L’anfibio Shack e la provocaziHornets.

 
Charles (Edward) Shackleford (22/01/1999-27/01/2017), è stato un giocatore degli Charlotte Hornets nel 1999.

Charles Shackeford soprannominato “Shack” (un’imitazione dell’originale ante litteram?), ereditò il 33 di Mourning.

 
Purtroppo non è più tra noi poiché venerdì scorso è stato trovato privo di vita a soli 50 anni nella sua casa di Kinston.
Non sono note le cause del decesso, anche se la polizia sta indagando.
Lui, natio (sempre) di Kinston in North Carolina, giocava in casa a fine scorso secolo, nella Queen City.
Per “Il Signore degli Anelli”, 208 cm di rimbalzista grazie ai buoni mezzi atletici, ci fu la possibilità a fine carriera, di scender sul parquet con i Calabroni ben trentadue volte durante il 1999, in una delle due stagioni tagliate dal lockout NBA.
 
107 i punti segnati con gli Hornets, ma poi, tornando agli albori dei ’90, soprattutto uno scudetto vinto con Caserta (1990/91), girando a 19 punti e 15 rimbalzi di media…
 
Shackleford ebbe un passato discusso quando all’Università di North Carolina State fu accusato di aver preso soldi dall’agente di Robert Kramer (un uomo d’affari del New Jersey), Larry Gillman, per truccare una partita coinvolgendo anche qualche compagno, in palese violazione non solo delle regole NCAA, ma anche quelle più basilari dello sport.
Charles sostenne che quei soldi li prese, ma non per truccar il match, comunque sia fu assolto per insufficienza di prove.
Poté così approdare nella NBA, New Jersey Nets, Philadelphia 76ers, Minnesota Timberwolves e Charlotte Hornets le franchigie di cui vestì le divise, intervallandole con parentesi italo/greco/turche (una Coppa Korac nel 1996/97 con l’Aris Salonicco).
Fu anche arrestato nel gennaio 2006 per aver venduto droga (cosa piuttosto comune comunque anche in anni a dietro pesino per dei giocatori NBA consumarla e/o spacciarla) a un agente sotto copertura.
 
La nota divertente, ciò per cui molti se lo ricordano invece, è un concetto espresso in maniera strana…
Qualcuno pensa che fosse semplicemente uno strafalcione, qualcun altro che stesse scherzando.
Della specie storie modello: “Leggende metropolitane e affini” (in realtà vere), ve ne scrivo un paio nostrane (prima d’arrivare a quella di Charles) come quelle dell’ex presidente dell’Avellino Sibilia, il quale disse a un cameriere: “Questo prosciutto sa di pesce!” (era salmone affumicato) o quello del Catania Massimino che disse: “I nostri tifosi ci seguiranno dappertutto e con tutti i mezzi a disposizione come pullman, treni e voli charleston”.
A lui uscì invece un:
“Left hand, Right hand, it doesn’t matter. I’m amphibious.”
A un giornalista che gli chiedeva se fosse ambidestro, lui rispose sostanzialmente che era anfibio…
Con questo simpatico aneddoto voglio ricordarlo, oltre le vicissitudini quotidiane.
 
 
Nota personale un po’ off-topic.
 
Stamane apro la posta e anziché i soliti messaggi, trovo un pensiero (beh, insomma, chiamarlo tale mi par troppo) di questo tenore:
 
A tal proposito, la cosa mi viene utile per spiegare anche la mia filosofia di fondo sul blog.
Cosa posso replicare a questo tizio che su FB ha un profilo chiuso e usa il nome di Mario Ferro?
Caro “Mario”, mi dispiace tu sia inciampato per sbaglio su questo blog poiché è letto da persone intelligenti, non da chi come materia grigia possiede solo il Das e per di più lo modella con i piedi…
Vedi… visto che la tua non è una critica (cosa che apprezzo e fa crescere se è costruttiva, potendo aprire un confronto) ma una semplice provocazione basata sul modellarsi sulla demenzialità della società imperante per cui contano solo i numeri… è dai tempi della rivoluzione industriale che si crea in serie, pezzi tutti uguali, dozzinali.
L’industria ha creato un sommario benessere, ma ha anche portato alla scomparsa dell’unicità, quella che provo a mettere rimanendo fuori dal tempo nell’era dell’informazione veloce, in quella delle masse trascinate dai mass media che inducono la gente a conformarsi e ad avere una vaga percezione di se stessa non dandogli tempo e mezzi per ragionare, rendendola sterilmente acritica.
 
Se ti sei perso leggendo fino a ora, non ti preoccupare, te lo spiego con parole più tue, giacché il soggetto offendente pare piuttosto sgrammaticato…
Intanto ti scrivo che “ce” è un pronome personale indiretto che si lega a pronomi diretti (la, lo) o partitivi (ne), quindi non si usa nel modo in cui l’hai utilizzato tu, avresti dovuto scrivere c’è, con il significato di esserci (predicato verbale più verbo essere)…
 
Tornando al discorso della rivoluzione industriale, senza saperlo, sei uno di questi pezzi o sei un classico caso di provocatore “fancazzista” perditempo (non si differenzia molto dal caso precedente avendo come radice comune l’ignoranza), di quelli che se scomparissero, Gaia sarebbe un posto migliore.
 
Charlotte è una squadra di nicchia (la tua probabilmente invece inizia per m. e finisce con la stessa desinenza),
quindi, considerando che non è seguitissima (per ora), che io scrivo solo 7/8 mesi (nei restanti la NBA praticamente non c’è se non per il Draft), considerando che lo ShinyStat che ho messo per curiosità e non certo dall’inizio dell’avventura del blog, ma corrisponde forse a un terzo circa della sua vita, direi che non è nemmeno vero ciò che scrivi, altrimenti avrei circa 20.000 visualizzazioni in tre anni, tante o poche che siano considetate, a me interessa l’artigianalità, la qualità e l’imparzialità, l’oggettività di un pezzo, non m’interessa avere 5.000/10.000 persone al giorno che mi leggono, ma non capiscono.
Lo faccio per passione condivisa nonostante un lavoro piuttosto pesante e non prendo un soldo, quindi, ora che hai avuto i tuoi “5 minuti di gloria”, spero tu sia soddisfatto.
 
Un consiglio, del tipo di quelli dati da Razzi da amico… dedicati a cose più propositive, spreca meno tempo, “anche perché” un giorno rischi che tastiera o no, qualcuno, irritato dai tuoi commenti, venga a trovarti sotto casa…
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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.