Lin (i) è (zi) Hornets

Jeremy Lin è ufficialmente un giocatore dei nuovi Charlotte Hornets.

La point guard con trascorsi newyorkesi, texani e losangelini lascia la California per approdare a Charlotte dove avrà spazio tra le seconde linee dietro a Kemba Walker.
Un contratto stipulato per due anni a più di 4 milioni secondo Wojnarowski.
Lin, visto come fenomeno mediatico è un discreto colpo per la società di Jordan, occorre aspettare invece novembre per avere un’idea più precisa dell’impatto che potrebbe produrre nel team.
Per quanto mi riguarda il dubbio più consistente è sugli eccessivi turnover, comunque scesi rispetto al passato. Difficile che giochi poco più di 25 minuti a partita come lo scorso anno, tempo di media che gli è bastato a chiudere la stagione con 11,2 punti a gara (in leggero calo da 3 anni per quel che riguarda i punti realizzati) nonostante i Lakers dello scorso anno non fossero proprio brillantissimi. Lin l’anno scorso ha tirato con il 36,9% da 3 punti, una media non da tiratore specializzato ma sicuramente migliore di molti giocatori che l’anno scorso dalla grande distanza hanno “preso” poco il bersaglio. Intanto pare che il salary cap sarà a 70 milioni, mentre la luxury tax sarà portata a 84,7, un bel margine per giocare con tutte le regoline a disposizione.
“Linsanity”, il soprannome dato a Jeremy Lin, si è impossessata anche del mercato NBA, in particolare a casa Clippers.
I Velieri hanno mandato una delegazione composta tra gli altri da Paul e Griffin per cercare di convincere DeAndre Jordan a non dare seguito all’accordo verbale che aveva preso con i Mavericks. Il risultato è stato sorprendente, il lungo ha già rifirmato con i losangelini e Dallas è rimasta senza il “suo” centro.
Vicenda interessante che pone al centro questioni di etica e di morale comunque la si veda. Va detto che Jordan aveva avuto dubbi già lunedì su qualche scelta recente dei Mavs e che aveva rifiutato inizialmente più soldi dai Clippers per guadagnare di meno in un team che sembrava per il prossimo anno diventare più forte rispetto ai Clippers che tuttavia si sono rinforzati di recente.
Sta di fatto che De Andre Jordan non ha mantenuto la parola data.
Forse qualcosa è mutato nel frattempo e la promessa non è stata mantenuta.
C’è da dire che tempi addietro le strette di mano in determinati ambiti valevano come un contratto scritto, nel mondo della NBA, anche se questo è il secondo caso che mi ricordi, forse non è così.
Forse i tempi son cambiati, gli interessi sono aumentati, i compagni di squadra forse rimangono tali e non si possono considerare sempre amici e orse è altrettanto legittimo cambiare idea in quel lasso di tempo che costituisce il limbo prima della sigla che sigilla un accordo mediante contratto se non si è più convinti che per la propria vita quel progetto vada bene.
Qui la casistica è infinita, dalle promesse di matrimonio ai patti segreti tra nazioni, per rimanere a noi quello che portò l’Italia al primo conflitto mondiale stipulato con Francia e Gran Bretagna voltando le spalle agli Asburgo, teoricamente alleati.
Interessi contrapposti che determinano tuttavia una mancanza di fiducia nei confronti della controparte.
Probabilmente Mark Cuban avrà sentito una fitta lancinante nella schiena ieri.
Non la faccio più pesante di quel che è in realtà, qui stiamo parlando di sport business, una variante che ha sostituito la lealtà sportiva e il principio fondamentale di lealtà in generale, anche perché il caso è isolato, ma nella vita di tutti i giorni queste situazioni possono verificarsi “normalmente” per un fatto di convenienza.
Senza dare giudizi morali sulla vicenda (un po’ off topic per la pagina) e uscendo dalla specificità del caso, sebbene la situazione ideale sia quella di mantenere la parola data per rapportarsi in maniera corretta e giusta con gli altri, oggi invece tornando all’argomento Charlotte, voglio dare più credito a Jordan, il quale aveva detto di voler un giorno vincere un anello possibilmente con i Calabroni (e Cho), ben sapendo che gli Hornets non hanno attualmente una squadra da titolo ma stanno provando a migliorarsi.

Sicuramente ci sono contratti con qualche milione di troppo (lasciamo perdere il mio pensiero in generale sulle cifre esorbitanti che girano, rimaniamo alla realtà del mercato), tuttavia il fatto di prendere Lin, oltre che un fatto di marketing, rappresenta la volontà di provare a fare il possibile per un upgrade rispetto alla stagione scorsa, l’iniezione di fiducia necessaria in questo periodo nel quale le altre squadre si stavano muovendo rispetto a Charlotte.

Un fotomontaggio sulla pagina FB di Lin.

Un fotomontaggio sulla pagina FB di Lin.

Impossibile dire se la chimica e la tecnica che porteranno Batum, Hawes, Kaminsky, Lamb e Lin sarà sufficiente per far svoltare Charlotte nel novero delle otto squadre partecipanti (forse manca qualcosa in difesa) alla post season, tuttavia la volontà nel migliorare il roster prendendo Lin, dopo aver perso Belinelli (anche lui conteneva Lin, strano caso…) fa ben sperare per il futuro, anche se stiamo parlando di un piccolo passo per il momento.

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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.