ma nonostante tutto praticamente titolare dalla pausa dell’All-Star game.

Giocatore che farebbe fatica a tenere il campo anche in serie A2 italiana.

Il perché giochi in NBA rimane un mistero.

La partita con la quale McDaniels si è “guadagnato” la titolarità.

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13) Vernon Carey Jr.: 5,92

Questa non è stata proprio un’annata buona per Vernon Carey Jr..

Un po’ per il voto finale che è composto quasi essenzialmente da frattaglie di garbage time e soprattutto per il fatto di aver guardato molto i compagni dalla bench.

Il suo anno da rookie è stato condizionato dalla convinzione dell’entourage che, vista la mancanza di preparazione in preseason (causa Covid-19), non fosse ancora pronto per esordire seriamente. Da lì eccolo nella lega di sviluppo con gli Swarm e il rientro ai margini con Charlotte.

Un’inaspettata chance però la ottiene in gara 55 a Brooklyn dove il mancino ex Duke viene lanciato addirittura in quintetto facendo vedere il suo potenziale.

Vernon instilla negli occhi dei fan la speranza di aver trovato davvero finalmente un centro che risolva il problema dei lunghi a Charlotte.

Segna in ogni maniera possibile: da sotto, in fade-away, da tre, e anche in difesa si fa notare con una bella stoppata ma nella partita successiva – confermato al centro dello starting five – l’inesperienza lo porta a commettere due falli rapidi contro Portland.

Borrego lo toglie, si pensa per farlo rientrare più tardi ma in realtà Vernon Carey Jr. da lì in poi giocherà solo brevi spezzoni che conteranno poco per cercare di cambiare la stagione degli Hornets.

Una gelida e oserei dire prematura bocciatura da parte del coach che avrebbe dovuto concedergli più spazio nelle partite finali di stagione vista l’altalenanza nel ruolo.

Sul fatto che non sia ancora pronto e per dirla in slang “sgamato” su certe situazioni difensive è parere condiviso anche dal sottoscritto ma sono convinto che nel complesso avrebbe reso più di Biyombo poiché anche se non ha una grande visione complessiva difensiva avrebbe potuto fornire una difesa più agile e veloce dalle parti del ferro e garantire un attacco migliore grazie alla sua coordinazione migliore rispetto a quella del congolese nonché a movimenti che Biz non ha.

Probabilmente anche più istintivo e minaccioso di P.J., per una squadra caduta in disgrazia nelle ultime partite a causa di una mancanza di fisicità e intensità evidenti, la rinuncia al tentare nuovamente con un pur immaturo Carey Jr., è parsa un suicidio.

Anche qui… gerarchie e poco coraggio del coach dal mio punto di vista.

Curiosità:

Il padre, Vernon Sr., ha giocato otto stagioni nella NFL come offensive lineman con i Miami Dolphins.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Charlotte ha bisogno come il pane di un lungo che sappia attaccare l’area e nelle varie sessioni di lavoro pre Draft si “innamora” di questo marcantonio di belle speranze, tanto da fare una trade up pur di accaparrarselo.

Gioca forse 40 minuti in tutto il campionato nonostante nelle pochissime apparizioni riesca a fare meglio di tutti i lunghi a roster messi insieme, poi viene lasciato fuori.

Motivo?

La partita che aveva fatto ben sperare con i Nets.

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12) Cody Zeller: 5,92

Una stagione sfortunata per Zeller che riceveva la fiducia e le lodi di coach Borrego per partire come centro titolare ma già alla prima uscita subiva una frattura alla mano che lo costringeva a star fuori per molto tempo, per l’esattezza 13 partite e al suo rientro contro Chicago non andò molto bene.

Rientrato, ha iniziato a fornire prestazioni altalenanti giocando nell’unico modo possibile che conosce e che ormai abbiamo imparato a osservare.

Qualche volta ha aggiunto qualche tripla da fuori come Borrego richiedeva ma con poca convinzione e lentezza nel movimento poco fluido tanto che quel 4/28 finale a volte preso con evidenti open, non si è rivelato sostanzialmente essere una buona idea.

Dal suo rientro ha vissuto svariati momenti ma non è più riuscito a conquistare un posto da titolare perché il coach lo ha alternato con Biyombo, un adattato P.J. Washington, tentando anche un paio di volte la carta Carey Jr..

Nonostante questo trend con un minutaggio dimezzato non lo favorisse così come quei tiri richiestogli da oltre l’arco che gli abbassano leggermente la media, ha finito l’annata con il 55,9% dal campo, sua seconda miglior annata di sempre al tiro negli otto anni trascorsi a Charlotte.

L’idea di gioco che ha Borrego (ne parleremo alla fine) ci dice che Zeller non è il centro ideale per l’ex assistente di “Pop” e il suo lauto contratto in scadenza è in secundis un ulteriore ostacolo alla sua permanenza.

Cody non ha conosciuto altro che Charlotte nella NBA giocando un anno come Bobcats e altri sette come Hornets.

Qui ha perduto capelli e speranze di vedere i PO, agguantati due volte da protagonista quando era più giovane.

Di sicuro se Charlotte sul mercato resterà ancora più o meno poco aggressiva come ha fatto in questi anni, Zeller come centro di riserva potrebbe anche far comodo perché è un lottatore e ha esperienza.

Contro i Pacers, praticamente a casa sua, nei play-in è stato il migliore degli Hornets e chissà che Kup stia magari già pensando di offrigli un contratto “basso” modello Biyombo per accordarsi con lui, in fondo credo che per Zeller altri team non farebbero follie e se la franchigia penserà ancora a lui, un accordo per rimanere nella città dove è stato lanciato e ha sempre vissuto potrebbe essere un matrimonio perfetto per ambo le parti.

Certo, ormai ci si è affezionati al volto di Zeller ma i fan credo sperino in un cambio (improbabile) repentino di rotta che guidi Charlotte fuori da questi mediocri e tremendi anni e lo Zeller attuale in difesa certamente non risolverà i problemi di tenuta, di protezione del ferro e a rimbalzo mancando di atletismo quando si trova in situazione non dinamica mentre in attacco i suoi blocchi, pick and roll e inserimenti da dietro con dunk in runner atletiche sono sempre molto interessanti.

A dire il vero complessivamente non è andato male in questo gruppo di partite mettendo lo zampino anche dalla panchina in alcun importanti vittorie con contributo in rimbalzi (anche offensivi come a Milwaukee quando su 12 rimbalzi ben 7 sono stati quelli offensivi) e aggiungendo qualche punto di rottura con l’ottima prestazione nel suo Indiana contro i Pacers (7/7 dal campo per 17 punti totali) nonostante il minutaggio sia leggermente calato rispetto a metà stagione.

Alla fine, con sommo dispiacere, sono costretto a bocciarlo perché Zeller da una parte è la faccia volonterosa di questi Hornets operai ma dall’altra rappresenta quella mediocrità che gli Hornets hanno bisogno di scacciare dalla propria mentalità.

I gregari serviranno sempre e saranno ancora importanti ma non si può pensare di aprire un’altra stagione con Zeller titolare o ancora peggio un alternanza con più centri incompleti.

Curiosità:

Nella sua Indianapolis “The Big Hansome” il 2 aprile Zeller segnò 17 punti con un 7/7 dal campo, la stessa cosa si è ripetuta nei play-in.

Il suo high stagionale di punti è stato a Miami il primo febbraio con 19 (8/15) mentre il 30 gennaio otteneva il massimo dei rimbalzi in stagione con 15 Vs Milwaukee.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

L’unica nota positiva della stagione di Zeller è che finalmente il suo contratto sia andato in scadenza.

Alla lunga, dati alla mano, è il lungo più efficace di tutta la batteria Hornets e questo deve far pensare.

Uno dei pochissimi a salvarsi nell’ultima partita stagionale è stato proprio Cody.

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11) Grant Riller: 6,08

Tre comparsate senza possibilità d’incidere a partite decise con voto e un s.v. per Grant Riller che non rientra nei piani di Borrego nonostante abbia fatto veder in pochi minuti di saper tirare quando si è vista nelle ultime partite un team con percentuali ridicole dal campo.

Il fatto di essere un two-way lo pone in una condizione d’inferiorità probabilmente e anche la sua difesa è tutta da testare ma dai minuto a un ragazzo che potrebbe avere sangue freddo per risolvere una situazione quando al team viene il braccino corto, no?

Certamente andiamo con il senno di poi ma provare a cambiare qualcosa sarebbe stato d’uopo.

Peccato… il dubbio che avesse potuto essere utile in qualche frangente per manipolare la difesa avversaria in pick and roll (l’ho notato bene su un’azione che ha chiuso con un tiro dal pitturato) poiché ha un buon palleggio e controllo del corpo e usare il suo tiro letale (moltissimi analisti erano entusiasti del suo tiro visto a Charleston) anche da tre punti ma quando sei fuori dalle rotazioni e non ti viene data una reale possibilità di essere utile al gruppo apportando le tue doti, beh… il dubbio che avesse potuto dar qualcosa di più rispetto a ciò che abbiamo visto nell’ultima parte di stagione mi resta, per questo personalmente non posso che rimandarlo per insufficienza di prove su come si sarebbe comportato a livello NBA, eppure il “prospetto dormiente” sembrava poter essere funzionale al gioco voluto da Borrego…

Curiosità:

Riller è all’esordio in NBA ma è un rookie atipico, infatti, ha 24 anni essendo nato il 7 febbraio 1997, anche per questo ci si sarebbe aspettati un suo maggior impiego.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Poche apparizioni, pochissimi minuti ma sicuramente più incisivo dei vari Martin, McDaniels e compagnia cantante.

Il perché sia stato lasciato marcire in panchina è un altro dei fitti misteri borreghiani.

Il mio video dedicato alle poche giocate di Riller con gli Hornets quest’anno.

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10) Cody Martin: 6,10

Probabilmente uno dei pezzi più sottovalutati nella scacchiera di Charlotte.

Più cavallo che pedone, in grado di compiere quei movimenti difensivi difficili per altri che per lui diventano quasi naturali grazie a un buon IQ cestistico e alla velocità dei piedi che gli permette di prendere qualche sfondamento.

Non è un fenomeno, questo lo posso asserire subito prima che qualcuno si allarmi ma in una squadra che non ha difensori di primo livello, nonostante i suoi cm non possano garantire difese al ferro, è indubbiamente uno dei migliori difensori nel roster e uno dei giocatori più funzionali per il tipo di gioco aggressivo richiesto da Borrego (specialmente in small-ball), un tipo grintoso che mette pressione sulla palla, benché qualche volta da flottante o semplicemente andando a raddoppiare può creare buchi pagati talvolta a caro prezzo.

Il suo apporto fa sì che anche l’avversario abbia un dispendio energetico superiore alla media così come spesso può generare visioni meno lucide del portatore di palla di fronte a lui.

La prova ne è scaturita in un finale di stagione dove la difesa di Charlotte non mettendo abbastanza pressione sugli avversari o facendo buoni close-out sul perimetro (contro Indiana è stato uno scempio) è andata in barca fino a subire 144 punti dai Pacers.

Sono sicuro che a livello di testa e grinta uno come lui, uscito dalla classica situazione americana non invidiabile per una persona non bianca (povertà e razzismo con episodi pericolosi), non avrebbe ceduto garantendo più efficacia a una difesa che si è arresa in momenti topici (OT a New York e a Indianapolis solo per citare le due più recenti).

Credo che un allenatore, nonostante capisca di non avere tra le mani un fenomeno, apprezzi dedizione, impegno ed efficacia di un giocatore come Cody Martin che per me è promosso giacché incarna lo spirito di una squadra magari dietro a molte a livello di talento ma che con il lavoro e l’impegno era salita sino in quarta posizione.

Il 25 aprile contro Boston Cody è riuscito ad arrivare in doppia cifra a rimbalzo catturandone 10 mentre tre giorni più tardi, a Boston, ne ha catturati altri 9, i suoi career-high stagionali nei rebound.

Il massimo dei punti l’ha raggiunto sempre contro Boston in casa con 13 mentre due giorni più tardi contro Milwaukee ne metteva a referto 10, l’unica altra occasione nel quale il buon Cody sia riuscito a raggiungere la doppia cifra durante la stagione.

Curiosità:

Ha segnato per 9 volte il 100% ai liberi in serata (sempre 1 o 2, non di più) e in quelle occasioni gli Hornets sono usciti vittoriosi in otto delle nove partite giocate perdendo solo a Cleveland all’esordio.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Una delle poche soprese della stagione.

Rispetto al gemello meno offensivo, ma dannatamente più utile a 360°.

Grinta, adattabilità e spirito di sacrificio encomiabili hanno permesso al buon Cody di scalare vertiginosamente le gerarchie diventando presto anche 6/7° uomo.

Uno di quei giocatori preziosi da tenere e valorizzare.

Cody Martin in una serata da super prestazione contro Boston.

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09) Nate Darling: 6,12

Nate Darling fa parte di quella pletora di giocatori che non hanno inciso sulla stagione degli Hornets.

Contratto two-way, pochissime occasioni per mettersi in mostra, nell’ultimo scorcio di partita stagionale nei play-in ha fatto vedere di saper tirare: canestro da tre annullato per un fallo a favore chiamato su Richards un istante prima, pressione sulla palla dalla rimessa dal fondo e recupero con una rimessa pro Charlotte sulla quale, servito, segnava dalla baseline destra con ottimo fade-away nonostante la marcatura.

Durante l’anno ha chiuso con un 28,6% dal campo tutto frutto di tiri da tre presi (2/7) in 7 ritagli di partita.

Il destino dei two-way è più incerto di quello di un fiore di sakura al vento.

Contratti instabili, destini veloci e incisività sui destini del team, per stessa natura del contratto, pari a zero.

Non posso che rimandarlo avendolo visto più o meno in uno spezzone breve quando la partita contava con i Lakers.

Tre liberi recuperati ma anche la distorsione alla caviglia su quella tripla mettendo giù il piede dal salto sul difensore in avanzamento.

L’infortunio e la passerella finale nel play-in nella quale è apparso veloce nel prendere e tirare ma meno frenetico, il che è un buon viatico ma per arrivare dove?

Gli Hornets lo terranno ancora?

Non lo so, di sicuro per me è un altro rimandato per non averlo potuto “ammirare” abbastanza con 26 minuti e 9 punti totali.

Curiosità:

Nathan Joseph Darling è canadese ed è diventato famoso in Nova Scotia nel 2015 quando ha segnato 50 punti per aiutare la Nuova Scozia a sconfiggere l’Ontario nella partita per la medaglia d’oro del campionato canadese under 17 giocato ad Halifax.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Leggi Riller… un altro punto interrogativo enorme.

Che dire.. l’importante è fare presenza, no?

Nate Darling nella partita sfortunata con i Lakers, suo unico vero sprazzo giocato in un momento che potesse contare davvero.

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08) Brad Wanamaker: 6,13

Wanamaker era arrivato per occupare i minuti lasciati liberi dalle guardie infortunate.

Ball, Graham e Monk nella parte centrale e finale della stagione sono mancati per diverse partite e anche al loro rientro non sono apparsi brillanti ma Borrego, una volta riavuto in mano il terzetto, ha escluso Wanamaker dalle rotazioni.

Brad, che aveva cominciato a giocare bene dando un po’ più di verticalità alla manovra con penetrazioni e scarichi da drive, è stato vittima di una delle incoerenze del coach, ovvero quella di dare vita alla small ball.

La squadra senza di lui che diciamolo pure, si è rivelato un infimo tiratore da tre punti (3/24, alla stregua di uno Zeller) è però stata incapace di creare situazioni costanti di pericolosità vicino al ferro.

Il suo fisico compatto lo portava a spingere massa in corsa che gli avversari facevano fatica a controllare quando avveniva un contatto.

Spesso si è dimostrato abile finalizzatore da distanza ravvicinata, jumper rivedibile ma in miglioramento, davvero bravo ai liberi (40/45) e così in 19,5 minuti di media ha finito per distribuire 3,4 assist segnando 6,9 punti.

La scarsa vene dovuta a situazioni fisiche non ottimali dei rientranti ha quindi determinato un cambio di gioco fatto più di situazioni di tiro da tre punti che di ricerca concreta di canestri più semplici e di un “operaio” che si sacrificasse per il team concedendo più passaggi nell’ottica di un maggior gioco di squadra.

Non sempre ha trovato serate fantastiche al tiro ma è stato escluso quando iniziando a prender confidenza era stato capace di fornire prestazioni sufficienti e discrete.

In difesa, l’aspetto sul quale Charlotte contava di più vista la sua fama, a volte i suoi close-out sono parsi molto approssimativi ma vedendo la difesa degli Hornets nel finale di stagione non avrebbe sfigurato, anzi…

Un peccato quindi che il suo crescendo dalla panchina sia stato interrotto poiché personalmente lo ritenevo più funzionale e concreto nel contribuire alle eventuali vittorie e non credo che lo rivedremo poiché Charlotte cerca giocatori con tiro da fuori.

Curiosità:

Comincia la sua avventura professionistica in Italia con un provino per Varese che incredibilmente lo scarta, quindi gioca a gettone per Teramo e dopo altre esperienze è con Pistoia che comincia a farsi vedere a grandi livelli trascinando l’Olimpia Milano a gara 5 dei playoff.

Gioca per Trinchieri al Bamberg e con Melli anche in Turchia, insomma, un po’ di Italia per Brad.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Arrivato tra gli scherni generali, alla fine ha reso molto di più rispetto a certi “senatori”.

Dopo qualche partita difficile ha iniziato a macinare gioco portando equilibrio sia in attacco che in difesa.

Panchinato troppo presto senza motivo.

Speriamo di rivederlo il prossimo anno, magari come primo cambio di Ball.

Un po’ di Wanamaker a Brooklyn.

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07) Malik Monk: 6,17

Non ho sbirciato molto in giro perché non volevo farmi influenzare ma cercando statistiche e qualche curiosità mi sono imbattuto in una tabella all’americana con i vari gradi (da A a E con i vari segni più e meno) e dando un’occhiata Monk, secondo questo fan, è stato uno dei peggiori difensori degli Hornets.

Secondo me questo è vero in parte perché in genere non si distingue mai tra la difesa sull’uomo e la difesa in generale, quella d’insieme non sulla palla.

Sicuramente mi è parso controverso poiché talvolta l’ho visto anticipare intelligentemente i passaggi o con mani rapide cercare qualche steal o block mentre altre volte è sembrato più passivo e distratto sulla difesa nell’insieme.

Non che sia diventato improvvisamente un gran difensore ma probabilmente qualche piccolo miglioramento l’ha fatto anche se fa lui ci si attendeva benzina, fuel dalla panchina ma la sua stagione è stata travagliata e interrotta.

E’ partito tardi per il discorso Covid-19 e alle scelte di Borrego poi ha preso piede sino a ottenere il suo massimo in carriera contro gli Heat, 36 punti con la tripla del pari a 16 secondi dalla fine che portava la partita all’OT.

Un periodo nel quale giocando bene arrivava anche per 4 volte consecutive a toccare i 20 punti con il two and one micidiale a Sacramento.

Si ripeteva con gli Heat con 32 punti ma lì cominciavano i problemi ed era costretto a uscire di scena per infortunio.

Rientrava nelle ultime 10 partite di regular season e la migliore era decisamente quella contro i Bulls nella quale segnava 20 punti ma nelle altre le basse medie al tiro e la poca efficacia nel chiudere in appoggio, preferendo a volte buone drive terminate comunque con passaggi utili a liberare i compagni, non davano quella spinta che i fan speravano di ottenere da una delle principali armi in panchina.

I punti di Monk nelle 10 apparizioni in regular season. Solo tre volte ha raggiunto la doppia cifra e il suo minutaggio è sceso.

Davvero dei bei colpi per Malik che aveva fatto sperare di più… certamente non è stato lo stesso Monk di metà stagione in questo finale e il suo fallimento ha deluso i fan che si aspettavano qualcosa di più da lui in una stagione altalenante.

Ha recentemente fatto sapere che – contratto in scadenza – se gli Hornets vorranno tenerlo lui sarà felice di rimanere, il problema è che spessissimo quando questi giocatori nel fare dichiarazioni del genere sottendono a un aumento di contratto e non so quanto il Monk attuale possa valere aldilà del peso che ha sul roster in termini economici.

Andando a osservare qualche cifra sul campo possiamo osservare che durante l’annata ha segnato 85 tiri da tre punti (gli stessi di Hayward) ma con qualche tiro in più, il che lo pone comunque a essere uno dei tiratori più consistenti e frequenti degli Hornets da oltre l’arco.

Il 40,1%è secondo solo a Hayward (41,5%) non considerando il 2/4 di Riller, dato promettente ma troppo basso per essere comparato a reali medie.

Il suo piano di gioco si è sviluppato sulle letture della difesa avversaria prendendosi tiri da fuori su blocchi o con spazio, oppure andando dentro visto che Malik ha velocità, elasticità e abbastanza atletismo per poter trovare maniere, anche non lineari, di appoggiare palla oltre ai difensori dell’anello.

In questo, insieme a ball e Hayward, è uno dei pochi che abbia reali capacità per farlo quindi la sue eventuale perdita dovrà essere compensata/bilanciata da un giocatore che abbia talento simile.

Monk rimane quindi ancora parzialmente inespresso ma se trovasse il modio di migliorare le due D (discontinuità e difesa) allora potrebbe essere un valore aggiunto reale.

Curiosità:

Poco dopo il suo debutto NBA, Monk in un’intervista della CBS riguardo alla vita NBA ha detto: “È noiosa. Noioso è bello, però. Voli qui, arrivi in ​​hotel, non fai nulla fino all’ora di gioco. Sono nella mia camera d’albergo a guardare momenti salienti, guardare film, cose del genere. È semplicemente noioso. Ma in estate è divertente perché puoi fare altre cose e hai un po ‘di soldi, puoi andare in vacanza, andare in posti. In stagione è noioso, ma va bene, quindi non sarai fuori a metterti nei guai, vita da club, cose del genere. “

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Aka Dott Jackil & Mr Hyde 2.

Se in serata la può vincere quasi da solo ma se non è giornata è solo un danno.

Anarchico e poco avvezzo a difendere, gioca sulle montagne russe passando da serate da “ira di Dio” ai bagordi con gli amici.

Vale la pena investire su un giocatore così altalenante?

Monk, nemico pubblico numero 1 a Miami… chissà che gli Heat tentino di prenderlo in estate magari…

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06) P.J. Washington: 6,22

Innanzitutto devo considerare che è un sophemore e altri giocatori hanno avuto più tempo di esplodere ma nonostante un fisico sufficiente per poter dire la propria in alcune partite, Charlotte lo impiega malamente.

Avere un lungo che tiri da tre punti pare un sogno per ogni squadra NBA che sarà così in grado di aprire il campo ma lui qualche problema di affidabilità al tiro ce l’ha.

Passa da buoni catch n’shoot rapidi solo macramè ai tiri più spesso errati con qualche difetto nella costruzione di essi.

Pare il nuovo caso Kaminsky.

Trovo ci sia un’esagerazione e aspettative troppo alte su di lui e il suo tiro da fuori.

Personalmente mi pare ancora un po’ troppo macchinoso o deconcentrato su alcuni tiri e di certo lo preferirei aggressivo in drive ad attaccare il ferro dove con qualche runner è riuscito a piombare delle buone schiacciate.

Anche sotto il tabellone avversario in mischia non sempre riesce a metterla dentro. Il semi-gancio non è ben costruito e in mischia rischia sempre di prendersi qualche stoppata o essere costretto a modificare il tiro per evitarla sbagliando qualche appoggio di troppo ma in un percorso di crescita sarei disposto a lasciar correre perché deve necessariamente migliorarsi.

Cifre indubbiamente in aumento ma la mia bocciatura deriva da due fattori.

Spesso, specialmente nelle ultime partite è scomparso dopo un buon inizio, i punti dalle sue mani si sono fatti radi se non inesistenti con tiri sbagliati che indicano una fragilità mentale preoccupante.

In più lo trovo troppo acerbo e poco sveglio in difesa in diverse situazioni, inoltre alterna buoni interventi e partite dove sembra aver voglia a prestazioni dove si dovrebbe chiamare “Chi l’ha Visto” per ciò che concerne presenza e voglia.

Gli è toccato giocare da centro e affrontare su cambi sistematici avversari con un passo migliore del suo… su Westbrook nell’ultima di regular season non ha tenuto se non con il fallo ma in generale nonostante qualche buona serata dal lato difensivo l’abbia indubbiamente trovata (non condanno sempre le sue difese ma è altalenante e tendente a essere un buco anche a rimbalzo) prima delle ultime tre partite scempio, quando ha speso molto in difesa, non è stato in grado di dare apporto in attacco, cosa che si è ripetuta anche con l’ingresso di Bridges che avrebbe dovuto liberarlo da tali compiti.

Chiedergli di sostenere pesantemente la bidimensionalità del gioco probabilmente è stato troppo ma Charlotte in stagione non aveva molto altro da opporre alle batterie di lunghi avversari e così in qualche partita alla portata si è rivelato comunque prezioso ma non ai livelli dei migliori nella NBA in generale.

Il suo futuro passa per una miglior difesa e se ci sarà ancora Borrego, un miglior tiro da fuori area benché io tenterei di utilizzarlo più tradizionalmente da lungo poiché mi pare si snaturi un po’ la sua essenza e si corrompa il suo potenziale benché si possa lavorare su un tiro da fuori da non usare eccessivamente.

Curiosità:

P.J. Washington ha recentemente avuto un giglio.

Ciò è emerso alla luce quando ha saltato per motivi personali una partita degli Hornets ma erano già comparse foto di lui e della compagna, Brittany Renner, in dolce attesa, benché la relazione non fosse stata ufficializzata da molto.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

“Questa stagione devi giocare da 5. Da 5, hai capito? Devi sgomitare sotto canestro, giocare il post, difendere forte e “grabbare” rimbalzi a più non posso. Ah… naturalmente non ti scordar il tiro da fuori ma utilizzalo solo per aprire l’area ai tuoi compagni. Vedi di non abusarne.” Questo nella mia mente è più o meno il verosimile discorso che Borrego potrebbe aver fatto a inizio stagione a P.J. vista la volontà del Guru della panchina di giocare la sua small ball.

Forse – e dico forse – P.J. era distratto o Borrego non lo ha mai detto, perchè tutto ciò non è mai successo.

Praticamente nullo nel pitturato sia in difesa che in attacco, perennemente in ritardo con un atteggiamento del corpo troppo spesso svogliato e range offensivo dai 6 metri e 75 in su ancora da mettere a punto. Tutto chiaro P.J.. “Bene” così…

La decisa e strepitosa partita record giocata da P.J. a Sacramento.

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05) Devonte’ Graham: 6,35

Il vero punto interrogativo dell’estate degli Hornets dopo Gordon Hayward sarà Devonte’ Graham.

Il giocatore al terzo anno dopo aver passato il primo anno in ombra è esploso lo scorso anno senza pressioni addosso complice un team da ricostruir da zero.

Quest’anno le pressioni sugli Hornets non erano immense ma diciamo che con l’acquisto di Gordon Hayward personalmente mi aspettavo di vedere una squadra competitiva a Est.

Graham, partito da titolare, si è trovato improvvisamente con la pressione addosso del fenomeno Ball poiché se dal Draft e dal mercato gli Hornets cercavano un centro si sono visti arrivare (discorso di circostanze e opportunità fatto da Kupchak) un play e un’ala piccola di talento con il centro andato a farsi benedire dopo la scelta di Wiseman a Golden State e gli ulteriori 9 milioni di esborso per Batum nell’operazione Hayward.

Complice uno stato di salute ballerino del numero 4, Ball – già lanciato mediaticamente – si è riverberato come l’aurora Boreale sul gioco degli Hornets fornendo spettacolo e miglioramenti visibili nel gioco di Charlotte lasciando negli occhi sfavillanti giochi di colore.

A quel punto Graham, al rientro dal primo infortunio, si è accomodato in panchina con minutaggi non altissimi che dal mio punto di vista hanno aumentato la frenesia del suo tiro dopo un inizio nel quale i compagni e il mister gli chiedevano di prendersi più tiri anziché passare sempre il pallone e non è un caso che delle quattro volte nelle quali Graham sia riuscito a giungere a 10 assist, ben due siano state alla prima e alla seconda uscita stagionale.

Ancora tediato in vari momenti dell’annata con altri problemi muscolari a coscia e ginocchio, Devonte’ ha tentato di rispondere sul campo ma le sue serate sono state spesso scostanti essendo un tiratore che deve entrare in fiducia e così, per rifarci alla parte finale di stagione, siamo passati dai 31 punti con Denver e ai 25 con New York ai 4 con i Clippers o ai 4 con i Pacers.

Graham è il classico giocatore moderno alla Steph Curry, alla Damian Lillard o alla Trae Young e con questo non intendo abbia il loro talento perché ci vorrebbe più costanza ma è quel giocatore in grado di colpire da distanze siderali, il che potrebbe essere considerato una manna per Borrego ma ciò porta a esagerazioni.

L’abbiamo visto imperversare contro Phoenix nella partita casalinga trascinando al squadra al supplementare ma anche sbagliare due triple per la vittoria così come un altro tentativo poco serio l’ha preso contro New York gettando al vento una possibile importantissima vittoria.

Quello contro i Wizards è stato più sfortunato perché lì una tripla, essendo sotto di tre punti, era necessaria per pareggiare e il suo tiro che ha colpito i due ferri prima di uscire, poteva anche prendere un’altra piega.

Di sicuro è stato determinante in negativo su alcuni finali ma qui la colpa è da ricondurre e condividere anche con la società che non ha pezzi validi sotto canestro e con Borrego che preferisce in certi frangenti prendere tiri a percentuali più basse e rischiosi.

Personalmente ritengo che Devonte’ nel complesso non abbia giocato una brutta stagione ma che sia stato uno degli elementi eccessivi per la qualità del gioco di Charlotte perché il suo fondare la sua offesa solamente sul tiro da tre punti alla fine ha penalizzato Charlotte.

E’ vero che nel giro di due anni è passato dal 28,1% da tre al 37,5% attuale ma è anche vero che 447 tiri su 669 totali sono stati presi da tre punti e i “soli” 179 finiti a bersaglio avrebbero dovuti essere leggermente di più, sui 200 per far sì che le percentuali in attacco non vengano abbassate troppo.

Purtroppo Graham è un giocatore di 185 cm che fatica ad appoggiare contro avversari più alti e atletici di lui nonostante qualche raro gioco di prestigio l’abbia regalato e quando va in entrata è più efficace paradossalmente quando sente il contatto rilasciando tiri da media distanza che possono produrre anche and one talvolta.

Charlotte si troverà di fronte in estate alla scelta se rinnovargli il contratto o meno, probabilmente Graham vorrà battere cassa visto il suo contratto molto basso in rapporto all’apporto fornito sebbene il suo ruolo non sia più di primo piano come quello dello scorso anno ma di valido aiuto dalla panchina.

Lo scorso anno Graham in 35,1 minuti giocati segnava 18,2 punti, quest’anno il suo impiego è stato “ridotto” a 30,2 minuti e i punti forniti di media sono stati 14,8.

Curiosità:

Devonte’ Graham o Gamberone (basta guardarlo in faccia per così dire) non ha precedenti penali ma è stato arrestato una volta per… un biglietto scaduto di un parcheggio.

Non comparso in tribunale per il tag ticket scaduto è stato arrestato il 22 febbraio 2017 nella Contea di Douglas e rilasciato in medesima data dopo aver pagato la cauzione da 196 dollari e l’obbligazione.

Una storia tipicamente e ridicolmente eccessiva all’americana…

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

E’ in scadenza contrattuale quindi gioca per mettersi in mostra.

Peccato che dimentichi troppo presto come si giochi realmente, tanto che il Devonte’ dell’anno scorso è solo uno sbiadito ricordo.

Si autocandida a salvatore della patria (il dualismo con Rozier si è fatto sentire), ma “cicca” praticamente tutte le occasioni volendo strafare.

Ora deve ridimensionare le sue pretese oltre che il suo ruolo perchè non è e non sarà mai un top player.

Graham, classica partita con tiri a pioggia da tre punti a Miami.

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04) Miles Bridges: 6,49

Se Miles non avesse contratto il Covid-19 e saltato 6 partite, forse, staremmo assistendo a un’altra stagione con gli Hornets ai PO.

Non avremo mai ovviamente il riscontro ma Bridges ha dato tanta energia a questa squadra che si è spenta in sua mancanza.

Purtroppo il suo grande apporto alla penultima giornata di regular Season con i Knicks non è bastato.

30 punti, sua seconda miglior uscita stagionale mentre la prima casualmente è stata non lontano di lì, a Brooklyn, dove chiuse con 33 punti e un’altra sconfitta.

Se guardiamo la media punti è in calo di poco: dai 13 dello scorso anno ai 12,7 attuali ma ciò è dovuto al fatto di un minor utilizzo in minuti (da 30,7 a 29,3) poiché a inizio stagione era partito come riserva e avrebbe dovuto condividere il suo status di giocatore dalla panchina con altri elementi ma in virtù delle sue indispensabili prestazioni e “grazie” agli infortuni, l’iron-man degli Hornets ha finito per giocare tantissimi minuti a fine stagione arrivando a sfiorare il minutaggio dello scorso anno, cosa totalmente imprevista a inizio stagione.

Miles non si è arreso al suo arretramento in panchina dopo l’arrivo di Hayward, ha giocato anche in ala grande dove i suoi 198 cm e 102 kg ovviamente di base potevano rendere meno dei 201 cm e 104 kg di P.J. Washington ma nonostante ciò si è fatto valere.

La difesa non è sempre stata di primo livello ma si è fatta indubbiamente più attenta dello scorso anno benché la zona talvolta lo coinvolga (come tutti) sui cambi a lasciare larghi spazi ma nell’uno contro uno è sembrato più pronto rispetto al passato anche se non sempre premiato.

In attacco lo sappiamo: le sue doti da incursore ombra (senza palla in mano) sono supportate da una dinamicità e un atletismo pazzeschi e i lanci di Ball e soci per lui dalle parti del ferro si concludono spesso con il decollo di Miles che da zero a 100 arriva sopra l’anello per bombardare i canestri avversari.

Da qui siamo arrivati a due elettrizzanti drive chiuse con dinamitarde schiacciate, tutti si ricorderanno quella contro Capela e Atlanta con il centro che incautamente tentò di stopparlo, spingendo qualcuno enfaticamente a dire che Miles avesse attentato alla sua vita.

Progressi con la palla in mano anche nelle drive (l’anno scorso chiuse con 13 and one e 44 stoppate subite, quest’anno di and one ne ha messi a segno 15 e manca quello vergognosamente non assegnato per il fallo di CP3 ed è stato fermato 26 volte soltanto) anche quando non chiude in schiacciata se ne sono visti sebbene l’affidabilità in appoggio non sia ancora totalmente presente mentre è apparso evidente (seppur con qualche serata no) come sia migliorato nettamente nel tiro da tre punti dove ha chiuso con il 40,0% in stagione regolare e dalla lunetta dove l”86,7% è quasi una garanzia per i Calabroni.

In miglioramento rispetto lo scorso anno in quasi tutte le statistiche pur con meno minutaggio: 50,3% nel FG%, 6 rimbalzi (5,6 lo scorso anno), 2,2 assist contro gli 1,8 del 2019/20 e 0,8 stoppate contro le 0,7 della stagione precedente sono solo alcuni dati che testimoniano i miglioramenti di uno dei giocatori più eccitanti visivamente nel gioco di Charlotte.

Curiosità:

Miles Bridges si è sposato con una ragazza di nome Michelle Johnson.

Non chiedetemi se lo sia ancora, non sono qui a fare l’”Alfonso Signorini di turno” per gossippare ma pare che il loro rapporto sia bello.

Mentre Miles è nato il 23 marzo 1998, Michelle è nata il 3 settembre 1997 a Huntington, West Virginia ed è un’ex giocatrice di basket che ha rappresentato la Marshall University.

Secondo le informazioni trovate in rete, sono diventati genitori di Ace Miles Bridges il 26 ottobre 2018.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Uno dei pochi su cui costruire il futuro della franchigia.

Nonostante alcune partite decisamente disastrose, Miles gioca la sua migliore stagione sotto tutti gli aspetti, dimostrando di essere un diamante grezzo con mezzi infiniti.

Deve lavorare soprattutto sul piano emotivo, forse suo unico limite attuale per riuscire a essere finalmente un fattore dato che per Sky Miles “only sky is the limit”.

Qualche schiacciata alla Miles durante la stagione attuale.

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03) LaMelo Ball: 6,54

Il rookie of the year ha spodestato Graham (il titolare di inizio stagione) in meno tempo del previsto.

La sua ascesa a suon di numeri si è fatta così evidente e massiccia nel momento nel quale il suo ingresso in quintetto ha spesso coinciso per Charlotte in un miglioramento della qualità del gioco grazie alla visione e alle doti di passaggio già conosciute di LaMelo.

Oltre a fornire passaggi smarcanti no look, LaMelo è cresciuto realizzativamente grazie a diverse soluzioni nel suo arsenale che sta ancora migliorando mentre in difesa, quando abbiamo visto il vero Ball, pur dovendo migliorare, si è dato da fare tra rimbalzi, steal alle quale seguivano aperture lunghe talvolta, qualche stoppata e molta attività.

In attacco si passa dalle triple tirate con uno strano stile, ai runner o floater rilasciati piuttosto lontani da canestro, come li definirebbe qualcuno dei “morbidoni” con una parabola a dir poco stramba.

Il suo atteso rientro che gli servirà per cercare di conquistare il premio di Rookie Of The Year (vinto mensilmente a gennaio, febbraio e marzo) però non è stato ciò che i fan si aspettavano.

Il rientro in poco più delle 4 settimane previste è avvenuto ma Ball con polso tumefatto e ancora dolorante in parte, non è riuscito a esprimersi al meglio nella parte finale della regular season così, essendo venuto a mancare in parte il talento del secondo elemento che costituiva la nuova linfa vitale degli Hornets, Charlotte è retrocessa comunque in decima posizione.

Ha 19 anni e si può capire come vada su e giù nelle prestazioni, porta il pizzetto ma nei play-in e nelle ultime partite, oltre ad avere avuto problemi fisici, è sembrato un po’ imberbe.

Curiosità:

Con il padre che è riuscito a creare attenzione sui figli, LaMelo spesso è sottoposto a domande le quali risposte passerebbero inosservate se lui non fosse il destinatario delle stesse.

L’interlocutore di Ball qualche mese fa ha chiesto quale fosse il suo quintetto ideale di tutti i tempi e lui ha risposto inserendosi (comprensibilmente, a chi non piacerebbe giocare con alcuni tra i giocatori più forti mai comparsi sulla Terra?) nel seguente starting five: LaMelo Ball, Michael Jordan, Kevin Durant, LeBron James e Shaquille O’Neal.

Certo, qualcuno contesterà magari la mancanza di qualche proprio beniamino alternativo al gotha ma di certo credo che ball abbia una visione chiara dei valori, non male, no?

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Arrivato come salvatore della patria, il terzo dei fratelli Ball, dopo un inizio zoppicante si è preso a suon di buone prestazioni e giocate giocate da spellarsi le mani la posizione di point guard titolare.

Si rompe il polso sul più bello ma anche se non è veramente lui al rientro, brucia i tempi per provare a portare di peso gli Hornets verso dei PO che avrebbero meritato ma naufragati miseramente, ritrovandosi da solo sull’isola dovendo alzare bandiera bianca.

Date una squadra a questo ragazzo.

Uno dei video dedicati a Ball per il suo anno da rookie.

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02) Terry Rozier: 6,66

“Scary” ha fatto tremare molte difese avversarie durante il suo periodo di forma migliore a metà stagione, sia quando la squadra ha vinto sia quando il team ha perso come recentemente contro New Orleans nonostante il massimo in carriera realizzato da Rozier con 43 punti in serata.

Terry aveva comunque esordito a Cleveland (lui che è dell’Ohio) con 42 punti ed è riuscito a scavalcare la barriera dei 40 un’altra volta in stagione rifilandone 41 ai Timberwolves.

Peccato che il peso specifico perso degli Hornets con gli infortuni abbiano lasciato una squadra leggerina con Rozier punta di diamante dell’attacco, anche lui nel finale con un leggero problema al polso.

Il problema è che gli avversari se ne sono accorti e spesso l’hanno marcato più stretto, raddoppiato, soffocato, così al buon Terry che aveva catalizzato l’attenzione degli avversari in precedenza, ha pensato di utilizzare le sue doti da passatore per uscire dall’Impasse di situazioni nelle quali la pressione su di lui era talmente alta da non riuscire prendere un buon tiro e in diverse partite i numeri delle sue dime si sono alzati.

In altre circostanze ha provato a forzare triple o andare al ferro ma le cose non sono andate sempre bene così le sue percentuali si sono abbassate, lui che nell’anno si è rivelato uno dei più micidiali tiratori da catch n’shoot.

Spesosi sui due fronti con minutaggi consistenti, anche i catch n’shoot hanno vissuto serate meno brillanti del recente passato perché purtroppo quello di essere il go to guy alla Curry o alla LeBron James non è il suo ruolo per fisico (cm) e caratteristiche tecniche benché sappia anche indubbiamente arrivare al ferro se vuole benché la conclusione non si sia rivelata sempre affidabile ma più adeguata in un finale dove le sue percentuali da oltre l’arco sono andate drasticamente calando fino ad arrivare al drammatico 0/9 della partita play-in.

In netto calo in diverse partite della parte finale della stagione, senza il suo aiuto la squadra non ha avuto chance.

Curiosità:

E’ stato il miglior Hornet in regular season ma la sua brutta prestazione al play-in l’ha portato al secondo posto, un po’ come Charlotte ha gettato via i PO, anche lui, per altri versi ha perso la prima posizione.

Il suo animale preferito è il canguro che ha tatuato su una gamba e ce lo svela qui, nel video dedicato ai tatuaggi di Rozier: https://www.youtube.com/watch?v=0TD3Oz3bx2Q

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

MVP stagionale senza se e senza ma.

Si carica la squadra sulle spalle giocando un basket fenomenale sia in attacco che in difesa.

Se c’erano ancora dubbi sul talento di questo ragazzo, beh… direi che siano stati ampiamente superati.

Forza della natura e vero motore di questi Hornets.

Da blindare assolutamente.

Alcune delle giocate di Scary in stagione.

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01) Gordon Hayward: 6,67

Il valore del giocatore non si discute, infatti, il motivo del crollo principale d Charlotte è stata la sua assenza unita al fatto di avere valide alternative in grado di dargli il cambio nel ruolo.

McDaniels non ha né le capacità, né il fisico e né l’esperienza di Gordon.

Miles impiegato nel ruolo ha reso nettamente meglio ma ha lasciato scoperta la panchina o il ruolo di ala grande in qualche partita dove l’instabilità di P.J. Washington a livella di resa e ruolo (switchante nella posizione di centro) ha allargato i cordoni del pacchetto lunghi.

Hayward diventa così il più grosso punto interrogativo dell’estate charlottiana intesa come Hornets.

La sua fragilità si è rivelata anche superiore al previsto, il suo infortunio alla caviglia ha interessato probabilmente i tendini e le circa 4 settimane di recupero sono diventate 6 e poi fino alla fine della stagione.

La società non ha rilasciato molte dichiarazioni in merito se non rari aggiornamenti sul suo non rientro e il “coach in seconda” degli Hornets durante il suo infortunio, non ha potuto partecipare alla campagna finale degli Hornets che con lui sarebbe probabilmente terminata in maniera più trionfale, magari se non un quarto posto (eravamo lì con lui), un sesto, per come sono andate le cose, sarebbe stato ampiamente alla portata ma Hayward è questo.

Prendere o lasciare…. e immagino che l’entourage degli Hornets, pur entusiasta delle sue prestazioni finché è rimasto in campo, ci stia pensando anche se i 9 milioni girati a Batum per sbarazzarsi delle sue inguardabili prestazioni, pesano.

Tenerlo o no?

Loro sanno la verità sulle sue condizioni.

Tenerlo, senza riuscire a fornire un sostituto in caso di nuovo infortunio o non rientro, sarebbe garanzia di un’altra stagione fallimentare per cui qualche voce sui Pacers che già volevano riportarlo a casa (lui che è di Brownsburg vicino a Indianapolis) c’è…

Gli Hornets darebbero anche Carey Jr. mentre i Pacers girerebbero l’ex Lamb (anche lui alle prese con qualche infortunio di troppo recentemente) e Miles Turner che come protettore del ferro andrebbe a colmare quel buco che gli Hornets hanno da tre anni sotto le plance.

Voci… tutto cambierà probabilmente in casa Pacers mentre in casa Hornets vedremo…

Il mio giudizio su Hayward è un “rimandato” perché la sua stagione sul campo è stata indubbiamente positiva, ha portato punti, assist, esperienza e leadership (ricordo bene il game winner contro Orlando in Florida) ma non averlo per lungo tempo, come già scritto precedentemente, frenerebbe le ambizioni ascensionali dei Calabroni un altro anno e ingenererebbe ancor più dubbi in eventuali acquirenti futuri.

Il caso Hayward è spinoso, ottenere qualcosa oggi o rischiare di mantenerlo per

Ha il 47,3% al tiro dal campo, un 49,9% da due punti (per un giocatore che rimane spesso in quintetto come ala piccola direi che non è male) e il 41,5% da tre punti oltre l’84,3% dalla lunetta.

A rimbalzo ha portato a casa per Charlotte un 5,9 di media a partita, negli assist va con 4,1 apg ed è stato il secondo scorer del team con 19,6 punti a uscita, ovvio che per chi, magari non avendo visto una sola partita di Charlotte, consultando le statistiche noterà sicuramente che con la sua perdita la squadra sia peggiorata.

Curiosità:

Gordon ha una sorella gemella di nome Heater con la quale si cimentava in coppia formando un duo vincente.

All’epoca Gordon era alto ma non abbastanza (sentiva lui) per giocare a basket, suo primo amore.

Sul punto di abbandonare il gioco della palla a spicchi per tentare di prendere una borsa di studio grazie alla pallina gialla, fu esortato dalla madre Jody a non cedere seguendo il duo sogno: “Mia madre mi ha detto di restare fedele. Il basket è sempre stato il mio primo amore e quello che amavo fare molto più del tennis. Poi sono cresciuto molto fisicamente e tutto è venuto da lì.”

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Arriva con due anni di ritardo a Charlotte e da injury prone con un infortunio serio a limitarlo non parecchio.

Finchè gli infortuni (e la testa) lo lasciano stare, gioca un basket di classe, semplice e concreto ma sempre ad una velocità da vecchietto con il cappello su una Panda.

I rumors di una trade con Indiana sono sempre più pressanti… che ne dici Kup?

Facciamo un pensierino?

L’uscita di scena di Hayward non gli ha impedito di regalarsi e di regalarci qualche top moment.

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James Borrego as Head Coach of the Charlotte Hornets during a press conference in Charlotte, North Carolina on May 11, 2018 at the Spectrum Center. Getty Images Copyright Notice: Copyright 2018 NBAE (Photo by Kent Smith/NBAE via Getty Images)

Coach James Borrego: 5,87

Per quanto mi riguarda sono positivo sul rapporto con la squadra ma altamente critico su lacune tattiche e modio di giocare del coach che non avrà avuto il miglior team in mano ma – anche data la giovane età – ha messo pesantemente del suo per non approdare ai PO e nella parte finale è sembrato non avere nemmeno più una squadra per le mani che rispondesse ai suoi comandi.

Sarà comunque al comando delle operazioni all’inizio del prossimo anno perché la società che lo aveva asunto tre anni fa vuol dare almeno ancora un anno a James per raggiungere i PO.

Cosa saprà – se vorrà – cambiare Borrego rispetto al passato e cosa potrà offrire la franchigia al tecnico saranno due fattori determinanti per la miglior riuscita della stagione.

Potrei dilungarmi molto ma preferisco lasciare l’analisi tecnico tattica a Matteo Vezzelli:

Tre anni da Head Coach, tre anni di nulla.

La squadra è involuta in maniera spaventosa, passando da un gioco a sprazzi a parentesi di assenze totali sia difensive che offensive.

Tecnicamente mediocre, con poca capacità di lettura del gioco e una assenza totale di autocritica. Giocatori fuori ruolo, mal adattati, mal o mai utilizzati.

Si barcamena con le sue idee di gioco, quando forse lui stesso non ha ben chiaro che cosa voglia insegnare.

Farebbe fatica ad allenare anche in C silver .

Detto ironicamente, forse paga lui per potere allenare perchè altrimenti non si spiega il fatto che sia ancora in NBA.

Dio salvi la Regina Charlotte.

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Voti partite singole in stagione




Classifica finale media voti giocatori e coach

Prima di passare al video finale contenente le migliori 31 azioni (ho fatto un mese completo) completato da aforismi che mi piacessero oltre a intrecciarsi simbioticamente con l’azione, volevo ringraziare gli altri 4 ragazzi che hanno collaborato con me quest’anno per portare una miglior informazione su Charlotte e per far divertire un po’ di più i lettori.

Grazie quindi a Fabrizio Getuli, Filippo Barresi, Matteo Vezzelli e Paolo Motta ai quali ho chiesto, per dare una visione molteplice su giocatori e coach come avrebbero giudicato loro la stagione dei nostri e alla fine ne è uscita questa grafica che magari – essendo più variegata – metterà più in sintonia le opinioni di qualcuno con quelle espresse con un semplice voto nell’immagine.

Un ultimo doveroso passaggio prima della top 31 va fatto per Rick Bonnell che per i fan di Charlotte non dovrebbe essere un nome sconosciuto.

Rick è dagli albori l’insider che scrivendo dalle colonne del Charlotte Observer ha portato in casa dei tifosi i retroscena dei Calabroni in questi anni.

Altresì, Rick, era quella faccia simpatica e amica che, pur non conoscendo di persona, ispirava a tal punto da renderlo quasi per assuefazione un amico.

Purtroppo l’annata devastante degli Hornets aggiunge la sua perdita.

Bonnell non potrà essere ai nastri di partenza per il prossimo anno perché è deceduto all’età di 63 anni, 33 dei quali passati a raccontare Charlotte.

La morte, avvenuta per cause naturali è stata confermata dal figlio Jack.

Descritto come professionale, generoso, timido e amante del tennis, Bonnell è stato già sommerso dall’affetto di chi lo conosceva, da tutto l’entourage passato per Charlotte, ai giocatori per arrivare ai colleghi di lavoro.

Un punto di riferimento anche per i fan che spesso si affidavano a lui per carpire qualche segreto in più dei vari team passati con lui.

Ci lascia troppo presto quindi un pezzo storico della storia dei Calabroni.

Dall’affetto trasparso di chi gli stava vicino potrei usare una frase di Erich Fromm per dare un senso alla sua perdita:

“L’amore è l’unica risposta sensata e soddisfacente al problema dell’esistenza umana” e credo che se la morte non lascia scelta, almeno credo sia stato un uomo fortunato in vita.

Top 31 Video Charlotte Hornets 2020/21

Il Punto @ 57

Intro

Si rimane affascinati da un giocatore, dai colori, dalla bellezza del simbolo (nel caso un animale spirito guida), da una partita oppure perché si inizia a simpatizzarli per via di amici che li tifano.

A metà anni ’90 una massa di ragazzi indossava cappellini o altri oggetti degli Hornets ignorando più o meno cosa fossero, chi fossero e perché esistessero benché quella sfera arancio immaginariamente palleggiata da Hugo spoilerasse lo sport d’appartenenza.

I tempi sono cambiati, altre realtà ed altri giocatori che hanno fatto le fortune di diversi team sono emersi mentre la travagliata vita dei Calabroni andava sdoppiandosi e dipanandosi per altre città.

Imprevedibili vicende che hanno portato a oggi i reduci e il nuovo popolo teal & purple a riunirsi sotto un’unica bandiera.

L’inimmaginabile in negativo però pare essere un DNA che si srotola ogni qual volta le cose sembrino andar bene.

Andiamo a vedere cosa è successo nel recente passato ripercorrendo una sfortuna che nessun amuleto pare possa riuscire a tener distante.

Da game 39 a game 57

Il nostro flashback mnemonico parte con la serie di trasferte difficilissime a Ovest.

Da game 39 e 40 ricaviamo due nette e previste sconfitte, rispettivamente a Denver e a Los Angeles (con i Lakers), quindi si rimane a L.A. Per quella che in una stagione regolare standardizzata sarebbe stato il giro di boa.

Con i Clippers – Game 41 – non arriva solo una pesante sconfitta ma anche la frattura al polso destro di LaMelo Ball, una bad news terribile per le aspirazioni ai PO di Charlotte.

La squadra rispondeva vincendo le ultime due partite in trasferta nell’ostile Texas sorprendendo San Antonio con il solito “Scary” in crunch time e battendo i ridimensionati Rockets.

Non siamo ancora “quattro gatti” in Game 44 quando gli Hornets vanno in fuga contro gli Heat che rimontano nel finale ma la squadra di Borrego tiene e vince una partita importante contro una rivale divisionale.

Game 45 è sul filo, questa volta si rompe la magia del crunch time.

La partita con Phoenix va al supplementare – complice un madornale errore della terna che annulla a Bridges un possibile two and one per fallo di Paul – così la più attrezzata squadra dell’Arizona riesce a portarla a casa.

Charlotte esce nuovamente dalle mura amiche per affrontare una serie probante di sei trasferte rientrando in un ciclo continuo di vinte e perse: W su Washington nella capitale in Game 46, sconfitta a Brooklyn in Game 47 dove Monk, sull’80-100, tentando un’entrata, rimane giù per problemi alla caviglia e vittoria di Pirro a Indianapolis giacché l’altro nuovo elemento di qualità, Hayward, si infortunava alla caviglia proprio in Game 48 unendosi a Ball e Monk in infermeria.

L’ex Celtics saltava la trasferta contro i suoi ex compagni a Boston dove i Calabroni venivano travolti.

Sembrava girare per il verso giusto in game 50 e 51 quando Charlotte ottenendo una vittoria su una OKC in ricostruzione e una Milwaukee ancor più disastrata dagli infortuni, riprendeva la vetta della propria Division apprestandosi allo scontro domenicale al vertice con Atlanta.

Con gli Hornets avanti di una decina di punti a poco più di sette minuti dalla fine sembrava poter proceder tutto bene, anche perché Bridges reagiva alla rimonta avversaria con una dirompente schiacciata che faceva fare la figura del debuttante a Capela.

Gli Hornets però nel finale perdevano anche P.J. Washington e gli Hawks andavano a vincere la partita prendendo la testa della Southeast.

Charlotte cercava in Game 53 di rispondere indirettamente battendo i Lacustri privi di James e Davis ma al nucleo dei 4 giocatori indisponibili si aggiungeva anche Rozier per un problema al ginocchio.

In un finale incerto la maggior esperienza dei Lakers aveva la meglio mentre anche Darling si univa al “reparto infortunati” per via della caviglia.

In Game 54 la vittoria sui Cavs era d’obbligo ma la squadra dell’Ohio recuperava tutti eccetto Sexton ma con 5 giocatori out (Rozier riusciva a rientrare) l’esperienza della mediocre squadra avversaria aveva la meglio mentre un’altra caviglia andava direttamente verso Roma per la benedizione.

Questa volta era Wanamaker a infortunarsi…

A Brooklyn contro i Nets non c’erano speranze ma la squadra giocava bene e Borrego scopriva anche Vernon Carey Jr. lanciato titolare che chiudeva con 21 punti.

Vernon si ridimensionava notevolmente nelle due partite seguenti ma con Portland, l’assenza di Lillard, unita a due falli del centro ex Duke dopo 20 secondi portavano il fato a mandare in campo P.J. Washington, fresco di imprevisto rientro.

La sua prestazione unita a quella di Rozier e altri Hornet, scardinava la difesa avversaria così Charlotte abbrancava una vittoria importante.

Nello scontro diretto a New York la fisicità maggiore della squadra di Thibodeau aveva la meglio e Charlotte si ritrovava costretta a tentare di recuperare nelle ultime partite.

Mission impossible?

Vedremo.

Blocco delle future partite

Dal comando della propria divisione che garantiva, seppur si poco un quarto prestigioso posto che avrebbe fatto entrare il team nei PO con il vantaggio del fattore campo, si passava a un ottava posizione per via degli infortuni.

La piazza sull’orlo del disastro preoccupa i tifosi ma in linea teorica, se le prognosi dovessero essere rispettate i Calabroni dovrebbero entrare a pieno organico a inizio maggio per tentare un rush finale che li porti diritti ai PO senza passare dalla rischiosa esperienza dei play-in anche grazie a un calendario migliore di moltissime rivali.

Procediamo però con ordine.

A Charlotte mancano 15 partite delle quale 10 saranno da giocare davanti a un ristretto pubblico amico, un fattore che in altre annate avrebbe inciso in forma leggermente maggiore ma che quest’anno garantisce meno del solito viste anche le numerose vittorie ottenute dalle squadre in trasferta in generale nella NBA odierna.

A ogni modo, altro dato saliente, prima di affrontare partita per partita il calendario (in grafica alla fine del capitolo), c’è da dire che Charlotte avrà ben 8 partite contro squadre sotto quota .500 e di queste 5 saranno casalinghe.

Gli Hornets avranno un tour de force rispetto alle altre squadre giacché le partite saltate per via dell’indisponibilità delle avversarie (Nuggets e Clippers) sono state riprogrammate a fine stagione.

Inciderà molto oltre alla fortuna di trovare squadre magari non eccessivamente motivate senza nulla da dire (i Wizards come esempio, magari già out o in in una posizione intoccabile) all’ultima sfida oltre che lo status infortuni dei vari team, quest’anno colpiti dal Covid-19 e da infortuni imputabili all’assiepamento delle partite, troppo concentrate in breve tempo.

Si partirà contro i Bulls (ore 03:00 italiane) privi di LaVine a Chicago.

Partita da non perdere assolutamente per vendicare la sconfitta della prima uscita stagionale e soprattutto cercare di recuperare terreno alle tre squadre ancora a portata per l’accesso diretto ai PO.

Seguirà un trittico di partite casalinghe con i Cavs ospiti.

Di rigore batterli dopo il loro allontanamento dalla zona PO.

Boston e Milwaukee saranno due clienti scomode, quindi si andrà ancora a Boston per chiudere un terzetto di partite non semplici ma con l’inizio di maggio il calendario andrà in discesa.

Detroit in casa sarà la prima sfidante, poi toccherà a Miami far visita allo Spectrum Center in una sfida spareggio.

Trasferta a Detroit e serie di 5 gare casalinghe: Chicago, Orlando e New Orleans sono tutte alla portata con le due squadre del sud che ormai non hanno più nulla da chiedere in questa stagione.

Nuggets e Clippers saranno sfide più toste ma se fossero sufficientemente sicure del loro piazzamento potrebbero anche non giocare alla morte.

Le ultime due sfide hanno un orario ancora da programmare.

Si andrà a New York per stabilire chi vincerà la serie annuale e poi back to back a Washington sperando i Maghi non siano in lizza sino all’ultima giornata per una posizione benché la sfida rimanga comunque abbordabile se i nostri saranno al completo, presupposto fondamentale per raggiungere almeno 9/10 vittorie sperando bastino a strappare almeno la sesta piazza a una delle squadre che occupano attualmente le posizioni con accesso diretto ai PO.

Il calendario completo delle squadre in lotta con posizione, record attuale e grado delle partite da affrontare, casa o trasferta. Il pronostico non ha pretese. Vi sarebbe un interessante arrivo a pari merito tra New York, Miami e Charlotte al sesto posto secondo questa tabella, forse leggermente di parte pro Charlotte ma avendo fiducia nella squadra con il recupero di tutti… In questo caso sarebbe la classifica avulsa a decidere con Charlotte sul 2-0 con Miami e sull’1-1 con New York. A ogni modo sarà un finale avvincente con tante squadre in lotta sebbene Boston dal mio punto di vista (salvo infortuni) sia leggermente favorita.

Classifiche

La classifica a Est.
La classifica a Ovest.

Il gioco

Questa parte di stagione frammentaria è stata poco indicativa del vero potenziale della squadra, i continui infortuni tra le nostre fila e a volte anche in quelle avversarie hanno stravolto il volto di alcune partite.

Borrego ha sperimentato uomini, ha adattato i suoi in base alla sua percezione di necessità rispetto alla specificità della singola partita o del singolo momento ma rimanendo rimaneggiatissimi non sempre le soluzioni ideali sono state trovate.

In quest’ottica si spiegano risultati altalenanti.

Mi ero prefisso però per rimanere in corsa otto vittorie e quelle sono state.

Avremo bisogno d’intensità e di difesa piazzata nei punti strategici, con 15 partite in 24 giorni la freschezza di Ball, Monk e Hayward potrebbe fare la differenza.

Per quando riguarda la video-analisi volevo mostrare come sia importante sfruttare l’ampiezza del campo per aprire spazi per i tiratori.

Molte squadre usano questa strategia creando vantaggi da differenti situazioni, in genere Charlotte ne mostra una abbastanza comune: un possibile pick and roll di base.

Qui abbiamo analizzato insieme a coach Matteo Vezzelli (grazie come sempre per l’ottimo lavoro) una di queste situazioni.

Possiamo notare come Charlotte giochi larga con 4 uomini esterni e uno interno, nella fattispecie Biyombo.

Il congolese si alza per andare a fintare un blocco per Wanamaker in possesso di palla, in realtà virando va a portare un blocco orizzontale per Rozier (tra l’altro la terna perde la visione del fallo che Biz commette piuttosto nettamente allargando la gamba sul passaggio del difensore) che riceve e sfruttando il nuovo blocco del numero 8 attira l’attenzione su di sé rollando in area per occupare lo spazio ma Terry, raddoppiato, fa scorrere indietro la palla su Wanamaker che essendo marcato allarga immediatamente il gioco in angolo dove Bridges ha uno spazio sufficiente per prendere un catch n’shoot con i piedi per terra sebbene sia senza ritmo vista la posizione da flottante di Bogdanovic “stirato” tra Bismack e Miles.

Una buona soluzione per Bridges che può tirare da una zona con cerchio “frontale” laddove la distanza scende.

Una soluzione però molto praticata anche da altre squadre contro di noi quando la zona voluta da Borrego implica talvolta i medesimi meccanismi di copertura in rotazione.

Se la squadra avversaria, come in questo caso Charlotte, riesce a far girare velocemente la palla sull’ex lato debole, il flottante che al bivio tra il possibile raddoppio nel pitturato o l’angolo rimane indeciso o non ce la fa a recuperare (qui Charlotte giocando perimetralmente elude anche la possibilità che Bogdanovic possa tentare l’anticipo su un ribaltamento con passaggio in diagonale diretto verso l’angolo da parte di Rozier) va a soffrire del primo raddoppio portato dalla difesa – concentrata sul pick and roll – così, quel leggero vantaggio concesso all’attacco dovuto alla perdita di posizione sui due esterni (Wanamaker in posizione di guardia e Bridges in ala) diventa quel meccanismo fondamentale per muovere la difesa di quel tanto che basta per avere uno spazio per andare a un tiro non contrastato.

In questa seconda azione invece vediamo un pick and roll laterale portato alto per allontanare la difesa da canestro.

Possiamo notare i due giocatori in posizione di guardia e i due di ala negli angoli mentre Zeller blocca per Wanamaker che non ha difficoltà a superare Goodwin rimasto sul blocco, Capela insegue e Knight va a chiudere a canestro staccandosi da Caleb Martin in angolo il quale riceve intelligentemente da Wanamaker che chiudendo la drive and kick vede il compagno libero in angolo destro.

A questo punto Huerter deve andare a chiudere sul tiratore (facendo anche un buon lavoro tentando di chiudere il passaggio) ma l’extra pass di Caleb Martin per Rozier mostra come la difesa sia ormai collassata e l’uscita dal pitturato per il close-out, lenta.

Rozier a quel punto ha tutto lo spazio per una tripla aperta.

Sfruttando la strategia di portar fuori la difesa e usando ancora l’ampiezza dell’angolo, ecco un’altra triangolazione che ha portato ottimi frutti con l’uomo giusto al posto giusto.

Charlotte si basa molto sulla costruzione del tiro da fuori ma se vuole essere efficace deve sapere anche variare il gioco concludendo più volte da due punti per non essere troppo prevedibili.

Saper sfruttare i punti specifici di debolezza degli avversari sarà compito di coach Borrego che sta crescendo insieme alla squadra e pare quasi più un “ragazzo del gruppo” come spirito che uno di quei santoni zen intoccabili o furiosi elementi in panchina.

Nel video possiamo notare come appena dopo aver ceduto la parola a Hayward per le note di serata (vs Portland nel caso) venga inondato da goliardia, affetto e soprattutto acqua, mostrando così una particolare unione con la squadra.

Qualche opinabile scelta l’ha fatta (a New York rinunciando a Carey Jr. dopo 3 minuti e giocando con una squadra poco fisica) ma adesso deve cercare di cambiare le partite in corsa eventualmente.

Possiamo permetterci di sbagliare poco e le sue letture di partita saranno fondamentali quanto i giocatori sul parquet.

Statistiche di squadra e singoli

Qui sotto ecco il riepilogo attuale di ciò che funziona e non funziona a livello di squadra e nei singolo, espresso sotto la forma dei numeri nelle tabelle di Basketball Reference.

Qui possiamo notare un buon rapporto tra i falli commessi e le realizzazioni avversarie.
Rozier guida la classifica dei marcatori della squadra.

Parallelismi: confronto giocatori

Percentuali di tiro per zona

Classifica giocatori

17) Caleb Martin: 5,74

Quello che definiremmo dalle nostre parti un lottatore benché con tanti esterni Hornets in lista infortunati Borrego ha deciso di preferirlo al fratello – invertendo minutaggio e gerarchie – essenzialmente per le sue (quasi totalmente inespresse) potenzialità offensive.

Il fisico da Maciste non c’è, nella terra dei giganti non svetta per fisicità e suda cercando di fare di tutto per la squadra.

Prende rimbalzi, smista assist ma in difesa appena trova un avversario mediamente valido fatica mentre in attacco, laddove dovrebbe fornire l’apporto maggiore essendo considerato il principale attaccante tra i due fratelli, quello con più talento e spiccate doti offensive, non brilla affatto continuando a sbagliare molto in percentuale specialmente prendendosi molto spesso tiri da lontano, anche da oltre l’arco che paiono essere al di fuori dal suo range presi spesso con un meccanismo che tende da qualche parte impercettibilmente a incepparsi risultando meno fluido del previsto, insomma, un comprimario, un gregario che, se portato a giocar da titolare come accaduto un paio di volte quest’anno (per via delle assenze), si rivela poco incline a sostituire validamente il titolare ma anche solo a rimpiazzarlo dalla panca benché, a onor del vero, contro LAL, partito per la seconda volta in quintetto in stagione, non ha affatto demeritato.

Nonostante la sua media di performance non sia certo eccelsa, lo scorso anno si fermò a 18 partite giocate, quest’anno, invece, Borrego l’ha già impiegato più del doppio e in momenti importanti poiché la sua adattabilità e la sua professionalità (il che vuol dire non mettere in discussione le scelte fatte dal coach) lo rendono un soldatino utilizzabile nei momenti di bisogno anche se non ha estro o qualità offensive particolari se non atletismo e coraggio simili a quello del fratello che sicuramente regalano anche ai fan momenti di impreviste e sorprendenti emozioni come quelle che ha regalato contro Atlanta e Los Angeles.

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16) Grant Riller: 5,75

Comparso anche lui recentemente, è uno dei two-way degli Hornets, ruolo che ha sempre avuto bassa incidenza sugli esiti degli eventi nel team.

Probabilmente il voto è più basso di quello realmente meritato sul campo ma le frattaglie di partita dovute al refrattario Borrego raccontano forse frottole sul voto che necessariamente è basato sulla mancanza di adeguato spazio perché il giocatore possa esprimere il suo gioco su basi più lunghe.

Mi piacerebbe vederlo in campo in futuro, specialmente se gli Hornets in bevi frangenti dovessero aver bisogno di un tiratore ma se il coach senza Monk gli ha preferito i Martin, dubito che lo vedrò ancora molto sul parquet.

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15) Nick Richards: 5,75

Il centro giamaicano sembra essere fedelmente rimasto alla precedente descrizione de Il Punto, ovvero giocatore spigoloso, da contatto, anche preventivo con l’avversario che non si tira indietro in eventuali piccole schermaglie.

Ruvido e non ancora pronto, quasi al pari di Vernon Carey Jr. per molto tempo, a differenza del compagno, è rimasto un giocatore da garbage time.

Giocatore che rimangono ai margini della squadra poiché la concezione del gioco di Borrego spesso non prevede offensivamente un vero centro di ruolo e quando può va a schierare P.J. piuttosto che affidarsi a un giocatore di ruolo con scarso feeling con il canestro.

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14) Cody Zeller: 5,80

Una clessidra scorre accanto a Zeller e al suo contratto.

Quei soldi sono decisamente troppi per un giocatore che può fornire qualche buona prestazione alternata con altre meno brillanti e che non ha la tridimensionalità del tiro da fuori.

L’età avanza e il raffronto tra lui e i nuovi centri emergenti con fisici possenti si fa sempre più problematico per Charlotte che, infatti, quest’anno, dopo la titolarità durata un nonnulla per l’infortunio a Cleveland, l’ha visto alternarsi con Biyombo, Carey Jr. e P.J. Washington all’occorrenza.

Una storia d’amore quella con Charlotte che forse è destinata a concludersi in estate a meno che “Kup” non pensi di lasciare a piedi Biyombo (auspicabile) e tenere Zeller tra le riserve offendo cifre simili a quelle che percepisce quest’anno il congolese.

Avrebbe senso nel ruolo di chioccia ma non sul parquet dove le sue prestazioni affosserebbero un po’ una squadra che se vuole emergere, avrà bisogno di un giocatore che possa offrire un gioco più solido, moderno e con punti nelle mani, inoltre se Richards potrebbe passarsi un altro anno tranquillamente negli Swarm, Carey Jr. potrebbe reclamare un ruolo da centro di riserva.

A Charlotte non si vede un centro decente dopo aver avuto Al Jefferson e Dwight Howard.

A dire il vero complessivamente non è andato male in questo gruppo di partite mettendo lo zampino anche dalla panchina in alcun importanti vittorie con contributo in rimbalzi (anche offensivi come a Milwaukee quando su 12 rimbalzi ben 7 sono stati quelli offensivi) e aggiungendo qualche punto di rottura con l’ottima prestazione nel suo Indiana contro i Pacers (7/7 dal campo per 17 punti totali) nonostante il minutaggio sia leggermente calato rispetto a metà stagione.

In compenso sta trovando più continuità, raramente salta una partita e chissà se anche il lunatico giocatore potrà avere la soddisfazione di essere importante per il gruppo fino a trovare la personale gioia di tornare ai PO dopo 5 anni senza, una motivazione in più per Cody per darsi da fare visto un gruppo migliore rispetto gli ultimi anni.

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13) Brad Wanamaker: 5,81

L’acquisto last minute degli Hornets è stato impacchettato da Golden State e spedito a Charlotte.

I Warriors, ben felici di risparmiare qualcosa sul salario complessivo in una stagione che senza Thompson rimane a metà, non devono averci pensato troppo a sbarazzarsene.

Wanamaker avrebbe dovuto portare esperienza, difesa e assist in mancanza di Ball come sostituto affidabile di Graham.

Dopo il primo passo falso all’esordio (comprensibile, ci vuole calma per aspettare di vederlo apprendere alcuni meccanismi) aveva disputato qualche buona partita ma nel momento più atteso, quando altri giocatori si sono uniti ai già illustri infortunati, è mancato sotto quasi tutti gli aspetti.

19 TO in 10 partite con la gara a OKC che ne registrava 3 per scendere a 2 costantemente nelle 5 partite successive con un minutaggio mai arrivato a 30 minuti.

Nelle stesse 10 partite prese in questione (fino a Brooklyn) ha sfornato 38 assist e in questo possiamo essere discretamente soddisfatti anche per la qualità del passaggio più europea che “retorica” come in NBA.

Quello che non va è decisamente il tiro.

Passa da iniziative per andare ad appoggiare vicino al ferro usando il suo peso per sfondare come un ariete (risultati davvero differenti) a triple dalla distanza.

L’1/5 contro Brooklyn e ancor prima l’1/11 contro i Lakers sono dati drammatici che nel caso dei gialloviola hanno pesantemente contribuito a far perder la partita.

Da fuori poi è passato da un 3/10 a un 3/18 non segnando più nelle 5 partite intercorse tra le trasferte di Milwaukee e Brooklyn, comprese.

In circostanze normali probabilmente limiterebbe qualche tiro e avrebbe dei minuti in meno ma in ben tre partite ha preso 11 conclusioni a serata e solo contro Atlanta è andato bene (6/11).

Va da sé che non sia il profilo ideale per una squadra che ha un disperato bisogno di punti in assenza di scorer.

Sapevamo che non fosse un fenomeno, di certo l’abbiamo visto combinare qualcosa di buono tra assist ed entrate ma complessivamente per ora il giudizio è negativo, anche perché la difesa si è adattata alle performance in attacco, ovvero, dopo un buon inizio nel portar pressione (vedi le tre steal a Indy e le 2 Milwaukee) è scemata.

Poco mi sono piaciuti suoi close-out a Brooklyn a ridosso dell’uomo ma senza disturbalo senza nemmeno la mano alzata.

Sono sicuro possa rendere più di così.

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12) Jalen McDaniels: 5,81

Il sophemore cugino di Juwan Howard aveva avuto un’occasione di partire in quintetto a Sacramento ma era rimasta isolata.

Con la perdita di Hayward e la pesante sconfitta a Boston Borrego ha pensato di mescolare le carte ancora una volta e McDaniels è riemerso dalla panchina per partite titolare a OKC, posto che ha mantenuto in quintetto dopo le prime due buone prestazioni che hanno dato spinta all’attacco di Charlotte.

Purtroppo queste performance sono scemate successivamente magari anche in partite dove il suo buon preludio in avvio del primo tempo non ha mantenuto le promesse nei secondi 24 minuti.

Dagli Swarm a titolare viste le molteplici assenze, un passo piuttosto lungo ma non certo avventato visto che Jalen già lo scorso anno aveva ottenuto un minutaggio importante nella prima squadra a fine stagione.

Di certo l’ultimo Jalen assomiglia più al giocatore talentuoso che si è messo in mostra lo scorso anno a Charlotte piuttosto a quello irriconoscibile di inizio stagione.

Qualche pala persa evitabile ancora ma meno passaggi avventati e un miglior controllo palla, fattori che si uniscono a un ritrovato buon tiro da tre dagli angoli.

Certo, giocare come titolare e anche con il peso sulle spalle che possa risolvere metà dei problemi della squadra è utopia, specialmente in un contesto dove anche professional scorer come Rozier faticano avendo minor qualità a disposizione intorno.

Le cifre però sono in aumento: 5 assist a Milwaukee, 4 rubate nella seconda a Brooklyn, 8 rimbalzi con i Lakers, numeri che in una singola partita non era mai riuscito a ottenere prima in stagione nella singola partita e d’altro canto avendo acquisito un minutaggio serio, oltre i 30 minuti spesso (da quando è titolare) è andato in doppia cifra 5 volte nelle ultime 19 partite su 7 totali in stagione.

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11) Bismack Biyombo: 5,85

Uomo spogliatoio che porta qualcosa di differente nello spogliatoio attraverso la sua cultura base benché in parte sia stata assorbita dal mondo nordamericano.

Uno dei mentori di Ball e in alcune partite utile stopper difensivo ma molto altalenante e nonostante qualche block, ogni tanto sembra il nuovo Shawn Bradley con cartello “non sparate sul cestista” annesso.

Ha avuto i suoi momenti viste le assenze di pari ruolo e non solo, ma si è visto in assenza di scorer è difficile inserirlo in una formazione con pochi punti nelle mani soprattutto quando ai liberi fa 2/6 (vedi a Boston) nel primo tempo aiutando la partita a a scivolar via.

In una formazione al completo che comprenda gente come Ball, Rozier, Hayward e magari Monk in sostituzione, potrebbe funzionare discretamente in certe serate per equilibrare il quintetto donandogli quel tocco difensivo che mancherebbe con tanti scorer in campo più dediti volitivamente all’attacco che alla difesa.

Nella disastrata situazione attuale sembrava poter essere una buona idea difensivamente ma anche Borrego ha dovuto far marcia indietro nonostante sia partito titolare in stagione ben 30 volte (dopo Brooklyn), alternandolo a seconda delle esigenze di serata con altre soluzioni.

Era rimasto per vedere come sarebbe andato a finire il progetto, en passant guadagna 3,5 milioni, non una cifra altissima per gli standard NBA ma comunque inadeguata alla sua media voto.

Ha avuto buone serate ma in genere pare un giocatore bisognoso d’accompagnamento: palla in mano ruota su sé stesso o cerca un compagno, non ha un tocco dal mid range e vive in attacco sui passaggi smarcanti sotto canestro degli uomini assist di Charlotte.

A rimbalzo è scostante nonostante abbia trovato buone serate e non aiuta di certo il minutaggio sceso rispetto a inizio stagione, questo perché come descritto, Biz, nonostante la simpatia, è un giocatore incompleto senza punti nelle mani e con un tiro libero che definire rivedibile sarebbe poco (lo soffre troppo anche a livello psicologico non avendo fluidità nel meccanismo).

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10) Vernon Carey Jr.: 5,94

Questa non è l’annata per Vernon Carey Jr. di mettersi in mostra.

Nonostante qualche defezione nel reparto lunghi vi sia (P.J. in ultimo ma a inizio stagione la lunga assenza di Zeller), non è stato preso seriamente in considerazione dal coach fino alla partita n° 55 contro Brooklyn.

Con la squadra all’osso e con problemi nel segnare, sicuramente, la sua presa in considerazione al di Biyombo che fa ristagnare l’attacco e ha pochi punti nelle mani (punti spesso serviti da assist con consegne prettamente vicino a canestro) è dovuta al fatto che potenzialmente Carey Jr. potrebbe essere un attaccante migliore del congolese.

Contro Brooklyn ha sciorinato tutto il suo repertorio: eurostep, canestro ravvicinato, jumper da tre punti, fade-away in turnaround… anziché tentare tiri da fuori (0/4 da tre in stagione prima di Brooklyn) ha avuto il tempo di mettere in piedi un attacco senza la fretta di mostrarsi nel garbage time.

Il suo avvio potrebbe creare più equilibrio in una squadra latente di talento.

Le sue capacità difensive con i big sarebbero da verificare ma una sua partenza dalla panchina dietro P.J. Washington o Zeller sarebbe auspicabile per shakerare un po’ il mix di Charlotte che stava andando a male.

Contro Portland ha dimostrato tutta la sua inesperienza difensiva e 4 falli giocati a coppie di due in intervalli brevi gli hanno consentito di restare sul parquet solo qualche secondo in più oltre i 7 minuti.

Se il coach sarà ancora Borrego e per ora non paiono esserci motivi da parte della società che facciano pensare a un suo allontanamento visti i risultati sul campo, non so quanto spazio potrà trovare nemmeno se P.J. Washington, già offerto in un pacchetto ai Pacers, seguisse le eventuali uscite di Zeller e Biyombo entrambi in scadenza.

Il pacchetto lunghi è l’attuale problema di Charlotte che dovrà reperire qualcosa sul mercato per avere una forza sotto le plance e non solo, giocatori come Richards e Vernon Carey Jr. potrebbero trovare una loro collocazione nel momento in cui gli Hornets andassero su un giocatore unico dal buon e si liberassero numericamente posti occupati attualmente da giocatori che in PF e C non convincono ma al mercato sarà l’occasione a fare la differenza quindi il futuro è incerto perché Vernon si è giocato le sue possibilità in maniera altalenante.

Borrego ha sottolineato il fatto che se l’impatto dell’ex Duke fosse quello avuto a Brooklyn (21 pt.) sarebbe stupido da parte sua non farlo giocare però nell’ultima sfida con partenza falsa a New York Carey Jr. è stato fatto evaporare dal parquet dopo soli 3:02…

La squadra non è andata meglio senza di lui ma che sia stata una bocciatura prematura?

Vedremo che accadrà nel prossimo futuro con un giocatore che deve maturare più esperienza anche se tantissima dovrebbe acquisirla direttamente sul parquet.

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09) Nate Darling: 6,00

La “cara” visione mi appare contro i Lakers.

Dopo aver giocato pochissimi minuti e tutti in garbage time, il numero 30 di Charlotte viene spedito sul parquet da Borrego contro i gialloviola sperando in una pesca miracolosa giacché il two-way contract sembra essere specializzato in soluzione dalla grande distanza.

Le retine dei Calabroni sono scarsamente popolate di punti così il coach pensa di aggiungere un tiratore alla batteria, nella fattispecie la guardia di Delaware che dopo la partita conto i californiani farà segnare un complessivo d’annata di 2/7 dal campo, tutto da tre punti.

Nate però passa diverso tempo appostato in angolo, marcato senza troppa fatica dagli avversari che gli danno un’occhiata finché non va a prendersi un tiro da fuori da posizione molto più frontale.

Il problema è che la maledizione colpisce anche lui: l’atterraggio sul piede di Horton-Tucker in avanzamento piega e distorce la caviglia a contatto con il legno del floor.

Segnerà i tre liberi ma poi farà poco altro in partita sparendo nella gara successiva contro Cleveland, indisponibile, inghiottito anche lui dal buco nero degli infortuni.

Certamente non ha fornito una prestazione entusiasmante al suo reale debutto mentre in altri frangenti si è preso tiri troppo frettolosi alternandoli con un paio di buoni canestri da fuori.

Con il rientro di Monk potrebbe tornare a sparire tra i meandri oscuri della panchina anche perché dovrebbe mettere su un po’ d’esperienza e furbizia prima di togliere il posto a uno dei Martin (Caleb specialmente, più nel suo ruolo di SG) che in attacco non rendono ma apportano più intensità difensiva con una qualità superiore.

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08) Cody Martin: 6,03

Chiamato a riempire i vuoti d’organico per assenze, il buon Cody ha retto fisicamente provando a battagliare sera per sera contro le torreggianti minacce avversarie con risultati alterni.

La sua posizione è quella di un pedone che blocca il passaggio al pedone avversario negli scacchi ma potrebbe essere minacciato da altri pezzi più potenti, così, nonostante la tenuta atletica, la corsa, l’impegno del sophemore che l’hanno portato a deviar palloni per tap-out, catturar rimbalzi diretti e sfornare assist, resta indietro nel segnare punti che non ha molto tra i polpastrelli.

Il tiro è un po’ problematico (29/82 in queste 19 partite), quello libero anche di più ecco perché ha perso un po’ di minutaggio “regalato” al fratello Caleb.

Il suo ruolo è quello di una guardia che intende dar fastidio a chiunque passi dalle sue parti e in alcune serate il suo contributo diventa importante (Portland come esempio) anche se poi magari lo svantaggio in cm non permette ai suoi close-out di essere efficaci come abbiamo visto a volte (per rimanere alla sfida contro Portland ricordiamo Anthony che comunque ha segnato anche contro McDaniels e non solo).

Non è mai andato in doppia cifra in stagione anche s a Houston e contro Phoenix è arrivato a 8 punti con un rispettivo 3/12 e 3/6 dal campo che non gli ha consentito di arrivare almeno a 10 punti tuttavia utilizza armi similari al fratello Caleb: tiro da tre (poco funzionale), incursioni con violente affondate a una mano (queste sì che ogni tanto regalano qualche momento esaltante) sono il suo pane.

Con il rientro di tutti gli effettivi tornerà fuori dalla formazione titolare (senza Graham contro Brooklyn e Portland è stato gettato in quintetto come SG titolare spostando Rozier in PG) ma Borrego potrebbe sempre recuperarlo dalla panchina qualora avesse bisogno di uno specialista difensivo che copra i minuti di un Rozier a riposare in panchina e un Monk meno adatto alla fase, inoltre un’eventuale small ball, concetto spesso presente nella mente di Borrego lo sovrappone anche a questi giocatori eventualmente.

Da rilevare tre begli assist nella terza frazione contro Portland con il pregevole tocco istintivo e rapido sulla persa di McDaniels verso P.J. per la tripla…

Qui sotto vediamo la sua difesa e il suo atletismo.

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07) P.J. Washington: 6,29

Bluff, giocatore nella norma o proto-campione?

P.J. Washington e il suo anno da sophemore con prestazioni altalenanti che lo fanno sembrare nello stato di pupa rendono il profilo del giocatore altamente enigmatico, anche perché nel ruolo Charlotte non parrebbe avere giocatori così pronti e affidabili per cui le prestazioni dell’ex Kentucky spesso incidono su una vittoria o una sconfitta.

Sicuramente P.J. è tra quei giocatori che devono sostenere in pieno la bidimensionalità del gioco.

Prende il suo spazio in attacco ma cerca di reggere anche il reparto lunghi in difesa, spesso switchando tra la posizione originaria di ala grande e quella di centro sottodimensionato da small ball, il che non gli rende la vita facile.

Contenere centri con caratteristiche differenti non è sempre semplice, specialmente se peso e cm non giocano a suo favore ma a volte riesce a farsi valere sebbene il dispendio energetico a cui si sottopone probabilmente vada a incidere (oltre a una tecnica leggermente da migliorare) in attacco, specialmente quando utilizza l’arma del tiro da oltre l’arco.

La precisione richiesta ancora non c’è se non in qualche serata magica (a quella di Sacramento ha aggiunto quella contro Portland in casa) ma almeno è un lungo che abbia la capacità di poter colpire con una certa costanza anche se fortunatamente anche Bridges e McDaniels stiano aiutando una squadra che dovrebbe aver miglior percentuali da fuori vivendo su di esse.

La sua mancanza si è fatta comunque sentire recentemente dopo il suo infortunio contro Atlanta.

Dalla sua uscita a pochi minuti dalla fine la squadra si è disfata ed è incappata in una disfatta con Capela che ha pasteggiato sotto canestro.

Il suo rientro imprevisto (anche perché Carey Jr. ha fornito le chiavi della macchina a P.J: avendo commesso due falli in 2 secondi) con Portland ha portato più verve alla squadra su ambo i lati del parquet.

Dopo un inizio ectoplasmatico di stagione è più aggressivo in difesa e a rimbalzo finalmente e ciò contribuisce a dare qualche stop in attacco alle squadre avversarie.

La sua presenza in campo per questa squadra è importante poiché difficilmente Borrego riesce a trovare una serata top da due lunghi titolari.

Magari non sempre farà faville ma è diventato una presenza difensiva di maggior spessore considerando che attualmente è anche il miglior stoppatore della squadra con 1,3 block a partita.

In questa parte finale la sua fisicità e la sua grinta diventeranno determinanti per la buona o la cattiva sorte della squadra.

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06) Devonte’ Graham: 6,35

Dopo aver perso il posto da titolare sotto l’incontenibile spinta di Ball, Graham è tornato prepotentemente alla ribalta come titolare dopo la frattura al polso del numero 2 degli Hornets.

Il destino gli ha dato un’altra occasione da titolare da subito.

Nella partita seguente a San Antonio Borrego lo ricacciava sul parquet per direttissima ma a ben vedere non si fidava eccessivamente di lui, sia perché rientrato da un infortunio (vi è ricascato recentemente), sia perché il suo modo di giocare non è completo sebbene Borrego fondi il suo credo su una delle caratteristiche “migliori” di Graham, ovvero il tiro da tre punti.

Raramente però è andato sopra i 30 minuti di impiego a partita.

Contro Phoenix, complice il supplementare e la sua verve che ha trascinato Charlotte a riprender la partita per poi buttarla via con due scelte eccessive e scriteriate, ha giocato più di 39 minuti, un tempo salito anche dalla partita con Atlanta sino a quella di Cleveland prima dell’infortunio che lo ha costretto a bordo campo contro Brooklyn.

Si è preso molti tiri e mentre nella partita a Milwaukee ha inciso pesantemente grazie alle sue triple, i troppi errori contro LAL e Cleveland hanno contribuito alle sconfitte di Charlotte.

Se prendiamo in esame da gara 39 a gara 54, nel range di queste 16 partite, Devonte’ ha tirato ben 143 volte segnandone 57 (39,8%) con un tiro da due punti a 19/44 (43,1%) su un totale di 187 tiri totali con 76 realizzazioni complessive (40,6%).

Percentuali no distantissime tra loro, uno scostamento che invoglia sicuramente il piccolo play a pendersi anche tiri deep da fermo o fuori ritmo piuttosto che tentare di penetrare per poi modificare la soluzione con pull-up, floater dalla media piuttosto che arrivare al ferro.

Soluzioni più rare che hanno regalato un paio di highlight ma che spesso non sono andate a buon fine per un tocco approssimativo o difficoltà a battere la chiusura dei lunghi vicino al ferro.

Un po’ calato negli assist ( a inizio stagione aveva due volte messo insieme 10 assist a partita dedicandosi con più spirito di ricerca), è tornato ultimamente a dividersi tra soluzioni personali e passaggi anche se i marcatori meno prolifici che attualmente Charlotte impiega lo privano di qualche numero in più.

In difesa non è ancora un mastino ma sembra leggermente migliorato rispetto a una difesa che spesso aveva offerto il fianco agli avversari.

Gioca circa cinque minuti meno dell’anno scorso ma conserva lo stesso numero di steal e soprattutto ha quasi tagliato del 50% i suoi turnover, aspetto non trascurabile.

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05) Malik Monk: 6,40

Ci eravamo lasciati con il suo Game Winner a Sacramento nell’ultima partita già presa in considerazione nel pezzo precedente.

In generale, osservando la classifica della NBA (il 15 aprile) nella percentuale di triple realizzate ho notato che il primo Hornet in classifica era Malik Monk, il quale con un rilevante 42,4% si trovava in 15ª piazza, appaiato a un mostro come Steph Curry avendo la medesima percentuale.

Purtroppo Monk l’abbiamo visto poco nell’ultima fase presa in considerazione.

Sei partite contrastanti giocate di fila, dalle due pessime a Los Angeles a quelle meravigliose contro Houston e Miami con gli Heat che devono evidentemente stimolarlo giacché sfodera spesso prestazioni buone se non decisive contro di loro.

Out contro Phoenix e Washington, il suo rientro a Brooklyn è stato il momentaneo canto del cigno, in attesa di risorgere come una fenice e aiutare con le sue ali infuocate la squadra a raggiungere i PO.

Sull’80-100 per i Nets la sua entrata frontale costava la caviglia per un giocatore che non vive solo di triple ma sa attaccare anche il pitturato, ecco perché tra lui e Graham, nonostante la simpatia per il secondo, al fine di poter vedere una squadra più completa in attacco, se la società fosse costretta in estate a fare una scelta su questi due giocatori (restricted free agent) pronti a batter cassa, terrei Monk perché Devonte’ non ha l’atletismo di Monk né il pull-up da due punti di Malik, il che porta Gamberone a prendere soluzioni troppo semplici e molto spesso errate.

Malik ultimamente era migliorato anche in difesa.

Più concentrato e attento era riuscito a intercettare qualche pallone per ripartire in transizione.

Potrebbe essere il classico uomo importante dalla panchina, un propellente punti che sta migliorandosi, sperando non sia solo il classico effetto del giocatore che vuole mettersi in mostra andando su standard elevati per poi accucciarsi nuovamente una volta strappato il contratto ma Malik non mi pare corrisponda a questa descrizione.

La sua ritrovata verve, unita alla costanza (qui deve migliorare) sarà fondamentale per Charlotte se vuole agguantare i PO.

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04) Miles Bridges: 6,45

Il ponte verso i playoff è stato il titolo di un recente articolo pubblicato in pagina.

Con quasi tutti i big out (anche Rozier si è eclissato per una partita) non rimaneva che Bridges a portare il fardello dell’anello verso il monte Fato dei playoff.

La fiducia in lui si è lentamente sedimentata grazie a prestazioni sempre più incandescenti.

Tutti gli osservatori superficiali hanno potuto notare negli highlight la strabordante potenza atletica di Miles che ultimamente pare avere reinventato il concetto di schiacciata come triplista dunker: rincorsa, terzo tempo, stacco che non possiamo definire dietro la linea ma comunque da lontano, planata con galleggiamento durante il quale si notano microgocce di potenza sprigionate dalla sua chioma e si prepara la mazzata da rifilare alla povera vittima di turno che tenterà di difendere l’anello.

Il risultato sarà l’adrenalina in circolo per gli osservatori.

Capela e McCollum ancora devono riprendersi dall’onda d’urto che Miles sgancia con le sue schiacciate ma non solo perché Miles sta diventando un giocatore completo che difende, recupera rimbalzi, tenta le entrate riuscendo nell’intento meglio di una volta e nonostante qualche fantasioso tentativo da due punti (bello il turnaround fade-away contro Portland) che non sempre gli riesce, ha costruito anche un valido tiro da oltre l’arco.

Naturale che con tutti questi miglioramenti possa essere l’arma in più di Charlotte.

Lo scorso anno partì 64 volte su 65 come titolare mentre quest’anno (il suo terzo in NBA) ha goduto solamente 10 volte dell’inserimento nello starting five ma questo non lo ferma.

Che sia titolare o panchinaro, ala grande (circa il 52,0% in questo ruolo) o ala piccola (circa il 45,0% nel suo vecchio ruolo) per Miles non fa differenza battendosi sempre con le sue armi.

Avere un giocatore così atletico è importante.

Come note negative sceglierei (non per colpa sua) l’ignominoso canestro annullatogli contro Phoenix con fallo di Paul e la brutta scelta di non chiudere Caruso nel finale con i Lakers, flettendo la posizione su un flottaggio ibrido tra il tiratore bandanato e il possibile tiratore in angolo (tra l’altro non accortosi dello scadere dei 24 sul cronometro).

Un po’ di esperienza mancante lo fa incappare in qualche fallo però è altrettanto valido nell’uno contro uno quando flette sulle gambe e mostra rapidità di spostamento/slittamento laterale.

Terzo nelle stoppate (0,7) e a rimbalzo (6,0), nella media punti è salito a 11,5 (settimo e ultimo marcatore in doppi cifra Hornets) mentre l’ultima volta in cui pubblicai Il Punto era rimasto a 9,7.

La sua media punti è salita grazie a una maggior precisione con un tiro da fuori che sfiora il 40,0% (39,5%) mentre da due punti è estremamente concreto (ricordo anche un errore da sotto tutto solo ma fu un episodio) anche grazie ad alley-oop, schiacciate ed appoggi ravvicinati che l’hanno portato a una media impressionante nel 2pt% di 60,4% che per un giocatore non gigante è moltissimo.

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03) Gordon Hayward: 6,67

Altro elemento che non volutamente ha lasciato Charlotte in balia degli eventi.

La sua esperienza in questa banda di partite è durata una decina di giochi, poi a Indianapolis (game 48), il giocatore dal “ciuffo croccante” ha dovuto arrendersi per infortunio alla caviglia.

Purtroppo, nonostante in un primo momento si pensasse che potesse essere una cosa leggera, Gordon è stato dichiarato out per ben quattro fondamentali settimane, confermando in parte le preoccupazioni per la sua salute.

Capita… l’infortunio non è gravissimo e ci si augura che a inizio maggio l’ex green possa rientrare in buono stato di forma e riposato poiché nelle gare disputate in questo scorcio preso in esame ha offerto performance da montagne russe con le partite a Denver e a Los Angeles (con LAL) giocate malamente mentre al contrario ben ci comportava a San Antonio e Washington.

Un saliscendi dovuto forse a un po’ di stanchezza (è il giocatore che in media rimane più sul parquet con 34,0 minuti), un po’ al modo di giocare della squadra, cambiato dopo l’infortunio di Ball.

La SF ha lasciato spazio offensivo anche ai compagni prendendosi meno responsabilità ma in alcune serate non è stato ugualmente brillante come in avvio di stagione quando era stato senza dubbio il migliore prima dell’ascesa della sorpresa Ball prima e di Rozier, più meno in contemporanea, poi…

Ovviamente in tutto ciò la sua media punti ne ha risentito benché lui ne abbia beneficiato per rimanere più attivo in difesa.

Di fondo rimane una stagione positiva con il 47,3% al tiro dal campo, un 49,9% da due punti e il 41,5% da tre punti, secondo in squadra.

L’84,3% dalla lunetta gli consente di rimanere sul podio sul terzo gradino mentre offre il suo discreto contributo anche a rimbalzo con un 5,9 che lo porta nella medesima posizione precedente.

Terzo anche negli assist con 4,1, secondo miglior marcatore con 19,6 punti a serata.

In genere non è spettacolare nel realizzare i suoi punti usando tiri semplici ma a parte la bellezza di alcune finte e alcuni fade-away, in concreto mancano proprio le sue doti realizzative a una squadra che si è scoperta senza scorer alternativi come swingman oltre a Rozier quando anche Monk è finito out.

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02) LaMelo Ball: 6,71

Eppure qualcosa di importante ce lo racconta anche questo piccolo frangente perché se le sue sufficienti prestazioni sul campo contro tre big team rientrano nella norma per un teenager, è sotteso che aggiunga un altro elemento sorprendente al suo pacchetto qualitativo.

Dichiarato Rookie Of the Year in un mese nemmeno completato, avrà la possibilità di tornare sul parquet per andare oltre il 60% delle partite stagionali giocate (attualmente è al 57%) per ottenere legalmente la possibilità di essere nominato rookie dell’anno.

Rimasto in campo contro i Clippers finché c’è stato bisogno, nonostante la frattura, solo a San Antonio ha scoperto l’amara verità che ha affranto tutti noi ma al contempo mi ha anche personalmente affascinato perché non è sicuramente da tutti riuscire a giocare con una rottura ossea.

Se l’avevamo già visto stupire andando a conquistare rimbalzi oltre che sfornare assist e segnare (ha preso anche a penetrare con decisione nelle difese come una lama anche se di tanto in tanto qualche stoppata la subisce), impressiona ancora di più l’aspetto mentale di un giocatore che vuole vincere, in contrasto con il suo sgargiante look mostrato con una felpina rosa cocktail e una collana con appeso un ciondolo che i greci non definirebbero kata metron, dalle proporzioni enormi, il quale riproduceva un suo logo personale.

Questi però sono aspetti pittoreschi personali che riguardano la sua giovane età e una cultura bisognosa di mostrarsi, per noi tifosi il miglior modo che ha di splendere non è quello di far luccicare il suo ciondolo ma quello di trascinarci ai playoff di peso.

Attendiamo con ansia il suo ritorno poiché come l’ha definito Borrego, il motore della squadra capace di spingerla in veloci transizioni, è indispensabile per l’innalzamento del livello qualitativo di tutto il team.

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01) Terry Rozier: 6,82

“Scary” ha fatto davvero paura negli ultimi tempi tanto che il 29 marzo la NBA l’aveva nominato giocatore della settimana della Eastern Conference.

Ha brillato nella prima parte di questo gruppo di partite (ricordiamo lo step-back 3 che ha spareggiato e risolto la difficile trasferta di San Antonio) ma nonostante mantenga cifre di tutto rispetto si è andato progressivamente spegnendo un po’ nei momenti che contano.

Inutile nascondersi dietro un dito: il formato eroico di Rozier manca da un po’ (probabilmente era impossibile sostenerlo con questa costanza) e le ragioni appaiono piuttosto lineari.

La perdita di peso offensivo ha fatto sì che un giocatore come lui letale nel catch n’shoot fosse guardato a vista anche da più uomini a volte, pronti a fermare la minaccia principale degli Hornets rimasta, quasi l’unica ad agire con costante moto perpetuo se escludiamo Bridges.

Costretto a forzare per far rimanere in partita i suoi, non ha sempre potuto ovviamente mettere insieme alte percentuali, inoltre la stanchezza si fa sentire visto il maggior impiego in termini di minuti.

Aveva già varcato tre volte la soglia degli oltre 40 minuti in una singola partita in stagione (una occasione però era stata la partita contro Phoenix terminata al supplementare) ma contro Cleveland e Brooklyn ne ha aggiunte altre due con ben 43:14 contro Cleveland senza OT…

Paga anche dalla distanza dove le sue percentuali sono calate (dopo la partita con Brooklyn scendeva esattamente al 40,0%), la forzatura da tre nel finale contro Atlanta ne è l’emblema ma in compenso è riuscito a smazzare 11 assist contro Miami e altri 10 a Brooklyn quando è stato spostato in posizione di playmaker per le assenze di Ball e Graham.

Con il rientro progressivo degli sviluppatori di gioco Ball e Hayward, un tiratore come T-RO dovrebbe giovarne ricevendo palloni con più spazio per tornare a essere micidiale.

Gli Hornets hanno bisogno di qualcosa in più da lui in termini di punti (è comunque recentemente entrato nella classifica all-time per la franchigia di Charlotte con 343 triple a segno dopo Brooklyn andando a insidiare DJ Augustin al nono posto con 350 e Felton con 375 all’ottavo, in soli due anni non ancora completi e incompleti nel calendario) decimo nella benché in stagione si sia elevato al di sopra delle aspettative in maniera considerevole.

Terry gioca 34,1 minuti a partita, più di ogni altro Hornet.

Sfrutta questo tempo per realizzare 20,7 pt. di media, cifra che gli consente di esser il miglior marcatore della squadra visto che ha un buon 40,5% da tre punti (182/449) , inoltre è il secondo stealer (1,3) del team.

Contro Portland ha fatto vedere di poter essere ancora uno scorer importante per Charlotte, gioca tanto ma sarebbe importante ritrovare la costanza delle sue conclusioni, ossigeno per Charlotte.

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Voti partite

Classifica giocatori e coach partite

Crunch Hornets

Gli Charlotte Hornets stanno diventando “grandi”?

Difficile dirlo tra momenti di esaltazione e scoramenti regolari (dalla partita con i Timberwolves non si alternano strisce da due W o L poiché giungono sistematicamente una vittoria e una sconfitta) siamo sul 3-3 nelle ultime 6 partite disputate e la classifica è una porta girevole di un hotel: si esce e si entra in zona playoff con disarmante facilità anche quando non si gioca con 11 squadre potenzialmente in lizza per 5 posizioni per un salto nel paradiso post stagionale.

Ci vorrà ancora un po’ – forse – sia per il discorso emancipazione che per il salto di qualità che potrebbe portare a risultati decisamente migliori nonostante la stagione sia sopra le previsioni degli analisti.

A inizio annata sapevamo di avere alcuni buoni giocatori nel roster ma non si sapeva quanto avrebbero potuto rendere a confronto con le altre squadre in questa particolare annata.

“Qualcuno” – per citare parzialmente Gaber – l’avevamo visto lo scorso anno lievitare (Graham e Rozier), qualcuno era un’incognita semplicemente perché rookie (Ball), qualcuno era un talento inespresso (Bridges e Monk), qualcuno si sta riprendendo dopo anni di appannamento (Zeller).

Di certo Hayward, arrivato come Messia nella terra del basket a insegnar il gioco ai suoi compagni in virtù della sua maggiore esperienza in NBA, pur continuando a essere indispensabile, ha visto la crescita vertiginosa dei suoi compagni di squadra.

Nella notte appena passata Hayward è stato discreto: si è fatto veder poco entrando in gioco quando la squadra ne ha avuto bisogno.

Non è stata una super partita dell’ex Celtics anche se i 5 assist e il 3/3 da oltre l’arco sono sicuramente dati incoraggianti.

Questi Hornets, senza aggiunta di pezzi che garantiscano una certa tenuta e solidità sono ancora fragili a tratti frustranti da vedere poiché passata la prima linea difensiva (i rumor sono sempre quelli su Collins, Cousins e Drummond tralasciando Griffin), spesso non abbiamo soluzioni adeguate per frenare il gioco di passaggi avversario o la prepotenza di certe masse lanciate a canestro, tuttavia la flessibilità e la fluidità offensiva rende simbiotico il gioco dei Calabroni con il loro animale guida.

Un gioco rapido, veloce e pungente che sta entusiasmando (anche qualche fan di nuova data) a partire da LaMelo Ball che incarna queste caratteristiche mettendo faccia e impronta sul gioco della squadra.

Ball pare aver trovato subito l’aura del predestinato dopo la prima uscita paurosa a Cleveland con 0/5 dal campo.

La sua propensione a migliorare la squadra grazie alle sue doti di fine passatore erano conosciute anche prima dell’approdo in NBA ma la sua personalità e le sue doti realizzative – anche in momenti chiave – stanno emergendo in queste settimane nelle quali manca Devonte’ Graham, uno ce ultimamente, nonostante qualche difficoltà iniziale e al tiro è stato devastante nei minuti finali.

Un altro giocatore che sta facendo grande Charlotte è Terry Rozier, buon comprimario a Boston, star per i Calabroni con i quali è giunto a due livelli superiori a ciò che aveva potuto mostrare dalla panchina con i verdi.

Ha vinto quasi da solo le partite contro Minnesota e Golden State in casa riprovandoci alla Chase Arena (8 punti consecutivi) ma troppo tardivamente e non in crunch time.

Rozier, nella prima sfida contro i Warriors ha realizza 20 dei 33 punti di Charlotte con un 7/9 dal campo compreso un 4/4 da 3 punti.

“Ne ho messa una, ne ho messe due e poi è stato come (“sparare nell’oceano”)”, ha detto Rozier sabato sera aggiungendo che i suoi compagni di squadra hanno fatto un ottimo lavoro per accompagnarlo a essere stato decisivo in quel tratto di gara.

L’allenatore degli Hornets – James Borrego – parla spesso della volontà di Rozier, anch’essa in mostra nella prima contro i californiani.

“La sua volontà durante le partite e il quarto periodo ci tiene in vita. Ci dà un’enorme quantità di fiducia e (contro GSW in casa), ha semplicemente voluto un’altra vittoria” ha detto coach Borrego.

In 30 minuti di tempo di clutch time Rozier ha segnato 33 punti con il 53% dal campo e il 54% da 3 punti…

Gli Hornets hanno superato gli avversari di 42 punti in questa stagione con Rozier on the floor nei decisivi minuti finali.

Malik Monk, dopo esser stato accantonato a inizio stagione è un giocatore da striscia: può variare le sue serate, dalla mediocrità si può accendere fino incredibili prestazioni come quelle ottenute contro Miami e Phoenix mentre a San Francisco ha segnato ancora un minimo di 25 punti partendo dalla panchina alla seconda uscita consecutiva, impresa riuscita solo a Dell Curry agli Hornets.

Nelle ultime tre uscite ha realizzato 20 punti o più…

Una specie di torcia umana capace di cambiare il volto della partita in pochi minuti…

Quando Monk si accende forse esagera?

Malik Monk è tra i migliori tiratori da 3 punti della stagione NBA vivendo di gran lunga la sua migliore stagione come tiratore da 3 punti, realizzando il 47,3% dei suoi tentativi.

Il suo miglior risultato in quattro stagioni NBA è stato del 34,2% come rookie…

Trovato spazio in rotazione (anche per l’assenza di Graham vista la sovrabbondanza di guardie), sta giocando 20 o più minuti nelle ultime 13 partite con i 39:51 giocati anche grazie all’OT a Miami e i 36 punti di massima messi a referto.

E’ sceso dal 54,2% della scorsa stagione al 42,5% a livello di percentuale da due punti di questa stagione ma se gli si chiede se le difese avversarie cercano di contenerlo in maniera differente in questa stagione lui dice: “Varia. Alcune squadre mi escludono dalla linea dei 3 punti e alcune squadre scelgono con i loro giocatori dietro il blocco. Vogliono che mi innamori della linea dei 3 punti piuttosto che farmi andare in penetrazione. Fanno un buon lavoro nell’accendermi.”

Grazie a questi giocatori gli Hornets sono attualmente la migliore squadra NBA che negli ultimi minuti a contatto in questa stagione riesce a mettere il miglior differenziale tra le squadre e con un ampio margine.

La NBA definisce il crunch time come quel tempo tempo in cui si ha un margine inferiore o pari a cinque punti negli gli ultimi cinque minuti di una partita.

La scorsa stagione i ragazzi di Borrego sono arrivati ​​quinti tra trenta squadre in questa particolare statistica.

Potremmo dire che gli Hornets, con un roster inferiore, hanno imparato a soffrire mentre con l’aggiunta bilanciata di un rookie talentuoso e un veterano hanno cominciato a divertirsi in quel tempo che fa palpitare il cuore dei tifosi.

Gli Hornets hanno giocato 43 minuti a tempo di frizione in questa stagione e hanno cancellato gli avversari in quel periodo: superandoli di 51,4 punti ogni 100 possessi.

Gli Hornets in crunch time in questa stagione.

La seconda migliore squadra nel tempo “decisivo” sono i Philadelphia 76ers con poco più di 35 punti ogni 100 possessi…

Se andassimo a vedere, inoltre, da gara 20 a gara 32 (le prime 19 partite le avevo già recensite in toto e le trovate nel pezzo denominato “Il Punto” uscito dopo gara 19) possiamo notare come la quasi metà delle volte Charlotte sia andata a contatto nei minuti finali.

Sei volte con altrettante vittorie: Indiana, Milwaukee, @ Miami, Minnesota, Golden State e @ Phoenix…

Per quattro volte siamo entrati in vantaggio, due in svantaggio ma il risultato è stato il medesimo grazie ai nostri giocatori offensivi ma anche difensivi (basti ricordare lo sfondamento subito da Zeller a Miami) che paiono essere incredibilmente performanti in quei minuti tendendo a disperdersi nei meandri temporanei delle lunghe partite.

Qui possiamo notare nel dettaglio i punti realizzati in totale nel crunch time da ogni nostro singolo giocatore nelle ultime sei partite prese in questione:

Dopo la L con Golden State la prossima settimana italiana si aprirà con il secondo gruppo di trasferte: Sacramento, Portland e Minneapolis, sulla carta tre partite abbordabili o giocabili (a Portland è sempre dura) che faranno il paio con le prime tre casalinghe dopo la pausa per l’All-Star Game: Detroit, Toronto e ancora Sacramento.

Gli Hornets per diventare grandi dovranno maturare sotto l’aspetto difensivo cercando di non ridursi all’ultimo nel fare i compiti e ricavare il massimo da queste partite prima di cinque nuove trasferte a Ovest…

Charlotte Hornets 2020/21 Preview

Sono passati sei anni dalla mia prima presentazione degli Charlotte Hornets 2.0, eppure qualcosa di più profondo, dentro quel panorama, nonostante molti volti siano cambiati, non è mutato.

Se vi capita di porvi domande esistenziali, indagando dentro voi stessi, per trovare risposte che non avrete mai, vi accorgerete di essere bloccati in un limbo, in una sconfinata terra di mezzo, infinitamente più grande di voi con un panorama di fondo incerto e immutabile.

Quando intorno poi non si offrono garanzie, certezze, la percezione della condizione peggiora e la sensazione si amplifica.

Essere un tifoso degli Hornets oggi significa anche sentirsi in questa maniera, l’immutabilità di una franchigia che non ha più appeal e che fatica ad attrarre stelle di media grandezza è un problema più grande di essa, si tratta di un problema strutturale della NBA e dei suoi equilibri.

A parte la pandemia…

Graham (visto da me), con la nuova divisa “secondaria” cerca di dribblare anche il virus come ultimo ostacolo per andare a canestro.

rimanendo sul tema, le strategie degli Hornets, nonostante il cambio di GM, sono influenzate da questa situazione.

La squadra non può contare su un nucleo composto da un paio di star, detassazioni estreme o un piccolo Eden vista mare come quello che i giocatori ricreano in Florida a Miami nei vari locali glam della città.

A questo punto Charlotte ha due alternative: progettare sui giovani dandogli tempo e spazio per crescere, situazione che contempla anni di sconfitte per arrivare a ottenere (si spera) prime scelte, oppure pagare di più giocatori che cercano una nuova casa.

Kupchak, come un cane da tartufi alla ricerca del profumo del grosso pezzo pregiato, ha fiutato in avvio di mercato Russell Westbrook ma ci sarebbe stato da piazzare prima il contratto di Batum da 27,1 milioni per liberare spazio per la firma dell’ex Rockets e le cifre purtroppo, aggirandosi intorno ai 40 milioni risultavano anche essere troppo alte per un giocatore che avrebbe anche potuto (per via del suo gioco) bloccare lo sviluppo di crescita del team.

Poi dal Draft è giunto LaMelo Ball (serendipità?) e nel ruolo di guardia (PG/SG) ci siamo ulteriormente coperti.

L’occasione per aggiungere sullo scacchiere un pezzo importante è arrivata da Boston, quando, Gordon Hayward, pur lautamente stipendiato, ha fatto sapere di voler uscire dal proprio contratto con i Celtics.

Hayward era già stato seguito da MJ ai tempi di Utah ma l’offerta massima era stata pareggiata dai Jazz che hanno avuto la meglio essendo l’ala all’epoca un restricted free agent.

I Pacers e altre squadre, secondo indiscrezioni, avrebbero offerto sui 100 milioni per assicurarsi le prestazioni della SF che tuttavia ha preferito accettare i 120 milioni per 4 anni offerti da Charlotte.

Del giocatore e dei giocatori parleremo più avanti nel pezzo, di sicuro le aggiunte di LaMelo Ball e di Gordon Hayward hanno aggiunto interesse per la squadra fino a oggi meno mediatica della NBA.

L’inserimento del secondo potrebbe essere quell’olio, quel grasso che fa scivolare bene gli ingranaggi, i meccanismi della squadra.

I benefici apportati da Gordon potrebbero essere sottostimati dalla maggior parte degli analisti.

D’altro canto Bleacher Report ha dato un grado F, il peggiore tra tutte le squadre in NBA alla franchigia targata MJ perché avremmo “ipotecato il nostro futuro” nell’operazione Hayward che ci costerà 39 milioni circa all’anno in media.

Diciamo subito che il contratto di Hayward è leggermente a salire, questo permetterà nei primi anni di ammortizzare un po’ quei 9,03 milioni dovuti a Batum dopo che l’entourage Hornets ha propeso per il taglio del francese.

Un dead cap pesante (9,1% sul monte ingaggi ipotetico) che si rifletterà sulle casse di Charlotte per ben 3 anni.

Con Batum che lascia mestamente la Buzz City, nel roster, tra i giocatori di vecchia data rimane solo Cody Zeller (escludendo Biyombo en rentrant).

C’è però qualcosa di nuovo: Charlotte, nonostante abbia scelto una soluzione intermedia tra giovani e cercare di portare a casa il miglior giocatore catturabile possibile per le possibilità di MJ, ci sta provando.

Qualcosa si muove, vedremo se la strada imboccata sarà quella giusta o no solo tra un paio d’anni ma…

Diamo uno sguardo al

Roster della preseason 2020/21

I ragazzi del roster e i due Two-Way.

PG: LaMelo Ball, Terry Rozier, Grant Riller.

SG: Devonte’ Graham, Malik Monk, Caleb Martin, Nate Darling, Keandre Cook.

SF: Gordon Hayward, Miles Bridges, Cody Martin, Khalil Whitney, Xavier Sneed.

PF: P.J. Washington, Jalen McDaniels, Javin DeLaurier.

C: Cody Zeller, Vernon Carey Jr., Bismack Biyombo, Nick Richards.

Andiamo dunque a vedere gli arrivi e le partenze e come sarà composto il roster del training camp e i relativi numeri nella grafica del sito ufficiale degli Charlotte Hornets per la stagione 2020/21.

Mercato

Acquisizioni:

LaMelo Ball (3^ scelta al Draft 2020),

Gordon Hayward (Boston Celtics),

Vernon Carey Jr. (32^ scelta al Draft),

Nick Richards (42^ scelta Draft via Pelicans),

Xavier Sneed (10 day),

Javin DeLaurier (10 day),

Keandre Cook (10 day),

Khalil Whitney (10 day),

Grant Riller (56^ scelta al Draft, Two-way),

Nate Darling (Two-way).

Cessioni:

Willy Hernangomez (New Orleans Pelicans),

Dwayne Bacon (Orlando Magic),

Ray Spalding (tagliato),

Nicolas Batum (tagliato).

In relazione ai movimenti effettuati sul mercato dalla società il roster si compone attualmente di 20 elementi, alcuni con un contratto da 10 giorni di esibizione.

Freccia puntata verso il cielo

Sul perché la società abbia deciso di optare per questi movimenti è facile dirsi.

In relazione ai tagli di Hernangomez e Bacon: il primo era un buon rimbalzista ma non garantiva l’intimidazione e la protezione al ferro richiesta, il secondo era finito completamente fuori dalle rotazioni, persosi in attacco dopo la perdita della titolarità a favore di Graham a inizio scorsa stagione.

Il taglio di Batum, quando mancava un anno alla scadenza del suo contratto (il francese aveva esercitato la player option a suo favore per il rinnovo a 27,1 milioni) è stata una mossa azzardata per liberare quello spazio che avrebbe consentito a Charlotte di firmare Hayward a 120 milioni per quattro anni.

Kupchak sperava di riuscire a trovare una squadra interessata a ricostruire che avrebbe assorbito il costo del transalpino ma con molte squadre al limite del cap e le poche rimaste a chiedere “troppo” purtroppo si è finiti per partorire un’operazione piuttosto costosa che per Bleacher Report è stata disastrosa ma che in realtà solo il parquet potrà confermare o smentire.

Di certo la somma media per i prossimi tre anni -spesa per l’operazione Hayward/Batum – si aggirerà intorno ai 39 milioni, non pochi per un salary cap che ne conta in più soltanto un’altra settantina.

Dobbiamo comunque distinguere il piano economico da quello tecnico: discernere i due aspetti è fondamentale per valutare l’operazione nella sua complessità poiché se la prima ci ha portato un dead cap di 9 milioni l’anno, la seconda potrebbe rivelarsi un affare a patto che Hayward, ben retribuito, non cada in un altro infortunio serio, il che getterebbe più di un’ombra sul piano B di Charlotte anche in termini di strategie future per scambi eventuali ma qui stiamo andando troppo oltre in discorsi visionari da think tank.

Crescere è l’obiettivo e per farlo Kupchak si è affidato alla concezione di acquisire i giocatori di maggior talento senza “incastrarli” in un ruolo fisso, selezionando per potenzialità e occasioni.

In concreto, nel primo caso il nome è quello di LaMelo Ball, il secondo è rappresentato da Gordon Hayward.

L’arrivo del primo allungherà le rotazioni nel settore guardie dando più qualità alla panchina (aspetto fondamentale che molti trascurano), il secondo farà da chioccia ai più giovani, collante per tutta la squadra ed essendo uno scorer efficace, aggiungerà quei “punti mancanti” nella scorsa stagione facilitando Charlotte a finalizzare la manovra.

Hayward ha 30 anni con un’età media del roster (che innalza) intorno ai 24 anni (il colore di fondo nel grafico sottostante indica la fascia d’età), quindi ho provato a stilare le mie “personali” (non essendo ancora iniziata la stagione) rotazioni nella

Deep Chart

C’è da sottolineare che Borrego ha detto sì, chiaramente di voler sviluppare i (giovani) giocatori ma che nessuno avrà il posto garantito per qualsiasi motivo, i ragazzi dovranno meritarsi il minutaggio che gli verrà concesso.

Partiamo dalla posizione di point guard o playmaker: seguendo la logica che Charlotte è una squadra senza pressione sulle spalle e basandomi su un paio di indizi recenti (l’esordio lo scorso anno da rookie di P.J. Washington come titolare e l’ultima apparizione di Batum nella sua Parigi come mossa mediatica), azzarderei che il play titolare, anche per l’hype che si porta addosso, dovrebbe essere LaMelo Ball (magari verrò subito smentito).

Il suo vice dovrebbe essere un non troppo momentaneamente soddisfatto Terry Rozier (altro indizio, aveva fatto uscire su un social una fotografia di sé stesso con le valige in mano).

Grant Riller sarà un’opzione possibile e limitata dal contratto che vedremo solo in caso d’infortunio di qualche guardia.

Più probabile che Borrego, alla bisogna, faccia spendere dei minuti da PG a Monk e soprattutto a Graham.

C’è da dire che qui i ruoli sono piuttosto interscambiabili, non esiste una linea netta di demarcazione per i giocatori menzionati anche se Monk non è il play che vorrei.

Il play per antonomasia dovrebbe essere LaMelo Ball che ha dimostrato in questi anni sprazzi di fantasia e talento in questa nobile arte, il che aiuterebbe gli Hornets ad aumentare la quantità di assist risolvendo situazioni stagnanti.

Certamente da un rookie ci si potrà aspettare anche la giocata esagerata che porterà alla palla persa ma questo farà parte del processo di crescita.

Bisognerà vedere che feeling si instaurerà con i compagni e se LaMelo, nel breve tempo a disposizione in questa preseason assimilerà gli schemi richiesti da Borrego oppure tenderà a essere più anarchico in modalità “genio e sregolatezza”.

Un ulteriore vantaggio nell’avere LaMelo sul parquet sarà il fatto che Graham, miglior scorer degli Hornets lo scorso anno con 18,2 punti di media, potrà agire da secondo ghost play.

La scorsa regular season il buon Devonte’ terminò con 7,5 assist di media a partita mostrando una buona visione di gioco.

Più controversa è la posizione difensiva del nostro backcourt ipoteticamente titolare: se da un lato i cm di LaMelo garantiscono una miglior protezione sul perimetro (la coppia Rozier/Graham era sottodimensionata), dall’altro lato pesano le incognite su quella che potrebbe essere la fase difensiva di Ball in NBA.

Non essendo un super difensore, come Graham, Charlotte potrebbe registrare ancora qualche problema in diverse situazioni.

Nel ruolo di SG, come già detto, dovrebbe partire Graham e sul cubo, pronto a sostituirlo, Monk.

Qui saranno importanti le rotazioni di Borrego: slittare di qualche minuto i cambi non rendendoli simmetrici potrebbe aprire le porte a dei minuti LaMelo-Rozier, coppia interessante ed equilibrata su ambo i fronti (attacco/difesa).

La mia terza opzione è Caleb Martin che, da swingman, partito come ala piccola, nel finale della scorsa stagione si è differenziato dal fratello gemello (sul parquet se non fosse per il numero sarebbero indistinguibili) mostrando una propensione più offensiva (6,2 pt. in 17,6 minuti) e un buon tiro che gli addetti ai lavori già conoscevano.

Potrebbe essere lui ad avere qualche minuto in casi particolari.

Nel ruolo di ala piccola giostrerà Gordon Hayward, il pezzo pregiato del mercato degli Hornets.

Gordon è il più “vecchio” del gruppo, pur avendo soltanto 30 anni.

Toccherà a lui avere la leadership dello spogliatoio per trascinare la squadra, migliorare i giovani e risolvere situazioni di gioco offensive sul parquet.

Il talento c’è, la capacità di andare a canestro con varie soluzioni anche (uno degli Hornets che può creare anche da solo dal palleggio creandosi spazio per concludere), le percentuali sono buone (l’anno scorso mise 350 tiri sui 700 effettuati per un ottimo 50,0%).

Lo scorso anno gli Hornets arrivarono ultimi in punti realizzati di media (102,9), ventinovesimi in Off Rtg (106,3) e ultimi nel Pace (95,8) nonostante una squadra giovane che tuttavia a difesa schierata a volte si bloccava trascinandosi ai 24 secondi se un Rozier o un Graham non andavano a inventarsi qualcosa.

Facile capire perché Kupchak non abbia pensato due volte a Gordon per risolvere questi problemi.

Le preoccupazioni sono legate a un possibile infortunio, avendo l’ex Celtics subito un grave infortunio alla caviglia in passato e aver avuto altri infortuni.

Per Charlotte, non avere le sue prestazioni potrebbe risultare un problema irrisolvibile.

Dietro di lui agirà Miles Bridges, che, inversamente a Gordon, dei problemi a chiudere al ferro li aveva.

La potenza non è tutto e la difesa comunque era rivedibile, chissà che avere un “maestro” nel ruolo come Hayward, riesca a migliorare le sue attuali, forse limitate, capacità tecniche.

Cody Martin potrebbe switchare come il fratello e avere qualche minuto a disposizione soprattutto come specialista difensivo.

Sneed e Whitney saranno due giocatori che potrebbero prendere posto a Greensboro se non verranno tagliati definitivamente.

Come ala grande P.J. Washington non dovrebbe aver problemi a mantenere il posto da titolare e dal mio punto di vista dovrebbe essere seguito da McDaniels nelle rotazioni.

Personalmente darei un po’ di spazio anche al secondo ragazzo che lo scorso anno ha cominciato a far vedere buone cose e avrebbe bisogno di un certo numero di minuti sul parquet per sviluppare il proprio gioco.

All’occorrenza ho inserito Nick Richards, un centro che potrebbe switchare anche come ala grande se ci fosse bisogno di più difesa in quel frangente.

DeLaurier, capitano di Duke, forse è il giocatore con meno talento, il rischio taglio c’è ma potrebbe aggiungersi come terzo elemento se Charlotte decidesse, in controtendenza, di puntare sul ruolo e non sul talento.

I ruoli saranno piuttosto interscambiabili, ciò che non è stato scambiabile in questa breve finestra di mercato è stato invece Cody Zeller che partirà da titolare nella posizione più lacunosa dello starting five nonostante l’apprezzamento espresso in questi giorni da Borrego per quello che sarà ancora il suo centro titolare.

Dietro di lui potrebbe già vedersi dalle prime battute Vernon Carey Jr. (scelta personale sulla gerarchia immaginando un po’ il discorso fatto per P.J. e Ball) con Biyombo a far da mentore ai giovani.

Biz ha voluto rimanere per vedere come andrà a finire il progetto, lo stipendio si è adeguato alla reale forza del giocatore che avrà anche un giocatore a tratti simile a lui: il giamaicano Nick Richards, da svezzare.

Essendo un team giovane, a fare da contraltare alla problematica non indifferente legata all’esperienza, vi sarà l’entusiasmo tipico giovanile unito alla tenacia che lo scorso anno ha contraddistinto la squadra spingendola a diversi finali punto a punto contro squadre più quotate.

Se Borrego e i ragazzi saranno capaci di ritrovare quel feeling e quello spirito di squadra, aiutandosi l’un l’altro, l’aspetto psicologico potrebbe compensare talvolta le lacune su alcune malizie del gioco.

Il gioco

Il gioco degli Charlotte Hornets è influenzato da Borrego e dalle contingenze.

L’idea del giovane coach, scuola Spurs, nonostante in NBA si verticalizzi molto basandosi sulle individualità dettate dalle capacità atletiche, è quella di arrivare a canestro muovendo palla creando situazioni dove Charlotte, squadra giovane e agile, possa prendere vantaggio in termini di tempo per attaccare il ferro o di spazio per liberare un tiratore servito piedi a terra (lo scorso anno Rozier e Graham beneficiarono di questo gioco anche se i due seppero crearsi “troppe volte” – per via delle necessità contingenti – diverse situazioni non in catch n’shoot).

Per far ciò, il GM Kupchak ha attinto dal mercato pescando un giovane imprevedibile capace di smistare assist non convenzionali talvolta e un giocatore polifunzionale come Hayward in grado di realizzare anche da solo in ogni tipo di situazione, anche in uno contro uno marcato stretto, il che dovrebbe aiutare la squadra a prendere meno brutti tiri al limite dei 24 secondi.

Che la situazione offensiva si sviluppi da qualsiasi tipo di pick and roll o si opti per altri schemi, l’idea della scorsa annata è stata quella di utilizzare molto il tiro da fuori.

Un rischio che, nella NBA moderna, con i tanti tiratori migliorati e specialisti, paga più spesso di un tempo.

Avere cinque uomini sul parquet in grado di allargare gli spazi colpendo da fuori non è l’intento primario solamente di Charlotte ma di quasi tutte le squadre NBA.

Video

Vediamo una delle tante situazioni nella quale Borrego ha utilizzato un gioco con i cinque fuori cercando di sfruttare la dinamicità dell’intera squadra:

Qui, sulla partenza dell’azione, vediamo Zeller arrivare a rimorchio e ricevere in punta da Graham.

Il secondo accenna un taglio (si fermerà, bloccato in posizione di ala) fornendo un velo a Rozier che dietro di lui va a tagliare in maniera più decisa verso la linea di fondo per cercare di andare a occupare l’angolo opposto.

Il tutto avviene mentre Zeller, ignorando il taglio di Rozier, ribalta il lato su Miles, il quale, salendo a ricevere (velato da P.J.) crea una situazione di drag pick and roll in movimento con la difesa non ancora ben organizzata.

Bridges cerca di entrare nel cuore dell’area a ricciolo ma bloccato, scarica immediatamente sul lato debole ritrovando un Graham, che, oscillando in quello spazio, dimenticato per un attimo da uno Young preoccupato dalla penetrazione di Bridges, spara in catch n’shoot da tre punti.

Analisi dell’azione a cura di Matteo Vezzelli

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Qui, invece, andiamo a vedere una posizione di partenza con la triangolo sul lato forte con un pinch post di Biyombo, tuttavia Graham attacca sull’esterno destro passando il blocco di Biz.

La difesa di Cam Reddish per oltrepassare il blocco del nostro centro è lentissima e mentre il contrapposto del congolese permane a centro area bloccando il nostro C, il difensore più vicino a Caleb Martin, Hunter, attratto dalla rollata di Biyombo, perde il contatto visivo con il “suo” uomo.

Il passaggio flash di Devonte’ libera in attacco la nostra guardia, la quale si avvantaggia grazie a uno spazio enorme per poter colpire.

Analisi dell’azione a cura di Matteo Vezzelli

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Borrego è stato anche abile a trovare nuove soluzioni per le rimesse in gioco nei momenti decisivi della partita.

Spesso con Clifford le rimesse erano eccessivamente e incredibilmente problematiche, talvolta rimesse a favore si sono rivelate letali.

Qui vediamo il 5 novembre dello scorso anno:

Sulla rimessa di Martin, con palla ancora out vediamo partire dai due prolungamenti dei gomiti e incrociare Bridges e Rozier per andare a occupare gli angoli opposti dopo esser scattati verso canestro.

I difensori “seguono” liberando Biyombo pronto a salire per la ricezione.

La partenza da lontano in corsa con finta e incrocio di Graham permette al nostro piccolo di liberarsi e ricevere il consegnato (hand-off).

L’opzione è triplice, o il passaggio negli angoli (con Bridges a destra più difficile da servire e come seconda opzione per via di un tiro meno efficace) o puntare a canestro mentre Martin, scattando sulla sinistra crea un nugolo di tre giocatori in verticale.

Devonte’ usa la terza opzione fiondandosi a canestro ma sull’opposizione di un Sampson troppo aggressivo, Devonte’ disegna il contatto trovando i tiri liberi che decideranno la partita.

Analisi dell’azione a cura di Erik Chialina

Purtroppo i giocatori degli Hornets lo scorso anno non sono stati molto efficaci dalle parti dell’anello, mani o prestanza fisica dei lunghi sono venute un po’ a mancare e alcuni elementi tra gli esterni hanno palesato limiti nell’attaccare il ferro, compreso Graham che deve migliorare sotto questo aspetto per salire ancora di livello.

Uno dei ragazzi dal quale Borrego si aspetta i miglioramenti di cui parlavano sopra sarà sicuramente P.J. Washington che ha mostrato movimenti interessanti in post up per arrivare al ferro lo scorso anno.

Un semigancio interessante, buon movimento di piedi anche sullo spin, giocatore che in avvicinamento a canestro sa usare il fioretto ma talvolta – se trova spazio, non esita ad andare dentro con convinzione.

Se migliorasse un po’ l’efficacia del suo gioco da singolo le difese avversarie dovrebbero scegliere se concedergli l’uno contro uno o “rispettarlo” ponendogli doppia attenzione e lasciare uno spazio sul perimetro per un tiratore di Charlotte.

La stessa cosa non potremo aspettarcela da Zeller che rimane un lottatore ma con capacità tecniche offensive più limitate in uno contro uno o in situazione non dinamica.

Potremmo migliorare anche in transizione grazie ai due nuovi elementi che dovrebbero migliorare la spinta e l’efficacia in queste circostanze.

La panchina sarà sicuramente un elemento interessante da osservare poiché la qualità è aumentata.

Gli inserimenti di Ball e Hayward hanno spinto sul cubo del cambio Rozier e Bridges ai quali si aggiungono un Monk scostante ma talvolta letale, McDaniels e Carey Jr..

Un secondo quintetto bilanciato che potrebbe ben amalgamarsi anche nello sporadico caso dovessero trovarsi tutti insieme contemporaneamente sul parquet.

Ciò che preoccupa è la difesa.

Kupchak ha cercato di coprire la posizione più indifesa aggiungendo un paio di centri giovani che sappiano difendere, questo potrebbe non bastare, sia per il fatto che bisognerà testare le loro capacità in velocità e tenuta difensiva.

Zeller da fermo non è un ostacolo insormontabile da superare ma in attacco, in genere, garantisce buone angolazioni ai blocchi, ottime rollate e saltuariamente inserimenti a fanali spenti esplosivi.

Discreto senso della posizione, è un onesto lavoratore ma nulla più e talvolta contro altri big nel suo ruolo non regge il confronto.

Qualche volta potrebbe prendere il suo posto, in caso di small ball (soluzione che Borrego cerca da adattare in situazioni di svantaggio o di differenze in cm/peso con altri team) ma la situazione non mi entusiasma.

I Singoli

Andiamo a recuperare i giudizi sui vari giocatori a fine della scorsa annata aggiornandoli e inserendo le nuove leve per visionare più da vicino i giocatori nel roster:

PG

LaMelo Ball

Quando il suono arriva prima dell’immagine dovreste pensare a LaMelo Ball.

La sponsorizzazione del padre ha trasformato questo giocatore in un fenomeno mediatico con il quale Charlotte dovrà fare i conti.

Senza voler sminuire il lavoro di Borrego, trovo difficile che il coach riesca a lasciarlo fuori dal quintetto iniziale, solo per l’hype che porta con sé.

Ovviamente la PG che ha giocato in Australia l’ultimo anno dovrà mostrare di essere quel giocatore che LaVar Ball, suo padre, declama.

Secondo LaVar, il figlio vincerà il “ROTY”, il premio per il miglior rookie.

LaVar è andato anche oltre mentre Borrego è già rimasto “folgorato” in allenamento ma che cosa può aggiungere di concreto sul parquet un ragazzo selezionato come piano C (Wiseman sarebbe stato il prescelto ed Edwards la seconda opzione poiché gli Hornets sono carenti nella difesa al ferro e hanno bisogno di aumentare il punteggio) da Charlotte al Draft?

Se queste non sono proprio le principali ed evidenti caratteristiche di Ball, la risposta è altrettanto chiara.

Gli Hornets aggiungono un ottimo uomo assist, teoricamente superiore al resto del roster, che, in un sistema di gioco come quello di Borrego, leggermente più complesso della media NBA (si tende molto a semplificare verticalizzando il più possibile prendendo un blocco, ecc.), potrebbe esaltarsi trovando spazi per esprimere il suo potenziale.

Il funambolico numero 2 avrà il suo bel da fare nel confrontarsi con i pari ruolo migliori al mondo poiché sulla tenuta difensiva ho alcuni dubbi.

Lo vedremo comunque presto in azione sperando cerchi di impegnarsi al massimo anche sul lato meno divertente del campo, che sia un LaMelo in versione cicala o formica è ancora tutto da vedere.

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Terry Rozier

Terry Rozier è arrivato a Charlotte lo scorso anno con l’inevitabile etichetta addosso di sostituto dell’insostituibile Kemba Walker.

Lui sapeva che lo stavano pensando tutti a Charlotte quindi ha detto:

“Non sono Kemba”.

Scary Terry faceva panchina ai Celtics ma negli Hornets è salito di livello offensivo dovendosi prendere troppe volte grandi responsabilità quando la palla scottava.

Troppo solo, ha finito per sbagliare tiri in alcuni finali che avrebbero potuto darci la vittoria, altre volte è riuscito a portarla a casa ma la cosa che ha fatto più impressione è stato il modo nel quale ha aumentato la sua media punti.

Ad Atlanta, in 2 OT, ha raggiunto il massimo in carriera con un 8/13 da 3 punti che ha contribuito a portarlo a 40 punti con alcuni canestri rimarcabili come quello in corsa con step-back laterale in allontanamento dal difensore e tiro da 45° da destra che ha fluttuato implacabilmente sino ad accarezzare la retina.

James Borrego, prima della partita aveva detto che Rozier è diventato un tiratore d’élite della NBA. Gli Hornets lo hanno messo sotto contratto per tre anni con cifre a scendere che si aggirano sui 19 milioni all’anno.

Sembrava una follia ma Scary si è dato da fare e il suo spirito guerriero lo ha portato al di sopra delle aspettative di quei fan scettici.

“Terry è stato fantastico”, ha detto Borrego.

“Ha superato le mie aspettative.”

Rozier avrebbe dovuto giocare da playmaker ma la veloce ascesa di Graham ha fatto si che Terry, pur conservando le proprie caratteristiche diventasse un po’ più guardia tiratrice con diverse caratteristiche dei due sovrapponibili in una fusione che ha portato i “Buzz Brothers” a essere una minaccia nel tiro da fuori l’arco ma non solo, anche con la palla in mano per capacità di distribuire assist, cosa che Terry, anche se in forma minore del compagno, continua a fare come una specie di creatore quasi secondario.

“Ovviamente, non sono soddisfatto per il semplice fatto che posso dare un po’ di più”, ha detto Rozier.

“Questa è la cosa buona di me: cercherò sempre di fare meglio”.

Il problema è che la scelta di LaMelo Ball potrebbe scalzare Terry dalla posizione titolare e la sua foto su un noto social che lo ritraeva con le valige in mano ha fatto il giro del mondo e dato da pensare, poiché, avendo appena acquisito un posto da titolare ed avendo giocato una buona annata, perderlo, non sarebbe probabilmente un evento gradito da parte dell’ex Celtics.

Il suo costo e i rumor che lo vedevano al centro di possibili scambi si sono dissipati.

Terry potrebbe partire come secondo playmaker (lasciamo aperta anche una piccola ipotesi che possa partire titolare) per lasciare il ruolo di SG a Graham e Monk.

Il suo tiro da tre punti è stato spesso un’arma importante, partire dalla panchina gli consentirebbe, avendo un buon minutaggio, di essere ancora più letale probabilmente e di subire un minor dispendio energetico che dal mio punto di vista l’aveva penalizzato in fase difensiva lo scorso anno.

La parte più controversa è questa… mi aspettavo di più da lui in fase difensiva ma avendo dovuto fare i conti con il bisogno offensivo della squadra è ampiamente giustificato, piuttosto, la mancanza di cm per difender sul perimetro insieme a Graham, preoccupa, ecco perché LaMelo insieme a “Gamberone” Graham potrebbero essere la soluzione ideale, favorendo anche un Rozier pronto sul cubo del cambio, più fresco e pronto a usare più aggressività in difesa per passare sui blocchi laddove lo scorso anno ebbe qualche problematica.

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Grant Riller

Grant Riller è nato il 08/02/1997.

E’ nato a Orlando ed è fan dei Magic, è alto 191 cm e pesa 86 kg.

Grant è stato scelto al tramonto del Draft, alla posizione numero 56.

La barbuta comboguard ha aiutato negli ultimi anni i Charleston Cougars e con una media di 21,9 punti, 5,3 rimbalzi e 3,9 assist nella sua ultima stagione sotto la guida dell’allenatore Earl Grant è emerso fornendo diverse prestazioni offensive impressionanti contro le difese che cercavano di contenerlo.
Ottimo primo passo, marcatore istintivo con un gioco midrange avanzato e un buonissimo rilascio di tiro, Riller ha portato un pesante fardello offensivo per i Cougars.

Ha svariato su tutto il fronte d’attacco e si è applicato in difesa su giocatori di diversi ruoli. Spingendo la palla in modo aggressivo in transizione e mostrando un po ‘di visione e talento come passatore, ha aiutato la squadra a sviluppare un buon gioco offensivo.

I dubbi sorgono in difesa dove non si è mostrato costante anche se alcune buone giocate atletiche lo hanno messo in luce, sa anticipare o intercettare, subire cariche ma non sempre si è mostrato affidabile mentre va in salto a caccia di palloni vaganti per far partire la transizione e questo fatto gli ha consentito di aver un maggior impatto rispetto alla maggioranza delle guardie a rimbalzo.
Detentore del record del College of Charleston nella sua era NCAA Division I per punti in una singola partita (43).
Secondo miglior marcatore nella storia della scuola (2.474 punti), dietro ad Andrew Goudelock (2.571).
Ha registrato un record di 36 punti contro James Madison, realizzando 6 su 7 da tre punti (30 gennaio).
Le sue migliori armi sono: la versatilità di una comboguard con un impressionante arsenale offensivo, sa gestire la palla bene e crearsi il tiro, esplosività con un primo passo rapido, aggressivo, attacca il canestro e può andare in lunetta.
“Ha sempre avuto la naturale capacità di segnare ma la sua capacità di leggere la partita, la sua regia, la sua capacità di scegliere i suoi punti sono salite di livello”. – Ex assistente allenatore di Charleston Quinton Ferrell.

Se riuscisse a non essere come Troy Daniels, inconsistente in difesa, potrebbe anche ritagliarsi un discreto ruolo come tiratore…

SG

Devonte’ Graham

Graham è il figlio di un’evoluzione che non l’aveva previsto.

L’ex semisconosciuto play avrebbe dovuto al massimo partire dalla panchina ma i processi interni avvenuti a Charlotte l’hanno portato in rampa di lancio.

Andando oltre le aspettative, mettendo su un buon tiro da fuori e smistando precisi palloni si è preso il posto da titolare eclissando un Bacon oggi è finito a Orlando.

Quello che gli viene imputato spesso è che deve un po’ migliorare in penetrazione, probabilmente Borrego chiederà anche questo ma ha mostrato alcuni lampi con giocate acrobatiche in sottomano.

Chiedergli di ripeterle sempre è impossibile, non è facile per un ragazzo con i suoi cm e il suo peso andare a sfidare sotto le plance gli avversari ma se vuole essere uno scorer completo e confonder gli avversari variando più il gioco deve lavorare anche sotto questo aspetto.

“Tae”, oltre che a far piovere bombe da distanze siderali è anche un buon passatore da drive and kick ma se la palla scotta, oltre a Rozier, lo scorso anno si è visto anche lui.

A New York con uno schema simile aveva messo una tripla all’ultimo istante per farci vincer una partita al cardiopalma, qui lo vediamo partire da lontano e guadagnarsi il fallo che ci farà battere i Pacers.

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Malik Monk

Malik è risultato positivo al Covid 19 poco prima della preseason ma dovrebbe essere recuperabile per l’esordio del 23 dicembre.

Il numero 1 degli Hornets stava migliorando sul finire della scorsa stagione – pur rimanendo altalenante – ma essendo stato sospeso per via del controllo antidoping risultato positivo era scomparso dai radar per la conseguente sospensione.

Da lui ci si attende un proseguo dei miglioramenti offensivi in termini di realizzazione e una miglior visione sul passaggio che ha mostrato in alcune occasioni.

Aveva capito come sfruttare meglio la sua aumentata fisicità fiondandosi a canestro dove ha un repertorio di appoggi vasto, elastico con punte di bravura anche temporeggiando in aria o in controtempo, qualità che non molti giocatori hanno.

Deve crescere sul tiro dalla lunga dove è ancora troppo inaffidabile e in difesa dove a volte si fa prendere d’infilata troppo facilmente.

Charlotte ha deciso di tenerlo nonostante il suo nome sia stato fatto da vari siti su rumor per eventuali scambi non andati in porto (vedi New York).

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Caleb Martin

Gli scout dicono dalle origini, che dei due gemelli sia quello con più talento.

Eppure il fratello si era inserito da subito e meglio.

Quello messo in disparte per la prima squadra pur avendo punti nelle mani e discreta difesa si è messo in luce nel finale di stagione.

I tagli che fa sono buoni, in penetrazione deve migliorarsi.

“Sto trovando il modo di dirigere l’attacco trovando canestri qua e là. Non sono statistiche rilevanti perché abbiamo già ragazzi (in squadra) che lo fanno”, ha detto Martin.

Nelle sue ultime due partite, Martin ha realizzato i punteggi più alto della sua carriera con 19 pt. a Miami e 23 punti ad Atlanta.

Atletismo (sottovalutato dai più) e velocità ci sono come la voglia di far bene su ambo i lati del campo.

Ha messo in mostra un buon tiro da fuori con uno strano scatto delle gambe ma la cosa funziona e la dimensione perimetrale se dovesse essere confermata con buone percentuali lo porterebbe a mettere un po’ in difficoltà Borrego che potrebbe ritenerlo più utile di Bridges.

All’occorrenza non ha paura di buttarsi dentro e l’impegno difensivo c’è, stesso sangue del fratello ma a volte è eccessivo.

Sa prender lo sfondamento ma la sua gioventù lo porta a eccessi come il fallo su Hunter che ha portato ai liberi che hanno deciso a nostro sfavore la partita con Atlanta.

Al momento sembrerebbe esser perfetto dalla panchina per mettere in difficoltà a uomo o con zone varie gli avversari, sia da portatore di pressing sulla palla che lontano dalla stessa ma anche per lui il minutaggio si ridurrà.

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Nate Darling

196 cm per 91 kg, la shooting guard canadese è nata il 30 agosto 1998.

Un bel tiratore da fuori, indubbiamente, il che avrà ingolosito gli Hornets e un Borrego alla ricerca di un gioco che abbia sfoghi sul perimetro per colpire in pieno stile NBA moderna.

Un’altra caratteristica che avrebbe potuto attirare l’attenzione di Charlotte su di lui è che sa giocare bene i pick and roll, opzione spesso utilizzata per prendere vantaggi dai possibili sviluppi dell’azione.

Con 21 punti, 3,9 rimbalzi e 2,8 assist di media a partita, il prodotto di Delaware ha deciso di rendersi eleggibile per il Draft ma anche se è andato undrafted, le sue abilità gli hanno consentito di rientrare dalla porta di servizio.

Certamente, per la particolarità del contratto, se non sarà convertito, Nate, giocherà per la maggior parte del tempo con i Greensboro Swarm, la squadra affiliata a Charlotte nella lega di sviluppo NBA.

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Keandre Cook

L’ex guardia di Missouri State, Keandre Cook (196 cm per 84 kg) ha twittato di aver firmato con i Charlotte Hornets.

Il suo sarà un Exhibit 10 day contract. Una delle parti più attraenti del gioco di Cook per gli scout NBA era la sua lunghezza per una guardia e la sua capacità di abbattere i 3 punti.
Cook, alto 195 cm, dice di essere bravo a colpire con i suoi open, mentre il suo allenatore ha elogiato la sua capacità di prendere e tirare.
Ha visto un miglioramento nel suo tiro esterno mentre tirava dal 37,2% nel suo anno da junior a un ottimo 42,3% nell’ultimo anno mentre aumentava anche i tiri presi da fuori.
La migliore prestazione di Cook dall’esterno dell’arco è arrivata durante la seconda partita della stagione 2019-20 quando è andato 6/7 da fuori contro l’Alabama State. Ha concluso la partita con 31 punti, massimo in carriera mentre la sua media è di 13,9 pt.

SF

Gordon Hayward

Per molti fan è già un rapporto di amore e odio quello non ancora cominciato con il sosia di Adam Levine.

Probabilmente nessuno avrebbe avuto da obiettare se il suo prezzo finale per i quattro anni fosse stato sui 100 milioni, cifra che a quanto pare Indiana e altre squadre sarebbero state pronte a garantirgli assumendosi il rischio infortuno grazie a un roster più coperto del nostro.

I punti cardine a sfavore di Hayward sono 4; 1) la possibilità che si infortuni avendo già avuto un grave infortunio in precedenza (caviglia) più altri, anche recenti, 2) L’alto costo del suo ingaggio, 3) Il fatto che in caso di infortunio la squadra sarebbe costretta a privarsi di un investimento “sostanzioso”, 4) Il taglio di Batum per far spazio ad Hayward nel salary cap, il quale costerà a Charlotte sui 9 milioni l’anno per 3 anni di dead cap.

A parte il punto 3 che comunque rimane un’opzione che ipoteticamente potrebbe interessare qualsiasi giocatore anche se molti pensano che Hayward corra maggior rischi di infortunio, sono tutti fattori non cestistici.

I punti a favore sono molteplici: E’ un buon realizzatore, ha buone medie, può segnare in diversi modi differenti anche senza bisogno di aiuto, il che sbloccherebbe alcuni attacchi stagnanti di Charlotte, può essere un passatore secondario e gestire la palla, non è un difensore spettacolare ma abbastanza solido su tutto il fronte, nei pick and roll e il fatto di essere uno dei ragazzi al centro del progetto (vedi la telefonata personale di MJ), potrebbe stimolarlo a rendere di più.

In ultimo, pur avendo soltanto 30 anni, porterebbe in dote la sua esperienza maturata in 10 anni nella lega più difficile del pianeta e per una squadra giovane questo fattore potrebbe rivelarsi decisivo per tener testa in alcune partite.

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Miles Bridges

Indubbiamente il suo percorso di crescita e apprendimento non è completato.

Qualche exploit, qualche giocata di potenza alla Harold Miner, rare perle che illuminano gli occhi che non bastano a chiuderli sui suoi difetti: tiro da tre per la NBA con percentuali troppo basse, attacco al ferro ancora lento, posizioni difensive rivedibili, ecc..

Quest’anno sarà retrocesso in panca per l’arrivo di Hayward.

Non è detto che sia un male per gli Hornets poiché i suoi minuti potrebbero essere giocati di fronte a giocatori meno validi e mettere così in risalto le qualità positive di Miles che ha dovuto subito confrontarsi con i titolari avversari.

Avrà tempo per crescere con calma.

Le mie incertezze sul suo potenziale permangono ma per la nostra panchina potrebbe essere un upgrade se integrato con altri giocatori dalle caratteristiche opposte.

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Cody Martin

L’arrivo di Hayward e Ball nel settore esterni potrebbero penalizzare il piano di crescita di Cody Martin.

Mi dispiacerebbe abbastanza perché all’occasione si è rivelato un combattente, molto utile sul piano difensivo.

Sveglio, agile, scattante e veloce, porta il suo vissuto difficile fuori dal parquet tramutando in carica agonistica la rabbia e le paure di quando il KKK incendiò il prato della sua famiglia o tentarono d’investir lui e suo fratello.

Jenny Bennett diceva ai suoi figli che una volta che inizi qualcosa, devi finire.

Siamo sicuri che Cody Martin proverà a meritarsi il suo spazio nonostante l’aumentata competitività del roster.

Coprirsi le spalle con suo fratello nella vita reale è stata la lezione iniziale per credere nel lavoro di squadra.
Cody non ha un fisico super massiccio ma sa come mettere pressione a un attaccante e l’anno scorso fu prezioso per compensare i difetti di una difesa mediamente troppo attendista.

Discreta visione di gioco e buona propensione a innescare i compagni.

In difesa deve ancora inserirsi meglio a livello tattico ma la fiducia dimostrata da Borrego quando è mancato l’highlander Rozier, inserendolo in quintetto, potrebbe dargli altre occasioni, in fondo il ragazzo è resiliente.

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Xavier Sneed

Il 23 novembre Charlotte ha raggiunto un accordo con l’ex ala di Kansas State, Xavier Sneed (fonte: Chris Haynes di Yahoo Sports), free agent, andato undrafted.

Nato in Alabama il 21 dicembre 1997 è alto 196 cm, pesa 97 kg e ha una sorella di nome Ania.

Non ci sono ancora dettagli dell’accordo, si presume che sia uno di quei contratti “esibizione da 10 giorni” per esser mandato eventualmente ai Greensboro Swarm.
Sneed ama tirare, specialmente da fuori ma la sua media è stata soltanto del 33,4%.

10,7 pt. di media in carriera.
La sua forma di tiro è un po’ pittoresca ma è stato uno dei migliori alle Shooting Drills della G League, equivalenti della Combine.

Il giocatore è anche valido sotto l’aspetto difensivo e a rimbalzo.

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Kahlil Whitney

Ala piccola nata l’08/01/2001 è stato aggiunto momentaneamente al roster dei Calabroni con un Exhibit 10 day contract.

198 cm per 95 kg, il giocatore nato a Chicago ha giocato per i Wildcats prima di dichiararsi eleggibile per il Draft ma le sue speranze sono andate disattese.

A offrirgli una piccola possibilità, rientrando dalla finestra, è stata Charlotte.

Statistiche non eccezionali con 3,3 punti e 1,7 rimbalzi di media per lui lo scorso anno ottenute in 12,8 minuti di media d’impiego.

PF

P.J. Washington

P.J. Washington è lo strano caso di un rookie che si è immediatamente trovato ad aver spazio in quintetto a inizio della passata stagione a causa di un reparto molto depotenziato rispetto al passato ma anche per meriti personali poiché ha mostrato buone cose in preseason.

L’esordio contro Chicago, infatti, è stato con il botto e sono piovute triple importantissime dall’ala per vincere il match.

Durante la stagione ha alternato però le classiche prove molto positive ad altre negative che un rookie mette sul piatto e gli devono esser concesse.

L’esperienza sarà fondamentale per determinare che tipo di giocatore diverrà in futuro P.J..

Sul lato difensivo non è irreprensibile ma a volte la cosa è anche dovuta a posizioni che flottano dal post basso all’esterno per il sistema di gioco che in quel momento vuole coach Borrego.

Un po’ lento, ingenuo talvolta se non passabile troppo facilmente dall’attaccante quando lo punta, ha bisogno di smaliziarsi e di trovare la sua dimensione in un sistema difensivo che si basa spesso su cambi dovuti ai pick and roll delle altre squadre o su coperture a zona quando si smette, anche momentaneamente, di giocare a uomo ma ha avuto anche momenti di ottima difesa che farebbero vedere delle interessanti possibilità per lui di diventare un mastino più convincente.

Sul lato offensivo mostra una discreta varietà di soluzioni tecniche per colpir in attacco che vanno dal semigancio, all’appoggio, all’entrata molto decisa se ha spazio, iniziando a infilarsi con tempismo sui pick and roll a lui forniti.

L’arma del tiro da fuori è discreta, a volte non gli entra molto nella singola partita ma va a mini strisce, se si infiamma è capace di mettere due triple nel giro di pochi secondi con nonchalance,

12,2 punti di media (7 volte con punti pari ai 20 o superiori con il top contro Chicago all’esordio con 27 seguito da una gara contro Detroit il 29 novembre a 26) sono buoni indicatori per un rookie che sta avendo spazio per maturare.

La coordinazione c’è, l’agilità e la reattività difensiva dal mio punto di vista debbono sicuramente migliorare per poterne fare un giocatore più completo ma non ha grandi oppositori interni nel ruolo anche se McDaniels inizia a essere un giocatore interessante ma meno dotato fisicamente e atipico per ricoprire il ruolo di PF.

Buon minutaggio (30,3 a gara di media), deve avere più attenzione e cattiveria agonistica durante le fasi della partita.

Dal mio punto di vista tende un po’ a perdersi per brevi periodi.

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Jalen McDaniels

Scelto alla posizione n° 52 la forward di 208 cm per 93 kg non ha avuto spazio nella prima parte di stagione ma quando è giunto il suo momento ha dimostrato di valer più della posizione nella quale gli Hornets l’hanno prelevato.

Ala molto atletica ed esuberante anche se non dal fisico colossale, è una piacevole scoperta lanciata da Borrego all’interno della sua green line grazie anche alla cessione di Marvin Williams.

Era uno dei primi giocatori a uscire dalla panchina grazie alle sue doti di tempismo ed esplosività, il limite è l’eccesso di agonismo in qualche occasione su close-out e difese che sono utilizzate da qualche volpone della NBA per procurarsi il contatto a proprio favore.

Aveva un 7 sulla scheda Draft per quanto concerne la capacità difensiva ma Kupchak l’ha preso dicendo che da lui si sarebbero aspettati di vederlo crescere, magari prima a Greensboro.

Incosciente in attacco, può catturare rimbalzi e portare imprevedibili incursioni per le difese avversarie come colpire da fuori (Borrego gli ha chiesto questo e lui l’aveva fatto molto bene all’inizio poi ha perso un po’ la mano).

La sua valutazione più bassa al Draft riguardava la resistenza, una sufficienza che non intacca però il suo gioco a Charlotte visto che i minuti a lui concessi non sono tantissimi ma come PF pura non sembra esserci concorrenza alle spalle di P.J. per cui dovrebbe avere ancora la possibilità di aver un giusto minutaggio.

“Assorbe informazioni e vuole informazioni”, ha detto Borrego. “Non ti sta solo ascoltando, lo sta afferrando. Ci sta pensando. Il più delle volte, non commette più questo errore e se non lo fa (afferrare qualcosa), chiede una seconda volta o una terza volta, inoltre svolge il suo ruolo. Quando dici a un giocatore: “Questo è il tuo ruolo” e lo fa, è accattivante. Non sta cercando di essere qualcosa che non è o qualcosa di cui non abbiamo bisogno in questo momento.”

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Javin DeLaurier

L’ala/centro numero 12 ed ex capitano di Duke (4 anni), nato in Virginia, ha firmato un Exhibit 10 day contract con Charlotte.

DeLaurier è alto 208 cm e pesa 107 kg.

Ha fatto segnare una media di 3,5 punti e 3,5 rimbalzi in 13,2 minuti durante la sua stagione da senior mentre la media in carriera è di 3,4 punti.

Pessimo tiratore di liberi, buone le percentuali dal campo.

Abbiamo chiesto a Riccardo Pratesi della Gazzetta dello Sport che ne pensa.

“Javin ha un gran motore, grande atleta. Prova a difendere forte ma non ha mezzo movimento, non ha mai imparato a giocare a basket. A Duke ha giocato 4 stagioni e nelle ultime due con buoni minuti ma senza riuscire a fare il salto di qualità. Un bravo ragazzo… un Lance Thomas più atletico con meno tiro”.

C

Cody Zeller

Zeller è un onesto lavoratore, un lottatore ma i suoi infortuni in passato e la sua costruzione fisica l’hanno limitato negli ultimi anni.

Non è più quel giocatore agile che riesce a tenere i piedi “vivi”, in movimento in difesa e finisce troppo spesso per soffrire sia i lunghi opposti o i piccoli più veloci di lui che una volta metteva in difficoltà.

E’ opinione comune che sia lui l’anello debole dello starting five.

D’altro canto il Cody nazionale è al suo ultimo anno e avrà ancora una possibilità per cercare di dimostrare di meritarsi il posto da starter che non sembrerebbe per ora essere intaccato da Biyombo o dai nuovi arrivi al Draft.

Non ha tiro da fuori e questo per Borrego è un piccolo problema: non avere un centro moderno titolare porta un piccolo handicap nel gioco.

Difficile da fermare sulle incursioni con spazi aperti o sui tagli con palla dentro (epicamente unstoppable le sue dunk in corsa), blocchi precisi con ottimo angolo per i compagni sono i motivi per i quali Cody partirà probabilmente da titolare.

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Vernon Carey Jr.

Alla posizione numero 32 del recente Draft gli Hornets sono andati su un centro proveniente da Duke.

Nato il 25 febbraio 2001 a Miami, è un lungo di 208 cm per 122 kg.

Vernon Carey Jr. (n° 22) è un centro mancino fisico che è emerso come uno dei giocatori interni più imponenti dell’ACC.

Un atleta imponente che battaglia con energia e fisicità.

La NBA è anche questo e per fare il salto di qualità, l’ex Duke dovrà riuscire a competere con fisici altrettanto massicci.
Se al college, come molti giocatori che si avvantaggiano grazie al fisico, poteva sfruttarlo per uno contro uno, adesso deve dimostrare di poter compiere il salto di qualità anche se il giocatore, sotto l’egida di coach K. Ha mostrato di trovare modalità per metter la palla nel cesto.

Riesce a trovare il contatto finendo per segnare grazie alla sua coordinazione superiore rispetto a un centro normodotato.
Charlotte cercava un difensore fisico e Carey a Duke lo era mentre cercava di fermare i big man avversari che si aggiravano vicino canestro.

Ha concesso 0,672 punti per post sul possesso.
Non veloce nel leggere alcuni situazioni difensive ma ha avuto alcune buone giocate istintive.
Lo scorso anno ha fatto registrare una media di 17,8 punti, 8,8 rimbalzi e 1,58 blocchi.
Ha fatto registrare 10 partite con almeno 20 punti e 10 rimbalzi.
I suoi punti di forza sono: presenza fisicamente imponente in vernice, piuttosto agile per le sue dimensioni, buono skill di mosse in post e potenziale come tiratore perimetrale.
Il padre, Vernon Sr., ha giocato otto stagioni NFL con i Miami Dolphins.

Chiedendo un parere a Riccadro Pratesi (tifoso di Duke) della Gazzetta dello Sport mi conferma che Carey sia un super realizzatore, un giocatore old school con ottimi movimenti spalle a canestro che un tempo avrebbe potuto essere un fenomeno (in un altro tipo di basket).

Reduce da una grande stagione al college, a Durham, mancino.

Ha mostrato lampi da passatore e margini da tiratore, il problema è difensivo.

Lento con i piedi soprattutto sul perimetro.

Insomma, nonostante qualche lacuna, ora l’attendiamo – spazio concesso da Borrego permettendo – con curiosità per mostrarci di non essere un bluff e darci delle soddisfazioni.

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Bismack Biyombo

“Pronto? Pizzeria Biz? Vorrei sapere quando arriverà quella pizza Bismack ordinata un’ora fa”…

“Sì, guardi, il nostro pizzaiolo Bismack la sta infornando nel forno a legna con le sue mani proprio ora”…

Già… perché il punto debole di Biz è avere due mani come una pala per infornare pizze.

Mani non eccessivamente educate, delicate al tiro che lo limitano quasi esclusivamente a essere considerato un giocatore difensivo.

Il problema è che anche lui – più corpulento di Zeller – non è velocissimo negli spostamenti con i piedi e sul primo passo dell’attaccante ma la fisicità, un certo tempismo, l’atletismo e la lunghezza a volte gli permettono di recuperare e piazzare qualche stoppata in più oltre a quelle che effettua da sentinella nei pressi dell’area.

Con lui teoricamente Borrego potrebbe rinunciare a una zona match-up perché copre meglio la zona dell’anello e non è costretto a uscire sul perimetro dove diventa battibile preso in velocità.

Le stoppate non sono numericamente, dal mio punto di vista, quelle che mi aspettavo però la sua presenza serve un po’ a intorbidire le acque, far girare più alla larga gli incursori e a far modificar qualche tiro al penetratore di turno.

A livello offensivo, salvo qualche episodica azione, non si registrano miglioramenti costanti in ball-handling, i suoi punti di rottura in genere non incidono molto su un singolo match.

Almeno non eccede nelle soluzioni personali conoscendo i suoi limiti che, fisicamente si tramutano in un tiro o un appoggio da sotto non avendo un range immenso di tiro.

Ha voluto rimanere decurtandosi lo stipendio a livelli minimi perché voleva vedere che sarebbe successo con i giovani

Noi ci auguriamo che possa vedere il successo di questi giovani mentre lui agirà, grazie al suo carisma (dietro le quinte) come mentore per Monk e gli altri freschi ventenni.

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Nick Richards

Il centro di Kentucky nato il 29/11/1997 è arrivato agli Charlotte Hornets via scambio per una scelta al secondo giro del Draft 2024.
Nato in Giamaica a Kingston, vanta 211 cm per 112 kg ed è stato scelto alla posizione n° 42 del fresco draft.

Richards (n° 14) è emerso avendo anche la fortuna di giocare come matricola sotto la guida dell’allenatore John Calipari.

Ha trascorso la sua seconda stagione uscendo dalla panchina segnando una media di 4 punti e 3,3 rimbalzi a partita.
Fisico poderoso, buona esplosività e mobilità.
Richards ha un discreto gancio, è un rimbalzista di grande impatto e nelle ultime stagioni è riuscito a usare meglio il suo fisico per aumentare le percentuali vicino canestro anche se è un po’ altalenante.
Deve sicuramente migliorare difensivamente ma mostra buone doti nel difender l’anello ed è veloce e mobile nel movimento.
Molto aggressivo nell’inseguire i blocchi, ha mostrato più tempismo e capacità di usare la verticalità durante l’ultima stagione.

Le sue basi sono ancora in work in progress, ma è sorprendente la sua capacità difensiva di scivolare e costringere gli avversari a faticare per batterlo.

Detiene il terzo posto a Kentucky per FG% in carriera: 62,8.
A Charlotte potrebbe far comodo (sempre non passi plausibilmente più tempo in G League per migliorarsi) perché è un lungo alto, atletico e dalla mentalità difensiva, è molto vivace sotto le plance su entrambe le estremità, imposta schermi efficaci e rolla validamente verso l’anello.
Ama il calcio e dice che Cristiano Ronaldo è il suo atleta preferito.
“Ognuno ha la propria storia” è la citazione iniziale di una frase di Richards e allora come si usava dire una volta, auguriamoci che il matrimonio tra lui e Charlotte sia una “bella storia”…

Previsioni

Riguardo una previsione numerica sul record finale è difficile sbilanciarsi e non per fattori interni ma piuttosto esterni: alcune squadre a Est hanno acquisito (Atlanta e Washington) elementi importanti per cercare di migliorare la loro posizione in classifica, altre li hanno tirati fuori dalla naftalina (vedi Brooklyn con Durant) mentre altre ¾ squadre al top dell’Est rimangono fuori portata anche se Boston, ad esempio, con i problemi al ginocchio a lungo termine di Walker e la perdita di Hayward, oppure Toronto con la perdita di Ibaka e la “trasferta” in Florida, potrebbero essere meno performanti come lo scorso anno.

Per il primo anno non voglio fare previsioni, vorrei vedere uno sviluppo del gioco e dei giocatori ancor prima dei pur importantissimi risultati.

Sarebbe comunque piuttosto strano non migliorare la percentuale dello scorso anno (23-42) benché il limite di questa squadra, oltre a quello tecnico, sia principalmente l’esperienza.

Lasciando opinione ad alcuni siti:

Hoopshabit.com: 12^ a Est (26 W)

Basket Inside.com: 12^ a Est

Bleacherreport.com: 12^ a Est

Sportsnaut.com: 12^ a Est

Thelines.com: 11^ a Est

USAToday.com: 10^ a Est

NBA.com: 9^ a Est

NBCsports.com: 9^ a Est

In ultimo aggiungo la previsione contenuta nel pezzo di The Shot dell’amico Filippo Barresi:

https://www.the-shot.it/2020/12/04/preview-hornets-20-21-continuare-a-crescere/?fbclid=IwAR2NJVqRKzDPct6mr4HB-qO4CczfI-jLGsz9DDk06l3Rtvu2VoM0zloMABQ

Anche se dovessimo arrivare in un range tra la dodicesima e la nona posizione a Est non sarebbe un dramma se la squadra salisse di livello per il futuro passo decisivo ma queste previsioni sono una sfida, quindi:

“Cara Charlotte, la sfida è lanciata, le Cassandre ancor si odono, ora tocca a voi squarciare quel velo opaco di sfiducia degli analisti, per una volta ho fiducia”.

New Charlotte Hornets uniforms with a mint flavor and Westbrook to the future?

La società, mentre segretamente disegna strade, dipinge alternative (Borrego naturalmente dice che vorrebbe un giocatore in grado di imparare rapidamente gli schemi) e diffonde machiavelliche strategie (nelle ultime ore si è diffuso un rumors secondo il quale la società vorrebbe portare Westbrook nella Queen City ma la cosa avrebbe un senso soltanto con la certezza di avere Wiseman o in alternativa Okongwu al Draft nel caso in cui non vi fosse più Edwards, che a mio avviso, se scendesse alla 3, sarebbe il miglior attuale prospetto disponibile che è ciò che la società ha dichiarato di volere) nella speranza di firmare il giocatore desiderato (tenendoci naturalmente) in trepidante attesa, ha presentato ieri, 11 novembre (single day) una delle nuove divise che sarà indossata per la prossima stagione.

Westbrook guardia che compie proprio oggi 32 anni, l’anno prossimo guadagnerà 41,3 milioni e non è in scadenza di contratto.

Lui, come altri compagni ai Rockets, non è contento della situazione e in più “soffre” la presenza di Harden, così con i Rockets in ricostruzione totale non è difficile ipotizzare che il mal di pancia lo porti lontano dal Texas.

Russell vorrebbe tornare a essere il leader della franchigia e a portare azioni offensive a ripetizione sentendosi libero di farlo.

Uno scorer a Charlotte servirebbe come il pane (penultimi lo scorso anno) ma per il sistema di gioco di Borrego e gli equilibri della squadra in termini di crescita di ragazzi giovani da far giocare responsabilizzandoli e maturandoli attraverso i possessi, difficile credere sia il profilo adatto.

Probabilmente, nonostante Charlotte sarà una delle squadre sul mercato a potersi permettere di spender di più, dal mio punto di vista sembrerebbe più un’azione diversiva (per problemi salariali, probabile sforamento del salary cap o tecnico tattici, sorvolando sui ventilati problemi di spogliatoio) o al massimo uno sforzo per mostrare ad altri team, prendendolo, che Charlotte è tornata davvero, certo… i tre anni di contratto se non dovesse funzionare potrebero pesare anche se un giocatore del genere avrebbe più mercato di un certo tizio francese ormai fossilizzato in North Carolina che dovrebbe fare un gesto nobile e liberare spazio salariale ma dato che quei soldi non li vedrà mai più, al 99,9% è chiaro sceglierà di rimaner con gli Hornets anche per il prossimo anno, l’ultimo finalmente.

Tutto è legato al Draft, se prendessimo uno scorer esterno probabilmente la voce cadrebbe rapidamente nel dimenticatoio, altrimenti per qualche giorno, salvo forti inserimenti di altri team su quella che pare ormai una ex stella di Houston (in ricostruzione), si potrebbe speculare ancora per qualche giorno.

Lasciamo da parte per qualche giorno le notizie di mercato e passiamo al concreto:

“L’uniforme City Edition è progettata per celebrare un aspetto dell’orgoglio locale e siamo lieti di rendere omaggio alla reputazione di Charlotte come faro di speranza che risale a più di due secoli” ha detto in una dichiarazione il presidente degli Hornets Fred Whitfield.

La City Edition Uniform è davvero singolare.

All’apparenza potrebbe sembrare quel turchese che ha sostituito il tradizionale teal negli ultimi anni, invece, il colore utilizzato è il (verde) menta.

Una scelta “ga tooru”, à la page, insomma, alla moda per un colore fresco che ha trovato negli ultimi anni più consenso nel pur futile mondo della moda.

Personalmente nel complesso, per quanto linearmente “semplice”, la divisa mi ha stupito ed è più interessante rispetto alle prime due presentate.

La luminescenza del colore e la sua chiarezza ben contrastano con l’abbinata di colori secondari oro e granito, un nero meno saturo che si sposa particolarmente bene con i colori circostanti per unire, bordare e decorare una divisa che con questi due colori passa in versione Deluxe.

Le strisce a intermittenza (increspate come il bordo di una moneta, come hanno scritto nell’originale versione in inglese) regalano un particolareggiamento innovativo nel dettaglio.

L’uniforme, secondo la società, si ispira a particolarità di Charlotte nella storia come il granito che sarebbe la roccia dello Stato mentre l’oro deriverebbe da un retaggio del 1800.

La (Carolina) Gold Rush, prima corsa all’oro negli Stati Uniti dopo il ritrovo di una pepita d’oro (1799) di 7,7 kg da parte di un ragazzo di 12 anni di nome Conrad Reed mentre giocava.

La pepita fu usata come fermaporte dal padre che non capendone il valore un giorno la vendette a un esperto del settore per un valore molto più basso di quello reale.

Il colore di fondo gioca sul fatto che mint in inglese voglia dire menta ma anche zecca, il che ricorda e celebra quando la N.C. venne dotata di un luogo per coniare l’oro che i locali trasportavano – con qualche rischio – in polvere per esser sciolto e coniato a Philadelphia.

Le autorità centrali concessero una zecca locale dopo alcune indagini che vedevano gli indigeni coniare per conto proprio e con probabile meno precisione, la moneta.

The U.S. Mint building depicted on a 1936 postcard, or the same year the structure became the Mint Museum of Art. It’s now known as the Mint Museum Randolph. (Foto from: Mint Museum)

La scritta che ha preso piede negli ultimi anni “Buzz City” compare ben visibile sul petto con grafica e font che rimangono quelli visti negli ultimi anni.

Il pantaloncino segue molto bene la canotta con il Calabrone secondario oro che a seconda della luce regala (sembrerebbe da foto) languide sfumature arancio.

La City Edition sostituirà la precedente nera della scorsa annata.
Progettata in collaborazione con il marchio Nike / Jordan e il Global Merchandising Group della NBA, il logo del Jordan Brand continua a campeggiare su tutte le maglie degli Hornets.
Questa variante di uniforme dovrebbe essere disponibile al dettaglio negli Stati Uniti (almeno) il tre dicembre.

Il Punto @ 17 (2018/19)

Premessa a lungo termine
 
Incastrati da una situazione pregressa, gli Hornets in estate cedevano immediatamente Dwight Howard in cambio di Timofey Mozgov.
Una trade da brividi motivata dal fatto di dover abbassare il monte ingaggi prossimo a superare la luxury tax visto che al momento la squadra non ha ambizioni per l’anello.
In una multitrade a tre con Bulls e Magic poi Mozgov finirà a Orlando da dove arriverà invece Biyombo, altro centro dallo stipendio comunque alto come i primi due.
Partiva così in salita la stagione degli Hornets che per il resto puntellavano il roster solo con piccoli aggiustamenti con la punta di diamante Tony Parker da San Antonio a dare finalmente un buon backup per Kemba come playmaker.
Dopo aver sondato vari candidati tra i quali anche l’italiano Ettore Messina, Kupchak, nuovo GM, sceglieva quello che diverrà il primo allenatore ispano-americano della NBA, ovvero James Borrego, il quale a colloquio con Mitch, oltre a convincerlo con le proprie credenziali pop-antoniane avrà dovuto sicuramente esser accondiscendente all’ipotesi prospettata dall’erede di Cho, cioè quella di non riuscire a ripulire l’alveo di quel fiume esondato sotto il crollo del monte ingaggi che ha finito per intasare il cap.
Con due stagioni mediocri e giocatori in involuzione, al nuovo coach non restava che inventarsi qualcosa, confidando anche nell’apporto dei giovani, in particolar modo del rookie Miles Bridges e del sophemore Malik Monk e partire per vedere che sarebbe accaduto in stagione perché nel caso in cui fossimo messi male a metà stagione avrebbero potuto trovar posto le speculazioni sullo smembramento del team durane la sessione invernale viste le scadenze di Kaminsky, Lamb e Walker che avrebbero potuto abbattere l’indistruttibile castello del monte salari.
La squadra però, a parte le partite in trasferta a Chicago e Cleveland perse malamente, ha sempre dimostrato di potersela giocare anche se magari risultando perdente sul filo, in qualche caso danneggiata pesantemente da grossi “errori” arbitrali.
Negli ultimi giorni si è diffusa la voce che gli Hornets starebbero chiedendo informazioni ai Wizards per attuare uno scambio che li porti alla SG Beal visto che la squadra della capitale è in disfacimento.
Non è certamente detto che il giocatore arrivi ma questo dimostra che MJ e Kupchak, pur in una situazione simile a quella dello scorso anno vogliono tentare di giungere ai playoffs e non di tankare in pieno spirito sportivo.

Da Rotoworld, una ricostruzione del roster diviso per ruolo e relative gerarchie, anche se qualche giocatore è intercambiabile almeno in un paio di ruoli.

 
 
 
Descrizione veloce delle partite passate
 
In preseason Charlotte dimostrava di poter competer contro le altre squadre ma per aver test più affidabili bisognava aspettare la gara d’esordio, giocata sul magnifico parquet vintage di metà anni ’90 contro i Bucks.
Charlotte cedeva contro una delle attuali principali forze della Eastern Conference di solo un punto con l’errore di Walker da sotto e la tripla di Batum sulla sirena mancata che avrebbero potuto dare una svolta diversa all’inizio degli Hornets che rivedevano così gli antichi fantasmi della sconfitta nelle punto a punto.
Charlotte si trasferiva quindi in Florida per due trasferte, la prima morbida a Orlando, la seconda a Miami.
A Orlando non c’era storia a Miami dopo aver dominato nel primo tempo i teal & purple si facevano risucchiare nel finale vincendo solo nel secondo finale quando Walker questa volta trovando il contatto portava sul +1 dalla lunetta i Calabroni per poi sbagliare intenzionalmente il secondo non dando più tempo agli Heat per un tentativo beffa.
A Toronto Charlotte franava mentre a Chicago arrivava una sconfitta incassata nella stessa modalità W a Miami, solo che era LaVine dalla lunetta a punirci nel finale per un fallo di Monk intervenuto in seconda battuta.
La rivincita con i Bulls arrivava dopo due giorni a campi invertiti ed era tutta una sinfonia Hornets, musica che s’interrompeva ancora a Philadelphia per un altro fall short (103-105).
Charlotte tornava a vincere in casa contro gli Heat nella prima di 4 gare consecutive casalinghe, perdeva contro OKC dopo esser stata sul +19 nel terzo quarto, asfaltava una Cleveland sbrindellata dal vuoto lasciato da James e chiudeva il ciclo travolgendo Atlanta nel secondo tempo dopo una partita un po’ allegra…
La squadra di Jordan però si affacciava a un ciclo di tre trasferte consecutive perdendo di un solo punto al supplementare contro Philadelphia dopo aver incassato il 117 pari nel finale dell’ultimo quarto con una tripla di Embiid che commetteva infrazione di passi per ben due volte.
Gli arbitri non la vedevano e all’OT la spuntava Phila anche perché Zeller e Bacon finivano scientificamente out e Embiid dalla lunetta continuava il suo show favorito dagli arbitri. 132-133…
A Detroit in una partita serale gli Hornets disputavano una partita gagliarda dal punto di vista fisico costringendo i Pistons a sparare a salve da fuori vincendo in maniera lineare.
Ci si sarebbe aspettati di passare a Cleveland priva di Love e altri giocatori ma la difesa faceva acqua dall’inizio e non si rientrava più in gara perdendo malamente.
L’occasione di riscatto arrivava contro Philadelphia in casa nella notte nella quale erano onorati i 10 giocatori all-time più votati dai tifosi.
Nell’intervallo scendevano sul parquet: Muggsy Bogues, Baron Davis, Dell Curry, Kendall Gill, Alonzo Mourning e mentre Gerald Wallace dato per presente era fermato da lutto della madre (condoglianze), Al Jefferson era in Cina e LJ assente (foto di gennaio).
Sul campo esplodeva letteralmente Walker con 60 punti ma si perdeva sulla sirena per colpa di una tripla di Butler ma soprattutto di un arbitraggio assurdo che dimenticava uno dei tre tiri di Walker in lunetta nei regolamentari, assegnava uno scontro Simmons/Williams come fallo alla nostra PF che veniva espulsa e subivamo due liberi…
Amareggiato Kemba dopo un paio di giorni provava a ripartire da dove era rimasto e ci riusciva segnando 43 punti (21 nell’ultimo quarto) trascinando la squadra al recupero da -10 vincendo la partita quasi da solo (Parker spalla decisiva) e allontanando lo spettro di quei finali ravvicinati sempre così malauguratamente tristi e uguali.
Nell’ultima gara presa in esame Kemba si sedeva in panchina nell’ultimo quarto poiché la squadra risolveva la pratica Indiana già nel terzo finendo con il tirare oltre il 62% da fuori a fine partita…
Walker segnerà 16 punti con 11 assist.
9-8 dopo 17 partite, nonostante qualche amarezza una classifica più rosea delle previsioni catastrofiche dell’estate grazie alle ultime due convincenti vittorie su Boston e Indiana.

Charlotte si trova attualmente al sesto posto nella Eastern Conference e al comando della propria Division con mezza partita di vantaggio su Orlando, altra mezza sorpresa d’inizio stagione.

 
 
 
 
Prossime partite
 
Gli Hornets riprenderanno la corsa verso i playoffs il 23 novembre a Oklahoma City e il 25 saranno di scena ad Atlanta in una trasferta potenzialmente più morbida.
Gara 20 vedrà la rivincita tra Hornets e Bucks dopo la delusione della sconfitta all’esordio. Sarà ancora lo Spectrum Center ad accoglier le due squadre così come accoglierà in fila Hawks, Jazz e Pelicans, questi ultimi nella prima partita dicembrina il 2.
Minnesota fuori casa e Denver in casa continueranno ad esser sfide contro squadra a Ovest poi al Madison Square Garden gli Hornets affronteranno gli arancio-blu di Spike Lee, amico personale del presidente degli Hornets MJ.
Dopo New York Charlotte affronterà un ciclo importante di sfide casalinghe che andrà dal 12 al 21 dicembre.
Gara 27 nella notte di Santa Lucia (il 13 alla 01:00 in Italia) Charlotte vedrà le candele dei Pistons scintillare in uno scontro importante, poi ci saranno New York, i L.A. Lakers di James, Cleveland e ancora Detroit che aprirà e chiuderà questo mini-ciclo di partite nella Queen City.
Boston (il 23, ultima gara prima di Natale) e Brooklyn (a S. Stefano) saranno due trasferte che interromperanno le gare casalinghe ma la 34^ giornata vedrà Charlotte ancora in casa nella Buzz City ad affrontare nuovamente Brooklyn.
11 gare casalinghe e 6 in trasferta.
Per Charlotte, se riuscisse a ottenere almeno il numero di vittorie delle partite da disputar in casa, vorrebbe dire dare una piccola svolta alla stagione portandosi ipoteticamente sul 20-14…
Le doppie sfide con New York, Atlanta, Brooklyn e Detroit, tutte squadre dell’Est, saranno molto importanti per Charlotte che attualmente, nonostante gli infortuni di MKG e Willy Hernangomez (probabile il suo rientro stasera a OKC mentre MKG sarà ancora out) gode di un buon momento di forma.
 
 
Parte statistica descrittiva di pregi e difetti
 
Anche se non amo i paragoni, iniziare a vedere la differenza sostanziale tra il gioco che Clifford proponeva ultimamente e quello sviluppato da Borrego potrebbe essere già una prima chiave psicologica per capire il perché una squadra data da tutti gli analisti come destinata ai bassifondi di classifica in realtà stia andando meglio del previsto.
Clifford negli ultimi anni predicava la difesa a oltranza.
E’ vero, difendere è il primo passo per contrattaccare, specialmente su un campo da basket che non è lungo come quello di Holly e Benji o Capitan Tsubasa.
Questo lo sa anche Borrego che ha esaltato le caratteristiche offensive della squadra cercando di metterla a proprio agio, lasciandola libera di correre in transizione e d’esprimer la propria anima.
Con Clifford nell’ultimo anno e mezzo la squadra è parsa frenata, sui rimbalzi offensivi si utilizzava la tattica che i russi adottavano contro gli eserciti invasori nei lunghi inverni; lasciare campo senza far trovar nulla ai nemici ma sulle tavole di legno rinunciare ai rimbalzi offensivi per non esser infilati in transizione era diventato troppo oneroso, inoltre il gioco si era smarrito.
Non dico che quello voluto da Borrego sia uguale a quello che praticava quando era in Texas agli Spurs, anche perché la sua idea di gioco pare essere un ibrido tra movimento palla e un run & gun, ovvero giocate più rapide possibili, correre e sparare nel minor tempo possibile per affondare colpi “semplici”.
Questo riporta alla mente la filosofia d’antoniana ma anche i primi Hornets che sul finire degli anni ’80 e poi ’90, fino all’ultimo anno con coach Bristow, facevano del ritmo un’arma per sorprender gli avversari.
Anche il fatto che tutti possano contribuire maggiormente in fase offensiva, oltre a creare una pluralità di minacce, probabilmente convince i giocatori di poter attuare quel gioco che se finalizzato, li aiuterà a far crescere la loro autostima.
Un vantaggio che Borrego ha indubbiamente oggi, è il poter utilizzare Parker anziché Carter-Williams.
Con una PG di riserva più affidabile, migliore su tutti i fronti, la squadra migliora.
Bridges da quell’atletismo che MKG lo scorso anno sembrava aver perso, un po’ ritrovato quest’anno con lo spostamento in PF (a volte anche come C).
In attacco, oltre alle soluzioni citate e alla spinta di Kemba che continua a creare per sé e per i compagni, quando Zeller o il lungo di turno non giocano nel mezzo il pick and roll o il suo abbozzo, Charlotte usa anche a difesa avversaria schierata, spaziature molto larghe con gli esterni negli angoli e i lunghi a bordo pitturato pronti a creare il vantaggio per eventuali penetra e scarica.
Qui vediamo un’azione molto bella contro Chicago in tema.

Un grazie ad Alberto Figliolia e a Matteo Vez. per il raffronto e l’aiuto sulla dinamica dell’azione.
 
Se contro Indiana abbiamo visto una triangolazione rapida dall’angolo sinistro a quello destro con vertice alla top of the key da tre punti per ribaltare il gioco e trovar la tripla, in questa situazione vediamo un taglio back-door di Batum.

Arduo poi riepilogare tante, troppe situazioni di gioco che si creano in campo.
Queste sono solo due situazioni che Charlotte ha mostrato per far muover la difesa.
Borrego aveva detto che avrebbe voluto imprevedibilità nelle giocate, così Parker e altri giocatori inventano passaggi o sfruttano un blocco per andare a prendersi il tiro, Walker e Monk sono bravi a spinger fin sotto il canestro per delle drive and kick, ma in tutto questo si possono notare il maggior movimento della squadra rispetto allo scorso anno che porta ad avere soluzioni praticabili.
Chiuso il capitolo a raffronto con il passato, cerchiamo di capire cosa funziona e cosa non funziona anche attraverso i numeri che la NBA propone.
La panchina è senza dubbio un punto di forza maggiore rispetto lo scorso anno grazie all’arrivo di un veterano come Parker che ben interagisce con un gruppo di giovani accanto a lui.
La panchina, a confronto delle altre é 5^ per minuti giocati con 20,6 di media, 3^ negli assist (10,2), 4^ nei punti segnati con 46,8 a gara (11^ per FG% con 45,6), 7^ nei rimbalzi con 19,4, 3^ nelle stoppate con 3,0 a match e 9^ nel Deff, ovvero nella differenza tra la propria efficienza e quella avversaria con un coefficiente di 3,9.

Le migliori panchine NBA per punti realizzati.

Un altro fattore determinante nei successi degli Hornets è il comparto playmaker.
Lo vedremo nel dettaglio dei singoli nella classifica sottostante ma sicuramente se un discreto rookie come Devonte’ Graham sta facendo da pendolo tra Greensboro e Charlotte è perché coach Borrego deve dare spazio all’accoppiata Walker/Parker la quale, numeri alla mano aiuta Charlotte moltissimo.
Il Deff è di +12,8 che pone Charlotte come miglior reparto Point guard dell’intera NBA, soprattutto grazie all’esplosione di Walker che determina anche una media di 38 pt. a partita insieme a Parker.
Anche qui non c’è concorrenza, Portland, seconda, è staccata da un abisso di 7,4 pt. a gara con 30,6…
Negli assist con 10,5 a partita Kemba e Parker spingono Charlotte in quinta posizione.

Le squadre al top in PG per punti.

I migliori backcourt NBA per punti.

Nel ruolo di SG Charlotte non va così bene, anzi, ondeggia nelle statistiche ma dalla lunetta è terza con un 88,7% come è terza nel reparto ali piccole nella statistica della percentuale da tre punti con il 43,7%.
Sorprende il reparto PF che almeno nelle stoppate è primo con 2,5 a gara con un Deff di +2,7 (10^ posizione).
Con 18,1 punti invece il reparto centri è 28° migliore solo di quelli di Chicago e Golden State, si sale solamente di una posizione a rimbalzo con gli 11,4 di media e al 23° posto nelle stoppate con 1,8 ma con il 46,7%, grazie specialmente a Willy, i Calabroni sono al secondo posto per % nel tiro da tre con il 46,7%.
Il Deff però è in rosso con un -7,6 per un 27° posto.
Per quel che riguarda invece il quintetto iniziale, nel Deff, Charlotte è quindicesima galleggiando su un +1,4 aiutata tantissimo da Walker.
23,6 i rimbalzi di media che conquista nel pitturato (24^ piazza) ma passiamo ora alle statistiche complete da parte di tutto il team iniziando dal netto miglioramento della difesa sull’arco.
Gli avversari segnano con il 33,2% e Charlotte ha la quinta miglior difesa della NBA in questo particolare ambito…
Nei punti segnati è sesta con 115,7 a game, negli assist è decima con 24,7 così come nelle stoppate con 5,8 di media, nei turnover è seconda solo a San Antonio con 12,2 palloni dimostrando di poter rimanere ad alti livelli anche quest’anno nel possesso palla, anche se personalmente pensavo saremmo scesi.
Siamo decimi nella FG% con il 46,1 e 8^ nel 3FG% con 36,7 sale al 6° posto dalla lunetta con l’80,9…
Subendo 110,3 punti a gara la difesa di Charlotte è nel mezzo con un 15° posto.
Si scende al 17° se parliamo di Pace con 99,8…
Il pubblico di Charlotte è 18° in 9 partite con 145,364 spettatori totali per una media di 16,151 spettatori a gara.

Le principali statistiche di squadra.

 

Quelle più complete comprese quelle delle avversarie rapportate contro di noi…

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Vediamo qualche confronto tra giocatori con lo stesso ruolo (almeno inizialmente), partendo dal ruolo di PG:
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Aggiungiamo anche le percentuali della squadra suddivise per zone di tiro:
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Classifica Giocatori
 
 
 14°, Devonte’ Graham: 5,50
Uscito un Graham dal roster, Treveon, eccone un altro. Devonte’ è uscito da questo giro al Draft come second round pick ma è sembrato più promettente del previsto. Charlotte però ha deciso di farlo maturare facendogli fare il pendolare con i Greensboro Swarm, squadra affiliata della Lega di sviluppo. Con Charlotte ha avuto poco minutaggio e non ha potuto realmente mostrare il suo talento, anche se acerbo che lo porta a volte a esagerare con soluzioni coraggiose in passaggio ma ha visione di gioco. Davanti nel reparto playmaker ha i due mostri del roster degli Hornets, la stella Walker e il veterano Parker che stanno trascinando la squadra in questo inizio aldilà delle aspettative, il suo ruolo quindi rimane marginale e la sua annata di crescita. In tre partite ha giocato 8,3 minuti di media con un 37,5% dal campo e un 20,0% da oltre l’arco (1/5), 1,3 assist di media con 2,3 punti a game chiudono le statistiche principali, sperando abbia modo d’espanderle in qualche finale che non ha nulla da dire.
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 13°, Cody Zeller: 5,76
Cody è il giocatore che ha fatto più passi indietro in questa stagione. Da giocatore non eccezionale che si batteva riuscendo talvolta a competer con centri più fisici di lui è diventato troppo facile da battere, paradossalmente quando ha messo su più muscoli. A volte usa la posizione alzando le braccia tenendo la verticalità vista di Hibbert dalle nostre parti ma non sempre questa soluzione passiva può funzionare. A rimbalzo è stato spesso sovrastato e Borrego ha preferito correre ai ripari preferendogli per alcuni tratti della gara Hernangomez oppure Biyombo a seconda delle necessità. Spesso decisivo in passato con il suo lavoro oscuro, fino a oggi conserva il posto perché anche gli altri centri mostrano lacune difensive sotto canestro. Cody ne dimostra anche in fase di rimbalzo offensiva per andare a metter le mani su una palla a volte preferisce tap-out oppure va su scoordinatamente a una mano su alcuni palloni che potrebbe catturare così come in attacco su scarichi rapidi di Walker spesso non riesce ad afferrare palloni che poi viaggiano sul parquet preda dei difensori visto che il nostro lungo è incapace di elasticità nella parte bassa del corpo dimostrando una certa goffaggine nell’abbassarsi… Non difetta di generosità ma è anche poco reattivo sul primo passo dei brevilinei o sui passaggi corti verso di lui nel traffico i riflessi non sono eccelsi. In attacco la musica spesso cambia perché tra blocchi (il migliore dei lunghi nel roster a portarli), pick and roll, inserimenti e canestri da sotto riesce a rendersi utile ed è per questo e per il vantaggio in fatto d’anzianità sugli altri concorrenti che conserva il posto, inoltre sta tirando dalla lunetta con un irreale 91,2%. In attacco in realtà è migliorato in quasi tutte le statistiche principali a eccezione del tiro da tre punti che l’anno scorso era irrisorio avendo centrato 2 su 3 tentativi. Da 19 minuti è passato a 24,3 e da 7,1 punti a 9,5 ma forse qualcuno degli infortuni passati, ultimo quello al ginocchio, pesa leggermente sul rendimento di Zeller. Ci si augura torni a esser più efficace in difesa, ciò che lo penalizza (forse eccessivamente) nel voto, perché a Charlotte serve soprattutto lì. Sapevamo che avremmo avuto problemi sotto le plance ma a oggi sembriamo averne più del previsto.
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 12°, Nicolas Batum: 5,82
Fondamentalmente a parte pochissime partite (tra le quali quella a Miami e l’ultima a Indiana) è quello dello scorso anno anche se è passato nel ruolo di ala piccola, più congegnale a lui rispetto a quello di guardia tiratrice che aveva lo scorso anno. Calato di rendimento nell’ultima parte di questa striscia di partite (eccetto l’ultima), la squadra rimane ostaggio di un contrattone che andrà a gravare sulle casse degli Hornets sino al termine della stagione 2020/21, anno nel quale il francese eserciterà la player option (27,1 milioni) che difficilmente rifiuterà se per caso dovesse essere ancora nel roster. “Sbarazzarsene” non è nemmeno semplice perché, mistero buffo, Borrego, uno abbastanza sveglio, lo sta facendo partire ancora da starter per cercare di fargli prendere una boccata d’ossigeno e di utilizzarlo come fine passatore per collegare la palla al tiratore meglio piazzato. La pazienza dei tifosi però è finita e se sui social è comparso qualche ironico commento come il fatto che il backcourt degli Hornets avesse segnato 60 punti (Kemba 60, Batum 0) in una serata o più “cattivelli” come una ragazza diceva dovrebbe ritirarsi ora, il cattivo affare lo stanno facendo i Calabroni che lo vedono tirar male dal campo, difendere a sprazzi, magari utile su qualche aiuto su giocate che balzano agli occhi ma che sono discontinue. Troppo facile passarlo a volte e troppo facile a passaggi brutti. La rimessa floscia a Chicago nei secondi finali è costata cara, una palla persa contro Boston in un tentativo di hand-off con Bridges riuscito male sono due esempi di un turnover a 2,1 a partita anche se il francese è richiesto ancora il ruolo di collante movimenta diversi palloni ma mentre il minutaggio è uguale praticamente (da 31,0 a 30,8) gli assist di media sono scemati da 5,5 a 3,6… Con il 44,1% contro il 41,5% dello scorso anno almeno sta tirando meglio, anche perché si è preso circa il doppio di tiri ravvicinati (0/3 piedi) di quelli che cercava lo scorso anno. I punti però rispetto all’anno precedente sono in calo: da 11,6 è passato a 9,2 di media.
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 11°, Malik Monk: 5,85
Lo scorso anno aveva finito bene la stagione e anche quest’anno, pur saltellando di tanto in tanto come la puntina di un vecchio giradischi stava facendo bene, poi un passo e mezzo indietro nelle tre trasferte tra Philadelphia e Cleveland sino a gara 16 che gli costano un bel passo indietro in classifica. Tiri forzati con poco ritmo, molta velocità non seguita da altrettanta coordinazione anche se di potenziale ne avrebbe (vedere l’esaltante reverse lay-up a Miami per l’88° punto di Charlotte) dimostra di essere un giocatore “da striscia”, probabilmente anche a causa della sua giovane età. Rimane per ora quindi inaffidabile specialmente sul lato difensivo dove seppur si palesano progressi rispetto l’inizio carriera, ancora fatica a difender nell’uno contro uno e manca di visione sui tagli e back-door avversari, riuscendo ogni tanto a intercettare qualche pallone in difesa. Migliorato in lunetta, peggiorato dal campo a livello di percentuali ha però incrementato il suo bottino arrivando a toccare i 10,9 punti a partita in virtù di un netto aumento di minuti (da 13,6 dello scorso anno ai 21,3 attuali). Gli assist da 1,4 son passati a 2,3 ma il plus/minus per 100 possessi on court è ancora in saldo negativo con un -0,6 mentre l”anno scorso tuttavia era nettamente superiore con -11,8.

In preseason si era dimenticato la canotta negli spogliatoi.
I compagni gli risordano spiritosamente di portarsela questa volta… l’importante è che non si sia dimenticato come si segna.
Lo aspettiamo magari già questa notte con un contributo importante, magari l’aria da trasferta lo renderà più libero mentalmente visto che qualche accenno di disapprovazione ultimamente è arrrivato su qualche suo errore di troppo al tiro allo Spectrum Center.
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 10°, Bismack Biyombo: 5,87
Rispedito in North Carolina come un pacco smarrito, nel frattempo il contrassegno è aumentato. Questo perché Charlotte per abbassare il monte ingaggi e non pagare sovrattasse ha deciso di liberarsi dell’unico rim protector che aveva a disposizione, ovvero Dwight Howard. In cambio però dai Nets ci era pervenuto Mozgov e in questa specie d’interminabile telefilm non mancavano colpi di scena, mentre Superman si liberava dal contratto con i Nets preferendo accasarsi dai rivali divisionali di Washington, Charlotte intavolava trattative a tre con Bulls e Magic che portavano il centro russo a svernare in Florida mentre da noi tornava Biyombo dopo tre anni tra Toronto e Orlando. Il bagaglio di 17 milioni rimane tuttavia inappropriato rispetto alle prestazioni fornite ma rispetto ai 23,8 che avrebbe percepito Howard, il nuovo GM ha preferito risparmiare inserendo nel mezzo la valvola di passaggio Mozgov (firmato per 4 anni dallo stesso Kupchak quando faceva lo stesso mestiere in gialloviola) che ci sarebbe costato quest’anno 16 milioni per salire a 16,7 il prossimo anno, l’ultimo di contratto per l’europeo. A ogni modo Charlotte ha risparmiato 6,8 milioni ma ha acquisito sostanzialmente un terzo centro. Dietro Zeller e Willy ecco spuntare il congolese che forte della sua enorme mole fisica può ritagliarsi spazi limitati in momenti nella squadra ha bisogno che saranno prevalentemente per limitare avversari molto fisici, guadaganre rimbalzi e stoppare tutto il possibile. Difesa insomma… anche se la sua coordinazione e i suoi tempi in situazioni rapide a volte lo espongono al rischio di commetter fallo o di subire un canestro semplice. Embiid ha mostrato tutti i suoi limiti in una manciata di minuti… In attacco le mani non sono educatissime ed è questo lo scotto che alla fine paga finendo dietro a Cody e allo spagnolo. Se dal campo giocando sotto mette il 58,3% a oggi, dalla linea tira con il 42,9% (3/7), segnando 2,1 punti in 8,5 minuti di media. Statistiche insignificanti se non i due falli a partite e l’alto1,1 nella casella stoppate.
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 09°, Frank Kaminsky: 6,00
Frank è stato depistato da Borrego come quarto centro nelle rotazioni. Questo ha significato rimettere il Tank nell’hangar. Poco corazzato e vulnerabile in difesa, andrebbe rinforzato lo spessore sotto canestro che, nei pochissimi minuti intravisto in campo, pare sempre essere il medesimo. Probabilmente gli anni sotto la gestione Clifford l’hanno anche danneggiato in attacco dove troppo spesso si è affidato a cannoneggiare da tre punti invece di andare in avvicinamento e usare le sue mitragliatrici composte da buoni movimenti, anche se a volte un po’ troppo free style. Di fatto visto l’inutilizzo e uno stipendio che il prossimo anno sfiorerà i 5 milioni, Charlotte potrebbe tentare di scambiarlo per un giocatore più utile alla causa anche se qui entriamo nel mondo del fantamercato ma sarebbe auspicabile tentare per prendere un tipo di giocatore più utile alla causa. Un giocatore che lo scorso anno tirava con il 79,9% ai liberi, il 38% da fuori per 11,1 punti di media in 23,2 minuti. Il 45,9% però non era dato altissimo per un lungo essendo atipicamente portato a sparar da lontano. Se da due punti aveva tentato 442 volte da fuori sono stati ben 274 i tentativi… Borrego non disdegna la soluzione da fuori ma tra la difesa e forse per il suo carattere un po’ guascone e un atteggiamento difensivo che paradossalmente diventa offensivo per chi lo guarda, ora siede nella panchina profonda. Anche contro Philadelphia a Charlotte, nonostante Zeller avesse problemi a rimbalzo contro Embiid e Willy non riuscisse a difendere è stato mandato in campo il più fisico Biyombo che ha fatto danni. Nel finale con l’espulsione di Zeller e MKG in infermeria, coach Borrego ha scelto Willy ignorando ancora il Tank. Il suo minutaggio è sceso a soli 8 minuti a partita (6 le gare o gli scampoli di partita disputati), i punti a 3,3, i rimbalzi a 1,7 mentre i TO sono saliti a uno a match. Dal campo tira con il 36,8%, in attesa di statistiche (eventualmente) più consistenti anche perché ha finito per giocare minuti veri contro Indiana vista la doppia assenza di MKG e di Hernangomez per infortuni ma lo spagnolo è in day to day…
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 08°, Marvin Williams: 6,08
Il veterano degli Hornets dalla strana voce, pur partendo titolare, a 32 anni deve rifiatare di più. Borrego in oltre concedendo più spazio ai rookie lo lascia giocare circa metà gara. Dai 30,2 minuti di due stagioni or sono ai 23,7 di quella attuale. E’ così che cambiano le cifre nei punti segnati che a oggi si abbassano a 7,4. In attacco spesso viene trovato in situazioni con piedi a terra sull’arco libero di tirare e punire sullo scarico oppure a volte s’infila in taglio su giochi a due. Saltuariamente se la gioca classicamente in post basso ma non è un’azione tipica e frequente di Marvin che continua a esser valorizzato come stretch four. Dal 41,3% dello scorso anno, è sceso al 30% da oltre l’arco. Quest’anno ha sbagliato qualche open di troppo ma il su contributo in difesa è tornato a farsi sentire maggiormente. Nonostante i due minuti in meno è salito nelle rubate a 0,8 (0,7 lo scorso anno) e nelle stoppate oggi è arrivato a 0,9 (0,5 l’annata precedente). I rimbalzi sono 4,3 invece di 4,7 e sembra più stanco quando va in lunetta tanto che il 9/16 per un 56,3% che non si avvicina alle sue percentuali in carriera sopra l’80% è probabilmente figlio di questa situazione. Tirando abbastanza poco, cercando di fornire punti di rottura, è in controtendenza con ciò su scritto su Zeller sull’attacco e la difesa. Uscito per un colpo di tibia ricevuto da Young durante l’ultima partita contro Indy mentre era a terra, dovrebbe tornare presto in campo. Si guadagna la sufficienza.
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 07°, Miles Bridges: 6,21
Miles, la nostra ala piccola di riserva, all’occorrenza anche ala grande, è una specie di bomba pronta ad esplodere ma per ora in attacco ha dimostrato soprattutto di essere un dunker e saltuariamente di poter metter qualche tiro da fuori dimostrando qualche problema in più sul palleggio e sui tiri dal mid range (gioca prevalentemente sul bordo dell’arco e negli angoli accentrandosi guidato dalla linea bianca di fondo) che si deve creare. Anche negli appoggi in uno contro uno spesso va fuori misura non riuscendo bene a spingere o a ritagliarsi spazio per il tiro nonostante nelle gambe abbia due razzi. Sa muoversi bene sulla linea di fondo ma è ancora un po’ avulso dal gioco di squadra (in 21,1 minuti di media smista 0,9 assist) fornendo prestazioni discontinue, anche perché il minutaggio concessogli da Borrego è variabile a seconda della serata e questo non lo aiuta a trovare subito il ritmo. Dopo la 17^ “giornata” ha una media al tiro dal campo del 55,7 che sale al 66,7% considerando solamente i tiri da due punti, anche perché risulta difficile fermare le sue lanciate schiacciate, ma anche i tiri da tre punti dove il 40,5% (15/37) lo aiuta ad avere una media punti di 7,7. In difesa ha ancora da lavorare ma il fisico lo aiuta, rispetto a Monk poi è già un passo avanti, inoltre usa le sue capacità atletiche per arrivare dove altri non oserebbero, chiedere a Joseph stoppato da dietro da un Miles staccato da dietro, lanciatosi nell’iperspazio… Un giocatore quindi che ha margini di miglioramento che già oggi però riesce a far più cose bene. Mi ero detto entusiasta potenzialmente quando Charlotte questa estate al Draft, scambiandolo con i Clippers per Gilgeous-Alexander (l’attuale Clippers gioca più di lui e segna qualche punto in più ma ha meno dimensione perimetrale e atletica), per ora sta ripagando la fiducia.
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 06°, Guillermo Hernangomez: 6,32
Il centro spagnolo è finito in infermeria contro Indiana sfoggiando dietro la panchina una strana giacca ciclamino a quadratoni accennati bianchi. Questo dimostra la sua vivacità anche quando è seduto in panchina. Sicuramente un uomo “squadra”, nel senso che anche quando è seduto in panchina festeggia e gioisce per i compagni se producono qualcosa di buono, a Charlotte si sente sicuramente più parte del progetto visto che, nonostante la giovane età, Borrego si fida più di lui rispetto a Frank e Biz, inoltre, quando giocava per New York aveva dovuto subire un drastico calo nel minutaggio. D’altra parte Borrego vorrebbe un centro in grado di colpire anche da fuori aumentando così la spaziatura ed estendendo la minaccia sul parquet per allargare le maglie della difesa avversaria o punire sullo scarico. Con i suoi 211 se servito fuori, ha dimostrato d’esser minaccia consistente con i piedi a terra. Con un 10/17 per un 58,8% ha spesso battuto le difese avversarie con una percentuale più elevata anche dei tiri dall’interno della linea da due punti quando qualche volta dalle parti del ferro è stato stoppato. Anche lui però in difesa dimostra d’esser un po’ troppo leggero anche se in 14,2 minuti di media ha uno 0,6 in stoppata e 4,9 rimbalzi, risultando aggressivo sui palloni vaganti in difesa, spesso bravo nel recuperarli con rapidità, grinta e coordinazione. Ha un assist di media a partita e segna 7,5 punti a game. Se non è un muro in difesa è sicuramente un giocatore giovane che sta aiutando Charlotte ad avere una stagione migliore delle precedente.
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 05°, Dwayne Bacon: 6,43
Dwayne Bacon è un giocatore che nella dimensione difensiva si ritaglia il suo spazio. In difesa contro Philadelphia aveva fermato Butler nei regolamentari mentre nel supplementare aveva provato onestamente a bloccarlo ma la mano alzata è rimasta lì in maniera inefficace. Le sue stoppate sono pari a zero ma guadagna 2,2 rimbalzi a partita ed è un difensore che limita l’avversario scivolando piedi a terra mostrando buon piazzamento e velocità nell’esecuzione di questo fondamentale. Fuori dalle rotazioni a inizio stagione, quando si è fatto male MKG, quasi in concomitanza con una sua brillante prestazione di pochi minuti. A livello offensivo, ha guadagnato minutaggio rispetto a un inizio di stagione che lo aveva visto tenuto in naftalina, ma è stato poco brillante nelle successive partite per ciò che riguarda le sue incursioni per tornar sopra le righe nel finale. Ama attaccare il ferro andando sino in fondo se possibile oppure arrestarsi balzando in aria per un jumper uno contro uno o fade-away. Mostra buone doti di coordinazione se trova il ritmo della giocata. Sfrontato nell’uno contro uno, può sbagliare o segnare mostrando buona coordinazione in mezzo al traffico con tiri ricavati in spazi angusti che si ritaglia in aria, anche usando poi il plexiglass come amico. Saltuariamente può colpire da tre punti da dove è un jolly per Borrego visto che 9 delle 16 triple tentate sono andate a bersaglio (56,3%). Le cifre sono modeste essendo sceso in campo 10 volte ma con 13,5 minuti giocati, una media più consistente di altri giocatori tenuti come terza scelta nel ruolo. Il suo 9/10 dalla lunetta sino ad ora ha garantito un alto standard a gioco fermo mentre ha il 52,1% dal campo, una percentuale che lo porta a passare dai 3,3 punti segnati l’anno scorso ai 6,8 attuali. Questo fattore potrebbe mettere in difficoltà coach Borrego perché oggi anche Bacon chiede un posto al sole.
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 04°, Jeremy Lamb: 6,47
Lamb è un giocatore dal contratto in scadenza, per questo a oggi a Charlotte si parla di lui come una possibile pedina di scambio visto che lo scorso anno e in questo inizio sta dimostrando un livello superiore rispetto al passato che richiederebbe una nuova firma a cifre più alte in un discorso di salary cap già intasato. Certo… Beal costerebbe molto di più ma viene ritenuto un upgrade rispetto all’ex Thunder. Il ventiseienne scelto dai Rockets però ha aumentato ancora la sua media punti toccando il 14,1 con un 44,8% dal campo (leggermente più basso dello scorso anno), rimanendo utile in un contesto dove ha come compagno di reparto la star Walker a monopolizzare i palloni. Aggressivo nelle sue incursioni riesce a trovare anche qualche giocata “and one” con canestro e tiro libero. Con un 40/44 dalla linea sta tirando con il 90,9%.. Da fuori non è sempre affidabile ma nell’ultima gara con i Pacers ha sparato molto bene da oltre l’arco toccando oggi un totale di 38,2 di media. Guadagna un rimbalzo di media in più rispetto lo scorso anno ed è in difesa che ha aumentato i giri dove ruba 1,2 palloni a partita contro gli 0,8 dello scorso anno e spesso va a disturbare l’avversario in jumper in salto o anche in uscita in rotazione se non è il suo prova a farlo sbagliare. Non è un difensore di prima categoria o riesce a piazzarsi sempre bene come Bacon risultando a volte in difficoltà con giocatori rapidi a cambiar direzione ma guadagna sul campo con fatica i suoi 26,1 minuti. Jeremy non è una sorpresa anche se in controtendenza aveva stentato all’inizio in qualche partita ma se Charlotte dovesse arrischiarsi in qualche avventuroso scambio per arrivare a Beal o ad altri giocatori, sarebbe uno dei pezzi più interessati di Charlotte anche se mi dispiacerebbe perderlo.
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 03°, Tony Parker: 6,65
Tony doveva essere la PG di riserva, l’uomo assist della second unit che avrebbe fornito palloni ai ragazzi giovani, uomo spogliatoio che apportando esperienza migliorava gli altri ma il francese si è messo anche a giocare in proprio con gusto trovando in diverse serate la forza di spingere l’attacco di Charlotte sovrapponendosi anche qualche volta a Walker quando il capitano torna in campo. E’ lui a portar palla a dettare i ritmi. Spesso non disdegna la soluzione personale in penetrazione avendo ancora a 36 anni un discreto cambio passo ed esperienza per trovare varchi (quasi invisibili per i normali umani) sotto canestro in uno contro uno o nella selva di mani alzate protese alla difesa dell’anello oppure può battere la difesa avversaria con jumper dal mid range. In genere gioca intelligentemente riuscendo a metter ordine tra le nostre giovani fila. Sicuramente un acquisto ben riuscito da parte di Kupchak.Il giocatore nato a Bruges 36 anni fa ricava da coach Borrego 18,6 minuti a partita con un 56,8% da sotto che cala a un dignitosissimo 38,7% entro l’ultima fascia del tiro da due punti d dove spesso Parker ha messo tiri importanti. Al momento difetta del tiro da fuori con solo un 29,4% e soprattutto ai liberi dove stranamente ha un 67,6% che c’è da scommetterci, salirà durante la stagione. A lui si è chiesto anche di far da collante (che abbiano aperto una fabbrica di colle in Francia chiamandola “Premiata Ditta Parker e Batum”?) e oltre i 9,4 punti a partita di media riesce a sfornare 4,2 assist.
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 02°, Michael Kidd-Gilchrist: 6,69
Salsola, in inglese tumbleweed, pianta del deserto che sembra sterpaglia rotolante nei film western. Come lei all’apparenza morta, secca, MKG si è rigenerato cambiando ruolo, tornando a giocare in attacco anche un basket prossimo alle sue caratteristiche attaccando il canestro, anche in transizione. Un rotolacampo insomma, come il nome meno noto della pianta in italiano. Borrego l’aveva fatto salire al ruolo di PF partendo dal suo naturale ruolo di SF, ma spesso l’abbiamo visto giocare anche da centro marcando elementi avversari più alti e grossi di lui con discreti risultati. Pur perdendo il ruolo di starter sta dimostrando resilienza, capacità d’adattamento all’ambiente che serve alla squadra per caratterizzare e stabilizzare il suo assetto difensivo quando MKG è in campo. Il venticinquenne è stato accostato a Draymond Green come cambio di ruolo, la storia, anche se è presto per dire se continuerà così, è cambiata al momento. In difesa sembra più forte di prima nelle stoppate dove dimostra tempismo e un certo atletismo che aveva perso. Il suo 1,3 a partita è il record personale (lo scorso anno viaggiava a 0,4) e con quasi 5 minuti in meno d’utilizzo a partita è passato da 4,1 rimbalzi la scorsa stagione ai 5,9 attuali… Poche invece le rubate ma se ha possibilità spinge o segue la transizione volentieri. Da 9,2 punti a partita è sceso a 8,6 ma come detto qui sta anche nel minutaggio e nella selezione di tiro che privilegiano i compagni. Lui attacca comunque senza paura il canestro in uno contro uno riuscendo spesso a metter dentro punti preziosi ed è da sotto che un “non tiratore” come lui può contribuire efficacemente per la squadra. Al momento sta tirando con un 48,3% al tiro e da fuori ha già provato 8 volte segnando due triple, quando il suo record di triple tentata in stagione è fermo a 9 (per ben tre volte).
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 01°, Kemba Walker: 7,14
Kemba è partito fortissimo andando di media oltre i trenta punti, poi l’inevitabile calo che spesso non ha però pregiudicato buone prestazioni. Raramente è andato sotto la sufficienza come a Cleveland anche se sui palloni nelle punto a punto finali è stato decisivo solo a Miami e in casa contro Boston mentre nella serata d’apertura ha sbagliato l’ultimo tiro, a Chicago è finito per terra sulla pressione di LaVine per colpa di un passaggio floscio di Batum, a Philadelphia è stato stoppato da Simmons al quale non sono stati fischiati i 3 secondi (dopo aver messo dentro un buon canestro in penetrazione al quale gli arbitri sbagliando non hanno fatto seguire il libero addizionale) e a Charlotte sempre contro Phila, dopo un’incredibile prestazione da 60 punti sulla quale c’è veramente poco da contestargli, è stato stoppato da Butler sul tiro finale mentre nei regolamentari aveva perso palla dopo esser riuscito a pareggiar dalla lunetta in una partita a livello personale strepitosa. Dopo la partita casalinga con Philadelphia, punto nell’orgoglio ha disputato una delle migliori gare nella sua carriera mostrando un gioco a tutto campo fatto di finte, crossover, ball handling rapido e preciso, spin, difesa, coast to coast, rimbalzi, entrate, triple e step-back. Praticamente una gamma sterminata nel suo repertorio che l’ha portato a segnar 21 punti nell’ultimo quarto contribuendo decisivamente a far rimontar la squadra dal -10 e a vincer la partita. Una gara da brividi nel lanciarsi su ogni pallone anche da stremato. Più calmo, anche se dall’inizio caldo con almeno un paio di perle regalate ai fan a inizio gara, era la partita con Indiana dove si dedicava anche all’arte dell’assist finendo con 11 andando in doppia doppia terminando con 16 punti dopo i 60 di Phila e i 43 rifilati a Boston. Kemba per un turno è stato anche in testa alla classifica marcatori di tuta la NBA, scendendo dietro a Curry nell’ultima gara anche perché non essendoci bisogno di lui nell’ultimo quarto ha guardato i compagni riposando in panchina. Il giocatore più hot del momento potrebbe aiutare a convincer “Beal” a trasferirsi a Charlotte creando una coppia di guardie esplosiva. Inutile sprecar aggettivi per un Kemba, stella brillantissima ma lontana da palcoscenici più prestigiosi, mal calcolata da molti che non vedono nella galassia Charlotte una variabile cefeide per rapportarsi al grado di bravura della nostra PG, comunque sempre al centro di speculazioni sul mercato per i risultati mediocri ottenuti da Charlotte in diverse annate precedenti. Oggi comunque vola altissimo come non mai con 28,8 punti di media in 34,8 minuti (circa sugli standard delle annate precedenti), tira dal campo con il 46,6% (mai così bene) e da fuori è al 39,4%. Negli assist è salito a 6,4 rispetto ai 5,6 dello scorso anno mentre rubate e stoppate son rimaste invariate con 1,1 e 0,3 rispettivamente. Per ogni 100 possessi con Kemba in campo la squadra guadagna 6,6 punti di media. In difesa ha problemi di statura con u suoi 185 cm ma continua a essere un abile difensore nel posizionarsi davanti all’attaccante in corsa per prender sfondamento e non è arrendevole nelle chiusure. Aveva segnato 52 punti in una partita nel 2015/16 ma quest’anno ha battuto il proprio record e quello della franchigia arrivando a 60.
Vediamo qualche record che ha infranto recentemente.

Anche l’inizio stagione non era stato affatto male, infatti…

eccolo come giocatore della settimana a Est…

Qui vediamo una grafica dopo la partita di Philadelphia che indica i vari record infranti…

 

La classifica marcatori dopo Phila. Dopo Boston Walker passerà in testa per tornare in seconda posizione dopo Indiana.

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Qui troverete la tabella voti che porta alla classifica provvisoria riepilogata nella seconda scheda sottostante.
__________________________________________________________________________Stanotte si riparte dalla dificile trasferta di OKC alle ore italiane 02:00…

Brevi aggiornamenti e classifica Southeast Division

Nonostante la sconfitta patita per mano dei Thunder che giocheranno in back to back questa notte a Washington contro dei disastrati Wizards che forse hanno patito anche oltremodo l’assenza del nostro ex Dwight Howard (rientrante nella notte ma con minuti limitati non essendo ancora guarito), i Calabroni sopravvivono al comando della peggior Division della Lega e lo saranno anche domattina vista l’assenza degli Heat dal calendario notturno con i soli Wizards e Magic impegnati contro OKC e LAL rispettivamente.

 

 

 

 

Per il momento nessun team almeno a quota .500 anche se gli Hornets avranno due buone occasioni per superare tale cifra e allungare sulle avversarie giocando contro Cleveland, la quale ha perso Love circa sino al 12 dicembre e Atlanta nelle due future giornate.

Non sarà comunque facile per Charlotte arrivare indenne alla fine della stagione sotto gli attacchi degli Heat e nel caso Washington dovesse riprendersi poiché si porta dietro qualche reminiscenza passata da combattere con dei giovani promettenti ma difensivamente ancora piuttosto acerbi.

Gli Hornets comunque hanno una possibilità concreta di battagliare per la prima posizione dovessero trovare più costanza con il proceder della stagione, senza mollare la presa a causa delle sconfitte maturate sotto i tre punti (2-17 negli ultimi due anni)…

Intanto se vi steste chiedendo che fine avesse fatto D. Graham tra un injured list e l’altra, c’è da registrare che un paio di giorni fa sia stato mandato (immagino non definitivamente) dalla società a Greensboro, società affiliata agli Hornets nella lega di sviluppo.
Essendo la terza PG ha avuto poco spazio anche se non è dispiaciuto nei brevi momenti sul parquet, dimostrando qualche pecca nella gestione ma tanta personalità, utile sin da subito.

 

 

Graham istruito da coach Borrego.

 

 

Tuttavia l’ascesa di Parker in termini di prestazioni ha decretato lo slittamento del buon Devonte’ agli Swarm.

Le gerarchie del roster si aggiornano così nella seguente maniera, anche se c’è da notare che MKG spesso funge da centro mentre Willy se contemporaneamente in campo va in marcatura più agile sulla PF e Kaminsky dovrebbe esser annoverato tra i centri ma non ha comunque avuto mai spazio in questa stagione così come Bacon e in parte Biyombo:

 

Hornets dunque pronti a provar a tornare a quota .500 allo scoccar della mezzanotte di domenica 4 novembre, occasione per ripartre contro i Cavaliers orfani di LBJ.

Hornets @ 30 (Voti)

In estate era stato fatto uscire dalla società un sondaggio rivolto ai tifosi sulle proprie preferenze riguardo ai giocatori che hanno vestito la divisa di Charlotte dal 1988 a oggi.

Questo in occasione dei 30 anni dalla nascita della franchigia, anche se poici sarebbero da considerare per Charlotte due anni di vuoto o uno in meno per gli Hornets nel passaggio da New Orleans a Charlotte nella riacquisizione del nome.

 

 

Ovviamente non troverete qui giocatoro come Paul o West che hanno giocato per New Orleans ma sono stati inclusi anche dei giocatori dell’era Bobcats.

Personalmene è una visione sulla quale dissento, ma è da considerarsi normale nell’ottica geografica trattandosi di un sondaggio principalmente rivolto ai tifosi dell’area di Charlotte anche se nulla vietava di partecipare e votare on-line, così come feci io, anche se onestamente non ricordo ora tutte le preferenze (se ne potevano scegliere 10) indicate.

In questi giorni il sito ufficiale ha dunque rivelato i player ai quali i fan sono rimasti più affezionati e nel farlo sono stati prodotti anche dei piccoli video che elencano qualche caratteristica di queste icone.

Dunque vediamo per i fan chi sono i 10 giocatori che sono riusciti a far parte della top 10:

 

10^

 

Iniziamo dunque dalla posizione numero 10 dove si piazza un giocatore che ha vestito entrambe le maglie (Cats e Hornets), riuscendo in tre anni a portare i Calabroni per ben due volte ai playoffs (una con i Bobcats e una con gli Hornets, in entrambi i casi prevalse Miami).

Big Al, grandi movimenti sul piede perno, forse il miglior giocatore per movimenti in post basso negli ultimi anni, peccato che le sue ginocchia non abbiano più retto, comunque sia per i fan, Al è tra i big…

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9^

 

Kendall Gill, uno dei primi giocatori di qualità pescato al Draft da Charlotte.

Versatile, per certi versi, anche se in ruoli differenti, mi ricorda Bridges per esplosività, capacità a rimbalzo e anche buon tiro.

Kendall finì poi a deprimersi a Seattle (un po’ grunge l’ambiente, no? Grunge da grungy, termine slang che indicava la parola sudicio, sporco) in una parentesi per tornare in maglia Hornets per un breve periodo a metà anni ’90.

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8^

 

Gerald Wallace, completamente addentro l’era Bobcats, di lui ricordiamo l’atletismo e la gran difesa.

Bravo a rubare palloni, un raggio fotonico arancio nel buio del medioevo Bobcats.

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7^

 

Il Barone (Baron Davis) era un giocatore eccitante ed eclatante.

Tirato su da Bobby Phills (fino alla tragica scomparsa del nostro ex n° 13) da rookie, il Barone ci regalò il passaggio del turno contro i Magic nel first round series dei playoffs 2002 con una palla rubata a Tracy McGrady sull’ultimo possesso dei Magic che consentì a Charlotte di vincer gara 1.

Da ricordare anche un canestro clamoroso da tre punti che sarebbe valso la vittoria per i teal in quel d’Orlando che gli arbitri riuscirono incredibilmente ad annullare facendo saltare per aria il povero coach Paul Silas.

Aancora oggi mi chiedo se sia stata malafede o incompetenza, anche se propendo più per la prima…

Fu ancora lui nel supplementare a trascinare comunque Charlotte alla vittoria.

In ultimo direi che da segnalare ci sono schiacciate d’epica potenza e numeri da circo su alcune realizzazioni che entratono nelle varie top ten settimanali di NBA Action.

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6^

 

Glen Rice arrivò da Miami nell’affare Mourning.

Due giocatori diversissimi partendo dal ruolo ma il n° 41 continuò ad affermarsi come uno dei migliori top scorer della NBA giocando a Charlotte ottime annate prima del suo passaggio ai Lakers.

Dave Cowens lo convinse che poteva anche andare dentro a schiacciare oltre che tirare da tre punti (sua specialità) rendendolo ancor più pericoloso e micidiale da fermare.

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5^

 

Tyrone “Muggsy” Bogues.

158 cm d’irreale sfida al mondo del basket.

La volontà contro la fisica.

Un moderno Gigi la trottola fatto di velocità, visione di gioco, grinta, specialmente in difesa dove i palleggiatori avversari potevano vedersi spuntare questo sgusciante giocatore da dovunque tanta era la sua voglia di dimostrare di poterci stare nella NBA.

Beniamino dei fan e non solo quelli degli Hornets che vedevano in lui un modello per provarci, magari non strettamente in sfide rivolte al basket.

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4^

 

Grand Mama (personaggio per la sponsorizzazione Converse), la vecchietta che in un vecchio telefilm americano con un brutto cappello ornato da un fiore in testa e vestito lungo abbinato faceva impallidire i gradassi al playground era in realtà Larry Johnson.

LJ era un’ala grande, un ex pugile dal fisico possente, veloce e abile nelle giocate vicino a canestro, sapeva però anche colpire da fuori.

Con l’amico Bogues formavano un tandem iconico.

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3^

 

Evidentemente i fan hanno già nel cuore Kemba, sebbene non si sia storicizzato ancora, tuttavia è il leader di Charlotte per punti segnati, triple e trascinatore del team da quando i Bobcats lo scelsero al Draft.

Presente e forse futuro della franchigia?

Legame indissolubile?

Speriamo, visto che Kemba è un giocatore fantastico in penetrazione, da oltre l’arco, i suoi step-back sono un marchio di fabbrica e in difesa è uno dei più abili giocatori a tener la posizione per ottener lo sfondamento.

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2^

 

Dal mio punto di vista è uno scempio che Dell, papà di Steph Curry (attuale giocatore dei Warriors), sia alla numero 2.

Nel mio cuore rimarrà per sempre il mio giocatore preferito.

Uno specialista da te punti con un tiro meraviglioso da vedere ed efficace, in genere entrava come sesto uomo, anche se qualche volta soleva partire in quintetto, che nel 1993/94 vinse appunto il premio come sesto uomo dell’anno.

Fu il primo giocatore scelto dagli Hornets e se consideriamo i punti targati solo Hornets (non Bobcats) a oggi sarebbe ancora leader della franchigia.

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1^

 

A dimostrare che una grande emozione regalata vale più di tanto tempo trascorso nella mediocrità (riferendosi a giocatori che sono rimasti fedeli per anni ma che hanno chiuso scialbamente la loro esperienza).

Zo segnò il canestro a fil di sirena con il quale Charlotte stupì il mondo eliminando 3-1 al primo turno playoffs i Boston Celtics di McHale e Parish in una serie tirata nel 1993 e probabilmente è questo il motivo per il quale l’ex centro ora nell’entourage degli Heat è rimasto nel cuore dei fan.

Certamente aveva grandi doti da rimbalzista e stoppatore e le sue espressioni facciali contribuovano a fara aumentare la simpatia tra i tifosi di Charlotte, un po’ meno tra gli avversari essendo un temutissimo trash talker.

Andò via a inizio stagione 1995/96 poiché il suo agente David Falk (lo stesso di MJ) iniziò a trattare con Shinn l’ingaggio.

Fu così che Shinn decise di privarsi di Mourning cambiando il corso della storia della franchigia.

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In conclusione, mancano giocatori come Mashburn, il tritatutto o Monster Mash, i compianti Bobby Phills ed Anthony Mason, Eddie Jones, David Wesley, Kelly Tripucka o Rex Chapman, ma sicuramente il campione video elencato è ben rappresentativo della storia della franchigia, sperando si possa rinnovare con nuovi giocatori ai livelli di quelli amati dai tifosi.

Le speranze Monk e Bridges in questo momento sono a Philadelphia, chissà se questa notte mostreranno lampi di classe (inizio alla 1:30 AM)…