L’insostenibile leggerezza del rookie of the year

“Penso che (LaMelo) Ball stia mostrando quello che sarà, sarà un giocatore fantastico.”

Doc Rivers – Coach dei Philadelphia 76Sixers.

Nelle stesse ore in cui “il grande vecchio degli Hornets” tra le PG ancora in circolazione (ovvero CP3 che ha avuto una love story con i Calabroni di New Orleans) in qualche maniera mi ricordava come aleggiasse una specie di maledizione sui Calabroni giacché Paul alla ricerca di un titolo – anche se oggi a Phoenix – è finito out per il protocollo Covid-19, l’astro nascente degli imenotteri di Charlotte otteneva il meritato e francamente a mio modo di vedere, abbastanza scontato riconoscimento per il titolo di Rookie of The Year.

In casa T.Wolves qualcuno non l’ha presa bene poiché ovviamente sponsorizzava Edwards ma LaMelo ha scalato le gerarchie poiché è soltanto il sesto giocatore nella storia della NBA a guidare tutti i rookie in punti totali, rimbalzi e assist alla pausa All-Star insieme a Bob Pettit (1954-55), Elgin Baylor (1958-59), Wilt Chamberlain (1959-60), Oscar Robertson (1960-61) e Alvan Adams (1975-76) che hanno vinto tutti come Rookie of the Year nella rispettiva stagione da rookie.

E’ stato il giocatore più giovane nella storia della NBA a raggiungere una tripla doppia, registrando 22 punti, 12 rimbalzi e 11 assist contro Atlanta il 9 gennaio all’età di 19 anni e 140 giorni.

Nelle partite che LaMelo ha giocato nel suo anno da rookie, gli Charlotte Hornets hanno ottenuto un record di .500, record che sale a 13-11 nelle partite in cui è partito in quintetto.

Con una media di 15,9 punti, 6,1 assist, 5,9 rimbalzi e 1,6 recuperi a partita, LaMelo Ball ha dato una grande mano a Charlotte nell’essere una squadra migliore.

Questo l’ha portato a vincere tre premi Rookie of the Month della Eastern Conference.

Ball si è infortunato in trasferta nella partita contro i Clippers perdendo 21 partite della stagione degli Hornets e il suo rientro affrettato, non in condizioni ottimali, è bastato solamente a portare la squadra ai play-in ma il suo impatto, andato aldilà delle aspettative di molti, è stato talmente forte e determinante che, nonostante le sorti di Charlotte si siano infrante a un passo dalla reale post season, non hanno influito sul premio a lui dovuto.

Un ragazzo giovane che al momento ha scombinato anche i pregiudizi (sul carattere che avrebbe potuto scombinare le alchimie del gruppo) e i dubbi (compresi i miei) con i quali era arrivato a Charlotte, sulla scia delle fluenti e pepate frasi del padre e P.R. LaVar che con il suo stile sopra le righe ha trovato il modo di valorizzare di più cestisticamente i suoi figli.

LaMelo, il terzo “son”, ha fatto parlare però il campo tanto che le sparate di LaVar sono state ben poche (dopo quelle iniziali nelle quali chiedeva che il figlio fosse titolare), zittito dalla perfetta armonia tra la squadra e il figlio che con Biyombo e altri ragazzi a fargli da fratello con più esperienza, hanno fatto sì che Ball ci mettesse poco a ingranare.

Il meritato riconoscimento per un ragazzo giovane che sembra, appunto, essersi inserito nel gruppo, un sorriso fatto di una leggerezza sorprendente come il suo gioco che si instaura su note che i musicisti delle altre squadre non riescono a leggere nel suo pentagramma.

Il suo gioco variabile è diventato anche più concreto ma senza rinunciare al repertorio di passaggi che l’aveva già distinto e portato a essere una delle prime tre scelte.

Un caso che Charlotte lo abbia pescato quindi in terza piazza anche perché gli Hornets avrebbero necessitato di Wiseman a livello di ruolo ma i Warriors sono andati sul lungo e fortunatamente gli Hornets hanno pescato il jolly.

Dato per scontato che al secondo anno si potrà solo ripetere (speriamo anche migliorare) grazie alla confidenza presa, LaMelo potrebbe essere un personaggio perfetto uscito dall'”Insostenibile Leggerezza dell’Essere” di Milan Kundera, nel senso che Ball è nato prima come personaggio, “discutibile” e figlio del caso ma soprattutto potremmo dire che il suo svolazzante e lieve spirito libero si completi come trait d’union alla pesante situazione di Charlotte che non vince un primo turno PO dal 2002 (sebbene personalmente consideri mia la vittoria degli Hornets di New Orleans su Dallas ai tempi di CP3 e D. West).

Ball potrebbe essere l’uomo perfetto per dissipare le ombre sulla franchigia e ribaltare lo stato delle cose guidando il team se avrà una squadra adeguata al suo fianco e se, come nel romanzo di Kundera, saprà scindere aspetti e interpreti mantenendo libertà e amore per il gioco oltre che l’equilibrio, suo e del gruppo rimanendo in armonia con la sua personalità e ciò che lo circonda benché le tentazioni e le insoddisfazioni siano parte possibile del gioco.

Certamente oggi si può festeggiare ma voglio portarmi avanti e chiedermi cosa rimarrà di questo premio.

Un Ball “da solo sull’isola” potrebbe fare la fine di Walker, possiamo essere felici del premio ma perché ciò non rimanga insignificante servirebbe che accanto a lui ci fossero altri buoni terminali per esaltare le sue doti di passatore e non gravare su di lui troppo spesso in altri compiti per un giocatore comunque totale come ci ricordano le statistiche ma soprattutto le sue fantastiche giocate.

Se qualcuno ha orecchie per intendere a Charlotte non aspetti, questo è l’anno della verità e Ball è come il Valentino Rossi dei bei tempi: “C’è!”

Il Punto @ 73

The Coach James & Mr. Hyde

Le estreme e pericolose alchimie dell’ambiguo (per i gusti dei fan) James Borrego al quale è stato esteso ancora il contratto per un anno. Riuscirà a trovare la pozione magica per portare Charlotte ai PO il prossimo anno o finirà come nel racconto di Stevenson?

Intro

Riavvolgiamo il nastro: siamo a due partite dalla fine della stagione regolare.

Gli Hornets hanno esaurito le tante gare casalinghe e le energie.

L’annata era partita bene fino ad arrivare oltre ogni più rosea aspettativa degli analisti con i Calabroni saliti sino alla quarta posizione che forse – anche a pieno organico – non avrebbe potuto durare ma per come sono andate le squadre a Est una sesta posizione per gli Hornets sarebbe stata alla tutt’altro che improbabile tanto che io per primo (salvo sfortune varie poi materializzatesi puntualmente) ho creduto ai veri PO, noi ai Play-in, anticamera dei reali.

Premesso che non ci può essere profonda delusione dove non c’è un amore profondo (cit. Martin Luther King), ecco che il finale di stagione ha finito per riportare al giusto livello gli Hornets che stavano sfuggendo anche agli sviluppi della teoria del caos che mai avrebbe potuto prevedere gli Hornets implicati al quarto posto a Est ma come un messaggio che testimonia l’impermanenza delle cose e della felicità, ecco la lunga catena d’infortuni, come se l’ourobóros, il serpente che disegnando un cerchio divora la propria coda, simboleggiasse anche per i Calabroni un ciclo che divora e rigenera sé stesso, un tempo ciclico che comincia nuovamente dopo aver raggiunto la propria fine che per i Calabroni pare sempre enigmaticamente tragicamente affascinante nel suo dissolversi, eppure basterebbe concretamente la volontà di migliorare la squadra per sopperire alle fragilità d’organico anche se quest’anno la sorte ha colpito duramente.

Torniamo al 14 maggio: persa la sfida contro i Clippers rimanevano da giocare ancora due sfide che a inizio stagione potevano sembrare non proibitive ma che diventavano grandi: a New York e a Washington, partite non semplici, tuttavia Miles Bridges riuscendo a rientrare in extremis dal protocollo Covid-19 dava qualche speranza in più.

A New York Charlotte giocava bene a tratti ma i Calabroni sbagliavano due tiri vittoria forzando ancora triple maledette e cedendo all’OT mentre in back to back a Washington dilapidavano un +16 da terzo quarto e un +11 a inizio ultima frazione per cadere ancora nel finale.

Torniamo ancora più indietro quando gli Hornets divengono evanescenti e colpiti dall’eterno ritorno di un maledetto destino.

Potremmo dividere la stagione in due parti e suddividere ancora la seconda in due momenti distinti.

Il primo volto di Charlotte è quello della gioia.

Dura 48 partite quando nonostante la W a Indianapolis, Hayward va K.O..

L’ex Celtics è atteso a inizio maggio ma come sappiamo ormai, non rientrerà più.

Gli Hornets tengono botta nelle prime partite tra propri meriti, demeriti altrui e defezioni di qualche team grazie a un super Rozier ma poi…

Il secondo momento arriva 4 partite più tardi con gli Hornets in testa alla propria divisione anche grazie a molte vittorie giunte in crunch time e intenti a difendere la quarta piazza a Est.

Sembrerebbe si possano battere gli Hawks ma la mancanza di centri si fa sentire così Capela e soci rimontano nell’ultimo periodo mentre Miles Bridges pianta una delle schiacciate più incredibili dell’anno in risposta alla rimonta degli Hawks per esorcizzare le paure ma agli Hornets viene il braccino corto e vengono scavalcati dagli avversari.

Set, gioco, partita, classifica e inizio della lenta fine.

Non sembrerebbe nulla di drammatico, si potrebbe rimediare ma una serie di infortuni a catena di giocatori importanti culminano alla vigilia di una settimana importante di inizio maggio e nonostante i rientri di Ball e Monk qualcosa si è rotto.

Gli Hornets hanno 4 partite importanti contro Pistons, Bulls, Magic e Pelicans.

E’ richiesto almeno un non impossibile 3-1 ma gli Hornets deludono chiudendo con un 2-2 perdendo il derby con la squadra della Louisiana di due punti iniziando così (partita incorporata quella con i Pels) di 5 sconfitte consecutive con il picco finale a Washington nella gara spareggio che sarebbe valsa l’ottava piazza vincendola.

Gli Hornets terminano decimi e vanno a Indianapolis chiedendo il pass per giungere alla seconda sfida d’anticamera playoff.

Quella che va in scena nell’Indiana è la più surreale partita nonché logica conclusione della stagione.

Quasi tutti gli elementi di Charlotte si rivelano imbarazzanti; la difesa (sempre stato il problema di Charlotte in questa stagione non avendo difensori di primo livello, sul perimetro specialmente) è un colabrodo su tutto il fronte, l’attacco non è efficace quando spara da tre punti (e tira troppo da fuori), la volontà di vincere è bassa e ben presto subentra lo scoramento.

Una squadra che sotto la guida di Borrego scompare (ed è da qui che dobbiamo pensare di ripartire) e diventa hide più che hyde…

I fan degli Hornets vedono così chiudere la stagione del loro team favorito con la sesta sconcertante sconfitta che mostra le due facce del team e getta una lunga ombra sull’alba di fuoco estiva dei potenziali nuovi Calabroni anche se c’è chi professa ottimismo con Ball, Rozier, Bridges e Hayward (forse) a roster.

Lascerò a tratti in questo pezzo – seguendo il filo conduttore del duplice racconto come se fosse una specie di concept writing – a coach Matteo Vezzelli (trovertete i suoi scritti in verde e blu) alcune considerazioni personali che in questa prima parte dedicherà la sua disamina sulla stagione di Charlotte.

Analisi tecnico-tattica sulla squadra in stagione a cura di Matteo Vezzelli:

Una squadra costruita senza né capo né coda, frutto di scelte sbagliate negli anni mischiate all’ego di un allenatore smanioso di voler giocare un tipo basket senza averne gli interpreti ideali.

Cosi si può riassumere la stagione degli Hornets (non credo di poter essere tacciato d’eresia se spostassi il medesimo discorso come trend del triennio di Borrego).

Difensivamente indecenti, incapaci di andare in rotazione difensiva, spesso i raddoppi sono sembrati più frutto del caso se non peggio: in altre circostanze avversari lasciati liberi di ordinare addirittura un McMenù.

Offensivamente il playbook era da u13 regionale, con una mezza ruota russa per liberare i nostri tiratori dagli 8 metri con assenza totale del gioco sul piano verticale (perchè? Esiste il gioco interno?).

Roster creato con molti giocatori cresciuti nella G League, giocatori mediocri strapagati o giovani incapaci persino di fare 2 palleggi con la mano debole.

Senza il tocco della “Dea bendata” sotto forma di terza scelta assoluta al Draft avremmo chiuso con un record stile Charotte Bobcats.

C’è molto da riflettere e tanto, tantissimo da fare.

I tifosi meritano di più.

Andiamo ad analizzare sempre con Matteo in veste di coach tre situazioni in video che ho scelto considerandole iconiche per mostrare un po’ del gioco di Charlotte durante l’anno.

La prima riguarda un attacco ben riuscito che mostra come anche interpreti non di primo piano, evitando di affidarsi al tiro da tre punti come unica soluzione, possano riuscire a giocare un buon basket creando canestri facili.

Partiamo da una posizione di punta con un pick and roll tra play ed esterno: Ball scarica palla a McDaniels il quale rolla verso il centro dell’area trovando la difesa di Orlando poco reattiva nella situazione, così – rotta la prima linea difensiva – Wagner è costretto a uscire per coprire lo spazio attaccabile da McDaniels ma al contempo è costretto ad abbandonare la marcatura di Biyombo che in back-door tutto solo (anche perché il difensore che guarda Monk non scala), ricevendo il passaggio di Jalen, non può esimersi dalla jam vincente grazie alle ottime spaziature tenute sul parquet dai Calabroni.

Nella seconda azione che andremo ad analizzare vorrei evidenziare posizioni, problemi di rimbalzi e di small ball che hanno attanagliato Charlotte quest’anno e per di più in questo caso se faceste caso al punteggio, in un momento decisivo del match con gli Hornets appena tornati sul -1 dopo una strepitosa azione.

La seconda situazione – quindi – vede Campazzo ricever palla e mentre sulla finta di passaggio che Rozier contrasta in salto avviene il primo cambio con Terry a ritrovarsi su Green mentre la buona contemporanea salita di Ball porta via spazio al play argentino che decide a quel punto di giocare un pick and roll con l’ala/centro numero 0.

Il cambio degli Hornets è ancora perfetto con Rozier e ball a riprendere gli uomini assegnati da Borrego a inizio azione, a quel punto il talentuoso sudamericano passa a Jokic in uscita che sfidando Zeller in entrata prende un brutto runner ma il tagliafuori di Ball è difettoso sia per posizione e per problemi fisici strutturali rilevabili in kg.

Green lo mette in tasca e converte facilmente l’errore del serbo sul lato debole con il rimbalzo e correzione volante.

Nell’ultima azione che in realtà sarebbero due ma con lo stesso copione, vorrei rivedere certi tiri da tre punti presi dagli Hornets non consigliabili, tanto più che qui si stava decidendo probabilmente il piazzamento finale di Charlotte che con una vittoria avrebbe ottenuto l’ottavo posto.

Ben due occasioni per vincere la partita sprecate senza gioco di squadra con tiri da tre punti e nonostante io sia stato innamorato di quei tiri dalla lunga distanza che Larry Bird e Dell Curry lasciavano partire con stile e magicamente si infilavano in retina, qui vi è un eccesso di soluzioni non ottimali.

Sulla prima azione possiamo osservare Rozier in palleggio passare Bridges in aiuto con il blocco.

La difesa di New York accetta il cambio e con Randle accoppiato a Scary, arriva il primo tiro da tre punti che Rozier cerca di prendesi con lo step-back in separazione, un classico del piccolo contro il lungo ma purtroppo il tiro colpisce il ferro e la prima azione, comunque una forzatura, va a vuoto.

La seconda azione vede protagonista Graham, il quale uscendo dal lato debole sfruttando un blocco va a farsi consegnare palla da Miles che nel frattempo cercando di portargli anch’esso un secondo blocco fa impastare il difensore all’inseguimento (Burks) ma Graham che va ad arrestarsi sulla diagonale prende il pull-up con un altro difensore che – pur lontano- prova a pararglisi incontro.

Il risultato è un mattone che rischia di infrangere il plexiglass così gli Hornets gettano al vento una seconda occasione con una seconda forzatura senza realmente aver fatto muovere la difesa avversaria e al supplementare prevarranno i Knicks.

Classifica Finale di Regular Season

Il futuro prossimo

Per analizzare il futuro, diamo uno sguardo veloce al passato.

Da quando MJ ha cambiato identità al team riportando gli Hornets a Charlotte sono passati 7 anni nei quali solamente una volta la squadra è riuscita a raggiungere i playoff.

Charlotte manca da 5 anni alla post season e anche se quest’anno la squadra è andata aldilà delle aspettative sfiorandoli, ha dimostrato tutte le proprie fragilità.

Jordan ha sempre attuato una politica di piccoli passi senza eccedere in spese folli anche se lo scorso anno è arrivato Gordon Hayward ma per una squadra che non ambisce al titolo di entrare in luxury tax non se ne parla.

Dal mio punto di vista la prossima stagione di apre quindi con un grosso punto interrogativo ma andiamo con ordine facendoci delle domande.

Perché MJ dovrebbe cambiare all’improvviso la sua politica?

La cosa lo tocca?

Personalmente apprezzo molto MJ fuori dal parquet come persona per ciò che è, come sportivo per me è sempre stato un rivale, come proprietario oggettivamente fino a oggi una sciagura benché la storia non sia mai bianca o nera ma grigia e tutte le colpe non siano addebitabili a lui ma occorre fare un passo deciso il prossimo anno per non rimanere nell’eterno limbo.

A livello pratico si calcola che gli Hornets potrebbero avere una ventina di milioni da utilizzare in free agency e cercare di sistemare un roster che ha diverse lacune.

Gli Hornets sono una delle sei squadre che avranno un buon cap space in questa off-season, tuttavia, per creare questo spazio, Charlotte dovrà prendere delle decisioni sui ragazzi in uscita che diverranno free agent.

Al momento Charlotte ha 17 giocatori a roster dei quali 7 in uscita.

I giocatori in possibile uscita.

I principali a pesare sul morte ingaggi degli Hornets sono (UFA) Zeller (folle limite ipotetico da 23 milioni) e (RFA) Monk che spingerebbero Charlotte in luxury tax nonostante gli Hornets – addebito shame di Batum compreso – siano attualmente sugli 82 milioni di stipendi garantiti.

Zeller sta diventando troppo “maturo”.

Avrebbe dovuto essere il centro titolare ma ha finto spesso per finire in panchina.

Da Charlotte potrei anche aspettami di rivederlo un altro anno ma il suo stipendio è sconveniente e quei soldi, dal mio punto di vista, dovrebbero essere tutti impiegati alla ricerca di un centro completo che faccia dimenticare la mediocrità e la non completezza dei nostri centri attuali.

Borrego è andato il tilt durante la stagione cercando di trovare una risposta solida al ruolo di centro ma non l’ha trovata e con Vernon Carey Jr. e Nick Richards sotto contratto, giovani rookie da back-up, andare a pensare di rifirmare Zeller diventerebbe un controsenso.

Gli Hornets hanno bisogno di un centro che sappia difendere, tiri giù rimbalzi e segni anche qualche punto.

In questo contesto do per scontato che Biyombo (unrestricted free agent), nonostante il suo ruolo di mentore e stacanovista da 66 partite in stagione, sarà tagliato.

Qualche rumors già è uscito su Theis che potrebbe essere un buon centro di riserva se non costasse troppo ma non risolverebbe alcune lacune degli Hornets che dovrebbero ambire a un centro che cambi il panorama.

Monk, invece, ha saltato 13 delle prime 17 partite per decisione del coach.

“Pensavo di essere nella rotazione, poi non mi ci sono trovato dentro. Ero incazzato – molto, molto, molto, molto incazzato ma sono rimasto fedele” ha detto Monk a gennaio al Charlotte Observer.

Monk non ha mai avuto ruoli da titolare nei suoi anni a Charlotte con una sola partenza da starter.

Per le valutazioni su Malik rimando alla classifica, di certo c’è chi dice che adesso Monk potrebbe ricevere un’offerta d’estensione del contratto da Charlotte essendo restricted free agent anche se chi ricorda l’offerta fatta a suo tempo a Walker si aspetterà che gli Hornets non giocheranno pesante per l’offerta al numero 1.

Secondo ProFitX, lo stipendio iniziale di Monk per la stagione 2021-22 dovrebbe essere di $ 8,4 milioni, uno stipendio paragonabile a Seth Curry, guardia dei Philadelphia 76ers.

Se Monk accettasse, gli Hornets potrebbero un sesto/settimo uomo di discreto impatto e circa 14 milioni ancora spendibili che genererebbero una mid level exception da 4,9 milioni di dollari che i Calabroni potrebbero usare per firmare un agente libero come a esempio Richaun Holmes anche se non lo apprezzo moltissimo.

Altro “free agent limitato” è Devonte ‘Graham.

Graham ha beneficiato dell’anno zero di Charlotte per porsi all’attenzione degli addetti ai lavori come uno dei giocatori più migliorati della NBA lo scorso anno ma con la comparsa di Ball la sparizione di Devonte’ era data solamente come questione di tempo.

Il problema è che sia Graham che Monk possono avere grandi serate o flop, due tiratori inaffidabili per il loro modo di giocare e questo lo si può notare dal fatto che Graham a fine stagione non abbia mai superato il 40% in carriera e il 70% dei suoi tentativi provenga da 3 punti…

Eppure Graham ha avuto un impatto trascinante su alcune partite ma lui stesso ne ha gettate al vento almeno tre questa stagione dopo aver contribuito a rimetterle in discussione.

Sicuramente è un buon passatore quando vuole e ha ridotto i TO da 2,9 a 1,5 in questa stagione ma a 26 anni prende ancora tiri ignoranti in momenti critici e la sua difesa, come quella di Monk, non è di livello.

Graham, Ball e Rozier in campo insieme hanno condiviso il parquet per 150 minuti in questa stagione (56 nel quarto quarto) facendo registrare un +2,3 in questi minuti ma difficilmente questo tipo di small ball sarebbe perseguibile per lungo tempo.

Il costo di Graham potrebbe andare dagli 8 agli 11 milioni e la proiezione salariale secondo ProFitX è di 9,6 milioni di dollari, probabilmente troppi per un giocatore instabile.

Nate Darling e Grant Riller, i due two-way non costituiscono un grande problema anche in caso di perdita perché il loro ruolo rimarrebbe molto marginale mentre Wanamaker che si è rivelato un play meno talentuoso ma più affidabile di Graham e Monk in versione PG a giudicare dalle ultime partite non giocate non sembra nei piani di Borrego.

Ci saranno da considerare anche le eventuali estensioni di Terry Rozier e Miles Bridges.

Rozier entra nell’ultimo anno di un contratto a scalare mentre i suoi numeri sul parquet salgono (è passato dal 39,5% al 57,4% sui tiri effettuati dai 10-14 per esempio)

Se Charlotte dovesse proporgli un rinnovo, dato lo stipendio calante potrebbe al massimo offrirgli 96,3 milioni per quattro stagioni.

Il limite raggiunto nel primo anno dell’estensione sarebbe di 21,5 milioni di dollari.

Bridges è l’altro elemento che ha sorpreso in stagione nonostante sia stato relegato al ruolo di giocatore da far uscire dalla panca ma “grazie agli infortuni” nelle 19 partite iniziate come starter il numero zero ha segnato una media di 18,6 punti con il 50,8% dal campo e un parziale di 41,8% da 3 punti.

A differenza di Rozier, che può essere esteso in qualsiasi momento nella prossima stagione, Bridges dovrebbe firmare un’estensione entro il giorno prima della prima partita di regular season.

Cosa serve agli Hornets e si può fare un progetto serio di basket a Charlotte?

Partiamo dalla seconda domanda del titolo.

Sentendo gente più esperta di me in materia che ha vissuto in loco ho compreso che ci sono alcune difficoltà comunque superabili.

Il North Carolina è uno stato del sud e molti degli States a meridione vivono di football ma la Carolina del Nord è anche uno degli Stati dove si respira basket, in genere quello dei college.

Uscendo dallo stereotipo della gente del sud che guarda solo il football americano o quasi, c’è da ricordare come Miami o le squadre texane siano team di successo nella NBA per cui sarebbe un peccato non sfruttare tutto il retaggio culturale cestistico dello Stato – aldilà delle divisioni e rivalità dei college – per non portare un vero progetto pluriennale che faccia grande il basket professionistico a Charlotte.

Vero è che quell’entusiasmo incontenibile degli anni ’80 per la squadra a Charlotte è andato scemando sotto il peso di alternative serali di vario genere che in città sono andate aumentando, vero è che quando Shinn e la NBA portarono via gli Hornets originali arrivò il trauma ma oggi è un altro giorno e i fan degli Hornets (per non parlare di quelli dei Bobcats) hanno visto un team in 7 anni approdare solo una volta ai PO e uscire al primo turno.

Tocca a MJ in primis e al GM in secundis capire che non c’è davvero più tempo da sprecare perché le alternative a una squadra non entusiasmante in città non mancano.

Diversi fan hanno fatto la loro parte rimanendo fedeli ma anche se il team è promettente rimane fragile, serve una sterzata forte che solidifichi la squadra e la porti tra le prime 4 o 5 a Est in breve tempo.

Certo, i fan più giovani sono stati conquistati dai flash di Ball o dalla promessa di un team che torni in breve tempo a rivedere a fine stagione una percentuale superiore ai .500 ma i Calabroni il prossimo anno dovranno fare dei passi in avanti valutando in primis la situazione di Gordon Hayward.

Non c’è dubbio che l’ex Celtics sia stato il valore aggiunto del team fin quando è rimasto sul parquet ma dopo l’infortunio è stato il valore sottratto.

L’entourage conosce le sue reali condizioni di salute e uno scambio con Indy (lui e Carey Jr. per Turner e Lamb si vociferava, anch’essi recentemente infortunati comunque i due Pacers) al momento sono solo rumor anche perché Hayward ha a suo favore un bonus in caso di scambio durante l’off-season che dovrebbe pagare Charlotte secondo quanto riporta ESPN.

Anyway, agli Hornets in primis serve un centro vero che sappia difendere ma non solo, serviranno un paio di difensori migliori che alzino la qualità del gioco difensivo di Charlotte oltre a tiratori più affidabili da tre punti e capaci sotto le plance.

I soldi che rimarranno (specialmente se Charlotte decidesse di rifirmare qualcuno tra Monk, Graham e Zeller) potrebbero anche essere insufficienti per riuscire a trasformare una squadra da promettente a realmente competitiva ma già il primo agosto sapremo qualcosa sulle intenzioni di Charlotte perché entro tale data Kup sarà costretto a estendere le QO per Malik Monk, Devonte ‘ Graham e Brad Wanamaker, rendendoli agenti liberi limitati oppure a lasciarle decadere.

Poiché Monk non è riuscito a fare una media di 34,25 partenze nelle ultime due stagioni (o iniziare 36 partite quest’anno), la sua offerta di qualificazione sarà di $ 7,0 milioni (l’importo pari a un giocatore selezionato al 15° posto nel Draft NBA 2017).

Graham ha soddisfatto i criteri di partenza in questa stagione e ha visto la sua offerta di qualificazione aumentare da $ 2,1 milioni a $ 4,7 milioni.

L’offerta di un anno per Wanamaker è di $ 2,8 milioni.

Charlotte avrà tre scelte future nel prossimo Draft ed ecco come Jonathan Givony e Mike Schmitz di ESPN hanno scelto per Charlotte a luglio:

La scadenza dei contratti e la situazione attuale al Draft al primo giro nei prossimi due anni che vede gli Hornets mantenere le proprie scelte..

N. 12 (propria): Corey Kispert, SF, Gonzaga

N. 56 (tramite LAC): Trendon Watford, PF, LSU

N. 57 (tramite BKN): Herbert Jones, SF, Alabama

Statistiche varie di squadra degli Hornets

Qui, da Basketball-Reference.com possiamo evidenziare i problemi e le statistiche migliori di Charlotte rispettivamente bordate in rosso e verde. Senza Ball gli Hornets sono scesi negli assist ma sono una squadra che riesce comunque ancora a giocare nonostante i black-out ma concede veramente tantissimo a livello di assist agli avversari. Paradossalmente nei rimbalzi offensivi Charlotte trova spazio ma sovente è colpita in transizione e da second chance, l’urgenza è quindi avere lunghi rimbalzisti e difensori che migliorino quesa squadra così come un giocatore in grado di essere uno scorer a 360° guardando il ventitreesimo posto nella NBA nella media punti realizzati. Si sono vinte tante partite sul filo ma bisogna migliorare sotto molti aspetti come quello della difesa sul perimetro.
Le statistiche della stagione dei giocatori di Charlotte in ordine di punti realizzati in media.
Pur non essendoci stata mai una costanza nel quintetto base notiamo come cinque giocatori abbiano supportato l’attacco degli Hornets in punti per il 60% con particolare menzione per Rozier.
I leader nelle varie statistiche per Charlotte.
Una grafica più completa sulle principali tabelle comprendenti i primi cinque giocatori per statistica.

Parallelismi: confronto giocatori

Percentuali di tiro per zona

Classifica giocatori

La stagione degli Hornets si è chiusa con una partita supplementare.

Gara 73 è stata l’anticamera dei playoff ma la prima partita di ciò che oltreoceano hanno definito play-in è stata anche l’ultima così il voto finale sarà l’accorpamento di RS e play-in.

17) Caleb Martin: 5,82

Nelle ultime 15 partite guadagna un parziale leggermente superiore alla sufficienza ma ciò non basta a salvarlo da un’annata complessivamente scadente.

Sostiene la squadra più difensivamente che offensivamente nell’ultimo periodo mentre in attacco continua ad avere problemi benché qualche canestro da fuori lo trovi finalmente ma al pari di errori su tiri aperti anche se a Nevada pareva essere un ottimo tiratore da tre punti.

Rispetto al fratello passa meno la palla e usa più spesso i catch n’shoot.

L’uomo nel posto giusto sullo scarico ma il tiratore sbagliato eppure tra i due fratelli sembrava quello destinato ad avere le maggiori chance di sfondare proprio grazie al talento offensivo ma per il momento pare che il livello sia ancora troppo alto per lui e dovrà lavorare per migliorarsi sotto questo aspetto.

Borrego non ne ha parlato male, anzi… di certo per loro c’è un programma di sviluppo individuale basato sulle proprie caratteristiche ma anche lui, dal mio punto di vista, è stato vittima del tiro da tre voluto da Borrego è parso spesso inadeguato se pensiamo che è finito 12° nel roster in questa statistica con il 24,8% , penultimo per FG% in generale con il 37,5% e il 64,1% ai liberi non è stata ulteriore garanzia di successo…

Il punteggio massimo raggiunto è stato 17, contro LAL in casa e a Detroit il 4 maggio.

Esce di scena dopo la gara contro i Clippers e il suo minutaggio viene preso dal rientrante Miles Bridges.
Che fare con lui?

Difficile dirsi.

Il mio giudizio è quello di una bocciatura nonostante ci abbia regalato indubbiamente qualche highlight interessante con schiacciate davvero entusiasmanti ma per vincere serve altro.

Il problema è che io terrei Cody Martin in chiave difensiva e se a volte è difficile separare fratelli, figuriamoci due gemelli che sono pressoché un’unica entità.

Curiosità:

Da quando sono giocatori di basket, Cody e Caleb Martin hanno giocato insieme nella stessa squadra. Dal liceo, allo stato della Carolina del Nord, al Nevada, alla NBA e persino nella G League, i due sono stati inseparabilmente fianco a fianco per tutta la vita, soprattutto sul parquet ma i due rivendicano una propria personalità e uno stile diverso di gioco sebbene dicano che sono abituati a essere considerati a essere assimilati in tutto e per tutto come se avessero un corpo unico e le medesime caratteristiche.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Borrego lo ha messo presto in rotazione, addirittura promuovendolo titolare in alcuni frangenti (per bisogno) ma salvo in qualche sporadica occasione Caleb ha deluso le aspettative (quali poi?) dimostrando un livello e una comprensione cestistica non da livello NBA.

Sicuramente il fatto che sia più “scoorer” rispetto ad altri elementi della rosa giocherebbe a suo vantaggio ma è comunque troppo poco per pensare di rimanere ancora a lungo in questa lega.

Un raro Caleb da 17 punti.

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16) Nick Richards: 5,83

Il centro caraibico non ha più trovato spazio nel finale di stagione scendendo sul parquet soltanto in tre ritagli di garbage time.

Scavalcato nelle gerarchie dal più talentuoso Vernon Carey Jr., potrebbe essere considerato come Mario Elie solo per quanto riguarda il suo soprannome (sul talento c’è da lavorare), “Il Cagnaccio”…

Già perché il lungo giamaicano che nostranamente potrebbe essere rinominato anche come “Sandrino il Mazzolatore”, oppone gomiti e fisico all’avversario.

Nervoso sul parquet, sgomita e battaglia contro i diretti avversari.

Ruvido e spigoloso non è ancora stato plasmato per il mondo NBA e il GM Kupchak a proposito dei nuovi (ma Ball, però?) che non erano ancora pronti per giocare per via della mancanza di preparazione (ricordando che a inizio stagione tutto è stato fatto di fretta, accorciato, sintetizzato, ridotto) e quindi sono stati mandati a farsi le ossa.

D’accordo che non ha esperienza ma un giocatore così “cattivo”, nel senso di grintoso, sicuro che non sarebbe potuto servire – preso in piccole dosi – a una squadra molle in qualche minuto vero e con i centri titolari che rimangono problematici?

Non è sembrato aver molta dimestichezza con il canestro ma personalmente – nonostante il voto basato su pochi sprazzi – lo posso solo rimandare a giudizio perché lo si è visto troppo poco e non è stato per nulla partecipe delle reali sorti della squadra.

Per dargli un giudizio reale avrei dovuto vederlo di più all’opera in altri frangenti.

Curiosità:

Passa l’infanzia in Giamaica, paese natio, giocando a calcio e pallavolo, poi in un camp sull’isola caraibica viene scoperto da Andre Ricketts, il quale lo porta negli States dove nel 2013 è atteso dalla St. Mary mentre per il secondo anno si trasferisce alla The Patrick School.
Gioca per tre anni con i Wildcats e viene scelto dai cugini Pelicans alla posizione numero 42 del precedente Draft ma immediatamente girato agli Hornets per una seconda scelta 2024.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Il fisico si sa aiuta, ma quanto?

Tecnicamente grezzo, scoordinato e decisamente ruvido, tutte lacune colmabili ma forse troppo evidenti e marcate per potere sperare di farlo diventare un elemento di valore.

Richards negli ultimi minuti del play-in.

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15) Bismack Biyombo: 5,84

Qui, rispetto ai due precedenti giocatori trovati in classifica non abbiamo l’attenuante della giovane età.

Uomo spogliatoio ma chiedete a qualsiasi fan Hornets se lo vorrebbe rivedere l’anno prossimo in divisa.

Credo che salvo rare eccezioni otterrete la stessa prevedibile e scontata risposta scritta nella pietra: “No!”

Debbo necessariamente scindere la simpatia per il congolese che fuori dal parquet si distingue per opere meritevoli mentre in campo pare più ambientarsi in una tragedia greca culminata con i poco più di tre minuti che Borrego gli ha concesso ai play-in come starter salvo poi (capolavoro) toglierlo e non farlo più rientrare regalando fiducia a tutto il team.

Borrego in alcune partite ha deciso di “andare con lui” perché avrebbe dovuto portare esperienza e difesa in campo ma spesso la sua lentezza è stata sfruttata da avversari che l’hanno portato fuori colpendolo con triple o passandolo a velocità doppia con incursioni verso canestro che la lentezza di piedi del centro non ha permesso di contrastare.

In attacco è stato un binario morto.

Palla in mano ha semplicemente cercato di smistarla come meglio ha potuto (spesso in maniera accademica senza creare vantaggi) senza prendere iniziative limitandosi a ricevere (quando va bene perché le mani di burro dell’africano hanno prodotto alcuni TO) e a realizzare da sotto, unica zona nella quale Biz è davvero confidente (tralasciamo le percentuali drammatiche ai liberi) anche se l’abbiamo visto tentare contro i Grizzlies in stagione una tripla dall’angolo che ha fatto a pezzi i miei occhi.

Nonostante le problematiche personali tecniche Borrego l’ha schierato più volte durante la stagione e non solo quando Zeller si era fatto male.

Nella prima parte di stagione ha ricevuto una migliore copertura davanti a sé e ciò l’ha portato a migliorare le sue performance (ricordo alcune buone stoppate su drive e tiri avversari) ma lasciato in uno contro ha spesso sbandato trovando serate negative più che positive.

Entrato in duello con Cody, P.J. e Carey Jr. per un paio di partite ha trovato sì spazio ma è stato il reale peggior centro degli Hornets dopo un avvio tutto sommato non malvagio.

La sua esperienza e il suo ascendente nello spogliatoio alla fine non sono bastati.

L’unica veste nella quale lo vedrei bene per il futuro sarebbe assistente allenatore o qualche cosa del genere nel ruolo di dirigente.

Il suo massimo stagionale di punti è stato di 16 contro Memphis in casa nella stessa partita che l’ha visto catturare più rimbalzi, 12, stessa cifra che poi riuscirà a eguagliare contro i Lakers, sempre allo Spectrum Center.

Curiosità:

Per ben 7 volte in stagione ha chiuso a 0 punti ma per tre volte non ha preso tiri benché in un’occasione abbia sbagliato 2 liberi.

Una delle occasioni in cui non ha preso tiri dal campo è stata la recente partita a New York quando Borrego con circa tre secondi rimasti all’intervallo e una rimessa per gli arancio-blu, l’ha spedito in campo a scopo difensivo senza poi più farlo rientrare lasciandogli così sul tabellino tre secondi di gioco…

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Partito per essere il secondo, terzo cambio, è stato per parecchio tempo il punto di riferimento nel reparto lunghi.

Tralasciando l’aspetto tecnico decisamente rivedibile, la sua prestanza fisica, il suo carisma e il suo spirito di sacrificio hanno permesso al buon Biz di mandare in porto un’altra stagione tutto sommato positiva.

Purtroppo alla lunga tutte le sue lacune sono drammaticamente affiorate, ma chapeau per il fatto di essersi sempre fatto trovare pronto a ogni evenienza.

Una delle prestazioni più produttive dell’annata del congolese.

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14) Jalen McDaniels: 5,85

Doveva essere un anno di sviluppo per Jalen con il tempo di mettere su qualche muscolo (senza eccessi) e migliorare il tiro da tre punti ma ritrovatosi di punto in bianco in quintetto viste le numerose defezioni che più o meno hanno colpito le ali degli Hornets si è diviso tra ala piccola e ala grande sfruttando un paio di partite alla portata (il 7 e il 9 aprile che, infatti, coincideranno con le sue migliori prestazioni offensive, rispettivamente a OKC e a Milwaukee con 21 e 19 punti) per convincere Borrego a dargli fiducia dopo un inizio stagione disastroso che l’aveva portato per breve tempo a fare un paio di apparizioni con gli Swarm.

L’anno scorso aveva offerto uno scenario decisamente più promettente ma il sophemore è parso piuttosto sfasato a inizio stagione andando migliorando pian piano durante essa ma rimanendo lontano dal sostituire Hayward o Bridges a livello qualitativo.

Avrebbe potuto essere essere il ricambio di P.J. ma gli slittamenti di un ruolo voluti da Borrego hanno coinvolto Bridges che finendo come ala grande l’ha privato di possibili minuti.

Comunque ha messo su esperienza: 18 apparizioni da starter, per 16 volte in 47 partite è riuscito a chiudere in doppia cifra (12 volte coincise con la sua partenza in quintetto).

La sua velocità (grazie anche al suo fisico piuttosto esile per la NBA, 206 cm x 92 kg) l’ha portato ad avere qualche buon momento, qualche rapida fiammata a inizio quarto o nel terzo quarto a Washington dove ha sfruttato un tiro da fuori in miglioramento a fine stagione (complessivamente da oltre l’arco ha tirato peggio dell’anno da rookie) che spesso viene preso dall’angolo.

Potrebbe giocare bene anche i post-up ma Charlotte generalmente predilige altri tipi di soluzione mentre diverse volte è stato abile a introdursi verso canestro prendendo la linea di fondo in back-door.

Per lo stesso motivo la presenza fisica difensiva però è stata latente o un fuscello nel caso di contatto poiché non siamo più al college dove la buona reputazione difensiva bastava, qui ci vuole più fisicità anche se ha una buona lunghezza per infastidire gli avversari sebbene le steal siano state 0,6 a partita.

Alterna tentativi troppo puliti di stoppata verticale a falli per cercare di fermare giocatori più potenti fisicamente.

Probabilmente qualche fallo inutile è stato anche speso anche a causa della sua generosità quando le cose si vanno mettendo male.

Deve crescere tatticamente e a livello d’esperienza ma è un sophemore e mentre dai 18,3 minuti concessi l’anno scorso da Borrego è passato a 19,2 in questa stagione, da 5,6 punti della 2019/20 è passato ai 7,4 punti a partita della 2020/21 benché l’anno scorso tirasse con il 47,1% mentre nell’annata appena terminata ha chiuso con un vicinissimo 46,8%.
L’apporto a rimbalzo è stato modesto anche se in alcune serate senza dubbio interessante e in proiezione a una media minuti più alta potrebbe competere con i non competitivi lunghi attualmente in squadra.

Curiosità:

L’anno scorso Borrego scherzando su Jalen aveva detto: “Ha la lunghezza, ma abbiamo bisogno di più peso perché cresca. Penso di poterlo inserire subito.”

Probabilmente Borrego non si aspettava di ritrovarlo nelle stesse condizioni dello scorso anno e di doverlo inserire ma l’ha scelto dandogli fiducia, preferendolo ad alternative small ball o dual-tower ma queste ultime non sono contemplate da Borrego.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Giocatore che definire mediocre è un eufemismo.

Tecnica e comprensione del gioco pari a zero, presenza difensiva e offensiva quasi nulla ma nonostante tutto praticamente titolare dalla pausa dell’All-Star game.

Giocatore che farebbe fatica a tenere il campo anche in serie A2 italiana.

Il perché giochi in NBA rimane un mistero.

La partita con la quale McDaniels si è “guadagnato” la titolarità.

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13) Vernon Carey Jr.: 5,92

Questa non è stata proprio un’annata buona per Vernon Carey Jr..

Un po’ per il voto finale che è composto quasi essenzialmente da frattaglie di garbage time e soprattutto per il fatto di aver guardato molto i compagni dalla bench.

Il suo anno da rookie è stato condizionato dalla convinzione dell’entourage che, vista la mancanza di preparazione in preseason (causa Covid-19), non fosse ancora pronto per esordire seriamente. Da lì eccolo nella lega di sviluppo con gli Swarm e il rientro ai margini con Charlotte.

Un’inaspettata chance però la ottiene in gara 55 a Brooklyn dove il mancino ex Duke viene lanciato addirittura in quintetto facendo vedere il suo potenziale.

Vernon instilla negli occhi dei fan la speranza di aver trovato davvero finalmente un centro che risolva il problema dei lunghi a Charlotte.

Segna in ogni maniera possibile: da sotto, in fade-away, da tre, e anche in difesa si fa notare con una bella stoppata ma nella partita successiva – confermato al centro dello starting five – l’inesperienza lo porta a commettere due falli rapidi contro Portland.

Borrego lo toglie, si pensa per farlo rientrare più tardi ma in realtà Vernon Carey Jr. da lì in poi giocherà solo brevi spezzoni che conteranno poco per cercare di cambiare la stagione degli Hornets.

Una gelida e oserei dire prematura bocciatura da parte del coach che avrebbe dovuto concedergli più spazio nelle partite finali di stagione vista l’altalenanza nel ruolo.

Sul fatto che non sia ancora pronto e per dirla in slang “sgamato” su certe situazioni difensive è parere condiviso anche dal sottoscritto ma sono convinto che nel complesso avrebbe reso più di Biyombo poiché anche se non ha una grande visione complessiva difensiva avrebbe potuto fornire una difesa più agile e veloce dalle parti del ferro e garantire un attacco migliore grazie alla sua coordinazione migliore rispetto a quella del congolese nonché a movimenti che Biz non ha.

Probabilmente anche più istintivo e minaccioso di P.J., per una squadra caduta in disgrazia nelle ultime partite a causa di una mancanza di fisicità e intensità evidenti, la rinuncia al tentare nuovamente con un pur immaturo Carey Jr., è parsa un suicidio.

Anche qui… gerarchie e poco coraggio del coach dal mio punto di vista.

Curiosità:

Il padre, Vernon Sr., ha giocato otto stagioni nella NFL come offensive lineman con i Miami Dolphins.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Charlotte ha bisogno come il pane di un lungo che sappia attaccare l’area e nelle varie sessioni di lavoro pre Draft si “innamora” di questo marcantonio di belle speranze, tanto da fare una trade up pur di accaparrarselo.

Gioca forse 40 minuti in tutto il campionato nonostante nelle pochissime apparizioni riesca a fare meglio di tutti i lunghi a roster messi insieme, poi viene lasciato fuori.

Motivo?

La partita che aveva fatto ben sperare con i Nets.

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12) Cody Zeller: 5,92

Una stagione sfortunata per Zeller che riceveva la fiducia e le lodi di coach Borrego per partire come centro titolare ma già alla prima uscita subiva una frattura alla mano che lo costringeva a star fuori per molto tempo, per l’esattezza 13 partite e al suo rientro contro Chicago non andò molto bene.

Rientrato, ha iniziato a fornire prestazioni altalenanti giocando nell’unico modo possibile che conosce e che ormai abbiamo imparato a osservare.

Qualche volta ha aggiunto qualche tripla da fuori come Borrego richiedeva ma con poca convinzione e lentezza nel movimento poco fluido tanto che quel 4/28 finale a volte preso con evidenti open, non si è rivelato sostanzialmente essere una buona idea.

Dal suo rientro ha vissuto svariati momenti ma non è più riuscito a conquistare un posto da titolare perché il coach lo ha alternato con Biyombo, un adattato P.J. Washington, tentando anche un paio di volte la carta Carey Jr..

Nonostante questo trend con un minutaggio dimezzato non lo favorisse così come quei tiri richiestogli da oltre l’arco che gli abbassano leggermente la media, ha finito l’annata con il 55,9% dal campo, sua seconda miglior annata di sempre al tiro negli otto anni trascorsi a Charlotte.

L’idea di gioco che ha Borrego (ne parleremo alla fine) ci dice che Zeller non è il centro ideale per l’ex assistente di “Pop” e il suo lauto contratto in scadenza è in secundis un ulteriore ostacolo alla sua permanenza.

Cody non ha conosciuto altro che Charlotte nella NBA giocando un anno come Bobcats e altri sette come Hornets.

Qui ha perduto capelli e speranze di vedere i PO, agguantati due volte da protagonista quando era più giovane.

Di sicuro se Charlotte sul mercato resterà ancora più o meno poco aggressiva come ha fatto in questi anni, Zeller come centro di riserva potrebbe anche far comodo perché è un lottatore e ha esperienza.

Contro i Pacers, praticamente a casa sua, nei play-in è stato il migliore degli Hornets e chissà che Kup stia magari già pensando di offrigli un contratto “basso” modello Biyombo per accordarsi con lui, in fondo credo che per Zeller altri team non farebbero follie e se la franchigia penserà ancora a lui, un accordo per rimanere nella città dove è stato lanciato e ha sempre vissuto potrebbe essere un matrimonio perfetto per ambo le parti.

Certo, ormai ci si è affezionati al volto di Zeller ma i fan credo sperino in un cambio (improbabile) repentino di rotta che guidi Charlotte fuori da questi mediocri e tremendi anni e lo Zeller attuale in difesa certamente non risolverà i problemi di tenuta, di protezione del ferro e a rimbalzo mancando di atletismo quando si trova in situazione non dinamica mentre in attacco i suoi blocchi, pick and roll e inserimenti da dietro con dunk in runner atletiche sono sempre molto interessanti.

A dire il vero complessivamente non è andato male in questo gruppo di partite mettendo lo zampino anche dalla panchina in alcun importanti vittorie con contributo in rimbalzi (anche offensivi come a Milwaukee quando su 12 rimbalzi ben 7 sono stati quelli offensivi) e aggiungendo qualche punto di rottura con l’ottima prestazione nel suo Indiana contro i Pacers (7/7 dal campo per 17 punti totali) nonostante il minutaggio sia leggermente calato rispetto a metà stagione.

Alla fine, con sommo dispiacere, sono costretto a bocciarlo perché Zeller da una parte è la faccia volonterosa di questi Hornets operai ma dall’altra rappresenta quella mediocrità che gli Hornets hanno bisogno di scacciare dalla propria mentalità.

I gregari serviranno sempre e saranno ancora importanti ma non si può pensare di aprire un’altra stagione con Zeller titolare o ancora peggio un alternanza con più centri incompleti.

Curiosità:

Nella sua Indianapolis “The Big Hansome” il 2 aprile Zeller segnò 17 punti con un 7/7 dal campo, la stessa cosa si è ripetuta nei play-in.

Il suo high stagionale di punti è stato a Miami il primo febbraio con 19 (8/15) mentre il 30 gennaio otteneva il massimo dei rimbalzi in stagione con 15 Vs Milwaukee.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

L’unica nota positiva della stagione di Zeller è che finalmente il suo contratto sia andato in scadenza.

Alla lunga, dati alla mano, è il lungo più efficace di tutta la batteria Hornets e questo deve far pensare.

Uno dei pochissimi a salvarsi nell’ultima partita stagionale è stato proprio Cody.

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11) Grant Riller: 6,08

Tre comparsate senza possibilità d’incidere a partite decise con voto e un s.v. per Grant Riller che non rientra nei piani di Borrego nonostante abbia fatto veder in pochi minuti di saper tirare quando si è vista nelle ultime partite un team con percentuali ridicole dal campo.

Il fatto di essere un two-way lo pone in una condizione d’inferiorità probabilmente e anche la sua difesa è tutta da testare ma dai minuto a un ragazzo che potrebbe avere sangue freddo per risolvere una situazione quando al team viene il braccino corto, no?

Certamente andiamo con il senno di poi ma provare a cambiare qualcosa sarebbe stato d’uopo.

Peccato… il dubbio che avesse potuto essere utile in qualche frangente per manipolare la difesa avversaria in pick and roll (l’ho notato bene su un’azione che ha chiuso con un tiro dal pitturato) poiché ha un buon palleggio e controllo del corpo e usare il suo tiro letale (moltissimi analisti erano entusiasti del suo tiro visto a Charleston) anche da tre punti ma quando sei fuori dalle rotazioni e non ti viene data una reale possibilità di essere utile al gruppo apportando le tue doti, beh… il dubbio che avesse potuto dar qualcosa di più rispetto a ciò che abbiamo visto nell’ultima parte di stagione mi resta, per questo personalmente non posso che rimandarlo per insufficienza di prove su come si sarebbe comportato a livello NBA, eppure il “prospetto dormiente” sembrava poter essere funzionale al gioco voluto da Borrego…

Curiosità:

Riller è all’esordio in NBA ma è un rookie atipico, infatti, ha 24 anni essendo nato il 7 febbraio 1997, anche per questo ci si sarebbe aspettati un suo maggior impiego.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Poche apparizioni, pochissimi minuti ma sicuramente più incisivo dei vari Martin, McDaniels e compagnia cantante.

Il perché sia stato lasciato marcire in panchina è un altro dei fitti misteri borreghiani.

Il mio video dedicato alle poche giocate di Riller con gli Hornets quest’anno.

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10) Cody Martin: 6,10

Probabilmente uno dei pezzi più sottovalutati nella scacchiera di Charlotte.

Più cavallo che pedone, in grado di compiere quei movimenti difensivi difficili per altri che per lui diventano quasi naturali grazie a un buon IQ cestistico e alla velocità dei piedi che gli permette di prendere qualche sfondamento.

Non è un fenomeno, questo lo posso asserire subito prima che qualcuno si allarmi ma in una squadra che non ha difensori di primo livello, nonostante i suoi cm non possano garantire difese al ferro, è indubbiamente uno dei migliori difensori nel roster e uno dei giocatori più funzionali per il tipo di gioco aggressivo richiesto da Borrego (specialmente in small-ball), un tipo grintoso che mette pressione sulla palla, benché qualche volta da flottante o semplicemente andando a raddoppiare può creare buchi pagati talvolta a caro prezzo.

Il suo apporto fa sì che anche l’avversario abbia un dispendio energetico superiore alla media così come spesso può generare visioni meno lucide del portatore di palla di fronte a lui.

La prova ne è scaturita in un finale di stagione dove la difesa di Charlotte non mettendo abbastanza pressione sugli avversari o facendo buoni close-out sul perimetro (contro Indiana è stato uno scempio) è andata in barca fino a subire 144 punti dai Pacers.

Sono sicuro che a livello di testa e grinta uno come lui, uscito dalla classica situazione americana non invidiabile per una persona non bianca (povertà e razzismo con episodi pericolosi), non avrebbe ceduto garantendo più efficacia a una difesa che si è arresa in momenti topici (OT a New York e a Indianapolis solo per citare le due più recenti).

Credo che un allenatore, nonostante capisca di non avere tra le mani un fenomeno, apprezzi dedizione, impegno ed efficacia di un giocatore come Cody Martin che per me è promosso giacché incarna lo spirito di una squadra magari dietro a molte a livello di talento ma che con il lavoro e l’impegno era salita sino in quarta posizione.

Il 25 aprile contro Boston Cody è riuscito ad arrivare in doppia cifra a rimbalzo catturandone 10 mentre tre giorni più tardi, a Boston, ne ha catturati altri 9, i suoi career-high stagionali nei rebound.

Il massimo dei punti l’ha raggiunto sempre contro Boston in casa con 13 mentre due giorni più tardi contro Milwaukee ne metteva a referto 10, l’unica altra occasione nel quale il buon Cody sia riuscito a raggiungere la doppia cifra durante la stagione.

Curiosità:

Ha segnato per 9 volte il 100% ai liberi in serata (sempre 1 o 2, non di più) e in quelle occasioni gli Hornets sono usciti vittoriosi in otto delle nove partite giocate perdendo solo a Cleveland all’esordio.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Una delle poche soprese della stagione.

Rispetto al gemello meno offensivo, ma dannatamente più utile a 360°.

Grinta, adattabilità e spirito di sacrificio encomiabili hanno permesso al buon Cody di scalare vertiginosamente le gerarchie diventando presto anche 6/7° uomo.

Uno di quei giocatori preziosi da tenere e valorizzare.

Cody Martin in una serata da super prestazione contro Boston.

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09) Nate Darling: 6,12

Nate Darling fa parte di quella pletora di giocatori che non hanno inciso sulla stagione degli Hornets.

Contratto two-way, pochissime occasioni per mettersi in mostra, nell’ultimo scorcio di partita stagionale nei play-in ha fatto vedere di saper tirare: canestro da tre annullato per un fallo a favore chiamato su Richards un istante prima, pressione sulla palla dalla rimessa dal fondo e recupero con una rimessa pro Charlotte sulla quale, servito, segnava dalla baseline destra con ottimo fade-away nonostante la marcatura.

Durante l’anno ha chiuso con un 28,6% dal campo tutto frutto di tiri da tre presi (2/7) in 7 ritagli di partita.

Il destino dei two-way è più incerto di quello di un fiore di sakura al vento.

Contratti instabili, destini veloci e incisività sui destini del team, per stessa natura del contratto, pari a zero.

Non posso che rimandarlo avendolo visto più o meno in uno spezzone breve quando la partita contava con i Lakers.

Tre liberi recuperati ma anche la distorsione alla caviglia su quella tripla mettendo giù il piede dal salto sul difensore in avanzamento.

L’infortunio e la passerella finale nel play-in nella quale è apparso veloce nel prendere e tirare ma meno frenetico, il che è un buon viatico ma per arrivare dove?

Gli Hornets lo terranno ancora?

Non lo so, di sicuro per me è un altro rimandato per non averlo potuto “ammirare” abbastanza con 26 minuti e 9 punti totali.

Curiosità:

Nathan Joseph Darling è canadese ed è diventato famoso in Nova Scotia nel 2015 quando ha segnato 50 punti per aiutare la Nuova Scozia a sconfiggere l’Ontario nella partita per la medaglia d’oro del campionato canadese under 17 giocato ad Halifax.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Leggi Riller… un altro punto interrogativo enorme.

Che dire.. l’importante è fare presenza, no?

Nate Darling nella partita sfortunata con i Lakers, suo unico vero sprazzo giocato in un momento che potesse contare davvero.

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08) Brad Wanamaker: 6,13

Wanamaker era arrivato per occupare i minuti lasciati liberi dalle guardie infortunate.

Ball, Graham e Monk nella parte centrale e finale della stagione sono mancati per diverse partite e anche al loro rientro non sono apparsi brillanti ma Borrego, una volta riavuto in mano il terzetto, ha escluso Wanamaker dalle rotazioni.

Brad, che aveva cominciato a giocare bene dando un po’ più di verticalità alla manovra con penetrazioni e scarichi da drive, è stato vittima di una delle incoerenze del coach, ovvero quella di dare vita alla small ball.

La squadra senza di lui che diciamolo pure, si è rivelato un infimo tiratore da tre punti (3/24, alla stregua di uno Zeller) è però stata incapace di creare situazioni costanti di pericolosità vicino al ferro.

Il suo fisico compatto lo portava a spingere massa in corsa che gli avversari facevano fatica a controllare quando avveniva un contatto.

Spesso si è dimostrato abile finalizzatore da distanza ravvicinata, jumper rivedibile ma in miglioramento, davvero bravo ai liberi (40/45) e così in 19,5 minuti di media ha finito per distribuire 3,4 assist segnando 6,9 punti.

La scarsa vene dovuta a situazioni fisiche non ottimali dei rientranti ha quindi determinato un cambio di gioco fatto più di situazioni di tiro da tre punti che di ricerca concreta di canestri più semplici e di un “operaio” che si sacrificasse per il team concedendo più passaggi nell’ottica di un maggior gioco di squadra.

Non sempre ha trovato serate fantastiche al tiro ma è stato escluso quando iniziando a prender confidenza era stato capace di fornire prestazioni sufficienti e discrete.

In difesa, l’aspetto sul quale Charlotte contava di più vista la sua fama, a volte i suoi close-out sono parsi molto approssimativi ma vedendo la difesa degli Hornets nel finale di stagione non avrebbe sfigurato, anzi…

Un peccato quindi che il suo crescendo dalla panchina sia stato interrotto poiché personalmente lo ritenevo più funzionale e concreto nel contribuire alle eventuali vittorie e non credo che lo rivedremo poiché Charlotte cerca giocatori con tiro da fuori.

Curiosità:

Comincia la sua avventura professionistica in Italia con un provino per Varese che incredibilmente lo scarta, quindi gioca a gettone per Teramo e dopo altre esperienze è con Pistoia che comincia a farsi vedere a grandi livelli trascinando l’Olimpia Milano a gara 5 dei playoff.

Gioca per Trinchieri al Bamberg e con Melli anche in Turchia, insomma, un po’ di Italia per Brad.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Arrivato tra gli scherni generali, alla fine ha reso molto di più rispetto a certi “senatori”.

Dopo qualche partita difficile ha iniziato a macinare gioco portando equilibrio sia in attacco che in difesa.

Panchinato troppo presto senza motivo.

Speriamo di rivederlo il prossimo anno, magari come primo cambio di Ball.

Un po’ di Wanamaker a Brooklyn.

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07) Malik Monk: 6,17

Non ho sbirciato molto in giro perché non volevo farmi influenzare ma cercando statistiche e qualche curiosità mi sono imbattuto in una tabella all’americana con i vari gradi (da A a E con i vari segni più e meno) e dando un’occhiata Monk, secondo questo fan, è stato uno dei peggiori difensori degli Hornets.

Secondo me questo è vero in parte perché in genere non si distingue mai tra la difesa sull’uomo e la difesa in generale, quella d’insieme non sulla palla.

Sicuramente mi è parso controverso poiché talvolta l’ho visto anticipare intelligentemente i passaggi o con mani rapide cercare qualche steal o block mentre altre volte è sembrato più passivo e distratto sulla difesa nell’insieme.

Non che sia diventato improvvisamente un gran difensore ma probabilmente qualche piccolo miglioramento l’ha fatto anche se fa lui ci si attendeva benzina, fuel dalla panchina ma la sua stagione è stata travagliata e interrotta.

E’ partito tardi per il discorso Covid-19 e alle scelte di Borrego poi ha preso piede sino a ottenere il suo massimo in carriera contro gli Heat, 36 punti con la tripla del pari a 16 secondi dalla fine che portava la partita all’OT.

Un periodo nel quale giocando bene arrivava anche per 4 volte consecutive a toccare i 20 punti con il two and one micidiale a Sacramento.

Si ripeteva con gli Heat con 32 punti ma lì cominciavano i problemi ed era costretto a uscire di scena per infortunio.

Rientrava nelle ultime 10 partite di regular season e la migliore era decisamente quella contro i Bulls nella quale segnava 20 punti ma nelle altre le basse medie al tiro e la poca efficacia nel chiudere in appoggio, preferendo a volte buone drive terminate comunque con passaggi utili a liberare i compagni, non davano quella spinta che i fan speravano di ottenere da una delle principali armi in panchina.

I punti di Monk nelle 10 apparizioni in regular season. Solo tre volte ha raggiunto la doppia cifra e il suo minutaggio è sceso.

Davvero dei bei colpi per Malik che aveva fatto sperare di più… certamente non è stato lo stesso Monk di metà stagione in questo finale e il suo fallimento ha deluso i fan che si aspettavano qualcosa di più da lui in una stagione altalenante.

Ha recentemente fatto sapere che – contratto in scadenza – se gli Hornets vorranno tenerlo lui sarà felice di rimanere, il problema è che spessissimo quando questi giocatori nel fare dichiarazioni del genere sottendono a un aumento di contratto e non so quanto il Monk attuale possa valere aldilà del peso che ha sul roster in termini economici.

Andando a osservare qualche cifra sul campo possiamo osservare che durante l’annata ha segnato 85 tiri da tre punti (gli stessi di Hayward) ma con qualche tiro in più, il che lo pone comunque a essere uno dei tiratori più consistenti e frequenti degli Hornets da oltre l’arco.

Il 40,1%è secondo solo a Hayward (41,5%) non considerando il 2/4 di Riller, dato promettente ma troppo basso per essere comparato a reali medie.

Il suo piano di gioco si è sviluppato sulle letture della difesa avversaria prendendosi tiri da fuori su blocchi o con spazio, oppure andando dentro visto che Malik ha velocità, elasticità e abbastanza atletismo per poter trovare maniere, anche non lineari, di appoggiare palla oltre ai difensori dell’anello.

In questo, insieme a ball e Hayward, è uno dei pochi che abbia reali capacità per farlo quindi la sue eventuale perdita dovrà essere compensata/bilanciata da un giocatore che abbia talento simile.

Monk rimane quindi ancora parzialmente inespresso ma se trovasse il modio di migliorare le due D (discontinuità e difesa) allora potrebbe essere un valore aggiunto reale.

Curiosità:

Poco dopo il suo debutto NBA, Monk in un’intervista della CBS riguardo alla vita NBA ha detto: “È noiosa. Noioso è bello, però. Voli qui, arrivi in ​​hotel, non fai nulla fino all’ora di gioco. Sono nella mia camera d’albergo a guardare momenti salienti, guardare film, cose del genere. È semplicemente noioso. Ma in estate è divertente perché puoi fare altre cose e hai un po ‘di soldi, puoi andare in vacanza, andare in posti. In stagione è noioso, ma va bene, quindi non sarai fuori a metterti nei guai, vita da club, cose del genere. “

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Aka Dott Jackil & Mr Hyde 2.

Se in serata la può vincere quasi da solo ma se non è giornata è solo un danno.

Anarchico e poco avvezzo a difendere, gioca sulle montagne russe passando da serate da “ira di Dio” ai bagordi con gli amici.

Vale la pena investire su un giocatore così altalenante?

Monk, nemico pubblico numero 1 a Miami… chissà che gli Heat tentino di prenderlo in estate magari…

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06) P.J. Washington: 6,22

Innanzitutto devo considerare che è un sophemore e altri giocatori hanno avuto più tempo di esplodere ma nonostante un fisico sufficiente per poter dire la propria in alcune partite, Charlotte lo impiega malamente.

Avere un lungo che tiri da tre punti pare un sogno per ogni squadra NBA che sarà così in grado di aprire il campo ma lui qualche problema di affidabilità al tiro ce l’ha.

Passa da buoni catch n’shoot rapidi solo macramè ai tiri più spesso errati con qualche difetto nella costruzione di essi.

Pare il nuovo caso Kaminsky.

Trovo ci sia un’esagerazione e aspettative troppo alte su di lui e il suo tiro da fuori.

Personalmente mi pare ancora un po’ troppo macchinoso o deconcentrato su alcuni tiri e di certo lo preferirei aggressivo in drive ad attaccare il ferro dove con qualche runner è riuscito a piombare delle buone schiacciate.

Anche sotto il tabellone avversario in mischia non sempre riesce a metterla dentro. Il semi-gancio non è ben costruito e in mischia rischia sempre di prendersi qualche stoppata o essere costretto a modificare il tiro per evitarla sbagliando qualche appoggio di troppo ma in un percorso di crescita sarei disposto a lasciar correre perché deve necessariamente migliorarsi.

Cifre indubbiamente in aumento ma la mia bocciatura deriva da due fattori.

Spesso, specialmente nelle ultime partite è scomparso dopo un buon inizio, i punti dalle sue mani si sono fatti radi se non inesistenti con tiri sbagliati che indicano una fragilità mentale preoccupante.

In più lo trovo troppo acerbo e poco sveglio in difesa in diverse situazioni, inoltre alterna buoni interventi e partite dove sembra aver voglia a prestazioni dove si dovrebbe chiamare “Chi l’ha Visto” per ciò che concerne presenza e voglia.

Gli è toccato giocare da centro e affrontare su cambi sistematici avversari con un passo migliore del suo… su Westbrook nell’ultima di regular season non ha tenuto se non con il fallo ma in generale nonostante qualche buona serata dal lato difensivo l’abbia indubbiamente trovata (non condanno sempre le sue difese ma è altalenante e tendente a essere un buco anche a rimbalzo) prima delle ultime tre partite scempio, quando ha speso molto in difesa, non è stato in grado di dare apporto in attacco, cosa che si è ripetuta anche con l’ingresso di Bridges che avrebbe dovuto liberarlo da tali compiti.

Chiedergli di sostenere pesantemente la bidimensionalità del gioco probabilmente è stato troppo ma Charlotte in stagione non aveva molto altro da opporre alle batterie di lunghi avversari e così in qualche partita alla portata si è rivelato comunque prezioso ma non ai livelli dei migliori nella NBA in generale.

Il suo futuro passa per una miglior difesa e se ci sarà ancora Borrego, un miglior tiro da fuori area benché io tenterei di utilizzarlo più tradizionalmente da lungo poiché mi pare si snaturi un po’ la sua essenza e si corrompa il suo potenziale benché si possa lavorare su un tiro da fuori da non usare eccessivamente.

Curiosità:

P.J. Washington ha recentemente avuto un giglio.

Ciò è emerso alla luce quando ha saltato per motivi personali una partita degli Hornets ma erano già comparse foto di lui e della compagna, Brittany Renner, in dolce attesa, benché la relazione non fosse stata ufficializzata da molto.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

“Questa stagione devi giocare da 5. Da 5, hai capito? Devi sgomitare sotto canestro, giocare il post, difendere forte e “grabbare” rimbalzi a più non posso. Ah… naturalmente non ti scordar il tiro da fuori ma utilizzalo solo per aprire l’area ai tuoi compagni. Vedi di non abusarne.” Questo nella mia mente è più o meno il verosimile discorso che Borrego potrebbe aver fatto a inizio stagione a P.J. vista la volontà del Guru della panchina di giocare la sua small ball.

Forse – e dico forse – P.J. era distratto o Borrego non lo ha mai detto, perchè tutto ciò non è mai successo.

Praticamente nullo nel pitturato sia in difesa che in attacco, perennemente in ritardo con un atteggiamento del corpo troppo spesso svogliato e range offensivo dai 6 metri e 75 in su ancora da mettere a punto. Tutto chiaro P.J.. “Bene” così…

La decisa e strepitosa partita record giocata da P.J. a Sacramento.

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05) Devonte’ Graham: 6,35

Il vero punto interrogativo dell’estate degli Hornets dopo Gordon Hayward sarà Devonte’ Graham.

Il giocatore al terzo anno dopo aver passato il primo anno in ombra è esploso lo scorso anno senza pressioni addosso complice un team da ricostruir da zero.

Quest’anno le pressioni sugli Hornets non erano immense ma diciamo che con l’acquisto di Gordon Hayward personalmente mi aspettavo di vedere una squadra competitiva a Est.

Graham, partito da titolare, si è trovato improvvisamente con la pressione addosso del fenomeno Ball poiché se dal Draft e dal mercato gli Hornets cercavano un centro si sono visti arrivare (discorso di circostanze e opportunità fatto da Kupchak) un play e un’ala piccola di talento con il centro andato a farsi benedire dopo la scelta di Wiseman a Golden State e gli ulteriori 9 milioni di esborso per Batum nell’operazione Hayward.

Complice uno stato di salute ballerino del numero 4, Ball – già lanciato mediaticamente – si è riverberato come l’aurora Boreale sul gioco degli Hornets fornendo spettacolo e miglioramenti visibili nel gioco di Charlotte lasciando negli occhi sfavillanti giochi di colore.

A quel punto Graham, al rientro dal primo infortunio, si è accomodato in panchina con minutaggi non altissimi che dal mio punto di vista hanno aumentato la frenesia del suo tiro dopo un inizio nel quale i compagni e il mister gli chiedevano di prendersi più tiri anziché passare sempre il pallone e non è un caso che delle quattro volte nelle quali Graham sia riuscito a giungere a 10 assist, ben due siano state alla prima e alla seconda uscita stagionale.

Ancora tediato in vari momenti dell’annata con altri problemi muscolari a coscia e ginocchio, Devonte’ ha tentato di rispondere sul campo ma le sue serate sono state spesso scostanti essendo un tiratore che deve entrare in fiducia e così, per rifarci alla parte finale di stagione, siamo passati dai 31 punti con Denver e ai 25 con New York ai 4 con i Clippers o ai 4 con i Pacers.

Graham è il classico giocatore moderno alla Steph Curry, alla Damian Lillard o alla Trae Young e con questo non intendo abbia il loro talento perché ci vorrebbe più costanza ma è quel giocatore in grado di colpire da distanze siderali, il che potrebbe essere considerato una manna per Borrego ma ciò porta a esagerazioni.

L’abbiamo visto imperversare contro Phoenix nella partita casalinga trascinando al squadra al supplementare ma anche sbagliare due triple per la vittoria così come un altro tentativo poco serio l’ha preso contro New York gettando al vento una possibile importantissima vittoria.

Quello contro i Wizards è stato più sfortunato perché lì una tripla, essendo sotto di tre punti, era necessaria per pareggiare e il suo tiro che ha colpito i due ferri prima di uscire, poteva anche prendere un’altra piega.

Di sicuro è stato determinante in negativo su alcuni finali ma qui la colpa è da ricondurre e condividere anche con la società che non ha pezzi validi sotto canestro e con Borrego che preferisce in certi frangenti prendere tiri a percentuali più basse e rischiosi.

Personalmente ritengo che Devonte’ nel complesso non abbia giocato una brutta stagione ma che sia stato uno degli elementi eccessivi per la qualità del gioco di Charlotte perché il suo fondare la sua offesa solamente sul tiro da tre punti alla fine ha penalizzato Charlotte.

E’ vero che nel giro di due anni è passato dal 28,1% da tre al 37,5% attuale ma è anche vero che 447 tiri su 669 totali sono stati presi da tre punti e i “soli” 179 finiti a bersaglio avrebbero dovuti essere leggermente di più, sui 200 per far sì che le percentuali in attacco non vengano abbassate troppo.

Purtroppo Graham è un giocatore di 185 cm che fatica ad appoggiare contro avversari più alti e atletici di lui nonostante qualche raro gioco di prestigio l’abbia regalato e quando va in entrata è più efficace paradossalmente quando sente il contatto rilasciando tiri da media distanza che possono produrre anche and one talvolta.

Charlotte si troverà di fronte in estate alla scelta se rinnovargli il contratto o meno, probabilmente Graham vorrà battere cassa visto il suo contratto molto basso in rapporto all’apporto fornito sebbene il suo ruolo non sia più di primo piano come quello dello scorso anno ma di valido aiuto dalla panchina.

Lo scorso anno Graham in 35,1 minuti giocati segnava 18,2 punti, quest’anno il suo impiego è stato “ridotto” a 30,2 minuti e i punti forniti di media sono stati 14,8.

Curiosità:

Devonte’ Graham o Gamberone (basta guardarlo in faccia per così dire) non ha precedenti penali ma è stato arrestato una volta per… un biglietto scaduto di un parcheggio.

Non comparso in tribunale per il tag ticket scaduto è stato arrestato il 22 febbraio 2017 nella Contea di Douglas e rilasciato in medesima data dopo aver pagato la cauzione da 196 dollari e l’obbligazione.

Una storia tipicamente e ridicolmente eccessiva all’americana…

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

E’ in scadenza contrattuale quindi gioca per mettersi in mostra.

Peccato che dimentichi troppo presto come si giochi realmente, tanto che il Devonte’ dell’anno scorso è solo uno sbiadito ricordo.

Si autocandida a salvatore della patria (il dualismo con Rozier si è fatto sentire), ma “cicca” praticamente tutte le occasioni volendo strafare.

Ora deve ridimensionare le sue pretese oltre che il suo ruolo perchè non è e non sarà mai un top player.

Graham, classica partita con tiri a pioggia da tre punti a Miami.

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04) Miles Bridges: 6,49

Se Miles non avesse contratto il Covid-19 e saltato 6 partite, forse, staremmo assistendo a un’altra stagione con gli Hornets ai PO.

Non avremo mai ovviamente il riscontro ma Bridges ha dato tanta energia a questa squadra che si è spenta in sua mancanza.

Purtroppo il suo grande apporto alla penultima giornata di regular Season con i Knicks non è bastato.

30 punti, sua seconda miglior uscita stagionale mentre la prima casualmente è stata non lontano di lì, a Brooklyn, dove chiuse con 33 punti e un’altra sconfitta.

Se guardiamo la media punti è in calo di poco: dai 13 dello scorso anno ai 12,7 attuali ma ciò è dovuto al fatto di un minor utilizzo in minuti (da 30,7 a 29,3) poiché a inizio stagione era partito come riserva e avrebbe dovuto condividere il suo status di giocatore dalla panchina con altri elementi ma in virtù delle sue indispensabili prestazioni e “grazie” agli infortuni, l’iron-man degli Hornets ha finito per giocare tantissimi minuti a fine stagione arrivando a sfiorare il minutaggio dello scorso anno, cosa totalmente imprevista a inizio stagione.

Miles non si è arreso al suo arretramento in panchina dopo l’arrivo di Hayward, ha giocato anche in ala grande dove i suoi 198 cm e 102 kg ovviamente di base potevano rendere meno dei 201 cm e 104 kg di P.J. Washington ma nonostante ciò si è fatto valere.

La difesa non è sempre stata di primo livello ma si è fatta indubbiamente più attenta dello scorso anno benché la zona talvolta lo coinvolga (come tutti) sui cambi a lasciare larghi spazi ma nell’uno contro uno è sembrato più pronto rispetto al passato anche se non sempre premiato.

In attacco lo sappiamo: le sue doti da incursore ombra (senza palla in mano) sono supportate da una dinamicità e un atletismo pazzeschi e i lanci di Ball e soci per lui dalle parti del ferro si concludono spesso con il decollo di Miles che da zero a 100 arriva sopra l’anello per bombardare i canestri avversari.

Da qui siamo arrivati a due elettrizzanti drive chiuse con dinamitarde schiacciate, tutti si ricorderanno quella contro Capela e Atlanta con il centro che incautamente tentò di stopparlo, spingendo qualcuno enfaticamente a dire che Miles avesse attentato alla sua vita.

Progressi con la palla in mano anche nelle drive (l’anno scorso chiuse con 13 and one e 44 stoppate subite, quest’anno di and one ne ha messi a segno 15 e manca quello vergognosamente non assegnato per il fallo di CP3 ed è stato fermato 26 volte soltanto) anche quando non chiude in schiacciata se ne sono visti sebbene l’affidabilità in appoggio non sia ancora totalmente presente mentre è apparso evidente (seppur con qualche serata no) come sia migliorato nettamente nel tiro da tre punti dove ha chiuso con il 40,0% in stagione regolare e dalla lunetta dove l”86,7% è quasi una garanzia per i Calabroni.

In miglioramento rispetto lo scorso anno in quasi tutte le statistiche pur con meno minutaggio: 50,3% nel FG%, 6 rimbalzi (5,6 lo scorso anno), 2,2 assist contro gli 1,8 del 2019/20 e 0,8 stoppate contro le 0,7 della stagione precedente sono solo alcuni dati che testimoniano i miglioramenti di uno dei giocatori più eccitanti visivamente nel gioco di Charlotte.

Curiosità:

Miles Bridges si è sposato con una ragazza di nome Michelle Johnson.

Non chiedetemi se lo sia ancora, non sono qui a fare l’”Alfonso Signorini di turno” per gossippare ma pare che il loro rapporto sia bello.

Mentre Miles è nato il 23 marzo 1998, Michelle è nata il 3 settembre 1997 a Huntington, West Virginia ed è un’ex giocatrice di basket che ha rappresentato la Marshall University.

Secondo le informazioni trovate in rete, sono diventati genitori di Ace Miles Bridges il 26 ottobre 2018.

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Uno dei pochi su cui costruire il futuro della franchigia.

Nonostante alcune partite decisamente disastrose, Miles gioca la sua migliore stagione sotto tutti gli aspetti, dimostrando di essere un diamante grezzo con mezzi infiniti.

Deve lavorare soprattutto sul piano emotivo, forse suo unico limite attuale per riuscire a essere finalmente un fattore dato che per Sky Miles “only sky is the limit”.

Qualche schiacciata alla Miles durante la stagione attuale.

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03) LaMelo Ball: 6,54

Il rookie of the year ha spodestato Graham (il titolare di inizio stagione) in meno tempo del previsto.

La sua ascesa a suon di numeri si è fatta così evidente e massiccia nel momento nel quale il suo ingresso in quintetto ha spesso coinciso per Charlotte in un miglioramento della qualità del gioco grazie alla visione e alle doti di passaggio già conosciute di LaMelo.

Oltre a fornire passaggi smarcanti no look, LaMelo è cresciuto realizzativamente grazie a diverse soluzioni nel suo arsenale che sta ancora migliorando mentre in difesa, quando abbiamo visto il vero Ball, pur dovendo migliorare, si è dato da fare tra rimbalzi, steal alle quale seguivano aperture lunghe talvolta, qualche stoppata e molta attività.

In attacco si passa dalle triple tirate con uno strano stile, ai runner o floater rilasciati piuttosto lontani da canestro, come li definirebbe qualcuno dei “morbidoni” con una parabola a dir poco stramba.

Il suo atteso rientro che gli servirà per cercare di conquistare il premio di Rookie Of The Year (vinto mensilmente a gennaio, febbraio e marzo) però non è stato ciò che i fan si aspettavano.

Il rientro in poco più delle 4 settimane previste è avvenuto ma Ball con polso tumefatto e ancora dolorante in parte, non è riuscito a esprimersi al meglio nella parte finale della regular season così, essendo venuto a mancare in parte il talento del secondo elemento che costituiva la nuova linfa vitale degli Hornets, Charlotte è retrocessa comunque in decima posizione.

Ha 19 anni e si può capire come vada su e giù nelle prestazioni, porta il pizzetto ma nei play-in e nelle ultime partite, oltre ad avere avuto problemi fisici, è sembrato un po’ imberbe.

Curiosità:

Con il padre che è riuscito a creare attenzione sui figli, LaMelo spesso è sottoposto a domande le quali risposte passerebbero inosservate se lui non fosse il destinatario delle stesse.

L’interlocutore di Ball qualche mese fa ha chiesto quale fosse il suo quintetto ideale di tutti i tempi e lui ha risposto inserendosi (comprensibilmente, a chi non piacerebbe giocare con alcuni tra i giocatori più forti mai comparsi sulla Terra?) nel seguente starting five: LaMelo Ball, Michael Jordan, Kevin Durant, LeBron James e Shaquille O’Neal.

Certo, qualcuno contesterà magari la mancanza di qualche proprio beniamino alternativo al gotha ma di certo credo che ball abbia una visione chiara dei valori, non male, no?

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Arrivato come salvatore della patria, il terzo dei fratelli Ball, dopo un inizio zoppicante si è preso a suon di buone prestazioni e giocate giocate da spellarsi le mani la posizione di point guard titolare.

Si rompe il polso sul più bello ma anche se non è veramente lui al rientro, brucia i tempi per provare a portare di peso gli Hornets verso dei PO che avrebbero meritato ma naufragati miseramente, ritrovandosi da solo sull’isola dovendo alzare bandiera bianca.

Date una squadra a questo ragazzo.

Uno dei video dedicati a Ball per il suo anno da rookie.

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02) Terry Rozier: 6,66

“Scary” ha fatto tremare molte difese avversarie durante il suo periodo di forma migliore a metà stagione, sia quando la squadra ha vinto sia quando il team ha perso come recentemente contro New Orleans nonostante il massimo in carriera realizzato da Rozier con 43 punti in serata.

Terry aveva comunque esordito a Cleveland (lui che è dell’Ohio) con 42 punti ed è riuscito a scavalcare la barriera dei 40 un’altra volta in stagione rifilandone 41 ai Timberwolves.

Peccato che il peso specifico perso degli Hornets con gli infortuni abbiano lasciato una squadra leggerina con Rozier punta di diamante dell’attacco, anche lui nel finale con un leggero problema al polso.

Il problema è che gli avversari se ne sono accorti e spesso l’hanno marcato più stretto, raddoppiato, soffocato, così al buon Terry che aveva catalizzato l’attenzione degli avversari in precedenza, ha pensato di utilizzare le sue doti da passatore per uscire dall’Impasse di situazioni nelle quali la pressione su di lui era talmente alta da non riuscire prendere un buon tiro e in diverse partite i numeri delle sue dime si sono alzati.

In altre circostanze ha provato a forzare triple o andare al ferro ma le cose non sono andate sempre bene così le sue percentuali si sono abbassate, lui che nell’anno si è rivelato uno dei più micidiali tiratori da catch n’shoot.

Spesosi sui due fronti con minutaggi consistenti, anche i catch n’shoot hanno vissuto serate meno brillanti del recente passato perché purtroppo quello di essere il go to guy alla Curry o alla LeBron James non è il suo ruolo per fisico (cm) e caratteristiche tecniche benché sappia anche indubbiamente arrivare al ferro se vuole benché la conclusione non si sia rivelata sempre affidabile ma più adeguata in un finale dove le sue percentuali da oltre l’arco sono andate drasticamente calando fino ad arrivare al drammatico 0/9 della partita play-in.

In netto calo in diverse partite della parte finale della stagione, senza il suo aiuto la squadra non ha avuto chance.

Curiosità:

E’ stato il miglior Hornet in regular season ma la sua brutta prestazione al play-in l’ha portato al secondo posto, un po’ come Charlotte ha gettato via i PO, anche lui, per altri versi ha perso la prima posizione.

Il suo animale preferito è il canguro che ha tatuato su una gamba e ce lo svela qui, nel video dedicato ai tatuaggi di Rozier: https://www.youtube.com/watch?v=0TD3Oz3bx2Q

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

MVP stagionale senza se e senza ma.

Si carica la squadra sulle spalle giocando un basket fenomenale sia in attacco che in difesa.

Se c’erano ancora dubbi sul talento di questo ragazzo, beh… direi che siano stati ampiamente superati.

Forza della natura e vero motore di questi Hornets.

Da blindare assolutamente.

Alcune delle giocate di Scary in stagione.

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01) Gordon Hayward: 6,67

Il valore del giocatore non si discute, infatti, il motivo del crollo principale d Charlotte è stata la sua assenza unita al fatto di avere valide alternative in grado di dargli il cambio nel ruolo.

McDaniels non ha né le capacità, né il fisico e né l’esperienza di Gordon.

Miles impiegato nel ruolo ha reso nettamente meglio ma ha lasciato scoperta la panchina o il ruolo di ala grande in qualche partita dove l’instabilità di P.J. Washington a livella di resa e ruolo (switchante nella posizione di centro) ha allargato i cordoni del pacchetto lunghi.

Hayward diventa così il più grosso punto interrogativo dell’estate charlottiana intesa come Hornets.

La sua fragilità si è rivelata anche superiore al previsto, il suo infortunio alla caviglia ha interessato probabilmente i tendini e le circa 4 settimane di recupero sono diventate 6 e poi fino alla fine della stagione.

La società non ha rilasciato molte dichiarazioni in merito se non rari aggiornamenti sul suo non rientro e il “coach in seconda” degli Hornets durante il suo infortunio, non ha potuto partecipare alla campagna finale degli Hornets che con lui sarebbe probabilmente terminata in maniera più trionfale, magari se non un quarto posto (eravamo lì con lui), un sesto, per come sono andate le cose, sarebbe stato ampiamente alla portata ma Hayward è questo.

Prendere o lasciare…. e immagino che l’entourage degli Hornets, pur entusiasta delle sue prestazioni finché è rimasto in campo, ci stia pensando anche se i 9 milioni girati a Batum per sbarazzarsi delle sue inguardabili prestazioni, pesano.

Tenerlo o no?

Loro sanno la verità sulle sue condizioni.

Tenerlo, senza riuscire a fornire un sostituto in caso di nuovo infortunio o non rientro, sarebbe garanzia di un’altra stagione fallimentare per cui qualche voce sui Pacers che già volevano riportarlo a casa (lui che è di Brownsburg vicino a Indianapolis) c’è…

Gli Hornets darebbero anche Carey Jr. mentre i Pacers girerebbero l’ex Lamb (anche lui alle prese con qualche infortunio di troppo recentemente) e Miles Turner che come protettore del ferro andrebbe a colmare quel buco che gli Hornets hanno da tre anni sotto le plance.

Voci… tutto cambierà probabilmente in casa Pacers mentre in casa Hornets vedremo…

Il mio giudizio su Hayward è un “rimandato” perché la sua stagione sul campo è stata indubbiamente positiva, ha portato punti, assist, esperienza e leadership (ricordo bene il game winner contro Orlando in Florida) ma non averlo per lungo tempo, come già scritto precedentemente, frenerebbe le ambizioni ascensionali dei Calabroni un altro anno e ingenererebbe ancor più dubbi in eventuali acquirenti futuri.

Il caso Hayward è spinoso, ottenere qualcosa oggi o rischiare di mantenerlo per

Ha il 47,3% al tiro dal campo, un 49,9% da due punti (per un giocatore che rimane spesso in quintetto come ala piccola direi che non è male) e il 41,5% da tre punti oltre l’84,3% dalla lunetta.

A rimbalzo ha portato a casa per Charlotte un 5,9 di media a partita, negli assist va con 4,1 apg ed è stato il secondo scorer del team con 19,6 punti a uscita, ovvio che per chi, magari non avendo visto una sola partita di Charlotte, consultando le statistiche noterà sicuramente che con la sua perdita la squadra sia peggiorata.

Curiosità:

Gordon ha una sorella gemella di nome Heater con la quale si cimentava in coppia formando un duo vincente.

All’epoca Gordon era alto ma non abbastanza (sentiva lui) per giocare a basket, suo primo amore.

Sul punto di abbandonare il gioco della palla a spicchi per tentare di prendere una borsa di studio grazie alla pallina gialla, fu esortato dalla madre Jody a non cedere seguendo il duo sogno: “Mia madre mi ha detto di restare fedele. Il basket è sempre stato il mio primo amore e quello che amavo fare molto più del tennis. Poi sono cresciuto molto fisicamente e tutto è venuto da lì.”

Analisi critico-tecnica a cura di Matteo Vezzelli:

Arriva con due anni di ritardo a Charlotte e da injury prone con un infortunio serio a limitarlo non parecchio.

Finchè gli infortuni (e la testa) lo lasciano stare, gioca un basket di classe, semplice e concreto ma sempre ad una velocità da vecchietto con il cappello su una Panda.

I rumors di una trade con Indiana sono sempre più pressanti… che ne dici Kup?

Facciamo un pensierino?

L’uscita di scena di Hayward non gli ha impedito di regalarsi e di regalarci qualche top moment.

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James Borrego as Head Coach of the Charlotte Hornets during a press conference in Charlotte, North Carolina on May 11, 2018 at the Spectrum Center. Getty Images Copyright Notice: Copyright 2018 NBAE (Photo by Kent Smith/NBAE via Getty Images)

Coach James Borrego: 5,87

Per quanto mi riguarda sono positivo sul rapporto con la squadra ma altamente critico su lacune tattiche e modio di giocare del coach che non avrà avuto il miglior team in mano ma – anche data la giovane età – ha messo pesantemente del suo per non approdare ai PO e nella parte finale è sembrato non avere nemmeno più una squadra per le mani che rispondesse ai suoi comandi.

Sarà comunque al comando delle operazioni all’inizio del prossimo anno perché la società che lo aveva asunto tre anni fa vuol dare almeno ancora un anno a James per raggiungere i PO.

Cosa saprà – se vorrà – cambiare Borrego rispetto al passato e cosa potrà offrire la franchigia al tecnico saranno due fattori determinanti per la miglior riuscita della stagione.

Potrei dilungarmi molto ma preferisco lasciare l’analisi tecnico tattica a Matteo Vezzelli:

Tre anni da Head Coach, tre anni di nulla.

La squadra è involuta in maniera spaventosa, passando da un gioco a sprazzi a parentesi di assenze totali sia difensive che offensive.

Tecnicamente mediocre, con poca capacità di lettura del gioco e una assenza totale di autocritica. Giocatori fuori ruolo, mal adattati, mal o mai utilizzati.

Si barcamena con le sue idee di gioco, quando forse lui stesso non ha ben chiaro che cosa voglia insegnare.

Farebbe fatica ad allenare anche in C silver .

Detto ironicamente, forse paga lui per potere allenare perchè altrimenti non si spiega il fatto che sia ancora in NBA.

Dio salvi la Regina Charlotte.

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Voti partite singole in stagione




Classifica finale media voti giocatori e coach

Prima di passare al video finale contenente le migliori 31 azioni (ho fatto un mese completo) completato da aforismi che mi piacessero oltre a intrecciarsi simbioticamente con l’azione, volevo ringraziare gli altri 4 ragazzi che hanno collaborato con me quest’anno per portare una miglior informazione su Charlotte e per far divertire un po’ di più i lettori.

Grazie quindi a Fabrizio Getuli, Filippo Barresi, Matteo Vezzelli e Paolo Motta ai quali ho chiesto, per dare una visione molteplice su giocatori e coach come avrebbero giudicato loro la stagione dei nostri e alla fine ne è uscita questa grafica che magari – essendo più variegata – metterà più in sintonia le opinioni di qualcuno con quelle espresse con un semplice voto nell’immagine.

Un ultimo doveroso passaggio prima della top 31 va fatto per Rick Bonnell che per i fan di Charlotte non dovrebbe essere un nome sconosciuto.

Rick è dagli albori l’insider che scrivendo dalle colonne del Charlotte Observer ha portato in casa dei tifosi i retroscena dei Calabroni in questi anni.

Altresì, Rick, era quella faccia simpatica e amica che, pur non conoscendo di persona, ispirava a tal punto da renderlo quasi per assuefazione un amico.

Purtroppo l’annata devastante degli Hornets aggiunge la sua perdita.

Bonnell non potrà essere ai nastri di partenza per il prossimo anno perché è deceduto all’età di 63 anni, 33 dei quali passati a raccontare Charlotte.

La morte, avvenuta per cause naturali è stata confermata dal figlio Jack.

Descritto come professionale, generoso, timido e amante del tennis, Bonnell è stato già sommerso dall’affetto di chi lo conosceva, da tutto l’entourage passato per Charlotte, ai giocatori per arrivare ai colleghi di lavoro.

Un punto di riferimento anche per i fan che spesso si affidavano a lui per carpire qualche segreto in più dei vari team passati con lui.

Ci lascia troppo presto quindi un pezzo storico della storia dei Calabroni.

Dall’affetto trasparso di chi gli stava vicino potrei usare una frase di Erich Fromm per dare un senso alla sua perdita:

“L’amore è l’unica risposta sensata e soddisfacente al problema dell’esistenza umana” e credo che se la morte non lascia scelta, almeno credo sia stato un uomo fortunato in vita.

Top 31 Video Charlotte Hornets 2020/21