Il Punto @ 40

Premessa a lungo termine

Ci eravamo lasciati a gara 17, poi, saltato per diverse ragioni il classico “Il Punto @ 34”, ecco arrivare il ragguaglio della situazione al quasi giro di boa ma, dopo gara diciassette non è cambiato quasi nulla a livello di risultati per gli Hornets giunti sino alla fine del 2018.

Un roller coaster, un otto-volante, un saliscendi emozionale nelle pazze partite giocate.

Crazy più delle corse del Wacky Races, i Calabroni anche in classifica hanno alternato vittorie a sconfitte che non sono andate oltre a una striscia di tre per parte con quota .500 come ago incerto della bilancia a pendere da una parte o dall’altra.

A fine anno però, nella stessa partita stravinta contro i Magic, gli Hornets perdevano un paio di pezzi tra i titolari:

Il secondo violino Lamb e Cody Zeller, uno che aveva iniziato male ma si stava riprendendo, non un fenomeno ma pur sempre il centro più completo di cui Charlotte disponga, in grado di fare da arma tattica semplicemente postando blocchi con angolazioni giuste nei momenti giusti e di difender meglio dei pari ruolo.

Dalla top win già citata con i Magic alla top loss con i Mavericks senza i due titolari il passo è stato breve, poi a preoccupare ancor di più arrivavano una serie di trasferte a Ovest, ben 6…

Se l’anno precedente gli Hornets avevano avuto un certo feeling contro il West, quest’anno diverse squadre “occidentali” sono riuscite a passare sul terreno dello Spectrum Center e con gli Hornets ammalati di mal di trasferta alla vigilia della prima gara a Denver, la situazione per i sopracitati motivi, non sembrava essere ideale, infatti in Colorado la partita di Charlotte finiva in bianco e nero tornando alla luce nel finale a Phoenix dove Parker e Walker trasformavano in Supernova i Suns mentre sulla costa pacifica contro i Clippers gli Hornets rimanevano a letto assonnati nell’ultima parte di gara nonostante il canto del Gallo confermando una certa allergia all’Occidente.

Descrizione veloce delle partite passate

Gara 18 era la classica degli ultimi anni, trasferta persa sul filo con un paio di occasioni per il sorpasso in casa di OKC dopo una bella rimonta, tuttavia nel finale l’inconsistenza di Charlotte costava la sconfitta, pur onorevole mentre nella gara seguente contro i molto più modesti Hawks il copione era simile.

Bacon non teneva Bazemore che a meno di cinque secondi dalla fine in entrata segnava il +1 Atlanta per la vittoria dei locali…

La reazione degli Hornets passava per la vittoria casalinga di misura contro Milwaukee (una volta tanto in una punto a punto) e alla larga affermazione nella rivincita contro gli Hawks ma nelle altre due sfide casalinghe programmate i Calabroni perdevano contro le piratesche Utah e New Orleans chiudendo il ciclo di tre sconfitte a Minneapolis.

Come in un film, dopo aver perso tre partite i Calabroni ne vincevano altrettante:

La vittoria su Denver in cima all’Ovest 113-107 era prestigiosa e inaspettata, quella a New York “normale” per le forze in campo mentre quella tiratissima contro Detroit con il buzzer beater di Lamb a romper la situazione di parità era una vitoria preziosa per superare proprio i Pistons in classifica.

Gara 28 era scioccante perché all’Alveare i teal & purple sprecavano un largo vantaggio finendo per perdere all’OT mentre nella partita seguente la bestia nera James e i Lakers s’imponevano semplicemente nella Buzz City.

Game 30 era l’occasione per portare sul 2-1 la situazione stagionale contro i Cavaliers mentre nell’ultima partita casalinga prima di Natale i Calabroni salutavano il proprio pubblico con l’ennesima vittoria sui Pistons con una dozzina di punti di scarto questa volta.

A Boston si andava per onor di firma perdendo senza creare troppi problemi ai verdi mentre a Brooklyn la squadra gettava alle ortiche la vittoria in una partita tiratissima dalle mille emozioni che si chiudeva solo dopo due supplementari con Monk che perdendo palla da solo in palleggio sull’azione decisiva regalava la vittoria agli avversari anziché alla sua squadra.

Dopo due giorni arrivava la vendetta di Charlotte in casa, Brooklyn, complici alcune scelte di Borrego tornava sino al -5 ma poi slittava sul -13 finale.

A Washington Charlotte iniziava bene, poi andava in difficoltà, pareggiava un paio di volte ma prendeva un brutto parziale nel finale che tentava di recuperare negli ultimi secondi arrivando incredibilmente sul -1 ma il tempo era contro la squadra di Borrego svegliatasi troppo tardi, così si perdeva una grossa occasione contro una squadra largamente rimaneggiata e dallo spogliatoio bollente.

L’occasione di riscatto arrivava contro Orlando con i fuochi d’artificio per chiuder l’anno con il botto ma il doppio infortunio Zeller/Lamb nella prima partita dell’anno a Denver mostrava il volto di una squadra scoppiata già nel primo quarto che accumulava punti finendo con una di quelle sconfitte travolgenti che comunque valeva sempre una L.

Sul bordo playoffs, caduti in ottava posizione Charlotte batteva Phoenix con l’ottima prova nell’ultimo quarto del duo play Parker/Walker e nell’ultima gara analizzata a Los Angeles, sponda Clippers si perdeva, Detroit però non ne approfittava continuando a perdere.

Sopra, la classifica attuale a Est.

Charlotte si trova attualmente all’ottavo posto nella Eastern Conference con un paio di partite di vantaggio rispetto ai Pistons e al secondo nella propria Division dietro Miami di una partita a causa della mancanza di costanza.

La sequenza tra partite vinte e perse. In verde le vinte e in rosso le perse, l’altezza della barra si riferisce alla differenza di punteggio tra le due squadre. Più altà è la barra, maggior è la differenza.

Prossime partite

Prolungato sino a gara 40 questo “Il Punto”, torneremo alla normalità riprendendo la media delle 17 partite analizzando le prossime 11 sfide per arrivare sino a gara 51.

Portland, Sacramento e San Antonio, tre partite in quattro giorni con il back to back in California non promettono molto di buono sulla carta.

In primis perché il primo e l’ultimo per la squadra del North Carolina sono parquet tradizionalmente avversi con poche vittorie a favore, in secundis perché sull’unico campo abbordabile (Kings) quest’anno i Calabroni troveranno una squadra decisamente migliorata anche se con un record di 12-10 in Californioa.

Tutto è possibile ma per vincere su questi campi la squadra di Borrego dovrà superarsi.

Si tornerà finalmente a casa dopo sei trasferte consecutive e i Kings, oltre ai Suns restituiranno la visita ai Calabroni in due partite più morbide sulla carta.

Partite da vincere perché le tre trasferte a Indianapolis, Memphis e Milwaukee si avvicinano a livello nightmare per la squadra di Jordan con la partita in Tennessee potenzialmente più abbordabile anche se per caratteristiche Charlotte potrebbe dar filo da torcere più alle altre due…

Gara 49 contro New York in casa presuppone un’occasione di riscatto dopo la sconfitta contro i “Calzoni alla Zuava”, a Boston sarà ancora durissima, poi in Game 51 anche Memphis completerà “il ritorno” tornando a far visita a Charlotte nell’arco di breve tempo.

Personalmente credo che potremmo ottenere un 4-7 o un 5-6 massimo come record ma le condizioni ovviamente potrebbero mutare in base agli infortunati che avranno le due squadre di volta in volta in ogni gioco…

Per resistere in classifica in un centro/fine gennaio che sulla carta non è dalla parte dei Calabroni che dovranno dimostrare volontà per sovvertire i pronostici.

Parte statistica descrittiva di pregi e difetti

Non chiedete a me, questa volta rinuncio, più che un analista ci vorrebbe uno psicoanalista per questa squadra che non trova costanza per riuscire a vincere una striscia più lunga di tre partite (capitata solo una volta) anche se con calendario favorevole.

D’altro canto la striscia negativa è ferma a tre per cui gli Hornets si barcamenano tra dolorose sconfitte punto a punto, qualcuna eclatante e vittorie insperate con qualche novità dalle punto a punto essendo riusciti a strapparne qualcuna, spesso grazie al trio arretrato Parker/Walker/Lamb.

Il nostro pacchetto arretrato per quel che riguarda i FGM rimane un vanto rimanendo sopra anche a quello di Golden State dove la coppia Curry/Thompson non è proprio da buttar via…

Da gara 18 a gara 40 gli Hornets hanno ottenuto un record di 10-13 che avrebbe potuto spostarsi anche in positivo se non avessimo gettato al vento qualche partita per errori personali difensivi o scelte azzardate di Borrego che si è innamorato troppo della small-ball in alcuni casi.

A volte ha buone intuizioni, altre volte contribuisce nefastamente alla sconfitta con tattiche non funzionanti che si protraggono anche troppo durante il match.

C’è da dire guardando le mie medie nei voti dei singoli che quasi tutta la squadra è peggiorata anche se la maggior parte perde qualche centesimo di punto ma la panchina non è più brillante come all’inizio sebbene nei tiri dal campo produca uno dei differenziali più letali sella NBA grazie anche a Parker che ha steccato alcune partite ma è decisamente di 5/6 gradini sopra a chi l’ha preceduto in quel ruolo.

Le schiacciate di Miles Bridges si vedono sempre più raramente, Monk è incappato in troppe serate dove al tiro ha fatto cilecca regalando anche una vittoria a Brooklyn che al momento lotta con noi per una posizione playoffs…

Borrego poi nel ruolo di centro ha iniziato ad alternare gli uomini dietro a Zeller con Kaminsky motivato inizialmente a far bene, specialmente in difesa ma poi persosi presto così il rientro di Hernangomez in campo ha prodotto risultati altalenanti… i suoi tiri da fuori spariti, una mano che sembra aver perso “educazione” e una difesa che non è mai stata forte si è tramutata spesso in debolissima allora il buon James si è inventato Biyombo come centro titolare, già, perché nel frattempo Cody si è rotto il metacarpo e gli altri due non garantivano solidità mentre MKG non ha i cm e gioca ormai più come PF come in origine della stagione era stato pensato.

Biz spesso quest’anno ha dimostrato di trattare la palla come Fantozzi in SuperFantozzi nell’epoca futura guardava la ruota di pietra, ovvero come oggetto misterioso ma le sue ultime apparizioni sono state più convincenti anche se non è detto che il ruolo come starting five sia suo definitivamente aspettando il rientro di Zeller che ne avrà per un mese, un mese e mezzo e credo che potremmo vederlo al massimo per un paio di partite prima dell’All-Star Game…

I già citati Parker e Willy Hernangomez quando entrano dalla panchina sono interessanti perché il francese usa i suoi blocchi per tentare primariamente di fiondarsi a canestro con l’artificio di qualche spin e dall’esperienza che ne ha affinato le abilità mostrando anche una velocità sopra la norma per un giocatore della sua età, altrimenti ecco arrivare la soluzione pick and roll per buoni tiri.

Ecco qui un pocket pass per Willy che dal centro area mette dentro ottenendo anche un tiro libero.

Tra i giovani c’è da migliorare la difesa, qui sotto ad esempio vediamo Bridges che tenta di formare un box per la swarming defense ma il passaggio sull’esterno concede a T.J. Warren quei metri che Miles lascia incustoditi inutilmente.

Di contro, la tendenza a formare un box verso il pitturato, lasciando scoperti pericolosamente i lati del campo, può portare a situazioni dove si può arrivare a far densità nel pitturato e stoppare (qui addirittura in tre su Middleton) o influenzare un tiro ravvicinato. La mancanza di un rim protector induce maggiormente qualche elemento a protendere verso il centro pur facendo da spola con il bordo del campo ma in posizioni in genere troppo lontane per ribaltamenti e passaggi per catc n’shoot.

Situazioni come questa devono essere corrette e riequilibrate, bene la densità in area che a volte ha prodotto palloni rubati per comodi fast break ma senza esagerare anche se ovviamente oggi ancor più di ieri, non avere un rim protector e nemmeno Zeller può indurre più facilmente gli esterni a tentare di dare una mano sulle penetrazioni.

La panchina era partita benissimo e in parte ancora è un buon punto di forza ma solo in alcuni elementi e non è complessivamente costante.

Diversi giocatori stanno trovando giornate pessime il che non aiuta la squadra quando la second unit calca il parquet.

Questo accade anche in difesa e anche in situazioni ibride nelle quali c’è una commistione tra player titolari e di riserva in campo, questo a volte porta a situazioni nelle quali manca più del solito la comunicazione e Charlotte subisce rapidi e verticali tracolli come in occasione della recente partita a Los Angeles con i Clippers, un gap decisivo accumulato tra fine terzo periodo e inizio ultimo quarto.

Walker è ancora un punto di forza ma in alcune giornate sembra piuttosto spento mentre in altre rimane a guardare, quando invece decide di giocare è uno spettacolo nei secondi tempi, come gli Harleem Globetrotters sembra scatenarsi nella seconda parte, in particolare nell’ultimo quarto dove è il migliore nell’intera NBA per punti realizzati.

Qui sotto ecco qualche statistica sulle panchine NBA:

In generale, con 112,9 punti siamo noni sulle trenta squadre per quel che riguarda i punti segnati mentre la difesa cade al ventunesimo posto con 112,1 subiti.

Il Pace non è così alto come Borrego vorrebbe, quattordicesimi con 99,5, sceso un po’ ma saliti in classifica (prima si era diciassettesimi) mentre con il 79,5% ai liberi siamo settimi.

Punta di diamante è il possesso palla che, nonostante qualche errore grave che ha portato a fast break semplici gli avversari e una persa a Brooklyn, con 12,2 di media, issa al primo posto Charlotte per il minor numero di palle perse.

Le principali statistiche di squadra in grafica:

 

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Vediamo qualche confronto tra giocatori con lo stesso ruolo (almeno inizialmente), partendo dal ruolo di PG:


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Aggiungiamo anche le percentuali della squadra suddivise per zone di tiro:

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Classifica Giocatori

 15°, Devonte’ Graham: 5,82

Rimane all’ultimo posto Devonte che comunque ha giocato molti più minuti recentemente perché l’infortunio di Lamb ha indotto Borrego a sceglierlo come starter da affiancare a Walker preferendolo a Monk.

Questo sta consentendo di migliorare le proprie prestazioni e le proprie cifre avendo un minutaggio consistente.

A volte si accontenta di passaggi periferici e innocui ma sa anche metter dentro palloni taglienti, a Denver ad esempio ha raggiunto 8 assist con tre filtranti rapidi nel primo quarto.

Non disdegna la tripla se ne ha la possibilità e forse Borrego ha ragione nel veder meglio lui che Monk insieme a Kemba perché il gioco ragionato del rookie sembra da esperti nonostante qualche TO gratuito che lo riporta alla sua età ma da più equilibrio anche se non sposta la gara in alcune fasi da il suo contributo su entrambi i lati del campo ma il problema è l’inesperienza che nel bilanciamento difensivo pesa.

Pur essendo partito anche da titolare ha un plus/minus ogni 100 possessi di -6,6.

Sino a gara 17 giocava 8,3 minuti a partita contro i 13,2 di media attuali ma al tiro non è ancora affidabile.

Molto meglio dagli zero ai 10 piedi da dove è sopra il 50% nell’altra metà del raggio sino all’arco da due punti cala sensibilmente le percentuali tornando su un 33,3% da fuori.

Se a gara 17 arrivava al 37,5% dal campo oggi si attesta sul 38,1%.

Giocando di più però raddoppia quasi gli assist passando da 1,3 assist a 2,5 di media e i punti dove i 2,3 passano ai 4,5 attuali.

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 14°, Nicolas Batum: 5,82

Sempre presente in tutte e quaranta le partite è titolare inamovibile anche con Borrego.

Verrebbe da chiedersi se è solo per non svalutarlo o si cerca d’impiegarlo come collante in attacco ma negli assist, pur avendo lo stesso minutaggio dello scorso anno quasi e fornendo talvolta assist precisi e taglienti (bello qualche suo bound pass in diagonale o lo scarico dietro per Zeller lanciato in schiacciata nel finale a recuperare in una partita casalinga contro Detroit) è sceso vistosamente.

Il calo è sicuramente anche dovuto al fatto che Borrego modificando il gioco ha dato mandato anche agli altri giocatori di muover la palla senza dover per forza ingorgare il gioco passando dal francese come smistatore principale.

Il ruolo di ala piccola per ora non sembra averlo smosso più di tanto dal suo torpore, diverse volte è finito sotto la sufficienza, in genere per partite con prestazioni al tiro pessime, anche se le percentuali al tiro rispetto all’orrendo scorso anno per ora sono sopra, ma ancor peggio sul lato difensivo del campo dove il suo close-out è solo di facciata contro i mirabolanti tiratori della NBA.

Non è un segreto che la franchigia voglia muoverlo ma servirebbe una trade con più giocatori magari sacrificando un giovane e un paio di scelte future in una situazione intricata contrattualmente perché in estate ci sarà da rinnovare Kemba a cifre più alte, impossibile pensare di prendere un altro buon giocatore da affiancare al capitano finché il suo contratto peserà sulle casse della franchigia che per uscire da questa situazione di stallo dovrebbe scambiare Batum facendo crollare questa stabilissima chiave di volta.

Gli assist media sono scemati ancora da 3,6 (sempre riferimento sino a gara 17) al 3,4 attuale mentre il 44,1% al tiro è salito al 45,5% (con qualche tiro più ravvicinato rispetto al passato e senza esagerare prende punti di rottura tendenzialmente sparendo nei momenti che contano lasciando palla a Kemba o a qualche altro finalizzatore come Parker o Monk) ma i punti sono in calo rispetto all’anno precedente e a gara 17:

Da 11,6 è passato prima ai 9,2 (game 17) e oggi scende a 8,9 di media con 290 tiri tentati sino a gara 40, quasi al giro di boa (giocando tutte le partite) mentre lo scorso anno ne aveva tentati in totale 650.

Ai liberi è più affidabile, infatti, a oggi è arrivato all’86,0% contro l’83,1 dello scorso anno mentre da fuori sta tirando con una delle sue migliori percentuali di sempre, ovvero il 39% ma in alcune partite finisce per penalizzare la squadra.

A Phoenix fece 0/4 e a Los Angeles con i Clippers 1/5 da oltre l’arco…

Ha raggiunto il suo massimo stagionale nella sconfitta contro New York segnando 21 punti a 20 è arrivato solamente un’altra volta contro Miami ma risaliamo a fine ottobre, il che è svilente per uno con un contratto del genere anche se come dicevamo, anche il modus operandi di Borrego ha contribuito anche in questo settore con più giocatori a prendersi conclusioni.

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 13°, Bismack Biyombo: 5,85

Nonostante il suo contrattone precedentemente strappato (non agli Hornets stranamente), Biz era finito ad osservare le partite come spettatore non pagante privilegiato dalla panchina giocando solo piccoli spezzoni contro New Orleans e Minnesota fino alla gara contro i Magic di fine anno, la quale, complice l’infortunio di Zeller, ha schiuso le porte al centro congolese.

Biz oggi è l’unico nel roster nel ruolo di centro che abbia le doti atletiche, cm e peso per difendere sui lunghi corazzati avversari per questo ha finito per superare Frank e Willy nella partita contro Dallas rivelatisi troppo “molli” per difendere l’anello con Borrego ormai disperato.

Sorprendentemente Biz, uno che nelle precedenti gare si era dimostrato imbarazzante con una palla a spicchi in mano, pur commettendo come suo solito qualche fallo di troppo, ha mostrato di aver una certa dimestichezza con la sfera sotto canestro dove recupera rimbalzi e in attacco a Denver l’abbiamo anche visto schiacciare contro Jokic e l’aiuto in reverse con una bimane esaltante.

Da titolare contro Denver, Phoenix e ……. non ha ancora il posto garantito ma se i suoi miglioramenti dovessero almeno stabilizzarsi (14 minuti contro Dallas e 10 punti, 30 minuti con 16 punti e 12 rimbalzi a Denver, 21 a Phoenix con 6 punti e 8 rimbalzi) dovrebbe mantenere il posto da starter e un buon minutaggio sino al rientro di Zeller a meno che in qualche partita Borrego preferisca far partire Willy in caso di centri avversari più mobili e leggeri mentre Frank sembra esser sul piede di partenza.

Aveva cifre molto modeste numericamente avendo giocato poco sino a game 17, da allora aumenta la percentuale nei tiri dal campo avendo il 62,2% anziché il 58,3% (tuttavia è uno che non forza spesso la situazione e cerca da sotto di appoggiare o schiacciare), dalla linea è migliorato un po’ tirando con il 52,6 (prima era al 42,9%) segnando 3,7 punti in 11 minuti di media (8,5 i precedenti). Commette 1,8 falli a partita e scende nelle stoppate da 1,1 a 0,9.

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 12°, Guillermo Hernangomez: 5,96

Uno dei giocatori del roster più regrediti rispetto alle prime 17 partite (era sesto in classifica) dove aveva spesso ben figurato ma la sua mancanza di kg e una difesa troppo fragile ne ha penalizzato il ruolo da titolare in quintetto affidatogli da Borrego dopo la perdita di Zeller.

Da solo in uno contro uno in difesa contro pesi massimi se non viene aiutato (se arriva lo scarico Charlotte spesso non se lo può permettere) palesa limiti che aveva mascherato meglio durante le prime partite con prestazioni offensive di buon livello che avevano sopperito a qualche mancanza difensiva.

Willy inoltre sembra aver smarrito il tocco al tiro in sospensione mentre sono spariti i tiri da tre punti in favore dei tiri da sotto canestro ma anche lì spesso incappa in serate insoddisfacenti prendendosi anche qualche stoppata perché non sempre protegge la palla adeguatamente non avendo una visione periferica…

Se gioca insieme a Parker porta blocchi per sviluppare eventuali pick and roll che può andare a concludere o semplicemente liberare spazio per avvantaggiare Tony al jumper o in penetrazione.

Usa spesso tiri a una mano che possono variare, dalla velocizzazione al tiro con il baricentro in avanti e si spera che in avanti faccia ancora un passo in avanti perché nel periodo nel quale starà fuori Zeller avrebbe le potenzialità per fare bene almeno a rimbalzo e in attacco ma deve essere più pronto in certe situazioni.

Per quanto riguarda la parte statistica il ventiquattrenne spagnolo è sceso dal 58,8% al 50,9% dal campo scendendo a 13,7 minuti al posto dei 14,2 concessi sino a gara 17.

In stoppata non è un fattore e scende ancora dallo 0,6 all’attuale 0,4 mentre salgono i rimbalzi a 5,3.

In leggero miglioramento nella media punti dove si attesta sui 7,8 (precedentemente 7,5) punti a game.

Non è una bocciatura definitiva perché è giovane ma se in precedenza stava aiutando Charlotte ad avere una stagione migliore oggi la sta peggiorando.

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 11°, Malik Monk: 5,97

Continua a deludere abbastanza Monk che rimane giocatore discontinuo.

La difesa è leggermente migliorata ma in attacco non ha percentuali sufficienti.

In generale dal campo sta tirando meglio rispetto all’anno da rookie con il 39,7% mentre da tre si sta riportando circa sulle percentuali dello scorso anno con un 10/24 nelle ultime 5 uscite (a LAC 4/7) arrivando oggi a un 33,9% migliorabile.

Ha segnato il suo massimo stagionale ad Atlanta nella gara persa di un punto con 26, poi ecco i 24 recenti contro i Clippers e 21 contro Orlando nella gara di fine anno, punteggio raggiunto durante le prime 17 partite contro OKC il primo novembre.

Gioca oltre i cinque minuti più rispetto allo scorso anno ma se escludiamo il suo miglioramento ai tiri liberi (già soddisfacente lo scorso anno come statistica) e l’aumento di punti (10,8 di media), non sta sempre riuscendo a cambiare le partite.

A lui si chiede di segnare più punti possibili dalla panchina e aiutare a reggere Charlotte specialmente durante le seconde rotazioni, in quel periodo a cavallo tra fine terzo quarto e inizio ultima frazione ma va a serate e il fatto che sia arrivato nei punti segnati in doppia cifra è anche a causa del maggior numero di tiri presi a partita essendo arrivato oggi a realizzarne 136 su 343 tentativi mentre la scorsa stagione aveva finito con un 153/425 complessivo.

Dunque se rimarrà in salute e non verrà scambiato è probabile che raddoppierà quasi i tiri tentati dal campo mentre dalla lunetta è stato abile già a procurarsi quasi il doppio di tiri rispetto la passata stagione provando qualche folata con qualche avversario che istintivamente lo “trancia” facendogli guadagnare liberi in più.

Quello che spicca di Monk però è la tendenza alla grossa stupidata.

Se dimenticarsi la canotta nello spogliatoio e l’entrata in campo prematura per festeggiare il tiro vittoria di Lamb contro Detroit con relativo simpatico scappellotto di Micheal non avevano procurato nocumento, a Brooklyn, nel finale, Kemba raddoppiato aveva scaricato a Malik che presa troppa fiducia in palleggio aveva finito per perder palla da solo e regalare la vittoria agli avversari con comodissima transizione in un trait d’union tra la tendenza alla palla persa e il danno alla Mr. Bean.

Monk va ancora a serate, se si accende può mettere buoni tiri in striscia in diverse maniere, altrimenti è un danno come nella sconfitta a Cleveland dove chiuse con un 3/13 dal campo anche se qui stiamo ancora scrivendo delle prime 17 partite mentre nelle ultime gare (dalla 32 alla 40) ha tirato con un 34/77 per un 44,1%.

Giocatore che aspetterei ancora un po’ se non dovesse essere coinvolto in qualche trade per portare fuori dalla Buzz City Batum…

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10°, J.P. Macura: 6,00

Un solo spezzone di partita per lui partendo dalla fine del terzo quarto con Dallas nella peggior sconfitta stagionale e un voto oscillante tra il 5,5 e il 6 poi d’incoraggiamento essendo dovuto entrare in una partita stortissima con compagni ad aspettare la fine della sfida.

Nel garbage time aveva voglia di giocare essendo comunque al debutto in NBA ma parte male con due tiracci da fuori uno dei quali fende solo l’aria.

Pur avendo le doti per piazzare anche la tripla finirà con uno 0/4 da fuori e un 2/8 complessivo dal campo che lo porterà a segnar 4 punti (due buoni canestri) ai quali aggiungerà anche 2 rimbalzi e 2 assist in 13:48 in campo.

Accumula un -7 nella debacle difensiva, la NBA non è la Summer League e le sue doti difensive sono messe a durissima prova.

Ha ancora tanto da imparare in difesa “Dennis The Menace”…

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 09°, Cody Zeller: 6,00

Ne avevamo parlato nello scorso punto come il giocatore più in difficoltà del roster, la sua media era di 5,76 ma nelle ultime gare aveva trovato il ritmo continuando a giocare godendo della fiducia di Borrego.

Diverse prestazioni più solide l’hanno portato alla perfetta media da sufficienza recuperando posizioni in classifica ma ecco arrivare il suo solito infortunio stagionale.

Questa volta non si fa male da solo ma su un blocco contro Grant e Orlando nell’ultima partita stagionale si frattura un osso del metacarpo.

Ci vuole un’operazione dopo la quale il giocatore dovrà stare a riposo un mese, un mese e mezzo… Probabile rivederlo in campo intorno ai giorni dell’All-Star Game, nel frattempo Borrego sta provando a turno gli altri centri anche se nessuno garantisce completezza come Zeller.

In attacco si è sentita la sua mancanza, durante la prima partita disputata senza di lui contro Dallas la squadra ha giocato orrendamente non avendo i suoi blocchi ha finito con il minimo stagionale di punti, 84 (il precedente era stato a Cleveland con 89 per una squadra scesa sotto i 100 punti solamente tre volte sino a oggi), mentre in difesa Borrego ha dovuto dar fondo a tutti i centri per cercar di bloccare gli attacchi di Dallas che sono andati a segno sino al termine della partita creando un largo divario.

A Cleveland Cody aveva giocato solo 17:51 ed era stato il titolare con il miglior differenziale di plus/minus (-4) segnando 9 punti con ¾ dal campo.

Dalla lunetta oggi ha l’84,2 (la scorsa volta eravamo su un impossibile 91,2%) ma rispetto al 71,8% dello scorso anno o al massimo stagionale di 77,4% è migliorato decisamente.

Aumenta ancora impercettibilmente il minutaggio arrivando a 24,5 segnano il 55,8% dei tiri tentati e torna sui suoi livelli a rimbalzo arrivando a 6,2 che, non saranno tanti ma rimane il miglior rimbalzista della squadra.

Aumenta sensibilmente gli assist con 2,1 al posto dello 0,9 dello scorso anno sempre considerando che rispetto allo scorso anno gioca cinque minuti e mezzo in più, così altre statistiche in leggero aumento sono da intendersi come l’estensione del minutaggio, una proiezione reale come nelle rubate dove passa da 0,4 a 0,7 e nelle stoppate dove sale da 0,6 a 0,8.

Non ci resta che resistere senza Cody, giocatore operaio con i suoi limiti ma utile, capace anche di tirare poderose mazzate ai canestri quando riceve in corsa partendo da dietro, anche quest’anno ci ha regalato diverse memorabili jam con inserimenti irresistibili come la già citata schiacciata contro Detroit nel finale che sarà poi decisiva ai fini del risultato.

Buona guarigione Cody e a presto.

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 08°, Miles Bridges: 6,01

Bridges sino a gara 17 giocava 21,1 di media ora è sceso a 19,3 per partita e da 7,7 punti è sceso a 6,6.

Lo vedo sempre più periferico (sia nella posizione, sia per come entra nel gioco) sul parquet e avulso perché non “gli lanciano i componenti”…

Lui che non ha un gran tocco in appoggio sull’entrata se fosse innescato potrebbe far esplodere i razzi ai piedi ma il gioco degli Hornets sembra essere peggiorato e tornato prevedibile, in certi casi simile allo scorso anno anche se con più qualità.

Inoltre giocare spezzoni nei quali viene a volte travolto insieme alla panchina non aiuta, quando gli viene affidato un tiro da fuori o lo prende non è più preciso come prima.

Dal 40,5% è sceso al 31,5% da oltre l’arco con uno 0/10 nelle ultime 6 uscite…

Il suo massimo stagionale è stato di 17 punti nella sconfitta con i Lakers giocando più di 28 minuti mentre i 29:10 concessi contro i Pelicans gli sono valsi 16 punti, secondo career-high personale, in quel che fu comunque un’altra L.

3,6 i rimbalzi a partita, 0,7 le stoppate ma potrebbe far di più grazie al suo atletismo, non sempre ben utilizzato poiché sulle finte a volte salta per aria commettendo anche falli che l’attaccante cerca.

1,4 a partita sono quelli commessi da Miles che scende al 44,3% nei tiri dal campo perdendo uno 0,20 in termine di voto rispetto alle prime 17 partite.

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 07°, Dwayne Bacon: 6,07

In 23 partite ha collezionato 5 voti utili e 4 s.v., questo perché dopo la partita di Atlanta, “sublimata” dall’ultima pessima difesa ad accompagnare l’attaccante senza resistere che è costata la vittoria ha giocato poco finendo anche lui coinvolto nel tourbillon da spola tra Charlotte e Greensboro a giocare con gli Swarm.

Molto marginale ultimamente non ha mostrato cose eclatanti dopo Atlanta, un paio di sufficienze e un’insufficienza che lo hanno portato a perdere un paio di posizioni in classifica.

Il sophemore draftato nel 2017 alla posizione n° 40 d New Orleans “oggi” gioca 12,2 minuti di media (in realtà quando siede sulla panchina di Charlotte è abbastanza in naftalina come dicevamo) con un interessante 52,7% dal campo (39/74) favorito anche dai garbage time ma anche dalla voglia di attaccare il ferro, da zero a tre piedi ha il 94,1%…

Ha l’83,3% ai liberi e segna 5,2 punti a partita ma in molte altre statistiche è nullo come nelle stoppate (0,0% con due totali date) o quasi come lo 0,2 nelle rubate e lo 0,7 negli assist.

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 06°, Frank Kaminsky: 6,08

Partito quasi come portaborse ha guadagnato spazio dimostrandosi motivato e più solido in difesa sotto canestro e non solo poi è tornato a giocare in maniera accademica in difesa il che non glia ha giovato vista la concorrenza nel ruolo e Borrego che per scelta lo ha riestromesso dal giocare minuti importanti anche perché con l’infortunio di Zeller, il Frank schierato partendo dalla panchina contro Dallas è stato disastroso venendo scavalcato anche da un Biyombo in prova.

Ormai girano diverse voci che la franchigia, vista anche la situazione contrattuale, non onerosa ma in scadenza con la QO vorrebbe cederlo, a chi e per cosa non è dato sapere.

Di certo Charlotte aveva iniziato la stagione mal assortendo il reparto lunghi e lo spostamento di Frank come centro ha solo peggiorato la situazione.

A Game 17 giocava di media 8 minuti, oggi ne gioca 11,6 ma come detto è tornato a ibernarsi in panca, i punti da 3,3 son passati a 5,6, i rimbalzi da 1,7 a 2,5 mentre i TO sono scesi da a uno a match a 0,8. Dal campo è passato dal 36,8% (riferimento sempre sino a gara 17) al 48,9% in virtù di buoni movimenti in avvicinamento o sul piede perno. Da fuori sta tirando con il 33,3%.

Con questa caratteristiche e un contratto ancora nella scala rookie non dovrebbe essere impossibile trovare una squadra alla quale interessi vista anche l’età non avanzata (prossimo ai 26 anni che compirà il 4 aprile) ma Charlotte negli ultimi anni non ci ha abituato a molte trattative…

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 05°, Marvin Williams: 6,12

Marvin è salito nel minutaggio a 27,5 (erano 23,7 sino a gara 17), infatti, sia MKG che Bridges hanno meno spazio nel ruolo.

Nulla da dire sull’etica professionale e sull’attaccamento ma Marvin non è a livello di molti altri pari ruolo.

Il fatto che entri nei migliori cinque con un voto che si alza non di moltissimo rispetto la sufficienza la dice lunga sulla modestia di buona parte del roster che in parte può essere giustificabile dall’età di alcuni giovani ma che comunque non risulta propedeutica ai successi.

A differenza di altri almeno prova a difendere anche se i risultati non sono sempre soddisfacenti così come contro Harrell nell’ultima gara disputata dove nonostante l’esperienza, il posizionamento e il vigore, ha finito per incassare de canestri in un momento importante.

Con i numeri però non ci siamo, tira ai liberi con il 70,8 e da fuori con il 38,3% contro il 41,3% dello scorso anno.
La tripla continua essere il suo marchio di fabbrica sia raggiunto sul lato opposto come stretch four, ricevendo il passaggio per l’open o presentandosi rapidamente sulla linea dei tre punti (più raramente, magari arrivando a fari spenti a inizio gara o terzo quarto se ve ne sono le condizioni).

In gara 18 a Oklahoma City fa auto-canestro poi spara un paio di fuochi d’artificio da fuori ma manca nei secondi finali la tripla del sorpasso dall’angolo (buona soluzione comunque perché dai corner ha il 46,9% da tre) finendo con 10 punti.

Il 28 novembre e il 15 dicembre termina con zero punti rispettivamente contro Atlanta e i Lakers ma dall’altra parte il 21 dicembre ottiene il massimo dei suoi punti stagionali in singola partita contro Detroit fermandosi a 24.

Nelle ultime gare è sempre finito in doppia cifra, infatti, oggi sono 10,2 i punti di media per lui contro i 7,4 delle prime 17 giornate.

In stoppata è calato dallo 0,9 allo 0,7 mentre sale a rimbalzo con 5,6.

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 04°, Tony Parker: 6,38

Prende sempre più convinzione in me il fatto che Tony, nonostante l’età abbia ancora tanta fame di giocare minuti importanti.

Questo perché ogni volta che entra in campo se può, nonostante il ruolo di playmaker, prova a puntare direttamente al canestro con qualche variante di smistamento o passaggio sul pick and roll magari con Hernangomez con il quale ha una certa intesa.

Il fatto che abbia accettato di giocare da riserva in realtà non gli preclude di stare in campo per tanti minuti e il suo fisico sembra ancora supportarlo.

Se non ha la velocità di un tempo a 36 anni è comunque fuori dalla norma e in entrata mostra anche la variante spin nella quale sembra formare il tornado di Taz per la velocità e la semplicità con la quale esegue.

Tony continua a latitare un po’ dalla lunetta e molto dipende da lui a volte per le sorti della gara.

In sostituzione di Kemba, se non riesce a cambiare il ritmo della gara o a garantire punti spesso la squadra va in difficoltà.

Nell’ultimo periodo è un po’ in flessione, infatti, la media voto si è abbassata anche se rimane soddisfacente.

Andato sotto la sufficienza diverse volte con diversi Nadir, ha ottenuto due Zenit contro Brooklyn in casa e Phoenix fuori casa dove praticamente quasi da solo (in Arizona con la mano di Kemba) la squadra alla vittoria.

19,5 minuti e 7,7 punti di media, queste erano le sue cifre a San Antonio lo scorso anno, a Charlotte invece pur giocando poco meno (18,8 minuti) sta ottenendo più punti (9,6%) con un pochino di precisione in meno (da 45,9 a 45,2% rispetto all’annata con la squadra texana) con un 69,3% dalla lunetta che se dovesse rimanere sotto il 70,5% dello scorso anno significherebbe un calo nelle percentuali per il frano/belga per il sesto anno consecutivo.

Qualche volta un po’ indeciso al tiro, può anche commettere in corsa passi in attacco (di recente ne sono stati fischiati contro parecchi) se ben chiuso, riesce comunque ancora a trovare varchi impensabili e appoggi “tagliati” e taglienti di tutto rispetto e può sempre trovare con svariate modalità il compagno giusto grazie ad esperienza e visione di gioco. L’abbiamo visto con passaggi orizzontali cambio-lato semplici ma anche con drive and kick e ricordo qualche splendido passaggi dietro la schiena fingendo di andar dentro per passare no look all’uomo libero arretrato, un paio anche in versione bound pass. Per salvare Charlotte dall’ennesima eliminazione anticipata servirà il Tony di Brooklyn e Phoenix.

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 03°, Michael Kidd-Gilchrist: 6,39

Rispetto all’inizio costante in senso positivo MKG ora sta ondeggiando un po’ con alcune partite insufficienti ed altre dove riesce a ottenere buone prestazioni.

Se i voti positivi da gara 18 in poi spesso coincidevano con buone prestazioni e i negativi con cattive performance, ultimamente ha rimescolato un po’ le carte.

Dopo qualche apparizione come centro, Borrego si è accorto che MKG o era costretto al fallo o a un attenta difesa ma senza i cm per bloccare realmente l’avversario, così oggi la posizione stimata in campo è circa del 94% come ala grande (sempre un passo in avanti per lui che era una SF) e del 5% come centro.

Ha un plus/minus di +1,7 ogni cento possessi, il che non è statistica casuale ma anche frutto della tenacia difensiva con la quale prova a bloccare gli avversari di turno.

Torna ad attaccare con scorribande coast to coast se ha campo e contro Oubre Jr. ha fatto vedere ottimi tagli in back-door ma fondamentalmente ricopre un ruolo difensivo anche se è insospettabile il suo 7/19 da tre punti con tiri presi spesso quando trovandosi sull’esterno, ignorato dal difensore di turno può scaricare l’open con buoni risultati direi visto che prima di oggi raramente tentava ma Borrego vuole che li prenda e sono poche le volte nelle quali desiste.

A ogni modo non è un punto focale dell’aspetto del suo gioco ma per Charlotte è importante avere un altro uomo che possa aprire il gioco e trovare punti che spesso hanno aiutato in momenti di bisogno.

Ovviamente per un giocatore come lui con una meccanica di tiro costruita pazientemente con maestri antecedenti come M. Price, l’appoggio da sotto ma talvolta anche il gancio (anche nella bella versione rolling) sono la soluzione migliore e più “semplice”, infatti, da zero a tre piedi ha un buon 59,8% che va scemando man mano allontanandosi dal ferro.

E’ calato però nelle stoppate dove sino a game 17 aveva un 1,3 e ora rimane a 0,9, comunque sempre meglio dello 0,4% dello scorso anno.

In calo anche i rimbalzi da 5,9 ai 4,7 con i minuti rimasti quasi invariati da game 17.

I punti media sono 7,8 con un 48,8% al tiro (era a 48,3% sino a game 17).

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 02°, Jeremy Lamb: 6,39

Perso da gara 37 a gara 39 per uno stiramento al bicipite femorale (evidentemente cosa leggera e passeggera), Lamb lentamente si è imposto come titolare negli Hornets uscendo dalla panchina dove negli anni precedenti sprofondava verso fine stagione ma lo scorso anno con il salto di qualità in difesa, un attacco migliorato e l’infortunio di un Batum sempre discendente è riuscito a mettersi in mostra e quest’anno parte da titolare.

Da titolare nel ruolo di SG gli si chiede di segnare e spesso la cosa gli riesce molto bene perché ha sufficiente agilità, coordinazione e inventiva per tracciare scorribande sul parquet da chiudere in appoggio al plexiglass o slalomeggiare tra i difensori per rilasciare la spicchiata con un morbido floater.

Gioca 29,2 minuti a partita segnando 15,3 punti a partita, secondo violino a tutti gli effetti poiché in terza piazza c’è Monk con 10,8 e la medaglia di cartone ce l’ha Marvin con 10,2.

Dopo Walker nel nostro roster è l’uomo con le mani più rapide o le migliori intuizioni per rubar palla.

Con 1,1 tallona Walker (1,2) mentre non è portato all’assist (1,9) ma sorprendentemente con 5,6 a partita, insieme a Williams, è il secondo miglior rimbalzista della squadra.

Con l’85,8% dalla lunetta è una garanzia.

Ne ha conquistati 120, secondo dietro a Walker che quasi lo doppia ma è anche secondo nei cosiddetti and1 con 16, uno solamente dietro Walker, il che denota ottima flessibilità e resistenza agli urti, anche in volo, nonostante i suoi soli 83 kg…

Con un +2,1 è quarto nel plus/minus ogni 100 possessi.

Sicuramente si è fatta sentire la sua mancanza nelle tre partite consecutive recenti, ora, rientrato a Los Angeles, nonostante sia sparito nel secondo tempo e abbia preso 6 stoppate, ancora non al 100%, ha dimostrato di poter portare all’attacco di Charlotte punti (16) e con una fase difensiva migliore di quella del pari-ruolo Monk, anche se Jeremy può slittare per brevi periodi in SF a seconda dell’impostazione tattica scelta da Clifford.

La gioia di Lamb dopo il tiro vittoria sui Pistons e quella di Monk che si prenderà uno scapaccione da sua maestà Michael per esser entrato prima in campo e averci fatto subire un tiro libero, fortunatamente inoffensivo…

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 01°, Kemba Walker: 6,76

Più scontato di un saldo di gennaio al primo posto c’è sempre lui, Kemba,il giocatore più conosciuto del roster anche dai fan delle altre squadre essendo l’uomo franchigia della squadra, quello che si staglia una spanna sopra gli altri a volte riuscendo a fare la differenza.

Come qualcuno ha detto, è la cosa più vicina ad Allen Iverson dal suo ritiro.

Ball-handling basso e veloce, crossover, esitazioni, step-back ampi riuscendo a battere anche i lunghi e rapidi, entrate in velocità sono ancora il suo pane mentre da tre ultimamente è calato un po’ ma avrebbe le possibilità per tirare meglio senza lasciarsi prendere dalla frenesia (scelta sbagliata o tiro troppo rapido con l’attaccante dietro un blocco o troppo lontano per intervenire) in alcune occasioni comunque sia l’accesso ai PO o no passa sicuramente da lui e dalle sue prestazioni.

Ultimamente ha denotato qualche passaggio a vuoto come nell’ultimo quarto a LAC, dove, con Parker in campo a far da playmaker, è rimasto in disparte.

Nella partita precedente contro Phoenix si era svegliato nel finale segnando 18 dei 29 punti messi a referto e in generale è primo nell’intera NBA per punti segnati nell’ultimo quarto con 8,6 di media…

E’ arrivato momentaneamente a segnare 25,1 a partita (il record precedente è fissato a 23,2 ed è di due anni fa) con un punteggio di efficienza di 21,9 (anche qui 2 anni fa aveva toccato il massimo ma con 21,3).

Non è un segreto che il giocatore del Bronx abbia parlato con il nuovo general manager Mitch Kupchak sul piano del progetto sportivo, su quello che la società vorrebbe fare per migliorare la squadra.
“Loro sanno, sanno cosa devono fare”, ha detto Walker in una recente apparizione su The Jump di ESPN.

“Non è il mio lavoro, lo lascerò a quei ragazzi” ha proseguito il capitano.
“Ora abbiamo Mitch, che è un bravo “ragazzo” e ha fatto un ottimo lavoro nel costruire i team nella sua carriera come GM e ho molta fiducia in lui, quindi, sai, parliamo sempre, chi lo sa?” ha aggiunto Walker.
Ovviamente rifirmarlo sarà la priorità ma la franchigia dovrà esser brava a trovare la giusta soluzione intermedia tra il garantirgli un contratto adeguato e portare pedine che migliorino i record deficitari di Charlotte negli ultimi anni.

Già lo scorso anno Kemba aveva manifestato la propria frustrazione dicendo di esser stanco di guardare gli altri alla tv giocare i playoffs.

Kemba entra quindi in una normale fase attendista asserendo che non sa ancora cosa dirà all’offerta di Jordan/Kupchak ma è intenzionato ad aspettare l’estate per vedere come andranno le cose.
Kupchak l’estate scorsa dichiarava di sperare che l’ex stella di UConn finisse la sua carriera a Charlotte e lui diceva di voler rimanere, tuttavia vista la situazione e il livello di Walker in questa NBA moderna si erano diffuse speculazioni su un suo possibile scambio per sbloccare una situazione nella quale si era arrivati ormai a sfiorare il salary cap.

“All’inizio è stato piuttosto difficile”, ha detto Walker nella sua apparizione in The Jump. “Solo perché non sono mai stato coinvolto in trattative commercial. Penso di averlo sentito per la prima volta attraverso i social media, quindi da quel punto in poi sono rimasto piuttosto sconvolto, ma puoi controllare solo ciò che puoi controllare. Se avessero voluto liberarsi di me, immagino che l’avrebbero fatto”.
Walker è calato un po’ nel FG%, oggi tira dal campo con il 43,7% mentre sino a gara 17, grazie al suo inizio fantastico tirava con il 46,6% (mai così bene) e da fuori è peggiorato arrivando al 35,6% contro il 39,4% sino alla diciassettesima.

Negli assist è a 5,8, in mezzo tra i 6,4 smistati sino a gara 17 rispetto e i 5,6 dello scorso anno.

Deve stare un po’ più attento nei TO (2,5) saliti ma a fronte dei 5,8 assist e che alcuni arrivano da drive and kick piuttosto che da scarichi su raddoppi non va male, tuttavia recentemente ha perso alcuni palloni banalmente.

L’impressione è che mentalmente sia un po’ giù a volte vedendo la squadra spesso affondare velocemente, in trasferta specialmente cosa che non ci da molte speranze in due delle prossime tre trasferte che saranno a Portland, Sacramento e San Antonio.

La squadra dell’Oregon e quella texana hanno ottimi record casalinghi e per passare su questi campi ostici l’unica possibilità, oltre alle buone regole di difesa e gioco di squadra, è un Kemba al top…

Ora la palla torna a lui che deve incarnare la forza…

No, no preoccupatevi, non è Kemba ingrassato ma Hugo la mascotte. Servirà una spada laser a Kemba SkyWalker per incarnare lo spirito del Calabrone e aiutare la squadra nelle prossime difficili sfide nella galassia NBA.

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Qui troverete le tabella voti partita per partita dalla 18 alla 40 che portano alla classifica provvisoria riepilogata nella terza scheda sottostante.

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Informazioni su igor

La mia Hornetsmania comincia nel 1994, quando sui campi della NBA esisteva la squadra più strana e simpatica della Lega, capace di andare a vincere anche su campi ritenuti impossibili. Il simbolo, il piccolo "Muggsy" Bogues, il giocatore più minuscolo di sempre nella NBA (che è anche quello con più "cuore"), la potenza di Grandmama, alias Larry Johnson, le facce di Alonzo Mourning e l'armonia presente nella balistica di Dell Curry, sono gli ingredienti che determinano la mia immutabile scelta.