Amarcord: Charlotte Hornets Vs Orlando Magic, Playoffs 2002

Ogni anno la NBA ci offre storie differenti.

Il bello dello sport è che spesso può offrirti una occasione di riscatto ma tutto va contestualizzato nei tempi.

Correva l’anno 2002 quando Hornets e Magic, due franchigie nate a un anno di distanza (1988 e 1989 rispettivamente) incrociavano il loro destino per la prima volta ai Playoffs.

Questa è la storia di una squadra che si separerà dai propri tifosi, di una palla rubata all’ultimo istante e di una tripla game winner annullata che porterà sconvolgimenti futuri e duraturi nell’intero panorama NBA.

In gara 1 una tifosa si appella (inutilmente) alla presidenza per evitare la paventata ricollocazione della squadra. Foto originali di Fernando Medina/NBAE.

La favorita

La squadra che viene data per favorita a inizio stagione tra le due è quella della Florida con un expected win di 46-36 contro il 44-38 di quella di base nel North Carolina.

Orlando è data avanti anche perché in squadra c’è un certo Grant Hill, un’icona della lega dopo sei anni ad alti livelli a Detroit è il giocatore già pronto da affiancare all’astro nascente Tracy McGrady.

Vedremo tra poco perché tuttavia alla vigilia dei Playoffs le parti si invertiranno.

La presentazione delle squadre

Hill giocherà solamente 14 partite non arrivando nemmeno a dicembre anche nella sua seconda tormentata stagione in Florida per problemi alla caviglia.

Tra le fila dei Magic, McGrady, arrivato la stagione precedente da Toronto, fa registrare un’impennata nelle cifre che lo vede proiettarsi tra i migliori giocatori della NBA grazie a un talento cristallino ma anche la sua schiena è composta dello stesso trasparente materiale.

Le sue cifre con la squadra di Disneyland si impennano anche perché tra le concause troviamo un roster piuttosto mediocre per quei livelli NBA.

In Florida sbarcano Patrick Ewing, alle soglie dei 40 anni, il mazzolatore ex Bulls Jud Buechler e sempre tra i lunghi si rifirma Horace Grant, solido ma anch’esso in età avanzata (36 anni), il quale sarà, dal mio punto di vista, una delusione per i Magic (in questa specifica serie).

Interessanti le guardie Darrell Armstrong e Troy Hudson per dar problemi con il loro tiro e la loro rapidità mentre tra le ali troviamo Pat Garrity, Don Reid e Monty Williams (quest’ultimo sarà poi l’allenatore dei New Orleans Hornets di Marco Belinelli) come giocatori che andranno ad occupare un posto nella serie di playoffs.

Chiudiamo con il centro Mike Miller, bianco, miglior amico di McGrady che, episodio buffo, compra una barca ma non ha dove attraccarla e viene soccorso da T-Mac che insieme alla casetta che ha comprato possiede anche un laghetto all’interno…

I tabellini e i roster delle squadre sono state prese da Basketball-reference.com.

In casa Hornets succede di tutto alla vigilia del trasferimento a NOLA ma il roster è composto da un solido nucleo che vede su tutti il Barone Davis e il Tritatutto Mashburn.

Baron (Walter Louis) Davis è un giocatore di 191 cm, un piccolo torello ante-litteram CP3, ma dal punto di vista dell’altezza è “normodotato” per i parametri NBA, eppure è entrato nel cuore di molti tifosi, anche successivamente quando si spostò ai Warriors.

Perché?

Perché il Barone è una potenza della natura fattasi uomo; è una potenza dinamica, una manifestazione tumultuosa, affascinante e spaventosa per gli avversari, è il limite dell’epoca, un connubio di potenza ed elevazione non umana che il filosofo Kant definirebbe come sublime dinamico (chiedere a Garnett e non solo).

Ad affiancarli ecco le due colonne d’Ercole P.J. Brown e Elden Campbell con cm e tecnica dalle parti del pitturato e per allargare il campo con il tiro si vede spuntare il folletto David Wesley a completare il quintetto.

La panchina è più che discreta con l’aggiunta di Plastic Man Augmon, Lynch (ottimo difensore) e Traylor, giocatore lento ma che sprigionava enorme potenza all’occorrenza, uno che ha visto l’Italia da player e ci ha lasciati troppo presto per problemi legati al suo visibile sovrappeso, inoltre l’ex Milano Lee Nailon garantisce punti di rottura (33 volte in doppia cifra su 41 giocate in stagione regolare) e il canadese “Big Cat” Jamaal Magloire si va ad aggiungere in pericolosità alla batteria dei lunghi.

I precedenti

Gli Hornets in stagione battono 3-1 i Magic: dopo il 99-109 patito al TD Waterhouse Centre il 23 novembre, il giorno seguente in back to back battono Orlando a Charlotte 103-101.

Le squadre si rivedranno a marzo, il 22, con gli Hornets corsari 106-92 a casa di Doc Rivers (coach Magic) e i Calabroni saranno vincenti anche allo Charlotte Coliseum (il 27) per 111-104.

Orlando sul 31-30 in stagione ha un break di 6 vittorie consecutive in marzo che porta la squadra ad avvicinarsi a rispettare il record indicato ma nelle ultime cinque gare arrivano quattro sconfitte (due contro Miami compresa quella decisiva il 17 aprile in casa 89-103.

Migliori momenti; la vittoria in casa il 9 novembre sui Kings, quella in trasferta contro i Nets e contro Boston in casa entrambe in gennaio.

Charlotte, invece, ha il momento più alto tra fine gennaio e inizio febbraio quando batte San Antonio, Houston e Memphis in fila e tutte tre in trasferta con gli Spurs che arriveranno a 58 vittorie a fine stagione mentre casualmente gli Hornets hanno la loro striscia vincente più lunga in marzo con sette e nel rush finale delle ultime cinque partite arrivano tre vittorie decisive per avere il fattore campo sui Magic (contro gli Heat nella penultima e contro i Bulls nell’ultima).

44-38 per ambo le squadre con gli scontri diretti a favore e una squadra che sembra poter avvicinare le superpotenze a Est, Charlotte entra da favorita nei playoffs per questa serie.

A tener banco però è la storia che vorrebbe Charlotte abbandonata dal presidente Shinn, che, entrato in rotta di collisione con il pubblico per scandali personali e scambi di giocatori non propriamente consigliabili (spesso redditizi però), trova la chiave per portar via la squadra chiedendo una nuova arena sovvenzionata con fondi pubblici che i charlotteans non concederanno.

L’ex moglie di Shinn tra l’altro chiede parte dei proventi di un’ipotetica e ventilata vendita della franchigia da parte di Shinn ad altri possibili acquirenti e questo fattore sommerso potrebbe aver condizionato nel bene e nel male la vita dei Charlotte Hornets che conosciamo e come sono giunti fino a noi, oggi.

Nell’aria, esisteva anche l’ipotesi alquanto bizzarra, che un imprenditore (tale Bruton Smith), legato al mondo delle corse NASCAR con la Speedway Motors, potesse portare proprio i Magic a Charlotte anche se di lì a poco con la promessa di Stern di portare una nuova franchigia in città a breve la situazione non si verrà mai a creare.

Costanti incroci tra i due team quindi che vanno a intrecciarsi concretamente sul parquet lasciando le speculazioni al mondo virtuale.

Game 1

La festa finale per la vittoria sul filo in Gara 1 il 20 aprile.

Se qualcosa può andar storto in casa Hornets è sicuro che lo farà, più che un assioma è una verità che sbatte in faccia a Charlotte ancora una volta nel momento più importante della stagione.

Uno dei principali trascinatori della squadra della Queen City, Jamal Mashburn, è influenzato ma scende ugualmente in campo come fece Jordan a Salt Lake City mentre Baron Davis dorme soltanto due ore prima della partita perché vola a trovar la nonna sulla costa pacifica colpita da infarto.

La differenza con MJ è che Monster Mash non si regge più in piedi e i Magic ne approfittano anche perché nel primo quarto (7:14) Baron Davis prende la linea di fondo sinistra battendo Grant, passa il canestro in salto tentando di schiacciare dopo aver ruotato il corpo in aria.

Sarebbe una slam dunk meravigliosa ma la palla finisce sul ferro e fotografa anche il punteggio che, dopo (anche) un poster di McGrady su P.J. Brown, a pochi secondi dalla fine del quarto dice 17-28 in favore di Orlando prima che lo stesso Barone azzardi con sregolatezza una tripla vincente con Ewing e Hudson addosso per chiudere sul -8 la prima frazione.

Se McGrady ha qualche problema alla caviglia e Miller alla schiena per i Magic, Mashburn di lì a poco prima vomiterà e poi ci saluterà uscendo dall’arena sulle sue gambe prima che gli inservienti lo mettano su una barella e un’ambulanza per correre in ospedale.

Al suo posto entra una conoscenza milanese, Lee Nailon che nel terzo quarto riceve un passaggio di Davis, prende la linea di fondo, imita Davis andando oltre il ferro finendo il lavoro con una spettacolare schiacciata in girata a una mano per il 46-48.

Rivers chiama il time-out e i Magic riallungano sul 57-68 a fine terzo quarto.

La squadra ospite sembrerebbe poter conservare il vantaggio ma i padroni di casa spingono e quando in post basso destro Lynch (lavoro difensivo decisivo su McGrady), in uno contro uno a 4:15 dal termine, lascia partire il fade-away che si infila morbidamente in retina, i Calabroni passano avanti (76-75).

Il finale è convulso, gli Hornets salgon sul +4 ma McGrady dalla lunetta potrebbe pareggiare a quota 80, sfortunatamente per lui il primo libero salta via e si arriva a un finale nel quale Reid intercetta un passaggio di Davis.

Sei secondi e sette decimi da giocare, palla al go to guy McGrady che si avvia in penetrazione a prendere il tiro decisivo ma il Barone, come un ninja, si fa perdonare: ruba clamorosamente all’asso avversario in palleggio la sfera e lancia Magloire in un’altra schiacciata a elicottero della quale sarebbe orgoglioso Igor Sikorskij, peccato arrivi fuori tempo massimo.

Il Barone lancia via la headband, il pubblico di Charlotte, ben più rumoroso di quello attuale, in delirio, impazzisce per una vittoria al fotofinish 80-79.

Ipse Dixit:

“Baron è venuto fuori dal nulla e mi ha preso palla” – Tracy McGrady

“Abbiamo giocato con Mash fuori per metà della stagione in modo da sapere come vincere senza di lui” – Baron Davis.

Game 2

George Lynch, contrastato da McGrady, prova ad andare al tiro il 23 aprile.

In gara 2 Mash è ancora out per una lieve anemia e carenza di vitamine (così diagnosticano in ospedale) mentre i Magic hanno voglia di rivalsa, la loro difesa fa la differenza come un attacco che oltre a TMC trova protagonisti estemporanei come Darrell Armstrong bravo a inizio partita a metter dentro una giocata da 4 punti.

Orlando arriva all’intervallo scavando un solco di 15 punti (47-62) nonostante la schiena di McGrady e un cuscino posto alle sue spalle quando siede in panchina e i consigli fantasiosi di sciamani su come rimetterlo in piedi come soluzioni di sale e aceto…

Il piano di Paul Silas di farlo stancare e logorare facendolo “scatenare” a inizio gara non ha successo.

Il numero di rimbalzi che avevano fatto la differenza a favore di Charlotte in gara 1 ora sono dalla parte dei Magic che sembrerebbero poter agevolmente portare a casa la partita ma l’ennesima fiammata dei Calabroni, pur con un Davis tutto sommato tranquillo, porta a un elastico tra il -2 ed il pari nel finale, è così che Campbell, pilastro d’attacco di Charlotte, sfrutta un passaggio in post basso e appoggia magistralmente alla tabella oltre Grant trovando il 99 pari e l’OT.

Nel supplementare gli Hornets difensivamente sono tosti ma non ne hanno più in attacco così quando lasciano a Garrity un po’ di spazio per piazzar la tripla con i piedi per terra del +3 ORL gli ospiti vanno in fuga.

Finisce 103-111 con gli Hornets capaci di piazzare solo un tiro nell’OT cavalcando troppo l’idea di Campbell sotto i tabelloni e che non riesce a produrre per i compagni.

Game 3

Lee Nailon, anche giocatore di Milano, difende la palla in gara 3 il 27 aprile.

Baron Davis, si riprende dalla sagra delle algie.

Se in gara 2 era risultato poco incisivo e timido perché disturbato da spasmi alla schiena in questa serie andrà per la tripla doppia con 33 punti, 14 rimbalzi e 10 assist…

Altra gara tiratissima dopo la prima vinta di un punto dai Calabroni e la seconda dai Magic al supplementare.

Non sembrerebbe dopo poco più di sei minuti con i Magic avanti 8-22 ma Charlotte già a fine primo quarto chiude sul filo pareggiando grazie a una steal di Augmon e a una dunk di Davis che galleggia in aria schiacciando a una mano in transizione (27 pari).

Partita che cambia volto e Hornets a metà secondo tempo avanti 44-31 quando Davis si appende in orizzontale in schiacciata…

La partita si capovolge con uno 0-9 nel terzo quarto per il 56-64 Magic e a inizio ultimo quarto Rivers cerca di motivare i suoi dicendogli “every rebound, every match-ups, every lose ball” ma le squadre, dopo il sorpasso Hornets, a causa di una tripla di McGrady si ritrovano sul 92 pari.

C’è una rimessa per gli Hornets che entrerà nella storia come uno dei torti più clamorosi della storia della NBA: Sette decimi dalla fine, palla a P.J. Brown che da sulla top of the key a Baron Davis che in contro-movimento viene a prendersi la sfera e la rilascia immediatamente andando oltre Reid e McGrady a far da barriera, il tiro disperato batte sul plexiglass e affonda Orlando ma non l’arbitro Bernie Fryer che annulla incredibilmente il canestro.

Questo “incidente” o meglio, errore, porterà Stern a rivalutare la possibilità di usare l’Instant Replay che arriverà nella stagione 2002/03.

Nel frattempo Charlotte entra nei playoffs aprendo con un libero e una tripla di Davis che chiuderà con un’altra tripla (nel mezzo due piazzati di P.J. Brown) prima di ritoccare il punteggio con un FT per il 110-100 per un finale senza storia.

Ipse Dixit:

“Fondamentalmente finisci per avere uno standard che dice che non è umanamente possibile fare qualcosa in meno di 0,7 secondi e poi qualcuno lo dimostra, questi sono i tipi di protocolli che usiamo.” – David Stern…

Game 4

“The Plastic Man” lanciato verso la schiacciata in solitaria in gara 4 il 30 aprile.

Gara 4 per i Magic è l’ultima spiaggia dopo che nella partita pilota i Calabroni hanno preso il vantaggio espugnando il TD Waterhouse Centre ma Orlando è quasi esclusivamente McGrady che realizza altri 35 punti e costringe Magloire (sua miglior partita di Playoffs nella serie con 19 pt.) a una specie di inverted facelock da wrestling per bloccarne un’incursione.

Joe Forte espelle Magloire a 5:30 dalla fine ma i Magic vedevano McGrady peggiorare dopo lo scontro e ricavano solo tre punti dal fallo per andare sul -9 (87-78) ma un 7-1 di parziale in poco più di un minuto trascinavano Charlotte sul +15 (94-79) verso la vittoria.

Charlotte, aggressiva, vincerà 44-26 la battaglia in vernice.

Partita dura con Mike Miller a procurarsi un taglio sul sopracciglio su un gomito di P.J. Brown su un blocco ma McGrady e Davis si abbracceranno a fine partita, chiusa 102-85.

Ipse Dixit:

T-Mac ha detto che è lui il miglior giocatore della serie.

“Non volevo entrare in tutto questo, stavo solo cercando di guidare la mia squadra” ha detto Davis.

“Tracy ha dominato il gioco con una brutta schiena, quindi immagina cosa avrebbe fatto se fosse stato al 100%. È ovviamente uno dei primi cinque giocatori in campionato. Sono solo un giovane ragazzo che cerca di ottenere un po’ (di pubblicità).”

Intelligente Davis che concede l’onore delle armi ma in questa serie il migliore complessivamente, è stato lui.

Da una vecchia VHS, uno spezzone di NBA Action in italiano andato in onda su RAI 3 all’epoca.

E’ Il “The Last Dance” di Charlotte che vince l’ultima serie di Playoffs prima di soccombere 1-4 con i fortissimi New Jersey Nets di Jason Kidd ma poco importa al pubblico che sa che quello appena andato in scena è il triste finale della storia d’amore tra gli Hornets e Charlotte, ormai già a New Orleans.

Nessuno ancora sapeva però che un giorno i Calabroni, pur in altra veste, sarebbero tornati imprevedibilmente a volare in città…

Fattori Chiave ed esito finale

Charlotte non avrà Jamal Mashburn (con lui una serie di 11 W e 2 L in marzo) che faceva paura a Est ma un Baron Davis (100 punti nella serie) che nelle due gare a Orlando domina infilando due triple doppie vincerebbe il premio MVP della serie ed è semplicemente “too much” per la squadra del Doc. Gli Hornets, al contrario di oggi, dominano il pitturato con giocatori solidi e tecnici come P.J. Brown e Campbell mentre anche Magloire fa sentire il suo peso, il tutto previsto nel piano di Silas di attaccare all’interno del pitturato i più piccoli Magic che non possono contare molto su un Ewing non sempre affidabile e troppo lento (uno dei “meno peggio” dei suoi), come la controparte Traylor.

Per Charlotte è massive frontline che genera anche gioco dentro-fuori all’occorrenza, i Magic invece puntano tutto sulla velocità (Darrell Armstrong e Troy Hudson finiranno la serie con 61 punti segnati e 51 rispettivamente) sul tiro da fuori riuscendo spesso a rimaner avanti in partita anche grazie alle puntate rapide di un McGrady che chiuderà con 123 punti totali la serie.

Tiratori come Pat Garrity danno poco alla squadra e il confronto tra panchine vede nettamente vincente Charlotte che sfrutta un mix tra esperti veterani come Augmon e giovani come Lee Nailon (in stagione regolare è assurto a ruolo di prezioso sesto uomo quando Mashburn è rimasto fuori) per portare a casa preziosi punti di rottura.

Non basta ai Magic essere terzi per ritmo in Regular Season, Charlotte riesce a limitare difensivamente (settima difesa in Regular Season) l’attacco dei Magic (100,5, 4° in NBA), unico a Est sopra i 100 punti di media ma il 98,9 punti subiti rendono la squadra di Rivers anche la terzultima difesa della lega.

Personalmente ho sempre amato di più squadre con più talento che girassero più lontano da canestro come gli Hornets di oggi (rispetto all’epoca le parti si sono abbastanza invertite a livello tattico e fisico) ma essendo fan dei Calabroni, mi soddisfa l’esito finale della serie che va per logica dell’epoca sotto la spinta di un Baron Davis in più, anche grazie a qualche acciacco Magic senza sminuir assolutamente la vittoria finale dei teal & purple.

Video Recap della serie

Questo articolo è stato pubblicato in Uncategorized da igor . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *